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LE ESPERIENZE ARTISTICO-ARCHITETTONICHE DI CIVIDALE DEL

La fondazione di Forum Iulii risale all'epoca romana, probabilmente in epoca cesariana (tra il 50 e il 56 a.c.), stando alla documentazione epigrafica. Come già affermato in precedenza, la città fu presa immediatamente dai Longobardi di Alboino, che formò un ducato comprendente quattro municipia romani (Forum Iulii, Aquileia, Iulium

Carnicum e Concordia), corrispondente all'attuale Friuli (a cui mise a capo il nipote

Gisulfo). Durante l' VIII secolo, nel periodo del duca Pemmone e del figlio Ratchis, Cividale fu al centro di un rinnovato sviluppo architettonico e artistico, dovuto anche al re Liutprando, che favorì il trasferimento della sede del patriarca Callisto da Aquileia a Cividale152.

Il sito inserito nella WHL riflette il fulcro della città longobarda. E' un notevole esempio della cultura urbana del periodo, in cui si concentrano i due centri del potere della città: la Gastaldaga e l'insula episcopalis. L'eccezionalità ravvisata dall'UNESCO,

151 Ibidem, pp. 58-59 e in maniera più dettagliata pp. 294-297. 152 Ibidem, p. 95.

risiede nella conservazione degli spazi e degli edifici maggiormente rappresentativi delle élites, sia laiche che religiose; il sito costituisce il risultato di culture differenti, che si manifestano in campi diversi. L'organizzazione della c.d. forma urbis, palesa questa stretta connessione tra i due poteri, laico e religioso, ribadita dalla contiguità delle strutture in questione.

La Gastaldaga era la sede del gastaldius regius, una sorta di amministratore sia del patrimonio fiscale, sia dei possedimenti del sovrano longobardo presso Cividale. “La bassura denominata Valle, che occupa l'area sud-orientale della città, a ridosso delle mura, in prossimità di un'antica porta urbica, Porta Brossana, è una zona di fascino particolare affacciata sulle rive scoscese del Natisone in una cornice ambientale e suggestiva, capace di evocare il prestigioso passato medievale della città”153.

L'evoluzione monumentale del luogo, portò all'edificazione della Chiesa di San Giovanni, importante centro di culto dopo la cattedrale, ed il Tempietto longobardo, un'opera di incredibile maestria della tarda età longobarda, costruito per volontà regia. Probabilmente in questo contesto fu fondato, quasi sicuramente in età longobarda, il monastero di Santa Maria che incorporò strutture più antiche, che formarono il cuore della nuova fondazione.

Il c.d. Tempietto longobardo – Oratorio di Santa Maria in Valle, chiamato anche la “Sfinge di Cividale” perchè non ha mai rivelato il suo enigma, sorge all'interno di un monastero femminile, “è articolato in un vano (coperto già anticamente da una volta a crociera) e in un presbiterio tripartito, con volte a botte, costruito verosimilmente poco dopo la metà dell' VIII secolo”154 (figura 1). L'esterno della struttura con paramento in

opera mista presenta un aspetto semplice, caratterizzato da sobrie arcate cieche; tutto ciò contrasta con l'imponente ricchezza decorativa dell'impianto interno155. I magnifici

archi, in origine policromi e probabilmente impreziositi da zone coperte da foglie d'oro, incastonavano le lunette con alcuni affreschi: ad occidente il Cristo tra gli Arcangeli

153 Cfr. Dossier di candidatura, p. 98.

154 Cfr. A. PERONI, “L'arte nell'età longobarda. Una traccia.” in G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di), op. cit., p. 260; probabilmente il piccolo oratorio fu voluto dal re Astolfo e dalla regina Giseltrude, vista l'iscrizione presente all'interno della struttura, che il Torp, nei suoi vari lavori, identifica come la coppia reale.

155 Per una disamina esaustiva sull'architettura dell'edificio vedi C. JAGGI, “Il Tempietto di Cividale nell'ambito dell'architettura altomedievale in Italia” in Paolo Diacono e il Friuli altomedievale (secc.

VI – X), Atti del XIV Congresso Internazionale di Studi sull'Alto Medioevo, Cividale del Friuli –

Bottenicco di Moimacco 24-29 settembre 1999, Tomo primo, Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto, 2001, p. 407-427; A. TAGLIAFERRI, “Oratorio di Santa Maria in Valle (Tempietto longobardo)” in Le diocesi di Aquileia e Grado. Corpus della scultura altomedievale, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, 1981, pp. 244-266, e G. PAVAN, “Architettura del periodo longobardo” in G. C. MENIS (a cura di), I Longobardi, Milano, Electa, 1992, pp. 236- 242.

Michele e Gabriele (fig. 2), a sud la Madonna col Bambino tra due Arcangeli.

Nell'ordine superiore delle pareti si aprono cinque finestre circoscritte ai lati da colonnine e da un arco: una al centro della parete occidentale e due su entrambe le pareti laterali. Accanto ad esse si sviluppa la decorazione in stucco: dodici figure femminili, in altorilievo, di cui sei sono ancora presenti sulla parete occidentale ai lati della finestra, mentre le altre, andate perdute, dovevano essere posizionate in maniera simmetrica a gruppi di tre, tra le finestre delle pareti laterali. “Le figure, alte poco più del reale, sono tutte nimbate. Le due ai lati della finestra, raffigurate leggermente di tre quarti in atto di devozione, vestono tunica e palla alzata a coprire la testa. Le altre quattro, in posizione frontale, riccamente vestite e decorate con collare gemmato e diadema, reggono nelle mani la corona del martirio e la croce”156 (fig. 3). La

decorazione di pitture e di stucchi, che rivela stretti legami con la chiesa di San Salvatore a Brescia, era arricchita da cornici elaborate in stucco a motivi floreali, con ampolle di vetro inserite nel centro157. I santi ad affresco e le sante in stucco

sicuramente confluivano in maniera ideale verso l'arco trionfale, sul quale dominava un gruppo plastico di grandi dimensioni: un Cristo in maestà oppure un'Annunciazione. L'utilizzo di mosaici, di marmi preziosi e di stucchi policromi e dorati, si ripeteva nella zona del presbiterio. Tra quest'ultima zona e l'aula, sorge un setto composto da plutei di marmo proconnesio su cui poggiano due pilastri con capitelli corinzi che sostengono una trave di legno (fig. 4). L'aula ha conservato una buona parte del rivestimento pavimentale marmoreo in opus sectile con motivi geometrici, lo stesso presente nei frammenti in Santa Maria foris portas a Castelseprio e lo stesso che decorava Santa Sofia a Benevento. Il presbiterio è pavimentato con una lastricatura ad elementi lapidei di reimpiego e una lacuna nella suddetta ha permesso di analizzare come la pavimentazione precedente fosse in sectile, con tracce di lastrine tagliate ad esagoni e triangoli. Sulla parete nord del presbiterio sono disposte due lastre di marmo intagliate a bassorilievo con motivi ed intrecci tipicamente altomedievali. Bisogna aggiungere che l'edificio ospita anche delle porzioni le cui decorazioni sono risalenti al basso Medioevo, e ospita un coro ligneo (del XIV secolo), all'interno dell'aula.

L'esecuzione di pitture e di stucchi è ormai attribuita ad artisti “imbevuti” di cultura bizantina, provenienti dal Vicino Oriente, e forse coordinati da quel Paganus, che lasciò

156 Ibidem, p. 101.

157 Per la decorazione del Tempietto vedi C. BERTELLI, “La decorazione del Tempietto di Cividale” in Atti del XIV Congresso Internazionale di studi sull'Alto Medioevo op. cit., Tomo secondo, 2001, pp. 437-453.

il proprio nome inciso nell'intonaco della parete occidentale della struttura158; inoltre la

gran parte degli studiosi ritiene che il Tempietto sia stato costruito per svolgere la funzione di cappella palatina e proprio la commissione regia abbia influito sull'altissima qualità dell'edificio.

La storia del ducato longobardo del Friuli è indissolubilmente legata alle vicende del patriarcato di Aquileia. Con la discesa di Alboino, il vescovo Paolino di Aquileia fuggì a Grado, creando le premesse per la futura duplicazione del titolo patriarcale tra queste due sedi; in seguito il patriarca della sede di Aquileia, si trasferì nel castrum di Cormons. Come già affermato in precedenza, nel 737 il patriarca Callisto, con l'appoggio del re Liutprando, trasferì la propria sede da Cormons a Cividale. L'arrivo di Callisto coincise con un periodo di grande splendore per la città come per tutto il ducato; “al patriarca viene attribuito l'ampliamento del complesso ecclesiastico, divenuto nucleo episcopale proprio in età longobarda”159. Il complesso in questione era

composto da vari edifici comunicanti tra loro: la Basilica di Santa Maria Assunta, il Battistero di San Giovanni Battista ed il Palazzo Patriarcale. Il complesso si sviluppava in posizione rialzata, a nord dell'area di Valle. Qui fu eretto il battistero ottagonale monumentalizzato con il Tegurio di Callisto e quasi certamente, con l'altare di Ratchis (oggi custoditi nel Museo Cristiano).

Il Tegurio di Callisto rappresenta la più importante opera di produzione scultorea ascrivibile alla c.d. “rinascenza liutprandea”, termine riferito al periodo del regno di Liutprando. Il fonte battesimale è costituito da otto archetti marmorei sorretti da colonnine con pregiati e raffinati capitelli in stile corinzio, corona di foglie d'acanto, volute e rosetta centrale, di chiara imitazione paleocristana (fig. 5). Negli archetti, sono scolpiti con grande realismo leoni, pesci, pavoni, cerbiatti e grifi, affrontati ai lati dagli archivolti e orlati da altri elementi decorativi floreali; “si tratta di rappresentazioni simboliche cristiane legate ad un messaggio di redenzione, animali che si abbeverano alla fonte della salvezza, tema centrale in ambito battesimale”160. La cornice superiore

riporta un'iscrizione dedicatoria, che ricorda in maniera esplicita la committenza di Callisto. Il fonte battesimale in questione, testimonia la grande fioritura di opere plastiche a partire dall' VIII secolo. Proprio Cividale conserva il maggior numero di manufatti ascrivibili a questa tipologia161, ben rappresentati da un'altra creazione molto

158 Cfr. Dossier di candidatura, p. 105. 159 Ibidem, p. 108.

160 Cfr. Dossier di candidatura, p. 109.

importante.

L'altare di Ratchis fu dedicato dal sovrano alla memoria del padre, il duca Pemmone

di Cividale. L'iscrizione dedicatoria è ben visibile lungo la cornice superiore dell'opera. L'altare ha la forma di un parallelepipedo (fig. 6), composto da lastre di marmo affiancate, quattro delle quali scolpite con raffigurazioni narrative in una cornice di motivi decorativi. Un Cristo benedicente sulla fronte viene portato in trionfo dagli angeli. Sui lati sono rappresentati episodi della vita di Gesù, dalla Visitazione a Santa Elisabetta, fino all'Adorazione dei Magi; sul retro è presente un'apertura per visionare le reliquie, mentre di fianco sono poste delle croci gemmate. Inoltre altri motivi floreali decorano la parte inferiore. Probabilmente realizzato quando re Ratchis lasciò il trono per ritirarsi a vita monastica, l'altare può essere considerato come una delle più singolari esperienze scultoree dell'arte longobarda. Sono trasferiti, in maniera scultorea, elementi assolutamente peculiari di quell'arte orafa che ha sempre contraddistinto i Longobardi; da indagini recenti si evince che l'opera era decorata dall'aggiunta di pietre preziose inserite negli alveoli delle croci, degli elementi floreali e probabilmente anche negli occhi di alcuni personaggi. La “viva policromia” contribuiva a rendere l'altare uno scrigno prezioso piuttosto che un'opera marmorea con fini liturgici.

Le realizzazioni cividalesi appaiono tra le più innovative e di assoluta qualità, di tutto il periodo dell'alto Medioevo. L'Altare di Ratchis e il Tegurio di Callisto testimoniano come all'interno del regno convivessero diverse tendenze artistiche, a dimostrazione della grande versatilità e dell'apertura verso altre tendenze culturali dei Longobardi; assolutamente riconducibile all'esperienza bizantina e paleocristiana, senza tralasciare spunti naturalistici, risulta il fonte di Callisto, una delle massime espressioni raggiunte nel richiamo dell'antico, paragonabile alle “sperimentazioni” spoletine, a quelle dell'epoca di Teodolinda (i plutei del Duomo di Monza) ma anche alle più tarde del San Salvatore di Brescia. Degna di nota è la somiglianza dei capitelli del Tegurio con quelli del colonnato del Tempietto, come più volte affermato dal Torp (somiglianza riscontrata anche con la mensola di Santa Maria d' Aurona a Milano, di sicura fondazione liutprandea).

Di carattere “espressionista” è l'opera voluta da re Ratchis, dove rintracciamo esperienze figurative simili anche nell'arte provinciale romana e di coeva datazione, oltre che in Italia, li riscontriamo in altre aree del mediterraneo, quali la Siria e l'Egitto

162.

La grande sperimentazione che caratterizza l'età longobarda è assolutamente visibile nel

Tempietto longobardo; l'apparato decorativo riflette l'importante sperimentalismo

dell'edifico: gli stucchi, che creano dei volumi interni producendo un assetto spaziale che “occulta” l'architettura, manifestano il legame fra la decorazione e la costruzione della struttura; questa peculiarità, difficilmente riscontrabile nelle costruzioni carolingie, è chiaramente riferita alla tradizione dell'architettura artistica dell'età giustinianea e agli influssi provenienti dall'area medio-orientale. L'apparato ornamentale offre importanti legami con la tradizione ravennate, città conquistata verso la metà dell' VIII secolo da re Astolfo, e da cui i Longobardi presero spunto per le grandi creazioni degli ultimi anni del regno.