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I DUE SENSI DELLA FONDAZIONE E I SIGNIFICATI DELLA NEGAZIONE

Nel documento Non essere (pagine 148-152)

VERITÀ DEL NON ESSERE

6. I DUE SENSI DELLA FONDAZIONE E I SIGNIFICATI DELLA NEGAZIONE

La trappola consiste nel fatto che, dal punto di vista della verità, da un lato la negazione è ineludibile, ma dall’altro lato essa è inac-cettabile. Ora, questi due aspetti dipendono da due diversi aspetti della verità, i quali vanno quindi distinti. La giustificazione della verità, di cui abbiamo parlato, può infatti essere interpretata in due sensi molto diversi, che corrispondono a due differenti modi di intendere la verità, i quali possono venire espressi rispettivamente dalle seguenti formule:

1) La verità è ciò la cui negazione è autonegazione (cioè contraddizione). 2) La verità è la negazione dell’autonegazione (la contraddizione) in cui consiste la propria negazione.

Nel caso di Parmenide, l’essere può essere inteso: 1) come ciò la cui negazione, cioè il non essere, è autonegazione (ovvero contrad-dizione), o 2) come negazione del non essere. Entrambe le posizio-ni pongono una relazione essenziale tra la verità e la sua negazio-ne, ma la seconda, a differenza della prima, attribuisce anche alla verità la forma della negazione. Se ciò che fa scattare la trappola del negativo è il fatto che la verità viene ad avere forma negativa, allora interpretare la fondazione elenctica nel primo senso consen-te di consen-tenere ferma l’innegabilità della verità ma nello sconsen-tesso consen-tempo di svincolare quest’ultima dal suo carattere negativo e quindi dalle sue micidiali conseguenze ‘negative’.

L’ipotesi, insomma, è che le difficoltà alle quali va incontro il pensiero dipendano dal fatto che si identifica l’imprescindibile connessione che lega la verità alla propria negazione con l’assun-zione che la verità in quanto tale ha la forma della negal’assun-zione della propria negazione.

Possiamo avere una conferma di ciò prendendo in considerazio-ne il caso paradigmatico del principio di non contraddizioconsiderazio-ne, che possiamo assumere come un momento essenziale della verità, alme-no nel senso che la verità si distingue essenzialmente dalla contrad-dittoria autonegazione in cui consiste la sua negazione. Ma se, oltre a ciò, interpretiamo tale principio come negazione della contraddizio-ne (la contraddiziocontraddizio-ne in cui consiste la sua autocontraddizio-negativa contraddizio-negaziocontraddizio-ne),

finiamo per imbatterci in situazioni che creano terribili antinomie. Per esempio, quando abbiamo a che fare con una proposizione come quella detta del Mentitore (m): “Questa proposizione (cioè m) non è vera”, la quale risulta essere contraddittoria (perché la sua verità implica la sua non verità e viceversa), accade che, se pretendiamo di risolvere tale problema negando siffatta contraddizione, riproducia-mo il problema, cioè una situazione contraddittoria. Se, infatti, con-siderando m come una proposizione contraddittoria, la neghiamo, otteniamo di nuovo una proposizione contraddittoria. In un caso come questo risulta evidente che la negazione della non-verità/contraddizione, lungi dal risolvere il problema, lo riproduce, in quanto genera a sua volta una contraddizione.

La cosa più interessante, però, è capire che ciò – ovvero il fatto che la verità come negazione della contraddizione genera a sua volta una contraddizione – dipende proprio dalla struttura della fondazione elenctica della verità innegabile sopra ricordata, per la quale la verità è tale in quanto viene affermata anche dalla propria negazione. Infatti − questo è il passaggio decisivo − negare la nega-zione della verità equivale a negare qualcosa che afferma la verità, e quin-di a negare la verità. La stessa verità innegabile implica quinquin-di una dimensione rispetto alla quale la negazione della non verità è negazione della verità; ovvero una dimensione rispetto alla quale la verità, in quanto è negazione, è negazione della verità, cioè di se stessa (essendo per definizione, in quanto negazione, negazione della sua negazione, cioè della non verità, la quale a sua volta – per la definizione della fondazione elenctica – afferma la verità).

La verità in quanto negazione (negazione della non verità, o della contraddizione), cioè la verità definita dalla seconda interpre-tazione sopra fornita, si presenta dunque come verità che si espone al rischio della contraddizione di cui abbiamo appena detto. La verità quale essa è definita dalla prima formula, invece, è salva rispetto a questo rischio, perché, pur restando definita dalla sua relazione alla negazione, lascia − per così dire − tutta la negatività dalla parte della sua negazione.

Questo punto andrà indagato meglio, ma prima è opportuno vedere come anche questo aspetto così formale del discorso faccia tutt’uno con una questione esistenziale decisiva. Se noi intendiamo la negazione come una forma di rifiuto, e il rifiuto come

un’espe-rienza equivalente a quella del dolore, allora possiamo dire che la ne-gazione (intesa appunto come una forma di rifiuto) costituisce per ciò stesso un’esperienza di dolore10. Insomma, nella misura in cui la negazione è una forma di dolore, anche la verità, intesa come nega-zione, costituisce una forma di dolore. In altri termini potremmo dire che, nella misura in cui la negazione è una forma di necazione11, e la negazione da parte della verità è un’autonegazione, la negazione della verità è una forma di autonecazione: una forma di suicidio.

La questione decisiva, a questo punto, è quella che riguarda il linguaggio che esprime la verità. Perché, se la verità viene espressa mediante una proposizione negativa, essa si espone alla difficoltà implicita nella contraddizione che, dal punto di vista veritativo, inficia ogni negazione. Poniamo per esempio − in riferimento alla nostra questione specifica − che la seconda parte della verità del-l’essere venga espressa dalla formula “L’essere non è non essere”. Questa formula, essendo negativa, viene comunque a generare una contraddizione, in quanto sembra negare, e quindi escludere, qual-cosa rispetto all’essere, cui invece ogni qual-cosa appartiene; oppure, per un altro verso, in quanto sembra attribuire “essere” a qualcosa (il non essere) che invece non ne può avere.

Naturalmente da queste difficoltà si può uscire, ma in ultima istanza ciò è possibile solo distinguendo, all’interno della proposi-zione negativa, l’aspetto necativo-rifiutante da quello descrittivo, quel-lo cioè che descrive un fenomeno negativo, un atto di negazione.

10Chi volesse approfondire questo importante aspetto, che qui può solo esse-re accennato, può faesse-re riferimento al mio saggio: La trappola del doloesse-re e le vie

della liberazione, in M. BIANCHIN, M. NOBILE, L. PERISSINOTTO, M. VERGANI

(a cura di), La vita nel pensiero. Scritti per Salvatore Natoli, Mimesis, Milano-Udine 2014, pp. 457-477.

11Uso questo neologismo, che deriva dal latino nex, necis (morte, uccisione), per sottolineare appunto l’aspetto ‘offensivo’ della negazione. Per un approfondimento del tema si può vedere il mio saggio Chi di negazione

feri-sce... L’unico argomento possibile per una confutazione della verità inconfutabile,

in S. SANGIORGIO, M. SIMIONATO, L. V. TARCA(a cura di), A partire da Severino, Aracne, Ariccia (RM) 2016, pp. 301-342.

Questo secondo aspetto è quello per cui la proposizione che espri-me la verità viene intesa, in quanto negazione, coespri-me la descrizione (puramente differenziale/positiva) dell’autonegazione cui vanno incontro la negazione della verità e quindi la negazione di qualsia-si cosa (nella misura in cui la negazione di qualcosa è negazione di una cosa che conferma la verità ed è quindi negazione della stessa verità). Tale descrizione della negazione è distinta da un qualsiasi atto negativo. In tal modo si può per esempio dire: “L’essere è tale che la sua negazione (il non essere) è negazione di se stessa (e quindi nega il suo stesso essere)”. Questa interpretazione positi-va/descrittiva della negazione è quella che corrisponde alla prima delle due interpretazioni della verità sopra fornite, quella per la quale la verità è ciò la cui negazione è autonegazione. La differen-za tra l’aspetto attivo (od operativo) della negazione e quello descrittivo è paragonabile alla differenza che vi è tra l’atto con cui il giudice emette una sentenza e quello con cui un giornalista dà notizia di tale atto descrivendolo. Si può allora dire che la proposi-zione negativa è qualcosa di ambiguo, nel senso che può essere una forma di negazione/necazione/rifiuto ma può anche essere sempli-cemente una descrizione di un fenomeno negativo, una descrizione che, in quanto tale, è qualcosa di diverso da una negazio-ne/necazione/rifiuto in quanto è la semplice posizione del fenomeno negativo (il fenomeno della negazione).

Il compito fondamentale consiste dunque, quando si esprime la verità, nel formularla in una maniera che mostri chiaramente quell’a-spetto per cui essa verità è una descrizione del comportamento della negazione nei confronti della verità, e che distingua quindi chiara-mente tale descrizione dall’atto necativo in cui l’atto negativo consiste.

Questo è diverso dal dire che la verità non implica una proposizio-ne proposizio-negativa. Anzi, si conferma qui che la verità, se vuol essere tale, implica il rapporto con la propria negazione, e precisamente con la cir-costanza che la sua negazione è autonegazione; e, in questo senso, è cor-retto persino dire che la verità “è” negazione della propria negazione12. 12Per esempio, si potrebbe dire che − essendo la verità la dimensione la cui negazione è autonegazione − la proposizione che nega la verità viene esclu-sa dall’ambito delle proposizioni vere. E si potrebbe esprimere questo dicendo “La negazione della verità non è vera”. Ma questo, da capo, va

inte-Ma resta fermo che la testimonianza autentica della verità esige che sia chiaro che essa enuncia quella dimensione rispetto alla quale qualsiasi negazione è una contraddizione.

Un compito filosofico decisivo consiste dunque nel distinguere la proposizione filosofica dalla proposizione negativa; ovvero anche: distinguere la proposizione filosofica negativa (quella che reca in sé, indistintamente, l’aspetto operativo-necativo e quello descrittivo-positivo) dalla proposizione necativa, cioè distinguere la proposizione filosofica negativa, al suo proprio interno, in proposi-zione filosofica rispettivamente necativa e descrittiva. In altri termini: bisogna distinguere la proposizione filosofica positiva dalla propo-sizione filosofica negativa-necativa.

7. L

A DISTINZIONE TRA LA DIFFERENZA E LA NEGAZIONE

Nel documento Non essere (pagine 148-152)