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Due versioni di Plus loin que la nuit (2005): dentro il laboratorio dell’artista

- La vicenda produttiva

Nella storia dell’arte non è raro incontrare opere realizzate in più di una versione, opere in tutto simili che gli artisti di diverse epoche hanno prodotto per il desiderio di dare la forma esatta a un’idea, oppure per lavorare su una serie, come Monet, o per altri motivi ancora. Con una certa dose di paradosso,108 questa delle opere in versione multipla sembra essere stata invece una vicenda estranea, o quasi,109 alla ancor breve ma densa stagione della videoarte; ed è in questo quadro che le prime apparizioni di uno tra i più recenti video monocanale di Robert Cahen, autore che, nel corso degli anni Settanta, è stato tra i primi a dedicarsi alla sperimentazione con l’immagine elettronica, vengono a costituire un caso raro e di grande interesse: non tutti coloro che avevano avuto l’occasione di assistere ad una tra le prime proiezioni di Plus loin que la nuit, questo è il titolo dell’opera, avevano visto e ascoltato le stesse cose.110

Cominciamo, allora, ricostruendo le vicende produttive di Plus loin que la nuit. Le immagini del video sono state realizzate da Cahen ad Hanoï nel novembre del 2003 e la prima proiezione pubblica si è tenuta nel febbraio 2005, proprio ad Hanoï: nella scheda di presentazione figurava il 2004 quale anno di produzione e la durata dell’opera risultava essere di tredici minuti e dieci secondi. A quel punto Cahen era arrivato a una versione del montaggio che considerava definitiva, almeno per quel che riguarda le immagini. Quanto al sonoro aveva scelto di usare i rumori-ambiente registrati insieme alle immagini. Nessun altro elemento, nessun effetto. Si tratta di un indizio importante, se guardiamo alla genesi di questo lavoro in una prospettiva diacronica, mettendolo a confronto con l’intero corpus delle opere di questo artista: Cahen è un autore che attribuisce grandissima importanza alla componente sonora e spesso si è avvalso di una collaborazione eccellente, quella di Michel Chion - musicologo, compositore e studioso di cinema particolarmente attento al rapporto tra suono e immagine111 - per la realizzazione di concezioni sonore elaborate, ricercate, di grande fascinazione. Per opere come Juste le temps o 7 visions fugitives Chion era stato chiamato, a montaggio concluso, a comporre il sonoro, servendosi sia di alcuni dei suoni registrati insieme alle immagini – isolati, modulati, trattati – che di altri rumori.

E questo, in realtà, è quel che stava accadendo anche stavolta, ancor prima della presentazione in Vietnam. Mentre veniva sottoponendo il nuovo lavoro, come spesso accade, al giudizio di artisti e critici amici – tra questi Ermeline Le Mezo, montatrice e autrice video -, Cahen aveva già maturato

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L’immagine elettronica, ancor più in seguito all’avvento del digitale, consente interventi illimitati sul montaggio e la postproduzione di un’opera (un rischio di cui alcuni autori video hanno raccontato, a proposito del loro fare artistico, è proprio quello del restare imprigionati nel lavoro di limatura perdendo così di vista il momento in cui l’opera deve considerarsi ultimata).

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Non mancano certo gli esempi, anche eclatanti, come le infinite versioni del TV Buddha di Paik; c’è poi una pratica diffusa tra molti autori, quella di realizzare una videoinstallazione a partire da un video o viceversa, dando alle due opere nome uguale o simile. Più vicino al caso del video di Cahen è invece quello di due lavori di Patrick de Geetere, L’extrême ordinaire e Toujours rien; si veda a questo proposito: Sandra Lischi, “Patrick De Geetere, Toujours rien”, in Id. (a cura di), Senza cornice. Invideo. Mostra Internazionale di video d’arte e di ricerca, Milano,Charta, 1997, p. 85. 110

In questo paragrafo faccio riferimento a due scritti miei, riportandone parti e sviluppando le tesi in essi contenute: Gianluca Paoletti, “Riconoscersi nell’altro: la nozione barthesiana di ‘punctum’ come chiave per una lettura del video ‘Plus loin que la nuit’ di Robert Cahen”, in Polittico. Studi della Scuola di Specializzazione e del Dottorato di Ricerca in Storia delle Arti dell’Università di Pisa, n. 4, dicembre 2005, Pisa, Plus, 2005, pp. 193-206; Gianluca Paoletti, “Due opere allo specchio di uno stesso titolo. Su Plus loin que la nuit di Robert Cahen”, in Sandra Lischi, Elema Marcheschi (a cura di), A rovescio / Reverse images. Invideo. Mostra internazionale di video d’arte e cinema oltre, Roma, Revolver, 2005.

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La formazione artistica di Cahen è passata per la tappa fondamentale della pratica della musica concreta (al Groupe de Recherces Musicales dell’ O.R.T.F., l’ente radiotelevisivo francese); l’amicizia e il sodalizio artistico tra lui e Chion risalgono proprio alla comune esperienza alla scuola della musica concreta di Pierre Schaeffer.

la decisione di coinvolgere un altro autore a curarne il sonoro, e anche in questo caso si trattava di una figura di primo piano dell’arte video internazionale, come si evince dai titoli di coda di questa prima versione di Plus loin que la nuit, presentata nel mese di febbraio in Vietnam: conception sonore / Francisco Ruiz de Infante / studio “Autour de la Terre”. Nato a Vitoria-Gasteiz (Spagna) nel 1966, Ruiz de Infante ha una formazione che, oltre al video, comprende le arti plastiche, la musica, la letteratura; tra gli elementi che caratterizzano i suoi lavori, si pensi a Les loups (1995), il suo video monocanale più conosciuto, figurano l’uso di immagini estremamente curate, il ricorso a testi dall’andamento ellittico, poetico, e la creazione, infine, di un universo sonoro complesso, stratificato ed evocativo, costruito miscelando suoni e rumori connotati da una forte carica emotiva - per le loro caratteristiche (suoni bassi, ritmi ossessivamente ripetuti) e per ciò a cui rimandano -, in un continuo gioco di distanziamenti e contrappunti con le immagini.

L’intervento di Ruiz de Infante era dunque virtualmente già presente nell’opera così come Cahen l’aveva concepita, e se ancora mancava nel video proiettato ad Hanoi è presumibilmente solo per ragioni di tempo. Arriviamo così a maggio, ad una nuova presentazione del video, a Pisa, che è accompagnata da queste informazioni: Plus loin que la nuit , 2005, 9' 45''. Appare subito evidente che qualcosa di più e d’altro doveva, nel frattempo, essere accaduto.

Per parlare di questo/questi video può risultare dunque utile guardare anche ad altre arti e ad altre discipline di studio, in cerca di esempi affini e di strumenti di analisi: per gli studiosi di letteratura ad esempio, soprattutto di quella moderna e contemporanea, un essenziale approccio all’opera risiede nella possibilità, non rara, di mettere a confronto differenti versioni di un testo. Attraverso lo studio delle varianti il critico riconosce dubbi e pentimenti e può, per questa via, formulare delle ipotesi interpretative; è come entrare nello studio dell’artista ed osservarlo al lavoro. E non c’è solo il caso delle versioni preparatorie, non pubblicate, cercate dallo studioso tra le carte di uno scrittore, ma, nel caso della poesia, può accadere di imbattersi in un componimento apparso su una rivista - con una veste che dunque l’artista considerava, in quel momento, compiuta - prima della sua pubblicazione in raccolta. Qui l’analogia con la situazione di Plus loin que la nuit si fa più marcata. Quale statuto attribuire ai due testi? Il critico dovrà evidentemente tenere come criterio principale quello cronologico - per cui la versione uscita in raccolta andrà tenuta come corrispondente alla volontà dell’autore - ma la prima non potrà essere vista come una bozza, semplicemente; le differenze potrebbero, al limite, risultare tali da indurre il critico a valutare l’ipotesi di considerare le due versioni di un testo come opere distinte. Guardando le differenti versioni sotto una luce particolare - situazioni storiche, vicende personali dell’artista - si potrà infine porre al critico la questione radicale di quale sia la reale volontà dell’autore, non necessariamente corrispondente alla versione uscita come ultima. Si imporranno attente valutazioni, caso per caso, e un certo azzardo, sempre, nelle prese di posizione.

- L’impianto compositivo della prima versione

Veniamo dunque a trattare di Plus loin que la nuit, prendendo inizialmente come riferimento la prima delle due versioni. Dopo aver raggiunto la fama a livello internazionale nel corso degli anni Ottanta con Juste le temps (1983) e con la serie delle Cartes postales vidéo (1984-1986), a partire dalla fine di quel decennio Cahen si è spesso dedicato alla realizzazione di brevi e intensi quaderni di viaggio, lavori che proprio dalla decisiva esperienza realizzativa delle “cartoline” sembrano, ben oltre la semplice consequenzialità cronologica, trovare origine: New York e Hong Kong, poi il Cile, l’Isola di Pasqua, l’Antartide; quindi, e sempre più spesso, l’oriente: la Cina di 7 visions fugitives (1995) e di Canton, la chinoise (2001, realizzato con Rob Rombout), il Giappone di Corps flottants (1997), e ora, con Plus loin que la nuit, il Vietnam. Ma se talvolta è sembrato volersi mettere alla prova in direzioni nuove, si pensi all’uso di attori e di una traccia narrativa in Corps flottants o all’avvicinamento verso un documentarismo più tradizionale in Canton, la chinoise, con questo nuovo video Cahen ritrova la strada maestra della sua poetica: i legami più forti questo video li intrattiene infatti con 7 visions fugitives oppure, risalendo più indietro, con Chili impressions

(1989), opere in cui volti e luoghi estranei sembrano offrire a questo antropologo dell’animo umano un punto di vista privilegiato e una capacità di sguardo da cui scaturisce la rivelazione, nel quotidiano, di questioni fondamentali: nascita e morte, l’eterno (o, piuttosto, il fuori dal tempo) e l’effimero sono i poli tra cui si muove il discorso di questo autore.

Il video si apre e si sviluppa intorno a immagini, solo in apparenza documentarie, della vita in un mercato di Hanoi (Figg. 29-30): la folla che si addensa e dirada in un movimento continuo, che quasi si riversa sull’obiettivo come un’onda, il rumore dei motori e dei clacson, le voci. Che non le si debba leggere come materiale puramente documentario ce lo dice però subito la presenza di una evidente cifra antinaturalistica rappresentata dalle alterazioni nella velocità delle immagini, in un continuo scarto tra brevi accelerazioni, rallentamenti, scorrimento normale. Tra quelle del mercato si insinuano, talvolta, più rarefatte immagini di vita cittadina: quelle in cui vediamo una ferrovia stretta tra due file sconnesse di case e piccoli gesti - pettinarsi, cucinare, giocare a pallone - che sembrano una sfida, in un luogo tanto paradossale; e poi quelle di una bambina che si è perduta e sta in attesa tra la confusione del mercato, ai piedi di una colonna. Tutta questa sottile vicenda di affanni quotidiani è interrotta, in alcuni passaggi, da immagini del tutto lontane: ci viene mostrata una montagna (Fig. 31) a picco sul mare, al tramonto, una sagoma scura che si staglia tra i colori intensi dell’acqua e del cielo; la ripresa scorre in una lentissima carrellata laterale su un paesaggio misterioso, accompagnata dal solo rumore del vento. Nel caso delle immagini della bambina e di quelle della montagna alla continua alterazione della velocità delle immagini si sostituisce un ralenti uniforme e marcato.

Proviamo adesso a ricostruire l’impianto compositivo dell’opera. Le immagini cittadine - il mercato e la ferrovia tra le case - appaiono suddivise in sei sequenze, intervallate e delimitate dalle cinque sequenze, con funzione di intermezzo, del paesaggio marino. A questa successione di sequenze alternate fa poi seguito una breve chiusa, marcata con grande evidenza. Tre delle sequenze del mercato sono inoltre costituite da immagini notturne e a colori, mentre le altre tre mostrano immagini girate di giorno e passate in bianco e nero durante il montaggio. Infine andrà notata la differenza tra le prime tre immagini del paesaggio naturale – lenta carrellata laterale – e le ultime due, marcate sia da un diverso tipo di inquadratura (ripresa più ravvicinata, in contre-plongée, a mostrare la cima delle montagne) che da un evidente intervento in fase di post-produzione (i colori sono alterati con una inversione positivo-negativo). Sulla base di queste osservazioni sembra possibile arrivare a riconoscere nella fine della sequenza VI il punto di separazione tra due parti identiche nell’alternanza tra sequenze relative al mercato e intermezzi (con la variante della chiusa che, alla fine della seconda parte, sostituisce le immagini della montagna) e al tempo stesso speculari, se guardiamo ai soli blocchi del mercato, di una specularità rovesciata AAB – ABB (Tabella 1):

Sequenze Durata Numero

immagini

Contenuto immagini Visualizzazione della

struttura compositiva 00:00 - 00:17 Titoli di testa

I 00:17 - 03:23 8 Mercato – Immagini notturne a colori A

II 03:23 - 03:40 1 Montagna vista dal mare – colori naturali

III 03:40 - 05:19 7 Mercato – Immagini notturne a colori A

IV 05:19 - 05:34 1 Montagna vista dal mare – colori naturali

V 05:34 - 07:09 8 Mercato – Immagini diurne in bianco e nero B

VI 07:09 - 07:27 1 Montagna vista dal mare – colori naturali

VII 07:27 - 08:24 4 Mercato – Immagini notturne a colori A

VIII 08:24 - 08:47 1 Montagna vista dal mare – colori alterati

IX 08:47 - 10:23 5 Mercato – Immagini diurne in bianco e nero B

X 10:23 - 10:48 1 Montagna vista dal mare – colori alterati

XI 10:48 - 11:32 6 Mercato – Immagini diurne in bianco e nero B

XII 11:32 - 12:41 2 Chiusa

Tabella 1. Suddivisione in sequenze di Plus loin que la nuit - prima versione

Nota. L’ultima colonna verso destra viene utilizzata per evidenziare meglio gli elementi di regolarità nella distribuzione delle immagini: il delinearsi di una scansione in due parti di sei sequenze e la disposizione ordinata delle immagini cittadine in base all’alternanza di immagini diurne e notturne.

Nella colonna “Contenuto immagini” l’uso dei diversi colori ha la funzione di rendere immediatamente riconoscibile il modo in cui nell’insieme dell’opera si vanno a disporre le due serie di immagini, ciascuna con le sue due differenti forme (immagini cittadine diurne e notturne da un lato e dall’altro lo scenario naturale rappresentato con colori alterati o meno)

Ma oltre che da un ben definita suddivisione in sequenze il video appare inoltre strutturato da due immagini ricorrenti, evidentemente significative, che ne punteggiano lo sviluppo e che vengono anch’esse a disporsi secondo una sorta di schema metrico: la prima serie è costituita dalle immagini in cui vediamo un treno passare nell’angusto spazio (Fig. 32) tra le case, come una minaccia; a formare la seconda sono invece le immagini della bambina immobile tra la folla (Fig. 33). L’una e l’altra hanno quattro occorrenze, e si dispongono tra loro in un ordine che appare non casuale (Tabella 2):

Sequenze (2 blocchi)

Posizione immagini nella sequenza

Categorie di immagini eminenti Visualizzazione schema

immagini eminenti

I

II

III III.2. Treno che passa fra le case - Immagine notturna a colori A (col.)

IV

V V.4.

V.6. V.8.

Bambina (P.P.)

Treno che passa fra le case - Immagine diurna in B/N

Bambina (P.P., con zoom ad allargare)

B A (B/N) B VI VII VIII IX IX.1. IX.2. Bambina (C.M.)

Treno che passa fra le case - Immagine diurna in B/N

B A (B/N) X

XI XI.6. Bambina (P.P., con zoom ad allargare) B

XII XII.2. Treno che passa fra le case - Immagine notturna a colori A (col.) Tabella 2. Disposizione delle due serie d’immagini eminenti in Plus loin que la nuit - prima versione Legenda.

Serie delle immagini del treno che passa tra le case Serie delle immagini della bambina perduta tra la folla

Le due serie di immagini, viste all’interno della suddivisione in due parti dell’opera, appaiono seguire una disposizione speculare, marcata ancor più dall’ordine in cui sono poste le quattro immagini del passaggio del treno, con le due notturne alle estremità della serie e le diurne al centro. Un ulteriore elemento di regolarità è riconoscibile nel fatto che queste immagini ricorrenti vengano collocate nella terza e nella quinta sequenza di ciascuna delle due parti, con la sola variante della quarta apparizione del treno, spostata nell’ultima sequenza, a concludere il video.

La presenza di una così rigorosa organizzazione all’interno del video non stupisce, essendo Cahen un artista contraddistinto da una idea forte dell’opera e dell’autorialità. Un aspetto che semmai differenzia questo da altri suoi video è il modo in cui sono costruiti l’ingresso e l’uscita dall’opera; se opere che appaiono altrettanto strutturate (Karine, Corps flottants) sono anche caratterizzate da una composizione ad anello, con una simmetria evidente tra esordio e chiusa, qui le cose vanno in altro modo. Il video si apre, con la prima immagine che entra a stacco dal nero, su una delle

sequenze del mercato, distinta dalle successive solo per una lunghezza maggiore; nient’altro che questo. Un ingresso nell’opera così brusco e così poco lavorato sembra voler immergere lo spettatore, con immagini colme di corpi, di occhi e di voci, in una percezione quasi ipnotica. Sin dall’inizio e per tutta la durata del video le immagini sono montate rigorosamente a stacco, sempre, fino alla fine della sequenza XI; qui lo schermo va al bianco, ancora a stacco, e dal bianco entra, in lenta assolvenza, un’immagine che costituisce un unicum all’interno dell’opera: giovani donne e uomini camminano tra i sentieri di un cimitero (Fig. 34), tra file regolari di tombe, e la camera li segue, in una carrellata laterale; la rilevanza di questa immagine è sottolineata, oltre che da un ralenti uniforme e marcato, dall’uso che Cahen fa qui della colonna audio. Si tratta, di nuovo, di un unicum: questa immagine dall’austera ed enigmatica sacralità è accompagnata dal silenzio. Non più le grida, i motori e i clacson, non più il vento che si gonfia tra le montagne: solo un silenzio carico di stupore che alla fine dell’inquadratura viene invaso - prima ancora che l’immagine ce lo mostri - dal fischio penetrante di un treno. L’immagine e l’audio del treno che passa di notte fra le case andranno poi, con una lenta dissolvenza, al nero. A marcare la sequenza finale sono dunque una immagine e un suono, una assenza di suono, che non hanno altra occorrenza nell’opera e, insieme a questi, l’assolvenza iniziale e la dissolvenza finale: figure linguistiche di uso comune, queste, che sono rese eminenti e dense di significato dal rigore e dall’essenzialità delle scelte formali compiute dall’autore.

L’assenza di simmetria tra esordio e chiusa è la più evidente possibile: alla estrema lunghezza della sequenza I – in rapporto alla durata complessiva del video - si contrappone la relativa brevità della XII, così come la pulizia delle due immagini che formano questa si contrappone al magma indistinto di esistenze in transito messo in scena in quella: l’opera nella sua interezza, del resto, sembra disegnare un impercettibile tragitto dal caos alla forma, dall’indistinzione di uno sguardo perso nella folla alla pregnante singolarità di scene e volti rappresentati. Ma anche altri fattori di squilibrio possono essere riconosciuti, non coincidenti con una lettura del video per blocchi simmetrici. Si potrà considerare, ad esempio, la netta differenza di durata tra le due parti che compongono il video, di 7'10'' la prima (sequenze I-VI) e di 5'14'' la seconda (sequenze VII-XII). E soprattutto si dovrà guardare alle quattro immagini del treno che passa tra le case, a ciò che esse, l’una dopo l’altra, ci mostrano: se nella prima (III.2.), annunciato da fischi penetranti e dal bagliore del fanale, il treno compare da dietro una curva e lo stacco all’immagine III.3. interviene prima che esso raggiunga il punto di ripresa, nella seconda occorrenza (V.6.) è proprio quando esso si trova all’altezza della camera che l’inquadratura si interrompe; nella terza (IX.2.), poi, lo vediamo scivolare per un breve tratto a fianco della camera. L’ultima immagine (XII.2.) è una plongée che ci mostra subito il muso del treno in primo piano e poi, a lungo, lo scorrere dei vagoni, per andare infine in dissolvenza. È allora una progressione quella che ci viene descritta in questo modo, come se le quattro immagini, nella loro successione, formassero i diversi momenti di un unico tragitto; e l’indugiare ancora, sul nero, alla fine di quest’ultima immagine della serie e del video, del rumore cupo e regolare del treno, insieme al fischio che all’inizio del video ce ne suggeriva l’arrivo prima che lo potessimo vedere sopraggiungere, creano una percezione illimitata del viaggio.112

- Il video come linguaggio poetico (trasalimento percettivo, epifania, pensosità)

È in questa dimensione del viaggio come cambiamento, come attraversamento del tempo più ancora che dello spazio, che sembra riconoscersi tutta l’opera di Cahen: il primo lavoro realizzato in video, nel 1973, era intitolato - significativamente -, come una poesia di Baudelaire, L’invitation au voyage. Ma anche un altro video di Cahen contiene nel titolo la parola “viaggio”, è Voyage d’hiver