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IL DUCATO DI BENEVENTO E LA CAPPELLA VOTIVA DI SANTA SOFIA

il Sannio, l'Irpinia e il Molise “da cui avrebbero tratto avvio la conquista e l'occupazione longobarde del Mezzogiorno, a metà strada fra Roma e Taranto-Brindisi, Benevento era dall'Antichità il principale snodo di arterie che sarebbero rimaste in

185 Cfr. V. PACE, “Immanenza dell'antico, congiunzioni romane e traiettorie europee: aspetti dell'arte longobarda in Umbria e Campania” in Atti del XVI Congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo op. cit., Tomo secondo, 2003, pp. 1125-1127.

186 Cfr. Dossier di candidatura, p. 191.

funzione per gran parte dell'Alto Medioevo come l'Appia e la Traiana”188.

Successivamente all'intensificazione dei rapporti tra l'aristocrazia locale e Roma (dalla metà del IV secolo a.c.), si registra un grande implemento della struttura urbana; questo processo culmina con la nuova fondazione della colonia latina nel 268 a.C., chiamata

Beneventum anziché Maleventum, connotando un auspicio beneaugurale del centro

sannitico. L'impianto urbano è ancora ben riconoscibile nell'attuale ortogonalità del tessuto viario e sicuramente la testimonianza più importante della città romana è l'Arco di Traiano, eretto nel 114 d.C. per celebrare l'inaugurazione della Via Traiana, il percorso alternativo all'antica Via Appia, che collegava Roma con Brindisi.

La formazione del ducato di Benevento nel 576 ad opera di Zottone, potrebbe essere ricondotta alle stesse circostanze politiche che avevano portato alla costituzione del ducato spoletino; i gruppi più antichi di Longobardi stanziati nella zona di Benevento, erano formati da quei guerrieri che avevano combattuto, insieme agli Alamanni e ai Franchi, contro i Bizantini al fianco di Buccellino e Leutari, per poi passare dalla parte del generale Narsete in seguito alla sconfitta subita dai due condottieri Franchi nel 554

189. Quest'ultimo fece insediare mercenari Longobardi, in qualità di foederati, nella zona

del beneventano. Nonostante Paolo Diacono attesti l'inizio cronologico del ducato a partire dal 570-571, sembra molto più verosimile la data del 576, menzionata dal biografo di Papa Benedetto per descrivere la preoccupante presenza longobarda nell'Italia centro-meridionale. Possiamo affermare con certezza che dopo l'invasione del nord della penisola, nuclei di Longobardi di recente arrivo si ricongiunsero ai loro “conterranei germanici”, andando a consolidare nel Mezzogiorno una presenza germanica che aveva già acquisito un certo peso all'interno delle vicende di quest'area. L'opera di fortificazione di Benevento attuata nel periodo tardo-antico e poi ripresa dai Longobardi, fu accompagnata da una notevole attività edilizia riscontrabile nel VII e nell' VIII secolo: monasteri, chiese e abitazioni andarono arricchendo sempre di più il paesaggio urbano190. Figura importante di questo “fermento costruttivo” fu sicuramente

il duca Arechi II che rinnovò la città di Benevento e rifondò la città di Salerno; al volere di questo “duca illuminato” è connessa la costruzione della Chiesa di Santa Sofia, “tempio nazionale della gens Langobardorum, nonché sacrario della stirpe perché in

188 Cfr. M. ROTILI, “Benevento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo” in A. AUGENTI (a cura di) Le

città italiane tra la tarda antichità e l'Alto Medioevo - Atti del convegno (Ravenna, 26-28 febbraio

2004), Firenze, Edizioni All'Insegna del Giglio, 2006, p. 317.

189 M. ROTILI, “Benevento e il suo territorio. Persistenze e trasformazioni” in Atti del XVI Congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo op. cit., Tomo secondo, 2003, p. 830.

essa erano custodite le reliquie di S. Mercurio e dei XII Fratelli Martiri. […] Costruita nei due anni successivi alla sua elezione (758-760) con l'intenzione devozionale di ottenere la redenzione del fondatore e la salvezza della gens e della patria, cioè dell'organismo sociale e territoriale posto sotto il dominio del capo politico, Santa Sofia fu dedicata alla Divina Sapienza di Cristo, come l'analoga basilica costantinopolitana”.

191 La Chiesa in questione, inserita come gli altri beni all'interno della WHL, nella

singolarità della forma a stella (fig. 23), si presenta come struttura originalissima frutto dell'incontro tra la tradizione romano-ellenistica e bizantina (la pianta centrale è chiaramente di derivazione orientale), con la grande tendenza alla sperimentazione propria dei Longobardi, attuata ancora una volta attraverso il reimpiego di spolia. Il futuro Princeps (titolo del quale si fregiò dopo la fine del regno longobardo centro- settentrionale) volle l'annessione di un cenobio femminile, affidato alla sorella Gariperga; di questo edificio rimane la testimonianza nel chiostro, oggi parte del Museo

del Sannio. La chiesa è di dimensioni piuttosto contenute, il cui impianto stellare

converge dall'ingresso verso tre absidi (fig. 24). La pianta centrale è “affiancata” da una serie di innovazioni spaziali mai sperimentate prima; il perimetro irregolare con l'introduzione dello schema stellare e di tre conche absidali testimonia queste sperimentazioni ardite. A ciò si aggiungono due ambulacri concentrici di cui il più interno ritmato da un giro esagonale di colonne, definisce un esagono regolare, […] mentre quello più esterno, di forma decagonale, è scandito da pilastri quadrangolari. I pilastri a sezione quadrata e le due colonne di spoglio con capitelli antichi che formano il decagono, sono sovrapposti da pulvini altomedievali, alcuni dei quali sono decorati a fuseruole allungate e coppie di perline, come i fregi che incorniciano le scene del Tegurio di Callisto e dell'Altare di Ratchis (a sottolineare la continuità culturale raggiunta nell' VIII secolo tra la Langobardia Minor e Langobardia Maior). Archi in mattoni, alcuni dei quali rifatti verso la fine del XVII secolo, scaricano su queste strutture e sul muro c.d. a zig-zag tutto il peso delle volte triangolari, quadrate e trapezoidali che coprono entrambi gli ambulacri e quello della cupola con tiburio della copertura a capanna192

Probabilmente l'interno dell'edificio doveva essere interamente affrescato, come dimostrano frammenti visibili; sull'abside settentrionale (a sinistra della centrale) sono rappresentate due fasi del racconto evangelico di Luca: l'Annuncio a Zaccaria (fig. 25)

191 M. ROTILI in Atti del XVI Congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo op. cit., 2003, p. 861-862.

e Zaccaria muto davanti al popolo. Sulla parte destra sono presenti gli eventi successivi quali l'Annunciazione e la Visitazione. La disposizione narrativa al centro prevedeva un tema cristologico, forse il Cristo o il Bambino Gesù nel grembo di Maria in trono193. Il

resto degli affreschi risulta troppo lacunoso e quindi non siamo in grado di dare conclusioni sullo sviluppo tematico. Sicuramente gli affreschi in questione appartengono al “mondo bizantino”, unici nel loro genere, ascrivibili al repertorio siro- palestinese, confermando assonanze con il ciclo di Castelseprio. La datazione all' VIII secolo, coeva alla costruzione muraria, ha contribuito ad affermare il ruolo preminente della c.d. “pittura beneventana” come un vero e proprio movimento artistico degno di nota, che probabilmente coinvolse anche i centri monastici di San Vincenzo al Volturno e Montecassino194.

La facciata (fig. 26), rielaborata dopo il terremoto del 1688, presenta “linee barocche” con un timpano raccordato ai campi laterali; la parte centrale, che ingloba l'ingresso, conserva parte della struttura del XII secolo, con il notevole portale, costituito da architrave e stipiti in marmo, superato da una lunetta impreziosita da sculture in altorilievo su fondo dorato.

Come già affermato in precedenza, dal 1964 il chiostro e le strutture del convento ospitano la sede del Museo del Sannio, che da poco ha terminato un'importante fase di riallestimento.

7. IL SANTUARIO DI SAN MICHELE AL GARGANO A MONTE SANT'ANGELO