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Filone di Alessandria

Nel documento Non essere (pagine 183-186)

VERITÀ DEL NON ESSERE

3. L A QUESTIONE DELL ’ EX NIHILO

3.1. Filone di Alessandria

In Filone d’Alessandria, accanto a molte affermazioni di segno – almeno apparentemente – contrario28, troviamo i primi contributi teorici in ordine alla produzione del mondo ex nihilo.

28Si pensi, esemplarmente, a De Providentia, II, 18, dove leggiamo che «tutto ciò che è contrario [al bene] è frutto di una deviazione che risulta sia dalla

La principale fonte di difficoltà, per una lettura univoca dei testi filoniani, è il ruolo che vi svolge la “materia” (a volte hyle, a volte ousia). Non è infatti del tutto chiaro come essa debba essere intesa. Quel che è certo è che, secondo Filone, Dio è causa unica del cosmo: una causa disomogenea rispetto al causato e che, proprio per que-sto, non ha bisogno di compromettersi con altro da sé (e quindi di progredire e di sforzarsi) nel creare29. In tal senso, se anche si voles-se intendere la materia come un “co-principio” (cioè come una bavoles-se preliminare) per la creazione, essa non sarebbe comunque una “con-causa” creatrice (cioè, andrebbe intesa a sua volta come creata, sia pure secondo uno statuto speciale)30.

Abbiamo comunque dei testi che indicano in modo plausibile la presenza nel pensiero filoniano della creazione in senso pieno. Anzitutto, abbiamo una nota dossografia di Galeno che stabilisce una netta differenza tra la metafisica dei Greci e quella “mosaica” (cioè, filoniana). Secondo la prima – spiega Galeno –, «per il demiurgo non sarebbe stato possibile creare da una pietra un uomo, così, in un istante, col solo volerlo. Ed è precisamente questo il punto in cui la nostra opinione, quella di Platone e degli altri Greci che seguono il giusto metodo nell’indagine sulla natura, diverge dalla posizione di Mosè. Per quest’ultimo sembra sufficien-te affermare che Dio semplicemensufficien-te volle l’ordinamento della materia, perché questa si disponesse subito nel dovuto ordine: egli

materia, sia dalla malvagità di una natura incontinente; e di queste cose Dio non è causa». Anche in De Agricultura, 129 troviamo che Dio è «causa dei soli beni». Di non facile decifrazione, invece, è la affermazione di

De aeternitate, 5 secondo cui «nulla viene dal non essere, né corrompendosi

finisce nel non essere»: affermazione che sembra avere portata fisico-cosmologica piuttosto che metafisica. (Le opere di Filone saranno qui considerate secondo le traduzioni offertene nell’edizione curata da Roberto Radice presso la collana I classici del pensiero, Rusconi, Milano 1981-88: traduzioni condotte (con occasionali modifiche) sulla base della edizione greca curata da I. Cohn, P. Wendland, S. Reiter).

29Su questo punto, si veda: R. RADICE, Platonismo e creazionismo in Filone di

Alessandria, Vita e Pensiero, Milano 1989, pp. 359-60.

era convinto che tutto fosse possibile a Dio»31. La testimonianza di Galeno è interessante perché nella filosofia “mosaica” egli indivi-dua, quali elementi di opposizione alle metafisiche della grecità classica: «(a) il principio della parola creatrice; (b) l’assolutezza di Dio; (c) la sua onnipotenza; (d) la simultaneità della creazione»32.

Inoltre, in De somniis, I. 76 troviamo un’espressione difficilmente equivocabile33come la seguente: «Dio, quando generò tutte le cose, non solo le disvelò alla nostra vista, ma creò quello che prima non esisteva [ha proteron ouk hen, epoiese], non solo comportandosi come un demiurgo, ma proprio come un creatore [ktistes]». E in Legum Allegoriae, II, 2 troviamo un’altra espressione che significativamente converge con la precedente: «Come prima della creazione del cosmo non c’era nulla insieme a Dio, così a creazione avvenuta nulla v’è che sia al suo livello».

Nel De opificio mundi, al capitolo IV, si riflette sul fatto che la creazione – nella tradizione mosaica – è creazione totale, che pre-suppone una trascendenza totale del creatore rispetto al creato: pro-prio quella che la tradizione biblica (e giudaica) tanto enfatizza. Più avanti, al cap. VII, si aggiunge che Dio ha creato simultaneamente tutte le cose (panth’hama epoiese).

Ma anche nel De opificio si propone il problema della materia: ad esempio, al cap. V, dove Filone parla di una ousia (entità) non for-mata, e disposta a diventare ogni cosa34. Leggiamo: «Il Padre e 31GALENO, fr. 376; ed. Stern (vol. II, p. 311 = De usu partium, XI 14). (Trad. it.

di R. Radice in Platonismo e creazionismo in Filone di Alessandria).

32Cf. R. RADICE, Platonismo e creazionismo in Filone di Alessandria, p. 369.

33Per considerare letture alternative a quella da noi proposta, si veda però:

ivi, p. 370.

34Quando Filone – nel De opificiointroduce la figura della “ebdomade” (il 7 ideale), la scandisce anche in 6 (= diade) + 1 (= monade); dove la diade non ha alcuna autonomia, ma è già originariamente imbrigliata nella monade. Siamo così già al di fuori di un bipolarismo di cooriginari. Si tratta di una specie di inveramento creazionistico della metafisica platonica, sul quale avrebbe a suo modo premuto anche Teone di Smirne (I-II secolo d.C.) nella sua Expositio della filosofia platonica, dove si afferma che in prima battuta sta il dispari o, fuor di metafora, in principio sta l’uno.

Creatore del mondo […] non rifiutò di trasmettere l’eccellenza della propria natura a una entità che di per sé non aveva nulla di bello, ma che in potenza [dynamenei] era disposta a diventare qualsiasi cosa»35. Ora, un simile principio materiale – qui come in De planta-tione, 3 – sembra avere caratteri più stoici che platonici. Gli Stoici usavano il termine ousia per designare la materia come principio passivo, privo di qualità e di movimento36. Il carattere di passività e ricettività della materia – enfatizzato da Filone – ha autorizzato alcuni interpreti a intendere tale materia in un senso assimilabile al nihil che gioca nella formula ex nihilo37.

In altre opere di Filone, inoltre, Dio è detto poietés, e la sua azio-ne creatrice è intesa come priva di presuppostii38. Si può osservare che, se l’immutabilità che Filone riconosce a Dio testimonia di una lettura della Rivelazione mosaica che è preoccupata di non rinnega-re la ratio platonica, la tematizzazione della crinnega-reazione totale segna una lievitazione della ratio speculativa che avviene proprio a partire dalla Rivelazione e dalla tradizione giudaica.

Nel documento Non essere (pagine 183-186)