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Due tra le più importanti e tormentate vicende giudiziarie

2. L'eutanasia in America

2.3 Due tra le più importanti e tormentate vicende giudiziarie

L'apice del dibattito giuridico in ordine ai profili di rilevanza costituzionale del right to die, è stato raggiunto, all'interno del panorama americano, in seguito a due vicende giudiziarie, divenute popolari per l'eco mediatico che ebbero, quando nella primavera del 1997 arrivarono all'esame della Suprema Corte statunitense. Il primo fu il caso Compassion in dying V. State of Washington, all'interno del quale alcuni pazienti terminali agirono, di concerto con i loro medici ed all'organizzazione Compassion in Dying , per vedere riconosciuta la illiceità costituzionale dell'aiuto al suicidio. A fondamento dell'azione posero la contrarietà della fattispecie di aiuto al suicidio rispetto al quattordicesimo emendamento della costituzione statunitense62, che limita la facoltà statale di privare il singolo del diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà.63

Le argomentazioni degli attori, erano rivolte principalmente all'esistenza nel l'ordinamento americano, di un diritto all'autodeterminazione del paziente capace, ed alla conseguente violazione del principio di eguaglianza, la quale si sarebbe realizzata,

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la sezione seconda, parte seconda del quattordicesimo emendamento stabilisce che << no state shall make or enforce any law wich shall abridge the privileges or immunities of citizens of the United States; nor shall any state deprive any person of life, liberty of property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of laws>>.

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secondo tali soggetti, nel momento in cui il delitto di aiuto al suicidio non avesse tenuto conto del diverso grado di autonomia fisica in cui ciascun soggetto aspirante suicida avrebbe potuto trovarsi. La decisione della Corte distrettuale venne argomentata, in questo caso, affermando l'inesistenza di un vero e proprio diritto costituzionale al suicidio, ma l'esistenza di un vero e proprio diritto al rifiuto delle cure; sulla base di ciò, il giudice distrettuale diede formale accoglimento alle istanze degli attori, ritenendole fondate per ciò che riguardava la violazione del principio di eguaglianza sancito nel quattordicesimo emendamento. Adita successivamente la Corte d'Appello, essa confermò la decisione precedentemente presa, affermando però, che dal quattordicesimo emendamento non derivava il diritto di aiutare taluno a morire, ma il diverso diritto di determinare il tempo ed il modo della propria morte (right to determinate the time and the manner of one's death64). Secondo l'opinione della Corte quest'ultimo sarebbe stato un diritto non coincidente con quello di suicidarsi, poiché sussistenti una serie di possibili condotte collegate alla verifica della morte del paziente, ma non rispondenti comunque alla nozione di suicidio.

Tale pronuncia apparve subito molto significativa, poiché al suo interno veniva affermato il fondamento costituzionale del right to die nell'ordinamento nord- americano; secondo la Corte, tale diritto andava ricavato sulla base di un bilanciamento dei valori costituzionali, i quali avrebbero determinato, nel caso di un malato terminale, un'affievolimento dell'interesse dello stato alla salvaguardia della vita ed alla repressione delle condotte che a questa attentano.

Poche settimane dopo questa storica decisione, la Corte d'Appello del secondo distretto giudiziario, competente per i procedimenti di gravame degli Stati di New York, Connecticut e Vermont, si pronunciò su un caso analogo, già valutato in prima battuta dalla corte distrettuale di New York, era il caso Quill v. Vacco. Il motivo per cui un

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gruppo di pazienti terminali agì all'interno di questo caso fu il medesimo appena analizzato, e la decisione presa fu l'accoglimento dell'istanza, pronunciato sulla base del principio di uguaglianza, poiché la corte ritenne che la legge penale di New York conteneva una fondamentale disparità di trattamento interna alla categoria dei pazienti capaci ed in condizioni terminali che intendessero accedere più velocemente alla propria morte.

Si arrivò a sottolineare, nella specie, che mentre il paziente tenuto in vita con mezzi meccanici era in grado di poter chiedere la sospensione della terapia in ogni momento, agli altri malati terminali, non sarebbe stato possibile chiedere qualsiasi tipo di aiuto clinico per poter accelerare il proprio decesso. La Corte d'Appello di New York chiuse quindi la motivazione della sentenza sostenendo la necessità di una disciplina legislativa espressa del PAS , che ne potesse limitare l'operatività, attraverso l'introduzione di accurati procedimenti di verifica e garanzia.

La Corte suprema Americana, decise in relazione ad entrambe i casi, ribaltando le suddette pronunce, e fece ciò partendo da un'analisi storica delle ipotesi di aiuto al suicidio, il quale essendo contemplato all'interno della common law anglo- americana da più di 700 anni, costituiva un chiaro segnale della ferma volontà del legislatore di voler mantenere intatta tale fattispecie all'interno dell'ordinamento.

Per quanto riguardava invece la differenziazione tra azione ed omissione nella pratica eutanasica, ed alla disparità di trattamento evidenziata dai giudici del secondo distretto, la Corte ritenne che tale distinzione, oltre che essere universalmente accettata, fosse logica, poiché rifletteva una diversa connotazione soggettiva, dato che la condotta attiva era caratterizzata da un diverso disvalore, consistente nell'intenzione di provocare per propria mano la morte di un altro soggetto.

In base a tale orientamento risultò palese il fatto che un possibile riconoscimento del diritto del malato al suicidio potesse eventualmente essere affermato alla luce delle singole costituzioni statali, oppure scaturire da un provvedimento legislativo ad hoc,

così come era avvenuto per la prima volta nello stato dell'Oregon con il Death with dignity act.65