Nell’Edipo a Colono la vicenda prosegue ed il protagonista si presenta in scena con le sembianze di un vecchio mendicante, trascurato e sporco, in compagnia della figlia Antigone che, fedele e devota, lo accompagna, mossa da un profondo affetto.
La condizione precaria dei personaggi contrasta visibilmente con il contesto esterno285: l’ambientazione è infatti un boschetto rigoglioso dove vivono antiche divinità.
Apollo ha predetto ad Edipo che avrebbe vissuto serenamente il resto della propria vita e che avrebbe trovato la meritata pace dopo un’esistenza piena di sofferenze.
La divinità dunque, dapprima dispensatrice di pene ed afflizioni diventa salvifica e portatrice di benessere.
281
G. PADUANO, Edipo, p.61
282 F.FERRARI, introduzione in ivi, p. 15 283
G. PADUANO, Edipo, p.55
284 SOFOCLE, Edipo a Colono, trad. Franco Ferrari, Rizzoli Libri s.p.a, Milano, 2013,
vv.265-267, p.277
285
M. POHLENZ, “Die griechische Tragodie”, Vandenhoeck e Ruprecht, Gottinga, 1954, trad. it. Di Maria Bellincioni, “La tragedia greca”, Paideia Editrice, Brescia, 1978, p.394
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Edipo è predestinato a diventare un’entità positiva e a vivere felice un’eternità in compagnia degli dei, come descritto nell’epilogo della tragedia in cui una forza misteriosa lo chiama a sé e lo accoglie nella dimensione ultraterrena:
E’ il dio che in più modi, e insistentemente, lo chiama: “su Edipo, perché tardiamo a muoverci? Da troppo tempo ti fai aspettare”. […] Ma dopo esserci allontanati, ben presto ci voltammo e scoprimmo che lui non c’era più, in nessun luogo […] non la fiammante folgore divina lo ha rapito, né un turbine sollevatosi dal mare in quell’istante, ma un inviato degli dei; o forse la base stessa della terra, la sede oscura dei morti, si è squarciata a lui propizia.286
La rivalutazione in positivo della figura di Edipo non è immediata, in un primo momento infatti gli abitanti della zona lo cacciano inorriditi dal suo aspetto e dalla sua storia, concedendogli di riposarsi appena lungo la via.
3.1. Il rapporto genitoriale.
Sopraggiunge poi Ismene, la quale intrattiene con il padre e la sorella Antigone un rapporto di amore e solidarietà.
Sono ancora lontani gli schemi narrativi che Sofocle propone nella vicenda cronologicamente successiva dell’Antigone, in cui le due sorelle vivono un profondo contrasto dialettico.
In quest’opera invece la contrapposizione, il conflitto vengono rappresentati dall’incontro con i due fratelli.287
Entrambi non si sono interessati delle sorti del padre quando fu cacciato da Tebe, ed ora che si muovono guerra l’un l’altro, venuti a conoscenza dell’oracolo che aveva disposto che avrebbe vinto chi avesse avuto Edipo dalla propria parte, cercano di ristabilire un rapporto con lui.
286
SOFOCLE, Edipo a Colono, vv.1627-1662, p.375-377
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Sofocle dipinge il personaggio di Polinice in maniera estremamente negativa e lo stesso Edipo non avrà parole amorevoli per il figlio, m scaglierà al contrario nei confronti suoi e del fratello Eteocle una maledizione, profetizzandogli la morte dell’uno per mano dell’altro. Il destino funesto del padre si compirà sui figli che, del tutto in balia del fato, dovranno accettare ciò che il futuro ha in serbo per loro.
Tu, miserabile, […] proprio tu cacciasti tuo padre, ne facesti un senzapatria, […] risparmiati queste lacrime […] il demone della stirpe ti tiene d’occhio, non tanto adesso quanto tra breve […] questa città non la distruggerai, ma cadrai prima, e tuo fratello con te, macchiato del tuo steso sangue. E quelle maledizioni che scagliai contro di voi, ora invoco che mi vengano in aiuto e vi insegnino il dovere di onorare i padri anziché disprezzarli solo perché siete figli di un cieco. […] Perciò queste maledizioni saranno più forti della tua supplica e del tuo trono, se è vero che Dike antica siede acanto alle leggi vetuste di Zeus. Vattene dunque […] e portati dietro le maledizioni che invoco su di te.288
Edipo, dopo aver congedato malamente il figlio, risponde alle incalzanti domande del coro sul suo passato dichiarandosi una vittima del destino a lui assegnato ed affermando di aver commesso gli atti causativi della pestilenza a Tebe senza volerlo e senza poter scegliere. Riceve però pietà e compassione solo dal sovrano Teseo, che, a differenza del popolo, si dimostra magnanimo fin da subito e gli assicura protezione.
Nella parte finale della tragedia Edipo si mostra del tutto distante dalle sofferenze e dal dolore patito nell’arco della sua vita ed appare già “semitrasfigurato”.289
A Teseo confida della chiamata del dio e che vivrà eternamente nel boschetto delle Eumenidi proteggendo Atene.
288
SOFOCLE, Edipo a Colono, vv.1354-1385. Pp.355-357
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4. Il cambiamento di Edipo.
È opportuno richiamare l’attenzione sulle cause del ribaltamento della figura di Edipo.
L’Edipo re si apre con una presentazione del personaggio di Edipo estremamente positiva; Edipo è amato dal popolo ed è considerato un salvatore in ragione della risoluzione dell’enigma della sfinge, che gli fece guadagnare il trono di Tebe.
Verrà in seguito emarginato e detestato dai cittadini per essere stato, suo malgrado, causa della pestilenza nella polis.
Il fato che si impone su di lui lo predestina ad uccidere suo padre e a giacere con sua madre.
Questo gli costa l’accecamento, che si procura non riuscendo a sopportare la vergogna delle sue azioni e una vita da mendicante, con la compagnia unica delle sue figlie e il ripudio da parte del corpo sociale.
Successivamente la figura di Edipo viene riscattata e di nuovo la sua immagine viene ricondotta ad una figura salvifica e positiva.
Le ragioni di questo cambiamento sono, come d’altronde quelle della maledizione scagliata contro di lui, del tutto incomprensibili.
Risulta difficile credere che gli dei abbiano voluto ripagarlo delle sue sofferenze, in quanto proprio loro, arbitrariamente, hanno stabilito che dovesse subire ciò a cui è stato destinato.
Ritenere perciò che il volere degli dei si orienti in base a dei principi di giustizia, sembrerebbe un postulato indimostrabile, un’affermazione a cui si può credere oppure no.
Ravvisare invece l’assoluta arbitrarietà del volere divino, anche nella salvezza e divinizzazione di Edipo conferma il pensiero di Sofocle sulla condizione umana, contraddistinta da una “infelicità senza sbocco”290, dall’ “impotenza dell’uomo di fronte al destino”291
.
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A ciò si lega indissolubilmente la sua assenza di colpa, per non aver compiuto nulla di ciò che gli viene recriminato “consapevolmente e di sua volontà”292
, essendo, prima ancora di nascere, destinato a “seguire la via per cui un dio lo conduceva”.293
Non è dunque ad un ripensamento circa l’assenza d’imputabilità di Edipo che si deve il risvolto positivo della vicenda tragica, bensì, ancora una volta, ad un disegno divino di cui l’essere umano è spettatore e non protagonista.
5. Antigone.
La vicenda dell’Antigone di Sofocle si svolge a Tebe.
Creonte, re della città, ha emesso un bando che vieta la sepoltura dei nemici dello Stato, tra i quali Polinice, fratello di Antigone.
L’evento che causa la decisione di Creonte è costituito dalla guerra che, poco tempo prima, si era svolta tra Eteocle, re di Tebe in carica e suo fratello Polinice il quale, vedendosi rifiutare dal fratello il del trono, come previsto dal patto di regnare su Tebe un anno per uno, aveva radunato un esercito chiedendo aiuto alla città di Argo, per riprendersi il trono con la forza.
I tebani erano risultati vincitori, ma i due fratelli si erano uccisi a vicenda appena fuori le mura della città.
Il trono toccò a Creonte, e la sua prima decisione fu quella di vietare la che Polinice fosse sepolto e di riservare gli onori funebri ad Eteocle, morto nella difesa della patria.
Antigone racconta tali episodi all’inizio dell’opera, in un dialogo che intrattiene con la sorella Ismene, alla quale annuncia la sua decisione: seppellirà il fratello Polinice.
Ismene: Dentro quale abisso? Dove sei di testa? Antigone: A sollevare il morto con questa mano.
291
Ivi, p.14
292
M. POHLENZ, La tragedia greca, p.399
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Ismene: Pensi davvero a seppellire il bandito?
Antigone: Il mio proprio ed il tuo, anche se tu non vuoi, fratello: non sarò io colta a tradirlo.
Ismene: O pazza, anche se Creonte dice no? Antigone: Non può separarmi dalle cose mie.294
Ismene cerca di convincerla a desistere dal suo proposito, ma i tentativi sono del tutto inutili: ella ormai è convinta del gesto che sta per compiere.
Si reca perciò presso il cadavere del fratello e lo cosparge di polvere, rispettando il rito della sepoltura, ma viene sorpresa dalle guardie e portata al cospetto di Creonte.
Il confronto tra i due personaggi costituisce il nucleo centrale della tragedia. Sia Antigone che Creonte sono convinti di essere nel giusto, non c’è possibilità di compromesso.
Antigone viene condannata a morte e a nulla servono le preghiere rivolte a Creonte dal figlio Emone, promesso sposo di Antigone, che lo implora di risparmiare la vita della fanciulla.
Solo dopo un colloquio con l’indovino Tiresia, il re di Tebe comprende la crudeltà delle sue azioni e, spinto anche da presagi oscuri, decide tornare sui suoi passi. Ma quando giunge nell’antro nel quale aveva fatto rinchiudere Antigone si accorge del fatto che l’irreparabile è già avvenuto: Antigone si è uccisa, e con lei si uccide Emone,; la regina madre, Euridice, alla notizia della morte del figlio si toglie la vita. Creonte è dunque, sul finale della tragedia, completamente solo, a disperarsi della sua sorte:
Di gran lunga, il ragionare di vita degna d’esser vissuta è l’inizio; non s’ha ai cieli da mancar di rispetto; mega discorsi che mega ferite procurano ai superbi insegnano in vecchiaia a ragionare.295
294
SOFOCLE, Antigone, trad. di G. GRECO, Feltrinelli Editore, Milano, 2013, vv. 42- 48, p.37.
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Le parole del coro condannano tanto l’agire di Creonte, quanto quello di Antigone.
Il primo ha violato con il suo bando la legge divina che impone la sepoltura per i morti e si è mostrato disumano ed insensibile nel condannare a morte un membro della sua famiglia in nome di una legge da lui emanata.
La seconda invece, monoliticamente, non ha ceduto alle argomentazioni della ragion di Stato, condannandosi alla morte senza compromessi.
Entrambi i punti di vista conducono alla catastrofe e sono carenti di flessibilità, moderazione ed adattamento necessari per evitare l’irreparabile.296
Ci sono due ordini di ragioni che si intersecano nell’agire dei personaggi.
Creonte infatti, ordinando la messa a morte di Antigone, ottempera ad un duplice dovere: far rispettare la legge, a discapito degli affetti e dei legami di parentela e, ancor prima, onorare il bene pubblico, il bene della polis, facendo celebrare i funerali dei difensori della patria e negando la sepoltura ai traditori.
Così Antigone, seppellendo suo fratello, rispetta la legge divina che prevede di onorare i morti con i riti funebri ma, allo stesso tempo, celebra la morte di suo fratello, lasciando prevalere i legami affettivi ai divieti da parte del potere politico.
5.1. L’Antigone di Hegel.
Ad Hegel si attribuisce l’interpretazione secondo cui nell’opera si rinviene la contrapposizione tra due diversi sistemi di valori: il sistema dei legami familiari da una parte ed i valori della legge e dell’interesse pubblico, dall’altra.
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Il filosofo sembrerebbe interessarsi principalmente allo scontro dialettico tra legge civile (nomos) e legge familiare o di clan
(ghenos)297.
Ad Antigone imputerebbe l’incapacità di assumere una visione d’insieme che coinvolga anche le argomentazioni di Creonte, in quanto l’agire individuale è causa della dissoluzione della polis e destina entrambe le individualità a dissolversi.298
Antigone, pur di osservare quello che è per lei un dovere sacro, non si cura dell’ordine di Creonte, che è volto alla salvaguardia del bene pubblico della città.
Hegel le fa, dunque, carico di un totale disinteresse per lo Stato, imputazione piuttosto grave nella visione etico-politica della polis. Il filosofo d’altronde è distante dalla visione dell’individuo come soggetto compiutamente armonico299, perciò non può non propendere per la posizione del personaggio che pone al centro del suo agire la tutela dello Stato.
Nel suo agire, l’Antigone hegeliana è “padrona e vittima del suo agire, che si identifica con il suo essere.”300
Non si può, secondo il filosofo, conciliare l’innocenza con l’azione umana; Antigone, di conseguenza, è colpevole e il suo delitto pienamente cosciente.301
Alla moira, destino fatale, Hegel contrappone la categoria della “colpa predestinata”, la quale, paradossalmente, costituisce quella forma di colpevolezza attraverso la quale l’individuo “s’impossessa di sé, ritorna fatalmente all’io”.302
297
L. SARTORI, Antigone: tra Sofocle e Brecht, seminario “Domenica della vita”, Trento, 2014, pag.3
298
P. MONTANI, Antigone e la filosofia, Donzelli editore, Roma, 2001, pag.37
299 Ivi, pag.44
300 G. STEINER, Antigones, Oxford University Press, Oxford, 1984, trad. it. N. MARINI,
Le Antigoni, Garzanti Editore s.p.a., Milano, 1990, p.41.
301
Ivi, p.46
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Il conflitto tragico, secondo Hegel, sarebbe il conflitto tra due livelli di esistenza in cui l’agente, l’attore tragico, non avrà coscienza di aver operato da criminale e, quando verrà punito, avrà l’impressione di subire un “destino” ingiustificabile, al quale non si ribellerà303
; ma, nell’ordine di idee hegeliano, la personalità, l’individuo è destino. I personaggi, per Hegel, sono dunque colpevoli, ma inconsapevoli di esserlo, non hanno cioè la percezione di essere fautori del loro destino, il quale si compone anche del peso della colpa ereditaria che portano.
5.2. L’Antigone di Kirkegaard
Di tutt’altro avviso è Kirkegaard, secondo il quale, nella tragedia antica, l’agente individuale è intrappolato nelle categorie dello Stato, della famiglia e del destino.304
Il filosofo danese contrappone la tragedia classica a quella moderna, affermando che solo di quest’ultima è tipico lo spessore psicologico e l’indole introspettiva dei personaggi, mentre la tragedia greca sarebbe incentrata sull’azione.305
L’eroe classico subisce il suo destino e “la pena greca è così tenera e profonda perché è priva della comprensione cosciente e riflessiva della colpa. È una pena accordata alla sofferenza dell’eroe che è destinato a sbagliare.”306
La colpa tragica, essendo una colpa ereditaria, contiene, secondo il filosofo, la contraddizione di «essere una colpa e, tuttavia, di non essere una colpa”»307
L’individuo deve sopportare la colpa dei crimini della sua stirpe, per tale ragione non è arbitro dei suoi rapporti; per Antigone, ad esempio, la colpa del padre è un fatto del tutto esterno ed inalterabile,
303 Ivi, p.47 304 Ivi, p.65 305 Ibidem 306 Ivi, p.67 307 ibidem
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completamente indipendente da lei, eppure ella patisce personalmente la colpa di Edipo.
La colpa tragica è dunque il frammezzo tra colpa soggettiva e colpa ereditaria.308
Si può dedurre che Kirkegaard, a differenza di Hegel, non identifica il destino con il carattere, con la personalità del personaggio, bensì estranea completamente la sua predestinazione dall’appartenenza degli eventi da un punto di vista psichico, reputando l’azione un elemento non sufficiente a definire colpevole l’agente.
L’Antigone di Kirkegaard vive gli stessi eventi del personaggio sofocleo, ma, a differenza della “Antigone classica”, è la sola a conoscenza della relazione incestuosa di suo padre e del tipo di legame che lo univa a Giocasta.
L’Antigone di Sofocle, sostiene Kirkegaard, può quasi essere felice del bando di Creonte, perché costituisce il pretesto che le consente di manifestare all’esterno il suo dolore per la morte del fratello; “la sua Antigone non può dar voce alla propria pena: la causa del dolore deve rimanere per sempre segreta. Ella vive nell’incognito del suo dolore”.309
Il contesto in cui vive è determinato dalle credenze del mondo cristiano e l’elemento psicologico che caratterizza Antigone è l’angoscia, ossia l’organo attraverso il quale il soggetto si appropria della pena e l’assimila.310
La ragione che affligge l’Antigone greca è l’emissionedel bando da parte di Creonte; non c’è traccia dell’antico dolore determinato dalla tragica vicenda di Edipo; l’Antigone moderna invece non riesce a sopportare il peso della colpa del padre e ne prova angoscia.
308
P. MONTANI, Antigone e la filosofia, p.76
309
G.STEINER, Le Antigoni, p.70
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Ella vive il dramma all’interno della sua anima; la tragedia è, dunque, una tragedia psicologica, la cui scena è una scena spirituale.311
La lotta tra Creonte ed Antigone non è altro che una “visitazione sui figli dei peccati dei padri”312 ed ella può trovar pace solo con la morte. La morte, tra l’altro, rappresenta anche l’unico mezzo con cui fermare la contaminazione della colpa ereditaria che Antigone, vivendo, avrebbe trasmesso ai suoi figli.313
5.3. L’Antigone di Goethe.
Goethe, che tende a ridurre Creonte ad un bieco tiranno, protettore del potere, più che dello Stato ed erge Antigone ad eroina ribelle, portatrice di valori eterni ed universali.
La caratterizzazione del personaggio di Creonte è, in Goethe, del tutto negativa ed è messa in luce per far risaltare la positività e l’altezza morale di Antigone.
Al signore di Tebe non può, secondo tale ricostruzione, attribuirsi nessuna giustificazione al suo agire, nemmeno la ragion di Stato, in quanto egli, vietando di far seppellire Polinice, ha compiuto un gesto contrario alla morale e la ragion di Stato non può mai essere in contrasto con i valori dell’etica.
Il comportamento di Creonte è dunque sintomatico della sua malvagità ed arroganza e dunque privo di motivazioni razionali.
In realtà, è tanto falso che Creonte sia un tiranno quanto che Antigone sia un’eroina ribelle.
5.4. L’Antigone di Brecht.
L’immagine che di Antigone ha Brecht è distante dall’ideale eroico che contraddistingue la tradizione umanistica.
311 Ivi, p.79 312 G. STEINER, Le Antigoni, p.69 313 Ivi, p.71
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Il mito, nell’elaborazione drammaturgica dell’autore, viene criticamente analizzato e messo in discussione attraverso una reinterpretazione del messaggio tragico sulla base del materialismo marxista.314
Brecht si chiede a cosa possano servire nel presente opere create per società così risalenti nel tempo e, attraverso una lettura marxista della storia, riscontra una certa continuità tra i modelli antichi e quelli odierni: le leggi economiche che regolano la suddivisione in classi sono operanti allo stesso modo, dunque le storie antiche possono costituire un modello per il presente ed un sprone al cambiamento.315 Per attualizzare maggiormente la vicenda, scrive, in occasione della messa in scena del 1948, un prologo in cui si racconta la storia di due sorelle che vorrebbero seppellire il fratello disertore, impiccato ad un palo della luce per strada, nella Berlino della seconda guerra mondiale. La chiave di lettura dell’Antigone di Brecht è molto distante dall’universo hegeliano, l’autore infatti non intende rappresentare i due personaggi come esponenti di sistemi di valori equivalenti quali la religione o la famiglia e lo Stato.
In questa tragedia Creonte incarna un ordine sociale reazionario e guerrafondaio: non esiste dunque un’interpretazione giustificatoria del suo personaggio.316
Lei è stata complice. Sino a che a Tebe andava tutto bene, è rimasta in silenzio. Si è ribellata per la prima volta quando è stata toccata la sua famiglia. Il fratello. […] Allora, improvvisamente, apre gli occhi e vede che era la guerra di Creonte e non la guerra del popolo, non la guerra di Antigone […]317
314
S. FORNARO, L’ora di Antigone dal nazismo agli anni di piombo, narr Verlag, Tubinga, 2012, p.21
315
Ivi, p.22
316 Ivi, p. 38
317 B. SEIDENSTICKER, Walter Jens und die Antike, in Mythen in nachmythischer Zeit.
Die Antike in der deutschspranchigen Literatur der Gegenwart, Berlino-New York,2002, trad. it. Di S. FORNARO, in “L’ora di Antigone dal nazismo agli anni di piombo”, pp. 53-54
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La resistenza di Antigone consiste nello svelare le bugie del tiranno, ma ella non è esente da colpe; si ribella infatti, solo quando viene leso un suo interesse personale, quando cioè viene ucciso un membro della sua famiglia.
Il suo comportamento tradisce le sue origini non umili, la classe sociale di appartenenza è la stessa di Creonte e il loro scontro non è una guerra tra poveri e potenti, bensì tra ricchi.318
Ma anch’essa un tempo mangiò il pane nell’oscura grotta.319
Il tema centrale della guerra ed il messaggio di denuncia politica mal si sposano con la problematica legata alla colpa ereditaria di Edipo. Il personaggio tragico di Brecht non è “cieco strumento nelle mani del destino”320
, ma è un agente consapevole.