A
NTALM
OLNÁR1Nell’ingente mole delle pubblicazioni più recenti faccio qui riferimento soltanto ad una recentissima enciclopedia: J. BREULLY(ed.), The Oxford Handbook of the History of
Nationalism, Oxford University Press, Oxford 2013.
2 Saggio riassuntivo sul ruolo della chiesa nella formazione delle nazionalità in Ungheria: Barna ÁBRAHÁM, “Nemzeti vallások” Magyarországon a 19. században [“Religioni nazionali” nell’Ungheria del XIX secolo], in M. CSÁSZÁR - G. ROSTA(a cura di), Ami rejtve van s ami látható. Tanulmányok Gereben Ferenc 65. születésnapjára [Quello che è celato e quello che è visibile. Studi in onore del 65ocompleanno di Ferenc Gereben], Loisir, Budapest–Piliscsaba 2008, (Pázmány Társadalomtudomány, 10), pp. 15-31. Della vecchia letteratura sul tema si veda: Endre ARATÓ, A feudális nemzetiségtől
a polgári nemzetig. A magyarországi nem magyar népek nemzeti ideológiájának előzmé-nyei [Dalla nazionalità feudale alla nazione borghese. Gli antefatti dell’ideologia
nazio-to dell’inserimennazio-to della snazio-toria della Chiesa nelle ricerche relative alla genesi del nazionalismo è che si ampliano in misura significativa i limiti cronologici dell’indagine. Dalle fonti ecclesiastiche risulta infatti assolutamente chiaro che i fenomeni manifestatisi nei secoli XVIII e XIX esistevano – il più delle volte non soltanto “in germe” bensì in forma matura – già nella prima età moderna e addirittura, in taluni casi, persino nel tardo medioevo. Cito in pro-posito un solo esempio: le prime formulazioni dell’identità nazionale croata che si possano considerare moderne nacquero nel XVII secolo nelle officine spirituali del capitolo di Zagabria e dei conventi paolini della Croazia3.
L’ulteriore paradosso del sistema istituzionale ecclesiastico cattolico con-sisteva nel fatto che le aspirazioni verso una distinzione di tipo nazionale furono concepite proprio nell’ambito degli ordini religiosi, i quali per lo più disponevano di una struttura organizzativa internazionale ed erano fonda-mentalmente caratterizzati da una connotazione universalistica. L’analisi minuziosa delle singole cause ci porterebbe naturalmente troppo lontano; le più importanti sono da individuare evidentemente nella forza intellettuale, la sensibilità sociale e il dinamismo intellettuale e fisico degli ordini religiosi, vale a dire nel fatto – da non sottovalutare – che nelle unità organizzative degli ordini, le province, anzi: anche negli stessi conventi spesso conviveva-no insieme i figli di varie nazioni. L’alterità linguistico-culturale costituiva per loro non soltanto un’esperienza del quotidiano ma anche una sfida, alla quale – in stretto rapporto con la realtà culturale e politica della società nella quale erano inseriti – intendevano rispondere in maniera fondata anche sul piano teorico. Nacquero così le prime formulazioni di un patriottismo che possiamo senza tema definire coscienza nazionale della prima età moderna. L’aspirazione a distinguersi sulla base delle proprie peculiarità nazionali, manifestando soprattutto l’esigenza di dare vita a strutture organizzative autonome, venne concepita dai francescani boemi nei confronti dei confratel-li tedeschi nel XV secolo4, così come dai gesuiti ungheresi rispetto agli austriaci nel XVII5. Analogamente furono proprio i conventi a costituire il
nale delle popolazioni non magiare dell’Ungheria], Akadémiai Kiadó, Budapest 1975, in special modo le pp. 68-85 e 109-121.
3 Antal MOLNÁR, A zágrábi püspökség és a magyarországi katolikus egyház a 17.
században [Il vescovado di Zagabria e la Chiesa Cattolica d’Ungheria nel XVII secolo],
Magyar Egyháztörténeti Enciklopédia Munkaközösség (METEM), Budapest 2012, (METEM Könyvek, 77).
4Petr HLAVAČEK, Die böhmischen Franziskaner im ausgehenden Mittelalter. Studien
zur Kirchen- und Kulturgeschichte Ostmitteleuropas. Franz Steiner Verlag, Stuttgart
2011, (Forschungen zur Geschichte und Kultur des östlichen Mitteleuropa, 40).
più importante terreno di coltura delle aspirazioni nazionali antiungheresi delle minoranze che vivevano nel Regno d’Ungheria: oltre all’esempio succi-tato dei Paolini croati, possiamo qui menzionare i movimenti di impulso nazionale dei francescani croati nel XVII secolo6o dei gesuiti e dei france-scani slovacchi nel XVIII7.
È del tutto evidente che le istituzioni ecclesiastiche ebbero nello sviluppo del nazionalismo europeo del XIX secolo un’importanza di gran lunga mino-re rispetto ai secoli pmino-recedenti. Allo stesso tempo è altmino-rettanto assolutamente evidente che, nella formazione e nella strutturazione della coscienza naziona-le delnaziona-le nazionalità della Monarchia asburgica, naziona-le strutture eccnaziona-lesiastiche svolsero un ruolo di grande rilievo. Andreas Gottsmann ci mostra nella sua brillante monografia il ruolo ambivalente della Chiesa cattolica nella storia della Monarchia austro-ungarica: da una parte pilastro fondamentale di un impero che teneva insieme nazioni diverse e dall’altra, invece, punto di par-tenza e di sostegno dei movimenti nazionali che, sin dall’inizio della Duplice Monarchia, ne avevano minacciato i confini interni ed esterni. Lo studioso sottolinea, a ragione, come il mancato raffronto tra i due aspetti di questo duplice ruolo abbia rappresentato, fino a questo momento, una grave carenza nella ricerca8. E purtuttavia Gottsmann non dedica praticamente alcuna atten-zione agli ordini religiosi presenti all’interno dell’Impero asburgico, laddove invece la loro attività e la loro struttura organizzativa, nonché le variazioni che esse subirono nel tempo, integrano in maniera interessante le nostre conoscenze relative alla capacità delle Chiese di incidere sul processo di
for-abszolutizmus (1649-1773) [La questione della provincia indipendente ungherese dei
gesuiti e l’assolutismo austriaco (1649-1773)], József Attila Tudományegyetem – Istituto Storico della Compagnia di Gesù, Szeged – Roma 1989, (Adattár XVI–XVIII. századi szellemi mozgalmaink történetéhez, 25) [Repertorio per la storia dei nostri movimenti spirituali dei secoli XVI-XVIII, 25].
6Franjo Emanuel HOŠKO, Franjevačka obnova u sjevernom dijelu banske Hrvatske
sredinom 17. stoljeća [Rinnovamento francescano nella parte settentrionale della Croazia
banatica alla metà del XVII secolo], ID., Franjevci u kontinentalnoj Hrvatskoj kroz
stol-jeća [Francescani nella Croazia continentale durante i secoli], Kršćasnka Sadašnjost,
Zagreb 2000, pp. 147-171.
7Branislav VARSIK, Národnostný problém Trnavskej university [Il problema naziona-le all’università di Tirnavia], Učena Sponaziona-lečnost Šafárik, Bratislava 1938, (Práce Učené Společnosti Šafárikovy v Bratislavĕ, 27).
8 Andeas GOTTSMANN, Rom und die nationalen Katholizismen in der Donaumo
-narchie. Römischer Universalismus, habsburgische Reichspolitik und nationale Identitäten 1878-1914, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien
2010, (Publikationen des Historischen Institutes beim Österreichischen Kulturforum in Rom, I. Abteilung, Bd. 16).
mazione delle nazioni. Sulla base delle loro tradizioni medievali, gli ordini religiosi si erano in genere organizzati, paese per paese, in province. In tal modo queste strutture religiose, oltre a favorire l’urbanizzazione e a determi-nare l’articolazione del paesaggio, svolgevano anche un’importante funzione di integrazione politica e culturale.
Nel segno di queste tradizioni, i confini organizzativi della maggior parte degli ordini religiosi maschili d’Ungheria coincidevano con le frontiere del Paese. Disponevano di un’organizzazione interna all’Ungheria i Benedettini, i Cistercensi, gli Scolopi, i Premonstratensi, i Francescani Conventuali e gli Osservanti; questi ultimi (secondo regioni) con un totale di cinque province autonome. Determinati ordini però (quanto meno all’inizio) considerarono come proprio ambito organizzativo non il Regno d’Ungheria bensì l’Impero austro-ungarico nel suo complesso e le loro case erano quindi comprese all’interno dell’organizzazione delle province austro(-ungariche)9. Tra questi figurava l’Ordine ospedaliero di S. Giovanni di Dio, che nel 1856 fondò la provincia autonoma ungherese con 13 istituti. I Carmelitani scalzi si stacca-rono dalla provincia madre austriaca come viceprovincia ungherese nel 1903 con due conventi, quello di Győr e quello di Budapest, ma la loro fondazione venne elevata al rango di provincia a pieno titolo solamente nel 1947. Sempre a Vienna era il centro di altri due ordini di grandi tradizioni, i Domenicani e i Cappuccini, che si organizzarono entrambi in provincia ungherese autonoma solamente molto tempo dopo la fine della Monarchia austro-ungarica (1934, 1938)10. Se mettiamo a confronto gli ordini apparte-nenti al primo gruppo con quelli del secondo, balza immediatamente all’oc-chio la differenza fondamentale: mentre quelli che disponevano di una strut-tura organizzativa in Ungheria erano ordini che potevano contare su un gran-de passato, molti conventi e un gran numero di effettivi, i gruppi che si stava-no invece organizzando territorialmente a livello di Impero erastava-no di insedia-mento recente (provenienti in parte evidentemente proprio dall’Austria) e/o che contavano un numero limitato di case e di membri.
9 K. SOMOGYI (a cura di), A Magyar Korona országaihoz tartozó római katholikus
papság és szerzetesrendek egyetemes névtára [Registro generale del clero cattolico
romano e degli ordini religiosi appartenenti ai paesi della Corona d’Ungheria], Lampel Róbert Könyvkiadása, Budapest 1878, pp. 429-503.; Ö. TOKODY(a cura di), A
magyar-országi róm. kath. papság egyetemes névtára 1891-re [Registro generale del clero
catto-lico romano dell’Ungheria nell’anno 1891], Csanád Egyházmegyei Könyvsajtó, Temesvár 1891, cc. 1197-1327.
10 Mária PUSKELY, Kétezer év szerzetessége. Szerzetesség- és művelődéstörténeti
enciklopédia [Il monachesimo di duemila anni. Enciclopedia di storia culturale e del
In questo quadro interpretativo il caso più intrigante è forse quello della Compagnia di Gesù, in particolare perché, attraverso la storia di questo ordi-ne, è possibile seguire passo dopo passo, nell’arco di qualche secolo e nelle più diverse situazioni politiche, le vicende legate alla lotta che la provincia ungherese condusse per la propria autonomia. I gesuiti fondarono la loro prima casa a Vienna nel 1550, sono presenti in Ungheria dal 1561 e possia-mo affermare senza esagerazione che, fino alla soppressione dell’ordine nel 1773, rappresentarono il fattore religiosoculturale più importante dell’Im -pero asburgico11. I gesuiti ungheresi, tuttavia, nei 230 anni della loro attività appartennero sempre alla provincia austriaca e (a differenza degli altri ordini religiosi) non istituirono mai una provincia autonoma. Gli studiosi ungheresi hanno spiegato tale fenomeno con la fedeltà dei gesuiti agli Asburgo; secon-do la grande sintesi di Domonkos Kosáry, per esempio, i padri ungheresi che beneficiavano dei favori della corte imperiale tenevano decisamente alla pro-vincia comune che abbracciava l’insieme della Monarchia asburgica12.
Le ricerche più recenti hanno invece dimostrato esattamente il contrario. Analizzando la storia della cultura politica dell’Ungheria nel ’600 e nel ’700, possiamo constatare che in Ungheria i gesuiti erano ferventi sostenitori delle aspirazioni politiche dei baroni e dei nobili cattolici; molte formulazioni importanti del patriottismo ungherese (dalle narrazioni epiche della storia delle origini ai drammi scolastici di soggetto storico) si legano al nome di autori della Compagnia di Gesù13. A causa dell’eccessivo amore che i gesuiti ungheresi manifestavano per la nazione, i prepositi generali si trovarono sin dal XVI secolo a doverli ammonire; dalla metà del secolo XVII e fino alla soppressione dell’ordine essi lottarono tenacemente per l’istituzione della provincia autonoma d’Ungheria. Dai documenti relativi a tale loro battaglia, rintracciati dallo storico gesuita László Lukács nell’archivio centrale dell’or-dine (Archivum Romanum Societatis Iesu), appare evidente che la provincia
11László SZILAS, Die österreichische Jesuitenprovinz im Jahre 1773. Eine
historisch-statistishe Untersuchung, in «Archivum Historicum Societatis Iesu», 47 (1978), pp.
97-158, 197-249.
12 Domokos KOSÁRY, Művelődés a XVIII. századi Magyarországon [Cultura nell’Ungheria del Settecento], Akadémiai, Budapest 1983, pp. 73-74.
13 László SZÖRÉNYI, Hunok és jezsuiták. Fejezetek a magyarországi latin hősepika
történetéből [Gli unni e i gesuiti. Capitoli di storia dell’epica eroica latina d’Ungheria],
AmfipressZ, Budapest 1993.; Imre VARGA - Márta Zsuzsanna PINTÉR, Történelem a
színpadon. Magyar történelmi tárgyú iskoladrámák a 17-18. században [La Storia sul
palcoscenico. Il dramma scolastico con tematiche di storia ungherese nei secoli XVII-XVIII], Argumentum, Budapest 2000, (Irodalomtörténeti Füzetek, 147).
che si estendeva da Passau a Ungvár14 e a Gyulafehérvár15, da Trieste a Szakolca16si dimostrava praticamente ingestibile. La divisione in due parti di tale aggregato, innaturalmente vasto rispetto alle dimensioni medie e all’or-ganico standard delle province europee, sarebbe stata giustificata non tanto dalle ambizioni nazionaliste degli ungheresi, quanto piuttosto dai vantaggi in governabilità che palesemente ne sarebbero derivati. Da una parte, nessun preposito provinciale era in grado di dirigere in maniera efficace un territorio tanto esteso; dall’altra, invece, anche la cura dei popoli caratterizzati da lin-gue, passato e cultura diversi che vivevano sul territorio dell’Impero richie-deva l’impiego di metodi differenziati. Nonostante tutte le possibili argomen-tazioni razionali a favore della divisione della provincia, la separazione non venne mai attuata, principalmente per via dei timori politici della corte di Vienna, alimentati dal pessimo giudizio, maturato in certi ambienti gesuitici austriaci competenti, in merito alle capacità intellettuali e dirigenziali dei confratelli ungheresi, date anche le loro idee tendenti alla ribellione. Grazie a tutto questo, nel 1773 i 900 gesuiti ungheresi che operavano in Ungheria in 18 collegi, 11 residenze e 18 stazioni missionarie vissero come membri della provincia austriaca la decisione di papa Clemente XIV di sopprimere l’ordine17.
Dopo la sua ricostituzione nel 1814, la Compagnia ritornò nell’Impero asburgico e si consolidò con passo e dimensioni completamente diversi, ma proprio questo suo carattere ’imperiale’ rimase per molto tempo immutato e difficoltà e discussioni, oramai secolari, si reiterarono in maniera quasi scon-certante nell’atmosfera completamente cambiata a cavallo dei secoli XIX-XX. Il ritorno dell’ordine in Austria procedette assai lentamente, vincendo notevoli resistenze: i primi tre padri comparvero in compagnia di un fratello laico nel 1829 nel convento degli Scolopi abbandonato di Gleisdorf, da dove, ancora in quello stesso anno, si trasferirono a Graz. Dopo i modesti inizi, il processo di consolidamento avanzò a rilento: nei decenni successivi i gesuiti si stabilirono a Linz (1837) e a Innsbruck (1839). Nel 1836 la provincia austriaca divenne autonoma rispetto alla provincia di Austria e Galizia (fino al 1838 figura solo sotto il nome di provincia di Galizia), con 5 case e 154 membri. Espulso dall’Austria nel 1848 al tempo della rivoluzione, l’ordine vi poté rientrare solamente nel 1852, avviando in seguito una fase di straordina-rio sviluppo. I gesuiti si stabilirono a Vienna (in tappe successive a partire
14L’odierna Užhorod (Ucraina).
15L’odierna Alba Iulia (Romania).
16L’odierna Skalica (Slovacchia).
dal 1856) e aprirono il collegio di Kalksburg (1856), venne loro affidata la facoltà di teologia di Innsbruck rifondata dall’imperatore (1857) e, inoltre, si insediarono a Sankt Andrä (1859), Steyr (1865) e Klagenfurt (1888). In Boemia si diffusero con dinamismo analogo a quello manifestato nei territori austriaci (Mariaschein – 1853, Praga – 1866*, St. Hostein – 1887, Velshrad – 1890, Königgrätz – 1902) e comparvero anche in Bosnia (Travnik – 1882, Sarajevo – 1893), mentre per gli Sloveni fondarono una casa a Laibach18
(1887) e per i Croati a Zagabria (1903)19.
Sotto determinati aspetti l’area più promettente era l’Ungheria, dove si stabilirono nell’anno immediatamente successivo alla revoca del provvedi-mento di espulsione: nel 1853 si aprì la casa di Nagyszombat20, nel 1854 quella di Pozsony21, seguite nel giro di pochi anni da Szatmár22 (1858) e Kalocsa (1860), entrambe per alunni di scuola media superiore (nella prima città un convitto, nella seconda un liceo); i gesuiti ottennero inoltre dall’im-peratore i beni dell’abbazia benedettina di Kapornak23 (1858). La residenza di Budapest iniziò la sua attività nel 1886 mentre in seguito, per più di un quarto di secolo, non fondarono più una sola nuova casa in Ungheria24.
L’incremento nel numero delle case e anche degli effettivi fu straordina-rio: nel cinquantesimo anniversario dell’insediamento in Austria, nel 1879, la Compagnia vi operava in 12 case e con 511 membri; quarant’anni dopo, nel 1909, in 28 case lavoravano 752 gesuiti25. La strategia di espansione della Compagnia mostrava chiaramente che – a differenza di altri ordini, spesso fortemente radicati a livello regionale – i gesuiti attribuivano grande impor-tanza alla necessità di essere presenti in tutti i paesi dell’Impero, presso tutti i popoli più numerosi. Esattamente come prima del 1773, anche dopo il 1829 essi concepirono la loro identità in un quadro che comprendesse
specificata-18Nome tedesco di Ljubljana (Lubiana, capitale dell’attuale Slovenia).
19 Festschrift zum 100jährigen Jubiläum der österreichischen Ordensprovinz S.J.,
«Mitteilungen des Ignatiusbundes», 2 (1929), Nr. 2-3, pp. 20-49.
20L’odierna Trnava (Slovacchia).
21L’odierna Bratislava (Slovacchia).
22L’odierna Satu Mare (Romania).
23Cittadina della Slovenia al confine con l’Ungheria. In lingua slovena: Krplivnik.
24Antal PETRUCH, Száz év a magyar jezsuiták múltjából. A magyar jezsuiták a közös
rendtartományban [Cento anni di storia passata dei gesuiti ungheresi. I gesuiti ungheresi
nella provincia comune], I–II, Korda, Kecskemét 1992, (Anima Una könyvek, 4-5).
25 J. WRBA, Austria. Nueva CJ, in Ch. E. O’Neill - J. M.a Domínguez (dir.),
Diccionario histórico de la Compañia de Jesús biográfico-temático, I, Istituto Storico
mente tutti i territori dell’Impero e consapevolmente cercarono di sfruttare le potenzialità offerte dall’eterogeneità delle nazioni e delle culture. Nello stes-so tempo, a cavallo dei secoli XIX e XX, le strutture politiche ed ecclesiasti-che dell’Impero austro-ungarico venivano messe a dura prova proprio dai contrasti tra le nazioni, con l’ovvio corollario del manifestarsi, anche all’in-terno della provincia austriaca, di aspirazioni nazionali o, quanto meno, dell’esigenza di un adeguato segnale di reazione a esse. Analizzerò di seguito uno solo dei fattori di questo processo, ossia la storia del percorso compiuto dalla provincia ungherese e dalla missione croata verso l’autonomia; le mie fonti sono costituite principalmente dai documenti custoditi nell’Archivio Romano della Compagnia di Gesù.
Il lento incremento delle case in Ungheria per molto tempo non consentì di porre la questione dell’autonomia, poiché vi lavoravano in ampia misura anche gesuiti austriaci; e tuttavia il peso della parte ungherese all’interno della provincia è attestato chiaramente dal fatto che, a partire dal 1871, essa assunse la denominazione di provincia austro-ungarica. Il sentimento nazio-nale ungherese in via di rafforzamento guardava con crescente animosità ai gesuiti d’Ungheria operanti sotto la direzione del provinciale di Vienna, nei quali vedeva agenti della corte imperiale, nemici dell’indipendenza della nazione. Nel 1860 Kossuth, nella postfazione alle conferenze da lui tenute in Inghilterra, dichiarava di temere per il patriottismo dei cattolici ungheresi a causa dell’insediamento dei gesuiti. Manifestazione sintomatica di questa mancanza di fiducia politica e sociale, che del resto spesso rinviava alla situ-azione antecedente il 1773, fu l’articolo pubblicato nel 1891 sul «Bollettino Ecclesiastico Ungherese» («Magyar Egyházi Közlöny») dal canonico di Pozsony, Antal Poór, nel quale egli attaccava direttamente i gesuiti attivi nella provincia comune: «…ne abbiamo fin sopra i capelli degli affari comu-ni e men che meno vogliamo gesuiti in comune!»26
La provincia comune era considerata anche dalla maggior parte dei mem-bri ungheresi della Compagnia come un ostacolo all’avanzamento dell’ordi-ne. La scarsità di nuove leve veniva attribuita ai sentimenti anti-austriaci dei giovani ungheresi e alla non conoscenza della lingua tedesca. Quest’ultima, del resto, rappresentava in ogni caso un punto sensibile: secondo una memo-ria più tarda, nella vecchia provincia i novizi ricevevano una sememo-ria formazio-ne retorica tedesca, senza però imparare minimamente a predicare in unghe-rese; dal loro periodo di studi in Austria rientravano in patria senza conoscere la situazione dell’Ungheria e, di conseguenza, si muovevano a lungo in
maniera incerta nella realtà del loro paese27. A causa della stagnazione del numero degli effettivi ungheresi non si ebbero più nuove fondazioni in Ungheria dopo il 1886 e gli inviti in tal senso provenienti dai vescovi (Gyula, Szabadka28) vennero respinti29. Il torto forse più grave subìto dai membri ungheresi dell’Ordine fu costituito dalle vicende della fondazione che Jenő Esterházy – conte dalla vita sregolata, entrato nell’ordine e poi uscitone – in origine aveva destinato al collegio di Budapest e che la direzione della pro-vincia assegnò invece al collegio di Kalksburg30. In Ungheria non si sviluppò un vero centro spirituale gesuita, le case rimasero isole in disparte nella società (ecclesiastica e laica) locale. Tali difficoltà causarono in molti luoghi problemi di natura pastorale: a Pozsony, che si stava velocemente magiariz-zando, i padri di lingua tedesca che non comprendevano la lingua dei fedeli ungheresi non erano in grado di prendersene cura e, di conseguenza, l’élite ungherese li considerò sempre con avversione31. A questo si aggiungevano le difficoltà amministrative: poiché le leggi dell’Ungheria non riconoscevano il preposito provinciale con sede all’estero, nei rapporti con le autorità erano i vescovi a rappresentare i gesuiti in tutte le questioni che li concernevano; per lo stesso motivo la legislazione ungherese non riconosceva i gesuiti come ordine insegnante, e ne derivavano loro ancora una volta innumerevoli svan-taggi32. L’esiguità delle vocazioni ungheresi veniva spiegata dai padri austriaci con il carattere della popolazione: gli ungheresi, essendo umorali e riottosi, preferivano gli ordini che esigevano minore disciplina e, se anche sceglievano di entrare nella Compagnia, rimanevano comunque inadatti a ricoprire uffici importanti33.
La provincia estesa su un territorio vastissimo era divenuta agli inizi del secolo XX effettivamente ingovernabile per un preposito provinciale da solo, che non era in grado di percorrere ogni anno certe enormi distanze per