V
OJISLAVP
AVLOVIĆ2 Vasiije KRESTIĆ, Srbi u Habsburškoj monarhiji od sloma revolucije do Nagodbe
(1849-1867) [I serbi nella Monarchia degli Asburgo dalla sconfitta della Rivoluzione
all’Ausgleich (1849-1867)], in V. STOJANČEVIĆ(a cura di), Istorija srpskog naroda [La storia del popolo serbo], V/2, Srpska kniževna zadruga, Belgrado 1981, pp. 109-112.
3In ungherese: Szerb Vajdaság-Temesi Bánság.
4 Sullo statuto legale della comunità serba nell’Impero degli Asburgo vedi: Jovan RADONIĆ, Mita KOSTIĆ, Srpske privilegije od 1690 do 1792 [I privilegi accordati ai serbi dal 1690 al 1792], Srpska akademija nauka, Belgrado 1954.
5 E. PAMLÉNYI, (a cura di), History of Hungary, Corvina, Budapest 1973, pp. 317-320.
6 Goran VASIN, Nacionalno-politička borba Srba u Ugarskoj 1848-1884 [La lotta
serbi, all’indomani della Rivoluzione del 1848, avevano ottenuto nel l’Austria assolutista un loro territorio particolare: la Vojvodina serba. Tale territorio sottostava ad un vice-governatore tedesco, la lingua d’amministrazione era il tedesco e anche il suo territorio andava oltre le aspirazioni territoriali serbe2. Nonostante ciò, la «Vojvodina serba e Banato (Banat) del Tibisco»3, nome ufficiale della nuova regione, era la testimonianza che gli Asburgo avevano riconosciuto l’esistenza dell’identità politica e nazionale dei serbi dell’Impero austriaco. Questa fu la seconda testimonianza di un rapporto diretto e giuridico tra i serbi e gli Asburgo in seguito ai privilegi del 1690/91 accordati alla nazione e alla chiesa ortodossa serba, dopo l’esodo dei serbi dall’impero Ottomano durante la guerra austro-turca del 1683-16994. Queste due testimonianze del riconoscimento della loro identità nazionale permisero ai serbi di sperare che, nel riordinamento della Monarchia, potessero ottenere una posizione diversa da quella riservata alle cosiddette nazioni senza storia, o nel linguaggio di oggi, alle minoranze etniche che non potevano avvalersi del diritto storico. Invece, com’è ben noto, il Compromesso fu sigillato sol-tanto tra Vienna e Budapest e, poi, l’anno successivo, tra Budapest e Zagabria. Le altre nazionalità, serbi, rumeni, slovacchi, ucraini, ecc. rimasero fuori da questo tentativo di trovare un quadro politico stabile per la pluriseco-lare Monarchia asburgica5.
La sconfitta del 1867 venne subita da una nuova generazione di politici serbi, perché il ritorno graduale all’ordine costituzionale, aveva già mandato a casa i generali e i vescovi serbi, i più ferventi sostenitori del ducato serbo della «Vojvodina serba e Banato del Tibisco» creato da Vienna. Tuttavia il ducato era stato l’occasione per la nascita di una nuova classe politica ed intellettuale nell’ambito dei serbi della Monarchia asburgica. E poiché la lin-gua ufficiale era il tedesco, proprio negli anni del ducato l’astensione degli ungheresi aveva liberato lo spazio per gli intellettuali serbi che erano andati ad integrare l’amministrazione imperiale6. Questi funzionari, avvocati, e
pro-nazionale e politica dei serbi nell’Ungheria 1848-1884], «Istraživanja» 21 (2010), pp. 320-321.
7 Duško M. KOVAČEVIĆ, Svetozar Miletić, život i politika (1826-1901) [Svetozar Miletić, vita e attività politica (1826-1901)], Zavod za udžbenike, Belgrado 2009, pp. 37-38.
8 Dejan MIKAVICA, Mihailo Polit Desančić, vodja srpskih liberala u Ugarskoj [Mihailo Polit Desančić, il capofila dei liberali serbi in Ungheria], Stylos, Novi Sad 2007, p. 58.
9Paul BÖDY, Joseph Eötvös and the Modernization of Hungary, 1840-1870. A Study
of Ideas of Individuality and Social Pluralism in Modern Politics, «Transactions of the
American Philosophical Society», New Series, 62, 2 (1972), p.82.
fessori, iniziarono la loro attività politica soltanto dopo la scomparsa del ducato con un orizzonte politico diverso dai loro predecessori legati all’asso-lutismo di Vienna. Si dichiararono liberali e auspicarono una collaborazione con i figli della Rivoluzione ungherese fondata sulla condivisione dei princi-pi del liberalismo politico. Come diceva nel suo articolo pubblicato nel gen-naio 1861 Svetozar Miletić, il capofila del nuovo movimento politico serbo, oramai l’unico interlocutore possibile per i serbi della Vojvodina erano gli ungheresi in un quadro costituzionale che doveva essere definito nell’ambito dell’Ungheria della Corona di Santo Stefano7.
La volontà di Miletić e dei suoi amici di ricercare una soluzione alla posi-zione istituzionale dei serbi esclusivamente attraverso le trattative con i poli-tici ungheresi in una chiave democratica, sottintendeva sempre che lo scopo del negoziato dovesse essere la realizzazione di un’autonomia politico-terri-toriale serba. Forma e prerogative di questa autonomia erano definite nelle conclusioni dell’assemblea popolare-religiosa serba tenutasi in occasione della festa dell’Annunciazione del 18618. Tra la fine dell’assolutismo e l’Ausgleich, oggetto dei colloqui di Miletić e del suo vice, l’ideologo del movimento liberale serbo, Mihailo Polit Desančić con Ferenc Deák, Kálmán Tisza, Gyula Andrássy e József Eötvös furono le condizioni serbe. I loro incontri, numerosi e sinceri, risultarono infruttuosi perché la base ideologica comune, condizione indispensabile per un’intesa, il liberalismo, non era con-cepito allo stesso modo a Novi Sad e a Budapest. L’Ungheria liberale per Eötvös doveva garantire pieni diretti politici per tutti suoi cittadini, indipen-dentemente dalla loro nazionalità. Con l’assicurazione che le diverse nazio-nalità del Regno d’Ungheria avevano gli stessi diritti degli ungheresi, Eötvös sottintendeva la loro appartenenza alla nazione comune, intesa come Stato ungherese la cui unità territoriale era al di sopra ogni discussione9. Invece Miletić e i liberali serbi, si ispiravano agli scritti di Mazzini e seguendo Herder, concepivano la nazione come un’individualità genetica, l’unione di
10Dejan MIKAVICA, Srpsko pitanje na Ugarskom saboru (1860-1876) [Il problema serbo nella Dieta ungherese], in Z. DJERE(a cura di), Srpsko-mađarski odnosi kroz
istoriju [Le relazioni serbo-ungheresi nella storia], Atti del convegno internazionale di
studi, Filozofski fakultet, Novi Sad 2007, p.185.
11 Vojislav VUČKOVIĆ, Politička akcija Srbije u južnoslovenskim pokrajinama
Habsburške Monarhije [L’azione politica della Serbia nelle regioni jugoslave della
Monarchia Asburgica], Accademia serba delle scienze e delle arti, Belgrado 1965, pp. 94-95.
12Ivi, pp. 35-37.
lingua, di tradizioni e di costumi. Di conseguenza erano convinti che la loro nazione dovesse essere riconosciuta ed inserita insieme al suo territorio parti-colare nel quadro costituzionale dello stato ungherese. Le due concezioni della nazione rispecchiavano le due visioni della comune patria: unitaria con pieno rispetto per le specificità culturali della nazionalità, nel caso dei liberali ungheresi, e federale nel caso dei serbi. Miletić proponeva un’organizzazione dei comitati in modo tale da creare un’entità territoriale con la maggioranza serba, come base di un’autonomia politico-territoriale. Credeva che in questo modo l’autonomia serba potesse inserirsi nel quadro costituzionale unghere-se. Polit Desančić tentò, senza riuscirci, dal suo lato, di convincere Ferenc Deák e Andrássy, nel 1861 e di nuovo nel 1866, di accettare il rinnovo della Vojvodina ridotta a un solo comitato dell’Ungheria orientale10.
Le trattative tra i liberali serbi e ungheresi si svolgevano sul fondo di un intenso scambio di vedute tra il Principe Mihailo di Serbia e i rivoluzionari ungheresi emigrati. Da ambedue i lati si auspicava un grande movimento nei Balcani sulla scia dell’unità italiana e tedesca, che doveva liberare sia i serbi sia gli ungheresi dalla tutela secolare degli Asburgo.
Gli emigrati ungheresi, il generale Türr e il conte Csáky, promettevano nel 1863 al governo serbo un’autonomia per i loro connazionali nell’Un -gheria meridionale dopo le guerre vincenti rispettivamente contro la Turchia e l’Austria11. Anche i liberali ungheresi di Budapest mantenevano una comu-nicazione intensa con Belgrado. Nel marzo del 1861, Jovan Ristić e Ilija Garašanin, i noti uomini di stato serbi, erano a Budapest per incontrare i capofila dei liberali ungheresi, Eötvös, Andrássy e Podmaniczky, nel tentati-vo di mediazione tra di loro e i liberali serbi di Miletić12. La soluzione propo-sta dagli ungheresi era il raggruppamento dei comitati a maggioranza serba, ed anche la modificazione delle loro frontiere, affinché essi riunissero il mag-gior numero possibile di serbi nell’Ungheria orientale. Questa soluzione era la massima concessione che gli ungheresi potevano fare in vista della crea-zione di un’autonomia politico-territoriale dei serbi. Gli ungheresi la
conce-13Ivi, 44-45.
14Ivi, 63-65.
15Ivi, 187-189.
16Dejan MIKAVICA, Miletićevci na putu formiranja stranke 1860-1869 [I seguaci di Miletić prima della nascita del loro partito politico 1860-1869)], «Istraživanja», 22, (2011), pp.311-312.
17Detta anche Atto delle nazionalità. In merito si vedano in questo volume i saggi di Francesco Guida e Roberto Ruspanti. (NdC).
18PAMLÉNYI(a cura di), History of Hungary, cit., p. 324.
pivano non come un rinnovo della Vojvodina serba, (per loro inaccettabile perché essa era considerata come stato dentro lo stato ungherese) ma come parte integrante del sistema dei comitati, nel quale i serbi avranno una auto-nomia locale. Già nell’aprile 1861 Eötvös evocava soltanto la possibilità di un raggruppamento delle parti dei comitati secondo il principio nazionale. Finalmente l’autonomia proposta da Eötvös nel 1861 si limitava unicamente al livello dei municipi13. Soltanto quando a Budapest si temette un’alleanza tra la Serbia e gli emigrati ungheresi, arrivò nel dicembre 1861 a Belgrado, una proposta ufficiosa di creare la Vojvodina sulle terre dei confini militari adiacenti14. L’ultima volta il progetto di un’autonomia locale per i serbi fu, ancora una volta in modo ufficioso, proposta dal conte Andrássy al Principe Mihailo nel luglio del 1866, in piena crisi tedesca15.
Il governo di Belgrado trasmise regolarmente queste proposte a Novi Sad perché Miletić considerava la situazione dei serbi in Ungheria come parte integrante di una sola e unica questione serba. Miletić, perciò, era disposto a rinunciare alla rinascita della Vojvodina serba, che i suoi interlocutori unghe-resi rifiutavano, per facilitare un accordo complessivo tra le due nazioni. In quest’ottica le trattative con gli uomini politici ungheresi dimostrarono che i liberali serbi erano ardenti difensori di una soluzione dualista e si opponeva-no alla corrente politica serba di carattere clericale e conservatore, schieratasi a favore di una federalizzazione della Monarchia operata da Vienna. Per i liberali la soluzione doveva venire da Budapest, dove credevano di poter tro-vare sul piano ideologico gli alleati contro l’Austria, che da secoli ostacolava lo sviluppo del movimento nazionale serbo16.
La nota legge delle nazionalità del 186817, come temevano i liberali serbi, stabilì soltanto l’uguaglianza di fronte alla legge per tutte le nazioni che vive-vano nel Regno d’Ungheria assicurando loro anche l’autonomia linguistica, religiosa e nell’istruzione. Invece, fu negato ai serbi, come alle altre minoran-ze etniche, il riconoscimento della loro individualità nazionale nel quadro politico, e ipso facto territoriale18. Il progetto di legge sulle nazionalità,
pre-19 Dejan MIKAVICA, Srpsko pitanje na Ugarskom saboru 1690-1918 [Il problema serbo nella Dieta ungherese 1690-1918)], Filozofski fakultet, Novi Sad 2011, p. 148.
20 Zoltan DJERE, Prilog proučavanju zakona o ravnopravnosti narodnosti iz 1868 [Contributo all’analisi della legge sulle nazionalità del 1868], «Istraživanja» 14, (1992), p.75.
21Altrimenti detta Questione balcanica.
parato dai deputati delle nazionalità non ungheresi, non fu approvato dal Parlamento ungherese. La giustificazione fu che la legislazione ungherese proteggeva le nazionalità, e che il problema nasceva dalla loro tendenza di volersi unire con la loro madre patria, fuori dell’Ungheria. Il progetto, avan-zato dai deputati delle nazionalità, di una federalizzazione dell’Ungheria era stigmatizzato dalla maggioranza ungherese come la rovina della patria19. In questo modo, l’aristocrazia ungherese rifiutò definitivamente il concetto della nazione basato sull’unità di lingua, di storia e di costumi20. Essa conce-piva soltanto la nazione fondata sui diritti storici e come solo interlocutore possibile vedeva i croati, a causa della loro unione alla Corona di Santo Stefano nell’undicesimo secolo. Così, per i liberali serbi l’Ausgleich fu una sconfitta ideologica e nazionale.
La vita politica dei Serbi nell’Ungheria all’ombra della Questione orienta-le211867-1879
Sebbene la ricostruzione dello stato ungherese nella pienezza dei suoi poteri fosse una sconfitta politica e nazionale, esso offrì ai serbi un quadro istituzionale nel quale il loro movimento politico si è ristrutturato e diversifi-cato. L’unitario e quasi spontaneo loro movimento gradualmente si è trasfor-mato in diversi partiti politici con le sensibilità diverse. Anche i serbi scopri-rono che tra di loro esistevano, oltre che i liberali, i conservatori, i radicali ed anche i democratici. La diversificazione politica, iniziata con la vita costituzionale, non poteva occultare la particolarità della società serba nell’Un -gheria aristocratica e nobiliare. La specificità principale della società serba era che essa non poteva prevalersi della presenza di una nobiltà autoctona, salve qualche eccezione dovuta ai servizi resi dai militari serbi agli Asburgo. I serbi erano nella loro stragrande maggioranza contadini e soltanto certi erano negozianti. La loro elite era invece composta dai funzionari, liberi pro-fessionisti e insegnanti. Quindi, la loro vita politica era l’opera della borghe-sia nascente. Questo fatto, in uno stato ungherese creato e dominato della nobiltà, non era sicuramente un vantaggio.
22In ungherese: Pancsova.
23MIKAVICA, Mihailo Polit Desančić, cit., pp. 259-260.
24KOVAČEVIĆ, Svetozar Miletić, cit., p. 72.
25In ungherese: Nagybecskerek, oggi Zrenjanin, Repubblica di Jugoslavia.
26KOVAČEVIĆ, Svetozar Miletić, cit., p. 72., pp. 83-84.
L’inserimento dell’azione serba nella vita politica dell’Ungheria, sebbene a carattere liberale, è stata, come abbiamo visto, ostacolata dalla esigenza di riconoscimento della loro nazione come attore politico. Questa esigenza, oltre ad essere illegale secondo la legge sulle nazionalità, era pure considera-ta come un pericolo morconsidera-tale per l’integrità territoriale della stessa Ungheria. Il carattere sovversivo degli obiettivi serbi non impedì che essi fossero pre-sentati al Parlamento ungherese. I vari Miletić, Polit e i loro colleghi poteva-no, nella loro capacità di membri eletti, interpellare i governi di Andrássy, e poi anche quelli di Tisza, in difesa degli interessi nazionali serbi secondo le regole della vita parlamentare. Cosa che fecero, per esempio, nel 1872, in occasione dell’incorporazione dei confini militari nell’Ungheria orientale, più precisamente nel comitato di Torontál. I deputati serbi protestavano per-ché la lingua ufficiale nel municipio di Pančevo22, che aveva una maggioran-za serba, non era il serbo ma il tedesco, che è stato imposto, alla domanda dei tedeschi, come lingua ufficiale23. Per quanto le iniziative legislative serbe furono sempre sconfitte dalla stragrande maggioranza dei voti ungheresi, comunque la loro posizione era nota ed espressa in uno quadro democratico. I giornali serbi, come la «Zastava» (Bandiera) il cui capo redattore era lo stesso Miletić, dal 1866 esprimevano il punto di vista politico serbo nella completa legalità24. Pur dicendo che non bastavano perché non c’erano le libertà nazionali, i liberali serbi facevano uso di tutte le libertà politiche che la legislazione ungherese garantiva.
La necessità di farsi eleggere al Parlamento ungherese costrinse il movi-mento a dotarsi di una vera struttura di partito. Così durante la campagna elettorale del 1869 il movimento liberale si trasformò nel partito liberale serbo dandosi pure un programma ufficiale e codificando i principali obietti-vi politici e nazionali. Il noto “Programma di Grande Bečkerek”25stabiliva:
• L’azione politica solidale con le altre nazioni oltre che ungherese con l’obiettivo di modificare la legge sulle nazionalità
• L’uguaglianza politica per tutte le nazioni nell’Ungheria • L’organizzazione dei comitati secondo il principio nazionale
• Il riesame della domanda serba per la creazione di un’entità politico– territoriale serba, la Vojvodina
Il partito liberale non era l’unico partito politico che raccoglieva i voti della popolazione serba. La composizione della società serba, soprattutto il fatto che una buona parte della classe media serba era composta dagli impie-gati dello stato, facilitava il loro reclutamento nel partito del governo. Spesso nelle circoscrizioni a maggioranza serba il governo presentava i candidati serbi per combattere contro i membri del partito liberale serbo. L’azione di governo ebbe successo e il numero di eletti del partito liberale scese da 10 a 7 nelle elezioni del 1869. Comunque sia il partito non cambiò la sua strategia di opposizione e il Programma fu confermato durante una nuova assemblea di partito tenutasi ancora una volta a Grande Bečkerek nel 187227.
La svolta nella vita del partito liberale e nei suoi rapporti con il governo ungherese arrivò durante la grande crisi orientale del 1875-78. I liberali serbi attraverso il loro giornale si dichiararono risolutamente a favore della lotta dei connazionali nell’impero Ottomano e in primis in Bosnia-Erzegovina. Quando, nel 1876, l’insurrezione provocò la guerra tra la Serbia e l’impero Ottomano i liberali si schierarono a fianco del governo e della nazione serba senza alcuna esitazione. Il partito di Miletić organizzò la raccolta dei fondi e mandò volontari in Serbia pur sapendo che la loro attività era direttamente opposta alla politica del governo e alle leggi in vigore in Ungheria. L’attività svolta da Miletić era considerata come una minaccia reale per gli interessi della Monarchia dualista. La sua domanda implicita di cambiamento della politica esterna dell’Impero austro-ungarico in senso anti-turco e in favore della creazione di nuovi stati indipendenti nei Balcani era considerata perico-losa per gli interessi vitali e anche per la sopravvivenza della Monarchia dua-lista. Dopo una sua visita alla capitale serba Miletić fu imprigionato con l’ac-cusa d’aver promesso a Belgrado di mandare trentamila volontari in Serbia per combattere i turchi. L’accusa sosteneva pure che Miletić aveva promesso di far insorgere l’Ungheria orientale contro gli Asburgo una volta che l’impe-ro Ottomano fosse stato sconfitto. Le accuse, basate sulla testimonianza di un personaggio poco affidabile, non furono mai verificate e il carattere politico della carcerazione fu confermato dalla sua tempistica. Miletić fu portato in carcere nel giugno 1876, qualche giorno dopo l’inizio della guerra tra la Serbia e l’impero Ottomano28. Il governo ungherese aveva chiaramente dimostrato, dove si collocavano le sue simpatie.
La cattura di Miletić pose fine al primo periodo della vita politica serba nel Regno d’Ungheria. Il movimento serbo trasformato in partito liberale si era posto fin dalla nascita come obiettivo la creazione di un territorio serbo
27MIKAVICA, Srpsko pitanje,cit., p. 162.
nell’ambito dell’Ungheria liberale. Miletić e i suoi volevano realizzarlo riu-nendo i comitati a maggioranza serba. Ritenevano di poterlo fare fondandosi sugli stessi principi liberali che credevano di condividere con i liberali ungheresi. Invece la condivisione delle procedure democratiche non avrebbe dovuto trascurare il conflitto fra le due mozioni nazionali. La logica dell’epo-ca vedeva infatti contrapposti i serbi, con la loro concezione di nazione come unità di lingua, di tradizione e di costumi, agli ungheresi, con la loro idea di “nazione storica”. Questo dibattito che di solito si svolse nel quadro istituzio-nale ungherese, perdurò nell’epoca (1867-1878) dei grandi conflitti tra le potenze europee riguardanti segnatamente la questione romana, la sconfitta francese contro i prussiani e l’unità della Germania che ne conseguì e, infine, la grande crisi orientale29. Questi grandi cambiamenti avevano dato l’impres-sione che ogni iniziativa nazionale potesse essere condotta a buon fine grazie al mancato accordo delle potenze sul futuro ordinamento dell’Europa. Nel caso serbo, la rivalità tra la Russia e la Monarchia austro-ungarica faceva sperare a Miletić e ai suoi che fosse giunta l’ora perché il movimento serbo realizzasse i propri obiettivi, prima nell’impero Ottomano e poi anche sull’al-tra sponda della Sava e del Danubio. Questa concezione di un’azione nazio-nale nella forma di un movimento spontaneo, poco strutturato, guidato dagli intellettuali, era comune ai liberali della Serbia e a quelli dell’Ungheria orientale, e tutti e due furono sconfitti. Mancava un’organizzazione sia nel Principato serbo, il cui esercito nazionale non era in grado di combattere con l’esercito regolare turco, sia nell’Ungheria orientale, dove le iniziative dei liberali furono sconfitte dall’azione risoluta del governo di Tisza. Il vero
coup de grâce per i liberali serbi delle due sponde del Danubio fu l’intesa tra
Vienna e Pietroburgo sulla divisione dei Balcani nelle rispettive zone d’in-fluenza30. La Serbia diventò così una parte della zona austriaca e di conse-guenza la situazione nell’Ungheria orientale divenne soltanto un problema regionale privo di ramificazioni sulla politica estera della Monarchia asburgi-ca. La coalizione liberale creata nel 1875 e guidata da Kálmán Tisza aveva fermamente in mano il controllo della situazione sia nel parlamento sia nel governo di Budapest e fu in grado d’isolare progressivamente i liberali dal