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E MILIO , IL FUTURO CITTADINO

3.4 E DUCARE IL BUON CITTADINO

L’obiettivo educativo principale sarà allora quello di “trasformare l’essere umano in una singolarità che sia in grado di portare la propria libertà e unicità all’interno dei legami sociali e civili”. Lungi 72 dall’essere un’educazione tesa all’isolamento dell’individuo, il progetto pedagogico rousseauiano tenta di costituire un legame tra la dimensione etica dell’individuo e quella politica. In tal senso, si può dire che l’Emilio cerca di rispondere all’annoso quesito: “come è possibile educare il buon cittadino?”. Al fine di formulare una risposta, il filosofo ginevrino si affida, ancora una volta all’immaginario classico. Scrive infatti:

un cittadino romano non era né Caio né Lucio: era un Romano e giungeva ad amare la patria fino al totale oblio di se stesso. Regolo pretendeva di essere cartaginese, in quanto divenuto proprietà dei suoi nemici, e coerentemente, ritenendosi straniero, rifiutava di sedersi al Senato di Roma: fu necessario che un Cartaginese glielo ordinasse. Ma poi si indignava perché i concittadini volevano salvargli la vita. Ed ebbe partita vinta e se ne tornò trionfante a morire tra le torture. Esempi siffatti, se non mi inganno, hanno poca affinità con gli uomini che oggi conosciamo.73

In tale immagine del mondo classico, l’identità dell’individuo si fonde completamente con quella del cittadino. In seno alla patria, l’uomo assume pieno significato, riuscendo in questo modo a esprimere se stesso. In tal senso, il cittadino ha una grande valenza positiva: è solo nella società giusta che l’individuo può abbandonare i suoi interessi privati e dedicarsi interamente al bene comune collettivo. Se è vero che il modello classico riscuote un fascino sul filosofo ginevrino, è altrettanto vero che Rousseau in parte se ne discosta. Come leggiamo infatti nell’Emilio, il filosofo stesso afferma “di fronte alla necessità di contrastare o la natura o le istituzioni sociali, bisogna decidere se formare un uomo o un cittadino: formare l’uno e l’altro insieme non si può”. Da un 74 punto di vista pedagogico, ci dice Rousseau, è impossibile educare sia l’uomo che il cittadino. Non si può cioè trovare una sintesi dei due perché “l’uomo nella sua interezza e autonomia, non può

A. Potestio, Un altro Émile, cit., p. 249.

72

J.J. Rousseau, Emilio…, cit., p. 249.

73

Ibidem.

sottostare alle regole e alle convenzioni delle istituzioni”. Se le comunità classiche hanno avuto il 75 merito di aver creato dei legami sociali, hanno d’altra parte trascurato la dimensione individuale di libertà. La conseguenza di ciò, per Rousseau, è stata quella di “snaturare l’uomo, privarlo della sua esistenza assoluta per conferirgliene una relativa”. È necessario dunque immaginare 76 un’educazione per Emilio che da una parte non soffochi la sua libertà, ma dall’altra che non lo rende un soggetto isolato e senza legami sociali. Come sostiene Andrea Potestio infatti, “Emilio rappresenta colui che riconosce la propria identità come libera e, partendo dal sentimento naturale che lo lega a sé e agli altri, riesce a mostrare la propria singolarità attraverso la costruzione di relazioni sociali positive e armoniche”. L’uomo potrà godere la vera dimensione di libertà solo 77 all’interno dei legami sociali che gli permettono di esprimersi: marito, padre, cittadino, Emilio dovrà e potrà vivere in armonia con i suoi simili. Il soggetto rousseauiano può divenire un soggetto autonomo in grado di vivere in società solo grazie alla relazione che intrattiene col suo precettore e con gli altri individui che incontra nel suo percorso formativo. Emilio dunque diventerà un buon marito, padre e cittadino ha imparato a pensarsi sempre in relazione con gli altri. Tuttavia, il fanciullo per Rousseau deve mantenere interiormente un equilibrio molto precario: l’uomo infatti non deve perdere mai la sua autonomia. Come scrive infatti il filosofo:

è sciocco esigere che [gli allievi] si applichino a qualche cosa, dicendo vagamente loro che è per il loro bene, senza che sappiano che cosa questa sia, e assicurarli che ne trarranno profitto da grandi, quando ancora non hanno alcun interesse per questo presunto profitto, che non possono assolutamente capire. il fanciullo non faccia mai nulla sulla parola: nulla è bene per lui tranne ciò che sente essere tale. Spronando sempre verso ciò che sorpassa la sua comprensione vi illudete di essere previdenti e non lo siete affatto. Per fornirlo di qualche vano strumento, di cui forse non dovrà mai servirsene, lo private di quello più universale per l’uomo: il buon senso, lo abituate a lasciarsi sempre guidare, ad essere un automa nella mani altrui. 78

Seguire le fasi della crescita del bambino significa comprendere come e quando l’individuo è pronto ad agire nel mondo autonomamente. L’educazione, da tale prospettiva, avrà come obiettivo l’emancipazione dell’allievo dal maestro: si sarà raggiunto lo scopo solo quando il bambino ormai divenuto un giovane uomo, sia indipendente e autonomo in una dimensione relazionale. L’idea di

A. Potestio, Un altro Émile, cit., p. 255.

75

J.J. Rousseau, Emilio…, cit., p. 249.

76

A. Potestio, Un altro Émile, cit., p. 256.

77

J.J. Rousseau, Emilio…, cit., pp. 444-445.

autonomia rousseauiana non può tuttavia essere concepita come un concetto astratto ma, di converso, un modo di stare in relazione con gli altri. Da tale punto di vista, “se l’autonomia è una modalità di relazione con la vita che si manifesta in azioni concrete e consapevoli, la responsabilità diviene un conseguente aspetto della sua realizzazione”. Emilio dovrà quindi essere consapevole 79 che, nella società, le sue azioni hanno delle conseguenze e che è necessario assumersene la responsabilità. L’educazione del fanciullo non sarà del tutto conclusa finché il giovane uomo non abbiamo compreso quali siano i suoi compiti e il suo ruolo nella società:

aspirando alla condizione di sposo e di padre, diventerete membro dello Stato. E che cosa significa essere membro dello Stato? Lo sapete? Avete studiato i vostri doveri di uomo, quelli di cittadino, li conoscete? Sapete che cosa siano il governo, le leggi, la patria? Sapete a quale prezzo vi è permesso vivere e per chi dovete morire? Voi vi illudete di aver appreso tutto e ancora non sapete niente. Prima di entrare nell’ordine civile, imparate a conoscerlo, imparate a capire quale posto, in seno ad esso, sia adatto per voi. 80

Entrare nel mondo significa in primo luogo sapere qual è il proprio posto: Emilio deve essere consapevole di ciò che vuol dire essere un marito, un padre e un cittadino. Si tratterà quindi di prendere coscienza dei doveri e delle responsabilità. L’uomo rousseauiano ora differisce in maniera netta dall’immagine del selvaggio, in quanto “egli impara a combattersi, a vincersi, a sacrificare il proprio interesse a quello comune”. L’indipendenza naturale ha lasciato il posto alla responsabilità 81 all’interno della società: Emilio oramai è divenuto un uomo sociale che non può più pensarsi come un’individualità solitaria e indifferente. D’altra parte però il soggetto rousseauiano sa affrontare quel male prodotto dalla società stessa. Come sostiene Andrea Potestio, “Emilio, grazie alle virtù apprese durante il percorso formativo, riesce a non farsi sopraffare dai dispositivi deformanti e dalle convenzioni impositive della società ed è in grado di essere un modello per i suoi concittadini, perché può mostrare l’istanza etica che appartiene a sé e all’intera umanità”. Lungi dal potersi 82 isolare e vivere la sua esistenza da solo, l’uomo dovrà di converso essere una presenza positiva per l’intera comunità. Un esempio virtuoso di ciò che l’uomo è, l’espressione migliore delle qualità umane:

A. Potestio, Un altro Émile, cit., p. 262.

79

J.J. Rousseau, Emilio…, cit., p. 823.

80

Ivi, p. 858.

81

A. Potestio, Un altro Émile, cit., p. 264.

Tu, mio buon Emilio, […] vai a vivere in mezzo a loro, coltiva con loro i dolci vincoli dell’amicizia, sii per loro un benefattore, un modello: il tuo esempio sarà per essi più utile di tutti i nostri libri e il bene che ti vedranno fare li persuaderà più di tutti i nostri vani discorsi.83

In tal senso, il legame con la patria diviene una questione centrale: Emilio dovrà amare la terra in cui è nato, prendersi cura dei suoi concittadini:

è importante per te vivere dove tu possa adempiere ai tuoi doveri; e tra questi c’è l’affetto per la terra in cui sei nato. i tuoi compatrioti ti protessero da fanciullo e tu, diventato uomo, devi amarli. 84

Emilio, in questo senso, pare essere l’esempio di come l’uomo può, dentro di sé e nella società, superare quella frattura che Rousseau intravedeva tra l’uomo e il cittadino.

Fate sì che gli uomini non siano in contraddizione con se stessi: che essi siano ciò che vogliono sembrare e apparire ciò che sono. In tal modo avete radicato la legge morale nel profondo dei cuori, ed essi uomini civili per natura e cittadini per inclinazione, saranno onesti, buoni, felici, e la loro felicità formerà anche quella della repubblica. 85

Il soggetto rousseauiano trova infatti una dimensione interiore armonica. Emilio è un uomo autonomo e responsabile che ha risolto quel conflitto interiore tra interesse privato e pubblico. Come sostiene infatti Maurizio Viroli:

per Rousseau il buon ordine politico deve rappresentare la risposta al problema dell’ordine in tutte le sue dimensioni. Una società è ben ordinata quando le passioni degli uomini sono temperate dalle leggi e dai costumi e quando una moderata armonia si sostituisce al conflitto generale. Vi è un buon ordine dove i più virtuosi e non i potenti o i più astuti accedono ai gradi più elevati della gerarchia sociale e dove ognuno è in grado di moderare le passioni. 
86

J.J. Rousseau, Emilio…, cit., p. 858.

83

Ibidem.

84

Jean-Jacques Rousseau, La felicità pubblica, in Id., Scritti politici, UTET, Torino 1970, p. 665.

85

Maurizio Viroli, Jean-Jacques Rousseau e la teoria della società ben ordinata, Il Mulino, Bologna 1993, p.10.

CAPITOLO 4