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2. ANALISI STORICA

2.1. IL RUOLO DELLA FAMIGLIA SCROVEGNI

2.1.2 L’edificazione dell’oratorio

Sono stati ipotizzati diversi i motivi per i quali Enrico Scrovegni decise di edificare la Cappella; il più noto è quello che vede nell’operazione una volontà di espiare le colpe del padre Reginaldo degli Scrovegni19, arricchitosi praticando l’usura20; un altro – ipotizzato da Federici21 – riguarderebbe la possibile appartenenza di Enrico Scrovegni all’Ordine dei Cavalieri Gaudienti22 per i quali l’avrebbe eretta. Tale proposta però è stata smentita da altri studiosi i quali hanno osservato che tale appartenenza non sarebbe dimostrabile in quanto negli affreschi della Cappella Enrico non sarebbe ritratto con vestiti raffiguranti la croce, simbolo dell’Ordine. Carlo Bellinati23, inoltre, ipotizza che con la costruzione della Cappella Enrico avesse tentato di riscattarsi agli occhi della comunità cittadina, avversa al casato, e inoltre, visto il Giubileo del 1300, per manifestare un disinteressato ravvedimento e stacco definitivo dell’attività che in passato aveva identificato la famiglia.

avevano dedicato l’intero edificio ai Santi Filippo e Giacomo, riservando il titolo di S. Maria della Carità ad una cappella interna», GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena,cit., p. 63.

A testimonianza dell’esistenza della Chiesa dedicata a Giacomo e Filippo viene in aiuto Giovanni da Nono (1276-1346) giudice padovano, con la sua opera Visio Egidij regis Patavie «*…+ in questo luogo che verrà chiamato Arena, verrà costruita una chiesa bellissima in onore della Beata Maria Vergine, e presso questo luogo dei pagani sarà eretto dal comune un bel tempio degli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo, Giacomo e Filippo, nel quale risiederanno i frati Eremitani», FRUGONI, L’affare migliore, cit., pp. 31-32.

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GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena,cit., p. 63.

20 Viene collocato da Dante nel settimo cerchio dell’Inferno: «Mentre Dante eternava nel poema divino la infamia del padre, Giotto gareggiava ad immortalare le gloriose ammende del figlio. Enrico si schermiva da una terziana dell’Alighieri con una Chiesa del Giotto», TOLOMEI, La chiesa di Giotto, cit., pp. 10-11.

21 SELVATICO, Sulla Cappellina, cit., p. 13; GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena, cit. 65; FRUGONI, L’affare migliore, cit., p. 69.

22

GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena,cit., p. 65.

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Il 31 marzo 130224 il vescovo Ottobono de’ Razzi autorizzò la costruzione di un edificio ecclesiastico modesto ma ambizioso: Enrico Scrovegni aveva infatti chiamato a decorare la sua chiesetta l’illustre maestro Giotto di Bondone, che in quel periodo stava lavorando Santo di Padova, e il famoso scultore Giovanni Pisano25; il 25 Marzo 130326 l’oratorio fu dedicato a Santa Maria della Carità. Nel corso dei due anni successivi la configurazione architettonica cambiò: venne aggiunta l’abside nella quale fu inserito l’altare maggiore e le tombe di Enrico e della moglie e vennero chiuse alcune finestre per lasciare spazio agli affreschi di Giotto27. L’1 marzo 130428 papa Benedetto XI concesse a Enrico una speciale indulgenza «per coloro che, ne le debite condizioni, visitassero la chiesa della B. Vergine Maria della Carità nell’Arena di Padova»29.

24

GASPAROTTO, Giotto in Dante, cit., p. 15.

25 PISANI, I volti segreti, cit., p. 17.

26 FRUGONI, L’affare migliore, cit., p. 34.

27

GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena, cit 69.

28

FRUGONI, L’affare migliore, cit., p. 38.

29 Cesira Gasparotto scrive che nel 1920 lo studioso Supino, dopo aver letto il documento papale, suppose che all’ 1 marzo 1304 «la capellina fosse ormai aperta al culto», espressione poi divulgata in modo scorretto ritenendo la cappella aperta al pubblico. In realtà l’edifico era destinato ad uso esclusivo da parte della famiglia e di ospiti illustri: l’espressione sopracitata sta in realtà a significare che la

Fig. 2.2. Scena del la Dedicazione nell’affresco del Giudizio Universale presente in controfacciata.

Fig. 2.3. Restituzione schematica del progetto ipotetico realizzata sulla base dell’affresco in Fig. 2.2, GIOSEFFI, Giotto architetto, cit., p.175 Fig. 29A.

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Il 9 gennaio 1305 i frati Eremitani si rivolsero al vescovo Pagano della Torre con un energico reclamo: Giovanni de Soleis procuratore legale del convento degli Eremitani presentò una denuncia contro Enrico Scrovegni colpevole di violazione della

carta-licenza vescovile30. La Cappella avrebbe dovuto essere più piccola, con un solo altare e non tre, e priva di quel campanile, che invece era in fase di costruzione, che destava disturbo per il vicino convento degli Eremitani che sentiva lesi i propri diritti31. A seguito di questo scontro giudiziario si rinunciò alla costruzione del transetto32.

costruzione (della navata) era stata ultimata e che si poteva procedere alla consacrazione della chiesa; GASPAROTTO, Giotto in Dante, cit., p. 22.

30 Ivi, p. 15.

31

PISANI, I volti segreti, cit., p. 17.

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Secondo Giuliano Pisani, non regge l’ipotesi che Scrovegni, nella rappresentazione di Giotto, offrisse alla Madonna un modellino diverso da quello effettivamente realizzato essendo per il committente la scena più importante; ciò porterebbe a pensare che il transetto sarebbe stato quindi in effetti costruito ed eliminato in seguito alla conclusione dei lavori. Pisani si chiede quindi se la causa della demolizione possa essere collegata alla denuncia dai frati Eremitani; Ivi, pp. 291-293.

Fig. 2.4. Palazzo Foscari e la Cappella Scrovegni. Si può notare la presenza del portico antistante la Cappella e del palazzo, mera rappresentazione ideale da parte dell’autore in cui sulla sinistra appare anche una cappella identica a quella Scrovegni ed in posizione identica ad essa. Si veda appendice D. Schede iconografiche, n.14.

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21 Pertanto il modello della chiesa raffigurato nella scena de La Dedicazione collocato in basso a sinistra nell’affresco del Giudizio Universale (Fig. 2.2), non dovrebbe corrispondere all’edificio effettivamente realizzato33: nell’affresco, contrariamente alla costruzione, è presente un transetto a doppio spiovente e un frontone triangolare a sormontare il portone d’ingresso; il modello viene sorretto da Enrico Scrovegni e da un monaco34. Nel modello non è invece riportata la presenza del portico in facciata: confrontando l’affresco con la stampa del 1842 (Fig. 2.4) si vede come in quest’ultima sia presente il portichetto35; è molto probabile, quindi, che la sua costruzione sia avvenuta in un momento successivo, probabilmente già nel Trecento: conferma di questa ipotesi proviene dal contenuto del testamento della nipote di Enrico, Maddalena Scrovegni, datato 21 Maggio 1421, nel quale si dispone che il corpo «avanti la chiesa sotto el portego sia sepellido»36.

La Cappella degli Scrovegni è tutt’ora riconosciuta per il grande valore artistico e culturale degli affreschi presenti al suo interno, realizzati da Giotto in un periodo compreso tra il 1304 ed il 131037. «Trattasi del più completo, del più puro, del più

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FRUGONI, L’affare migliore, cit., p. 41.

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«Chi sia stato l’architetto ignoriamo. Non Giotto certamente; forse quel fra Giovanni dell’attiguo convento degli Eremitani, celebre architetto», A. MOSCHETTI, La cappella degli Scrovegni e la Chiesa degli Eremitani a Padova, fratelli Treves Editori, Milano, 1934, pp. 17-18. Molti studiosi non condividono questa tesi, riconoscendo nel monaco la figura di Altegrado de’ Cattanei, canonico della cattedrale, ovvero colui che sembrerebbe avere influenzato Scrovegni nella decisione di innalzare la Cappella e nell’aver organizzato l’incontro decisivo con Giotto; GIOVAGNOLI, Il palazzo dell’Arena, cit., p. 65. Infine, senza seguito di alcuno, Gioseffi identifica in Giotto l’architetto dell’edificio studiando le analogie della struttura con edifici fiorentini, terra natia dell’artista, e presenti ad Assisi e Rimini, luoghi in qui il maestro lavorò; analizzò inoltre le rappresentazioni geometriche negli affreschi esaltandone l’ordine tecnico, GIOSEFFI, Giotto architetto, cit., pp. 43-54.

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Nella stampa il portico e il palazzo appaiono ricostruiti idealmente dall’autore che non descrive l’esatta morfologia degli stessi, PROSDOCIMI, Il Comune di Padova e la Cappella degli Scrovegni, cit., p.14.; Gioseffi definisce la riproduzione un «saggio di scenografia romantica», GIOSEFFI, Giotto architetto, cit., p. 42.

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Chiese di essere sepolta «Ante fores ecclesiae sub porticu» della Chiesa di «Santa Maria De Caritate in Arena Padue», A. MEDIN, Maddalena degli Scrovegni e le discordie tra i Carraresi e gli Scrovegni, in «Atti e memorie delle Regia Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Padova», XII, 1895-96, pp. 243-272; FABBRI COLABICH, PROSDOCIMI, SACCOMANI, I recenti lavori, cit., p. 31; FRUGONI, L’affare migliore, cit., p. 11.

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Sono presenti in letteratura diverse ipotesi in merito alla precisa datazione della stesura del ciclo di affreschi, si possono trovare riassunte in GASPAROTTO, Giotto in Dante, cit., alle pp. 22 – 27. Una prima ipotesi vede Giotto ad affrescare la scena del Giudizio Universale o a conclusione o all’inizio del ciclo, non prima del 1304-05; in secondo luogo è considerata la data del 16 marzo 1304 come termine post quem di inizio della decorazione pittorica della chiesa, ovvero a consacrazione avvenuta; una terza ipotizza Giotto coinvolto nella progettazione delle strutture durante l’estate del 1304; la conclusione

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conservato tra i monumenti della pittura di Giotto, di quello nel quale egli, coscienza del proprio tempo e mente dell’avvenire, traeva dalla casta poesia del vangelo una inesauribile rilevazione artistica, di quello nel quale egli pure volle creare col pennello la sua Divina Commedia»38. Il ciclo pittorico, che ricopre interamente le superfici

interne dell’edificio è riconosciuto non solo come un capolavoro, ma un caposaldo dell’arte occidentale. Tuttavia Giotto non finì del tutto l’opera, affidò infatti ad un allievo il suo compimento39. Gli affreschi - divisi in quaranta scene che raccontano la storia della salvezza illustrando le storie della Vergine seguite da quelle di Cristo - ricoprono completamente le pareti mentre sulla volta a botte, di un intenso blu, brillano più di settecento stelle a otto punte. Il tema della volta stellata viene ripreso anche sulla volta ribassata che caratterizza cripta seminterrata posta sotto la navata stessa e raggiungibile dai gradini esterni sul lato settentrionale. Diverse ipotesi sono state avanzate in merito alla destinazione d’uso di quest’ultima: la prima assegna alla cripta il ruolo di scantinato con il fine di trattenere le infiltrazioni d’acqua40 causate dalla prossimità del fiume41; la seconda ipotizza una funzione di culto in quanto la volta sembra ripetere il cielo stellato della Cappella42. Sulla base dell’ipotesi dell’appartenenza del committente alla setta dei Cavalieri Gaudienti, Federici ha ipotizzato che la destinazione della cripta fosse quello di refettorio per i cavalieri. Si tratta di una ipotesi rifiutata dalla maggior parte degli storici sia perché non si è certi dell’appartenenza all’ordine di Scrovegni sia per il poco spazio disponibile43. La quarta e ultima ipotesi è quella di Bellinati secondo il quale la cripta veniva usata in attesa della costruzione della sacrestia come reliquiario e come luogo d’incontro come se

invece viene fatta risalire in una prima ipotesi nel 1309 data di presentazione di Santa Maria della Carità al popolo di Padova, una seconda invece la fa risalire al 1310, questa è la tesi che ha più ampio seguito al giorno d’oggi.

38 TOLOMEI, La chiesa di Giotto, cit., p. 13.

39 SELVATICO, Sulla Cappellina, cit., p. 30.

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Era in fatti presente una vasca di raccolta d’acqua capace di riceverla e raccoglierla per poi diramarla verso i punti di necessità, G. ZAMPIERI, La Cappella degli Scrovegni in Padova. Il sito e l’area archeologica, Skira, Milano, 2004, p. 71.

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Questa ipotesi risulta essere la meno accreditata, Ivi, p. 69.

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Ivi, p. 68.

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