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STORIA E SVILUPPO DI UNO STATO ALTOMEDIEVALE

Per ricostruire il quadro storico di un popolo sono di fondamentale importanza le fonti. Nel caso in questione, l'unica fonte scritta giunta ai giorni nostri è l'Historia

Langobardorum di Paolo Diacono (da ora in avanti HL), scritta presso la corte di Carlo

Magno (o nel monastero di Montecassino) nell'ultima decade dell'VIII secolo; si conclude con la morte di Liutprando nel 744, tralasciando l'esposizione degli ultimi trent'anni del regno, lasciando il campo a sole fonti franche e pontificie, di chiara tendenza antilongobarda124. Solo poche leggi o diplomi reali sono stati conservati sino

ad oggi, tra cui l'Editto di Rotari125 è sicuramente il più importante nel delineare il

124 C. BRUHL, “Storia dei Longobardi” in G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di) Magistra

Barbaritas, Milano, Libri Scheiwiller, 1984, p. 98.

125 Editto emanato nel 643 per volere del re Rotari, che costituisce il primo sistema legislativo scritto del regno longobardo, redatto in latino (nonostante fosse diretto specificatamente ai Longobardi). E' importante perché manifesta l'evoluzione culturale del popolo riconfermando le norme dell'antico diritto consuetudinario longobardo.

sistema legislativo longobardo. Questa visione univoca, dovuta appunto alla carenza di altre fonti, è alla base di uno studio un po' approssimativo riguardo il “fenomeno longobardo”. L'utilizzo dei riscontri archeologici, ma anche delle fonti d'archivio, è una conquista relativamente recente che ha permesso di fare passi in avanti nell'ambito della ricerca126.

Secondo l'HL di Paolo Diacono e l' Origo gentis Langobardorum (testo del VII secolo d.c.), i Longobardi si attestano inizialmente nella Svezia meridionale, per poi spostarsi nel I sec. d.c. in Sassonia, raggiungendo nel IV sec. l'odierna Boemia. Nelle diverse fasi migratorie succedutesi fino all'arrivo in Pannonia tra la fine del V e l'inizio del VI secolo (tappa finale prima dell'invasione dell'Italia), il popolo longobardo127 ebbe modo

di inglobare o di stringere alleanze con altre popolazioni quali i Turingi, gli Svevi, i Sassoni, i Gepidi e Bulgari. La successiva occupazione del territorio italiano, a partire dal 568, fu portata avanti senza grandi battaglie campali, per via dei numerosi assedi delle città situate sul cammino di re Alboino. Irrompendo attraverso il Passo del Predil, i Longobardi conquistarono i centri importanti del nord-est: Aquileia, Cividale del Friuli, Treviso, Vicenza, Verona e in seguito Brescia e Milano; il primo centro che oppose una resistenza importante fu Pavia: secondo Paolo Diacono, Alboino e il suo esercito impiegarono più di due anni per impadronirsi della città, che in seguito divenne la capitale del regno128. Negli stessi anni, proseguì la conquista dei Longobardi verso il

Piemonte e parte dell'Emilia Romagna, continuando la discesa verso il centro-sud, con l'annessione della Tuscia e la formazione dei Ducati di Spoleto e di Benevento. Questa situazione territoriale determinò la divisione in aree di dominazione longobarda e

126 Si veda sul tema la disamina esaustiva di S. GASPARRI, “I Germani immaginari e la realtà del regno. Cinquant'anni di studi sui Longobardi” in I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento-Atti del XVI Congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo, Tomo Primo, Spoleto, Fondazione Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, 2003, pp. 3-28.

127 Per questi popoli definiti germanici, anche se il primo insediamento Longobardo è in Svezia, il “salto identitario” corrisponde all'utilizzo di un nome che li differisce da tutti gli altri; l'utilizzo del nome Longobardi lo si deve al dio Odino-Wotan, che da Winnili (antico nome del popolo) li obbligò ad assumere l'identità di Longibardi “popolo dalle lunghe barbe”, in seguito alla loro vittoria contro i Vandali, avvenuta proprio grazie al suo volere; sull'argomento cfr. M. ROTILI “Forme di cristianizzazione dei Longobardi” in in Umbria cristiana. Dalla diffusione del culto al culto dei santi

(sec. IV-X), Atti del XV Congresso internazionale di studi sull'Alto medioevo, Tomo primo, Spoleto,

Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, 2001, p. 226-227.

128 Il motivo per cui la conquista dell'Italia settentrionale fu portata avanti “senza quasi colpo ferire” è da condurre, secondo alcuni tra cui C. BRUHL, in G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di) op. cit., pp. 97-98, alla richiesta avanzata da Narsete ai Longobardi di scendere in Italia. Il generale bizantino sembra avesse un tacito accordo con i Longobardi, stipulato dopo il suo allontanamento voluto dal nuovo imperatore di Bisanzio Giustino II, che lo sollevò dall'incarico di “governatore d'Italia”. Per ripicca nei confronti del sovrano, Narsete si adoperò per appoggiare la conquista longobarda dei territori bizantini in Italia. Questa tesi è sconfessata dalla storiografia contemporanea, come affermato da G. RAVEGNANI, I Bizantini in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 71.

bizantina (ovviamente con la presenza della Chiesa di Roma), determinando l'insuperabile contrasto tra l'Impero Romano d'Oriente e i Longobardi. Nel 584 fu creato l'Esarcato di Ravenna, collegato a Roma dal c.d. “corridoio bizantino”, che separava la Tuscia dal Ducato di Spoleto; questa composizione territoriale portò ad una divisione fisica in due parti dei domini Longobardi: la Langobardia Maior che comprendeva tutti i territori settentrionali e la Langobardia Minor, dei ducati centro- meridionali di Spoleto e Benevento. Per diversi decenni, i due ducati del centro-sud godettero di un'autonomia pressoché totale dal potere centrale di Pavia, come testimoniato dal mancato pagamento di tributi al fisco centrale da parte dei ducati, almeno fino all' VIII secolo129.

L'organizzazione territoriale del regno non è conosciuta in maniera esauriente; ci sono informazioni sui nomi di varie circoscrizioni, sapendo che erano affidate al controllo di un duca o di un gastaldo (ufficiale regio che aveva come compito la direzione della

curtis, a Cividale del Friuli è presente la sede di una Gastaldaga); dall' VIII secolo, le

due cariche vennero livellate al titolo di iudex nel lessico dei documenti, dei diplomi regi e delle leggi, a testimonianza di come questi incarichi fossero diventati semplici strumenti operativi al servizio del re. L'ampia discrezionalità di azione esercitata dai duchi nei primi anni del regno, venne completamente meno, sostituita dal grande potere accumulato dal re. Sicuramente in pochi si aspettavano la costituzione di un'entità politica duratura e stabile, come poi si è rivelata quella longobarda; il regnum

Langobardorum si sviluppò come un saldo organismo territoriale, costruito lentamente,

grazie alla “riunificazione” dei centri propulsori della conquista (le città), che in principio si erano limitati ad un mero consolidamento locale, al massimo regionale. Questo sviluppo ramificato del potere centrale, iniziò ad essere concreto a partire dalla seconda metà del VII sec., sostanzialmente dall'Editto di Rotari del 643. Questo sottolinea come il processo che ha portato alla formazione delle strutture del regno, almeno all'origine, non sia stato guidato dall'alto, ma nasca dall'occupazione militare improntata allo sfruttamento del lavoro della popolazione indigena, raggiungendo il controllo delle risorse agricole, pastorali e soprattutto delle vie mercantili.

La caratterizzazione militare dei Longobardi e quindi del potere da loro espresso, è assolutamente una base decisiva da cui partire nello studio di questa popolazione; il regno longobardo essendo nato dalla conquista armata, avendo dovuto fronteggiare una

129 S. GASPARRI, “Il regno longobardo in Italia. Struttura e funzionamento di uno stato altomedievale” in S. GASPARRI (a cura di) Il regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società e istituzioni, Spoleto, Fondazione Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, 2004, p. 31.

frammentazione territoriale, scontri con i Bizantini e poi con i Franchi (che ne hanno causato la sconfitta finale), ha sempre avuto una connotazione militare. Con l'età di Rotari, periodo dal quale sono presenti fonti più attendibili, l'exercitus era considerato come “la vera struttura unificante della gens Langobardorum”130; proprio nelle leggi del re, i duchi e i gastaldi venivano nominati all'interno delle gerarchie militari, e proprio il dualismo/complementarietà che esisteva tra queste cariche nelle singole civitates (nuclei cittadini) del territorio, era lo specchio di ciò che succedeva nella gerarchia militare. Un “popolo-esercito”, che dalla propria gerarchia guerriera ha sviluppato una gerarchia territoriale e politica, retta dal servizio armato, considerato ovviamente come un servizio pubblico.

Un'entità politico-territoriale deve avere un sistema di tassazione e di tributi che provveda al consolidamento del regno; la questione risulta spinosa, nel momento in cui ci si interroga sull'esistenza di un sistema regolare di tassazione; le fonti sono assolutamente deficitarie, ma comunque rivelano un sistema di imposte scarso, o quantomeno labile. Gli introiti giungevano dalle terre fiscali gestite dagli alti funzionari grazie alla forza lavoro della curtis pubblica, dalle multe e dalle eredità, dalle razzie delle terre confinanti riconosciute in maniera quasi ufficiale131 e dai tributi obbligatori

per le popolazioni limitrofe. E' importante sottolineare come l'imposta fondiaria, che era stata una delle entrate principali sulle quali si era basata la complessa ma efficiente macchina militare e amministrativa romana, che era sopravvissuta anche sotto il dominio dei Goti, nel nuovo Stato longobardo cessa di esistere; questo perché a partire dal 569 venne a mancare quel ceto dei grandi proprietari terrieri sui quali gravava tale imposta, e che costituivano la struttura portante dello Stato romano e del suo sistema fiscale.

I due elementi che concorsero allo sviluppo dell'ossatura territoriale e politica dei Longobardi sono quello militare e quello fiscale-tributario; l'apparato militare raggiunse un controllo del sistema tributario, prima a livello regionale, poi a livello nazionale in modo centralizzato, tramite il potere regio. Dall'Impero Romano ha ereditato un sistema di governo fondato su un'organizzazione territoriale (un'eredità che era sia dello Stato, sia della Chiesa), portando anche le strutture militari e fiscali ad assumere una caratterizzazione territoriale (comunque ci vollero alcuni decenni per raggiungere

130 Ibidem, p. 43.

131 Nell' VIII secolo sappiamo delle lamentele del vescovo di Grado Giovanni, indirizzate contro i Longobardi, colpevoli di esigere bestiame e grano; era una sorta di rapina considerata come istituzione permanente. Stessa cosa accadeva sotto i regni di Agilulfo e Autari, nei confronti dei territori dell'Istria.

questi risultati). Proprio questi nuclei militari e di riscossione tributaria divennero i luoghi centrali su cui dividere il territorio, che in alcuni casi “ricalcavano” le vecchie giurisdizioni ecclesiastiche e politiche, in altri venivano introdotte nuove suddivisioni rispetto al precedente assetto romano.