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l’economia austro-ungarica tra integrazione regionale e spinte centrifughe

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LESSANDRO

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ALLO

1D. ROHÁČ, Why did the Austro-Hungarian Empire collapse? A public choice

trici che avrebbero portato alla dissoluzione, dall’altra, altri studi mettono in risalto uno sviluppo economico meno legato alla determinante nazionale.

Questa discrepanza deriva, in parte, da un problema metodologico di non piccola rilevanza. Non c’è la disponibilità di dati certi e facilmente compara-bili nel tempo e tra le diverse regioni costituenti un’entità così grande. Lo sforzo degli storici dell’economia di ricostruire serie storiche affidabili deve fare spesso i conti con mancanze non di poco conto e, talvolta, con l’assenza del dato necessario2. Per questo motivo non raro è l’utilizzo di metodologie ricostruttive di carattere logico-matematico più che su un esame del dato certo. Non si deve, oltretutto, dimenticare che le stesse tecniche di rilevamen-to statistico – come spesso avviene – non forniscono una rilevamen-totale certezza di essere lo specchio reale dei fatti considerati. Non di poco conto è anche l’av-vertenza che legare comportamento economico e appartenenza nazionale implica il mettere in relazione dati di carattere tipicamente quantitativo con connotazioni che non sono sempre facilmente traducibili in un dato matema-tico.

Un primo approccio consiste nell’inquadrare l’Unione doganale nel conte-sto di una evoluzione politica che vede presenti due fondamentali forze: da un lato, quindi, il tentativo degli Asburgo di neutralizzare le velleità indipen-dentistiche ungheresi, dall’altro l’ovvia posizione di rifiuto di ogni possibile integrazione-assimilazione. Questo discorso non deve, ovviamente, limitarsi a considerare due soli soggetti ma deve prendere in considerazione la presen-za di una molteplicità di forze nazionali che sentendosi escluse da un dialogo a due, austro-ungherese, reagiscono con veemenza cercando di affermare la propria presenza.

Questo aspetto è assai utile per illuminare aspetti dell’economia austro-ungarica che, spesso considerata come un insieme organico, presenta nel suo formarsi molti lati che ne evidenziano la complessiva mancanza di organicità e, in molti casi, di vera e propria frammentarietà3. Le risorse minerarie e agri-cole più che distribuite in maniera da permettere forme di integrazione si pre-sentano localizzate non nella maniera più semplice per interagire positiva-mente, spesso suddivise nelle varie partizioni amministrative dell’Impero divise da rivalità nazionali di antica data.

Per quanto riguarda lo sviluppo industriale un caso emblematico è rappre-sentato dai giacimenti di ferro della Stiria che, per essere adeguatamente

2P. HANÁK, Short Survey of Recent Literature on Hungarian Economic History, in «The Economic History Review», 4 (1971), pp. 667-681

3 Oscar [Oszkár] JÁSZI, The dissolution of the Habsburg Monarchy, University of Chicago Press, Chicago 1929, pp. 185-194.

sfruttati, necessitano del carbone trasportato dal Mährisch-Ostrau a costi molto elevati.

Un altro punto critico è costituito dai trasporti le cui direttrici sono spesso determinate da fattori politici piuttosto che tecnico-geografici. L’accesso al mare, che nel caso austro-ungarico già presenta ostacoli naturali, è ulterior-mente complicato dal fatto che le ferrovie austriache, ungheresi e bosniache hanno amministrazioni separate ciascuna delle quali ha il diritto di imporre tariffe differenti. Le conseguenze sono che i costi di trasporto del grano ungherese verso l’Austria sono più alti di quello romeno o di altri stati della regione balcanica. La stessa Austria ha competenza sulle linee navigabili interne comprese quelle in territorio ungherese; similarmente i governi ungherese e bosniaco stabiliscono una tariffazione favorevole ai prodotti della loro industria.

Un caso fortemente emblematico è quello della ferrovia della Dalmazia, regione appartenente all’Austria ma da questa separata da un cuneo del Regno di Ungheria; per l’opposizione di quest’ultima, si è sempre resa impossibile la realizzazione di un ferrovia diretta Austria-Dalmazia. Le merci devono essere portate a Trieste in treno, caricate su imbarcazioni fino ai porti dalmati e, in alcuni casi, ricaricate su un altro tratto ferroviario. Sul versante opposto l’Austria cerca continuamente di ostacolare le spedizioni commer-ciali verso la Slesia e la Germania.

Reti commerciali e reti etnico-sociali

Lo sviluppo economico dell’Impero degli Asburgo inizia a manifestarsi nelle regioni occidentali dell’Impero e successivamente si estende verso la parte orientale. Questa progressiva diffusione interessa tutto l’insieme dell’e-conomia dell’Impero ma non avviene in modo uniforme. All’interno di un quadro che mostra un certo sviluppo complessivo i vari mercati che lo com-pongono sembrano seguire una crescita asimmetrica. Quindi, in sintesi l’im-magine complessiva che possiamo ricavare è quella di una duplice tendenza. Una di carattere generale connotata da una crescita e da una propensione all’integrazione a livello generale. Una seconda che, al contrario, mostra una marcata caratteristica in direzione di una integrazione asimmetrica tra alcune città o regioni tra loro a discapito di altre. È all’interno di questa seconda ten-denza che è possibile tentare di individuare cause e ragioni legate al compor-tamento delle varie nazionalità4. Gli aspetti legati alla nazionalità degli attori

economici sembra abbiano agito non tanto sul complessivo sviluppo dell’e-conomia imperiale quanto nel formarsi di rapporti privilegiati tra gruppi con medesime istanze economico-nazionali. La complessa e variata composizio-ne etno-linguistica può, quindi, aver avuto effetti composizio-nella creaziocomposizio-ne di un mer-cato integrato ma asimmetrico. Questa affermazione deve essere interpretata nel senso che, all’interno dell’Impero alcune regioni o coppie di città realiz-zano un grado di integrazione economica molto consistente mentre, al di fuori di queste, il livello di interazione appare basso. Quindi, da una parte, il sistema nel suo complesso presenta valori di un certo livello, dall’altra, que-sto dato nasconde realtà considerevolmente diversificate. L’ipotesi di parten-za che si può formulare per spiegare questo differenziato panorama è quello di verificare se e in che maniera, e in quale profondità, le reti etnico-sociali possano aver influito nel favorire od ostacolare i rapporti commerciali rispet-to ad altri fatrispet-tori quali la struttura della rete dei trasporti o a particolari morfologie del territorio5.

Le cause dello svilupparsi di particolari reti commerciali tra città e aree determinate – e tra loro scarsamente interconnesse – all’interno dell’Impero sembra siano da ricercarsi più in motivazioni di carattere etnico-politiche piuttosto che puramente economiche. In un contesto economico generale dominato dalla filosofia del free trade le forze in favore di un maggiore inter-scambio sono spesso vincenti rispetto a quelle sviluppatrici di aggregazioni tra loro separate. Nel caso austro-ungarico si dimostra che, invece, il movi-mento cooperativo si organizza, alla fine del XIX secolo seguendo linee etni-co-linguistiche piuttosto che quelle dettate da politiche di sviluppo interes-santi l’intero territorio imperiale. In realtà i due aspetti del problema sono interconnessi poiché la mancata risoluzione del problema delle nazionalità da parte del Compromesso del 1867 incrementa gli stessi nazionalismi che tro-vano la loro conseguente espressione su vari piani tra cui quello economico è tra i più evidenti6.

Il Compromesso riconosce, di fatto la piena rappresentatività alle due nazionalità più importanti tralasciando di considerare la presenza di altri sog-getti che continuano a rivendicare la loro esclusione dall’accordo. Spicca, a tal proposito, la questione céca che si manifesta anche nel tentativo di auto-integrazione attraverso la costituzione di un sistema di casse rurali in Boemia.

Austro-Hungarian Empire in the late nineteenth century, in «The economic history

review», 2 (2012), pp. 654-656.

5Ivi, p. 654. 6Ivi, p. 655.

Da un punto di vista generale si riconosce che le reti etniche possono costituire un elemento favorente il commercio perché esse forniscono una serie di strumenti formali e informali non disponibili tra operatori di lingua ed etnia differenti. Tra questi ultimi possono essere annoverate le informa-zioni sui mercati, regolamenti per incentivi e saninforma-zioni, conoscenza sociale sull’affidabilità degli operatori.

Per verificare la reale importanza del fattore etno-linguistico si può pren-dere l’esempio di un’importante commodity agricola quale è il grano7.

Il primo elemento che riguarda il commercio dei cereali è costituito dai costi di trasporto individuando tre fattori principali: distanza, struttura della rete, fattori locali.

Attraverso l’analisi quantitativa dei rapporti commerciali tra alcune città dell’Impero, successivamente alla Prima Guerra mondiale inserite in diffe-renti stati, si sono ricostruiti 4 gruppi di dati: prezzo, distanze ferroviarie, costi di trasporto su ferrovia, statistiche relative all’aspetto linguistico dei vari centri.

L’osservazione dei dati relativi alla composizione etno-linguistica dei vari centri evidenzia in maniera evidente la sua forte eterogeneità e costituisce un esempio della complessità insita nella struttura imperiale.

L’esame dell’andamento del costo dei cereali, tra il 1878 e il 1888, mostra come esso sia diminuito mentre, successivamente, registra oscillazioni anche di notevole entità; inoltre, il coefficiente di variazione all’interno di gruppi di città che avrebbero, successivamente, fatto parte degli stati nati dalla dissolu-zione dell’Impero, è, per ciascuno di questi gruppi, assai minore rispetto al valore generale. E, fatto interessante, l’andamento tra i diversi gruppi e il dato globale segue la comune tendenza ad ampliarsi. Questa considerazione porta a concludere che già negli ultimi decenni del 19° secolo si formano dei

cluster economici determinati su base etnico-linguistica. Una prima

conside-razione che possiamo trarre è che a mano a mano che i costi di trasporto diminuiscono in tutta l’Impero aumenta l’importanza dei fattori che non sono legati alla distanza come quelli connessi alla comune appartenenza etno-lin-guistica. Ciò trova, in secondo luogo, un elemento di rafforzamento nello svi-luppo di forme di attività economica, come il movimento cooperativo, legate alla medesima appartenenza nazionale.

7 SCHULZE – WOLF, Economic nationalism and economic integration: the

Austro-Hungarian Empire in the late nineteenth century, cit., p. 657; S. M. EDDIE, Farmers’ Response to Price in Large-Estate Agriculture: Hungary, 1870-1913, in «The economic

L’evoluzione storica del mercato economico interno austro-ungarico mostra – quindi – come, a partire da circa la metà degli anni Ottanta del XIX secolo, si delinei una rete di ‘border before a border’8generata principalmen-te da forze etno-linguistiche piuttosto che da reali motivazioni economiche.

L’Unione doganale

Punto fondamentale nella storia economica e politica dell’Impero è la nascita, nel 1850, dell’Unione doganale. Fino a quella data sono presenti, tra Austria e Ungheria, delle barriere doganali interpretate, da parte ungherese, come un elemento di vantaggio sia per la parte austriaca – più industrializza-ta – che per le casse imperiali, le quali traggono un indubbio guadagno dai dazi doganali. Alcuni vivono questa situazione quasi come una forma di sfruttamento di una parte sull’altra9. Nel panorama politico ungherese si distingue la posizione dell’opposizione liberale che considera la richiesta del-l’abbattimento delle barriere doganali come uno dei punti più importanti. Tuttavia questa posizione trova i suoi sostenitori anche a Vienna forse perché vede in questa politica uno strumento per realizzare l’integrazione-assimila-zione dell’Ungheria. E per questa ed altre ragioni, una parte dell’opposil’integrazione-assimila-zione ungherese abbandona questa richiesta puntando ad una completa indipenden-za politico-economica dall’Austria.

La “dualità” dell’originale costruzione statuale austro-ungarica, complica-ta – come abbiamo visto – da una molteplicità di nazionalità, costituisce, dalla sua origine alla sua fine, una sempre presente mina vagante talvolta esplicitamente affermata altre volte implicitamente percepibile nel comporta-mento dei soggetti in gioco. Nelle ragioni stesse che spingono gli Asburgo in direzione di un’unione doganale è ben presente, come abbiamo visto, il tenta-tivo di contrastare le forze centrifughe che minano l’unità statuale. Lo stesso atto formale del Compromesso prevede, dopo una premessa che considera l’Austria e l’Ungheria come un’unica area doganale e di libero scambio, che dopo cinque anni sarebbero dovuti iniziare incontri di verifica e che, nel caso non ci fosse stata una comune soddisfazione nella sua realizzazione, si sareb-be potuto modificare. Alcuni punti, non secondari, rimangono – per il momento – indefiniti, come la questione della banca centrale10.

8 M. S. SCHULZE – N. WOLF, On the origins of border effects: insight from the

Habsburg Empire, in «Journal of Economic Geography, 9 (2009), pp. 117-136. 9JÁSZI, The dissolution of the Habsburg Monarchy, cit, p. 186.

Il Compromesso del 1867 stabilisce che il territorio austro-ungarico avrebbe costituito un’unica area commerciale e doganale e, di conseguenza, si riconosce la validità dei brevetti e un uguale trattamento a chiunque voglia lavorare o svolgere un’attività imprenditoriale. Più complessa la questione monetaria poiché il governo ungherese non accetta il monopolio della Banca nazionale austriaca e, per il momento, si impegna a non istituire una propria Banca nazionale. Successivamente la Banca nazionale austriaca viene riorga-nizzata su una base dualista e su queste basi, nel 1878, l’Ungheria ne accetta il monopolio per l’emissione della moneta.

Nel frattempo, non più tardi del 1875, l’Ungheria richiede sostanziali modifiche in tre settori: trasferimento del pagamento dei tributi indiretti dal luogo di produzione a quello di consumo, l’aumento dei dazi sui prodotti importati e la riorganizzazione della banca centrale su basi dualistiche. Richieste che sono raggiunte da un accordo del 1898.

I successivi sviluppi dell’accordo doganale sono contrassegnati da un con-tinuo susseguirsi di tentativi di entrambe le parti di modificare a proprio van-taggio le clausole vigenti. I differenti obbiettivi dei due protagonisti creano un contesto caratterizzato da un forte contenzioso. Tra gli aspetti più spinosi possiamo ricordare quello concernente le ‘quote’ che i due soggetti avrebbe-ro dovuto versare per gli affari comuni – principalmente le spese militari – per compensare eventuali ammanchi nelle entrate delle tariffe doganali. In tale prospettiva si pone la questione – ben presente nel panorama politico ungherese – di sviluppare un’area doganale ungherese indipendente11.

È quindi evidente, sin dai primi passi che l’idea imperiale di implementare un sistema di libera circolazione in campo economico nel tentativo di stimo-lare le forze centripete legate al commercio tra le varie parti dell’Impero cer-cando di bilanciare le spinte nazionalistiche viene contrastata in maniera evi-dente dall’altro partner.

Tuttavia il rapporto ungherese con il Compromesso appare, almeno per quanto riguarda gli aspetti economici, più complesso di quanto possa sem-brare dalle precedenti considerazioni per gli indubbi benefici che tale accor-do apporta al quadro economico ungherese.

Per questo motivo è, quindi, interessante verificare se – e in che misura – i decenni del Dualismo determinino un miglioramento nelle condizioni

econo-cura di), The Austro-Hungarian Monarchy revisited, Colorado, Social Science Monographs, 2009, pp. 21-49.

11 SCHULZE – WOLF, Economic nationalism and economic integration: the

Austro-Hungarian Empire in the late nineteenth century, cit., p. 655; I. T. BEREND- G. RÁNKI,

Economic factors in nationalism: the example of Hungary at the beginning of the twenti-eth century, in «Austrian History Yearbook», 3 (1967), pp. 163-186.

miche delle varie parti dell’Impero e, soprattutto, vedere se una politica ispi-rata ai principi del free trade – anche se in una certa misura depotenziati dal carattere multinazionale dell’Impero – abbia realmente determinato un livel-lamento della ricchezza.

Non vi sono dubbi sul fatto che l’Austria e l’Ungheria mostrino condizio-ni economiche e una struttura sociale di partenza assai differenziate. La con-flittualità dovuta ai divergenti interessi economico-finanziari tra l’Austria industriale e l’Ungheria agricola, e in cui persistono tratti feudali, sono il leit

motiv della storia dei rapporti austro-ungheresi, sin dal loro nascere; e la

per-cezione che si può ricavare dalla sua osservazione è che sia stata tra le cause più rilevanti della incapacità di sostenere politicamente ed economicamente un conflitto – la Prima Guerra mondiale – che si configura come scontro non solo di eserciti ma tra sistemi politico-economici.

Gli effetti economici del Compromesso

Una delle misure più comunemente utilizzate per determinare lo sviluppo economico è il prodotto interno lordo. Lo studio di questo indicatore presen-ta, come si può facilmente intendere, una serie di difficoltà pratiche e concet-tuali di non poco conto.

Secondo gli studi più aggiornati il Pil ungherese è, nel 1870, pari al 66% di quello austriaco e sale, nel 1910, al 77%. Esistono alcune discrepanze, tra diversi studiosi, sull’entità della crescita ungherese ma rimane l’evidenza di una crescita superiore a quella austriaca12.

Un altro importante indicatore è costituito dall’evoluzione del valore aggiunto nei diversi settori economici. A questo proposito possiamo conclu-dere che avvengono importanti cambiamenti strutturali nell’economia unghe-rese – nel senso di una sensibile crescita del settore industriale – ma che complessivamente permangono, all’interno dell’Impero, divari evidenti.

Nel complesso le due economie tendono a livellarsi a prezzo di un sacrifi-cio dell’agricoltura austriaca e ad uno sviluppo dell’industria ungherese anche grazie agli ordinativi provenienti da industrie austriache e dalla

mari-12KATUS, The Common Market of the Austro-Hungarian Monarchy, cit., pp. 31-33. D. F. GOOD, Revised estimates of the GDP per capita in Central and Eastern

Europe, in «Center for Austrian Studies Working Paper series», 1998.

D. F. GOOD– T. MA, The economic growth of central and eastern Europe in

com-parative perspective, 1870-1989, in «European Review of Economic History», (3), 1999,

na. Un’ulteriore prova di questi cambiamenti è costituita dalla modifica del commercio estero ungherese per quanto riguarda il settore industriale: dal 39% del totale delle esportazioni del 1880 si arriva al 71% del 1913.

Non vi sono dubbi che l’Unione doganale abbia agito in direzione di favo-rire la crescita dell’industria ungherese13 che, provvidenzialmente, si attua in un’epoca in cui i prodotti agricoli subiscono una nuova e più temibile con-correnza proveniente sia da altri Paesi europei che americani.

L’industria meccanica

Un caso apparentemente particolare ma di grande significato – non solo economico – concerne l’evoluzione dell’industria meccanica. Lo sviluppo di questa riflette, infatti bene – per la sua caratteristica di essere fortemente interconnessa con un gran numero di altre attività – il grado di sviluppo e di connettività di una economia.

Nel caso dell’Impero degli Asburgo il numero di addetti in questo settore industriale passa da 33.000 unità nel 1870 a 109.000 nel 1910, anno in cui rappresenta il 6,5% della produzione manifatturiera austro-ungarica in tota-le14. Tuttavia, è interessante notare come tale crescita non segua uno sviluppo lineare e costante ma possano essere individuati due periodi con andamento differente. Il primo è compreso tra il 1870 e il 1893 e vede una crescita abba-stanza contenuta mentre dopo questa data, e fino al 1912, l’incremento è assai sostenuto.

La spiegazione di questa partizione temporale è stata ampiamente dibattu-ta.

Alcuni la interpretano inserendola nel contesto di un più vasto ciclo tem-porale in accordo con la teoria di Kondratieff. Altri evidenziano il ruolo fon-damentale della crisi borsistica del 1873, a seguito della quale si manifestano i sintomi della deflazione e della caduta delle produzioni industriali. Per un migliore inquadramento storico ricordiamo, inoltre, che i decenni precedenti al 1873 sono quelli connotati dalla grande espansione della rete ferroviaria,

13KATUS, The Common Market of the Austro-Hungarian Monarchy, cit., p. 43.

14 M. S. SCHULZE, The machine-building industry and Austria’s great depression

after 1873, in «Economic History review», 2 (1997), p. 285.

David F. GOOD, The economic rise of the Habsburg empire, 1750-1914, Berkeley, 1984.

David F. GOOD, The great depression and Austria growth after 1873, in «Economic History review», 2 (1978), pp. 290-294.

elemento decisivo della crescita dell’economia austro-ungarica. Giova ricor-dare, a questo proposito, che il problema del reperimento dei capitali da inve-stire era già stato all’origine, durante questo periodo, di un andamento non lineare nella realizzazione di una rete vasta e, per certi versi, irrazionale nel suo sviluppo geografico.

Una terza interpretazione attribuisce il rallentamento economico ad un pronunciato flusso di capitali dall’Austria in direzione dell’Ungheria, a parti-re dal 1873, e ad un successivo movimento inverso in diparti-rezione dell’Austria.