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Effetti della ricchezza sullo stato di salute

background risk

3. La finanza comportamentale e le scelte di portafoglio

3.6. Capacità cognitive e matematiche

3.7.2. Effetti della ricchezza sullo stato di salute

Gli esponenti delle scienze mediche sostengono che le differenze nella condizione socio-economica si riflettano in misura equivalente sulle disparità nella salute. Una situazione di ristrettezza economica, quale deriva per esempio dalla perdita della propria occupazione ed in generale da dissesti e squilibri dell’economia, ostacolerebbe l’accesso a cure mediche adeguate e spingerebbe l’individuo ad assumere comportamenti insalubri. Simili atteggiamenti sono, infatti, prevalenti nei gruppi sociali caratterizzati da un basso livello di ricchezza; a questo proposito un esempio appropriato è il fumo, causa conclamata di cancro polmonare, patologie respiratorie e cardiache. Nonostante la percentuale di fumatori sia diminuita all’interno di tutte le classi sociali, rimane più elevata presso i gruppi che presentano reddito e grado di educazione inferiori. Queste, inoltre, costituiscono

le fasce della popolazione in cui sono maggiormente diffusi stili di vita sedentaria, accompagnati di frequente da obesità o alcolismo.

Secondo Grossman (1972), “gli individui più sani sono tali perché godono di un ammontare di ricchezza maggiore”. Egli dimostrò tale risultato ricorrendo ad un modello economico standard basato su una funzione di produzione della salute nella quale essa era, in ogni momento, la risultante di un insieme di fattori (quali la salute nel periodo precedente, le cure mediche ricevute, l’adozione di comportamenti salutari come l’esercizio fisico e la pratica di attività nocive quali il fumo) ed un vettore di altre variabili riferite alla sfera personale del soggetto e all’ambiente esterno. Secondo lo stesso Grossman, anche il contesto sociale ed il patrimonio genetico, quando creavano collegamenti temporali fra le condizioni di salute riportate in diverse fasi del ciclo di vita oppure facilitavano la preservazione di un buono stato di salute, avrebbero potuto incidere sulla funzione ed assumere, quindi, rilevanza nel modello.

Una situazione economica agiata, osservarono Smith e Kington (1997), impatta positivamente sulla salute individuale in quanto rende disponibili maggiori risorse per il miglioramento delle condizioni fisiche e mentali, agevola la conoscenza di metodi e strumenti offerti dalla medicina e favorisce un atteggiamento positivo verso il futuro.

L’approccio economico si basa sull’intuizione fondamentale secondo cui la salute costituisce uno stock, e le relative spese e i comportamenti individuali sono investimenti volti ad incrementare tale grandezza. In un dato momento l’ammontare totale dello stock di salute risulta essere, quindi, una funzione dell’intera dinamica, corrente e passata, dei prezzi, delle entrate percepite, delle condizioni di salute originarie e degli atteggiamenti individuali. Un limitato budget soggettivo vincola costantemente l’ammontare di ricchezza investita nella salute; un afflusso in entrata non previsto può, invece, incentivare il soggetto ad usufruire delle cure e dei servizi medici o a condurre una vita più salutare, ma, pur mutando il proprio comportamento istantaneamente, egli propenderebbe solamente a consolidare l’investimento nella salute, lasciando sostanzialmente inalterato il valore capitale complessivo di salute individuale.

Uno studioso particolarmente noto in tale ambito già citato in precedenza, James Smith (1999), esplorò la relazione del binomio salute-ricchezza attraverso due ricerche specifiche condotte sui dipendenti statali britannici della University College London: attraverso le due indagini Whitehall I e II, egli notò come lo stato socio-economico individuale potesse

generare situazioni di stress psicologico tali da avere ripercussioni sullo stato di salute generale. Le due indagini, riferendosi a numerosi dati medici, avevano mostrato come macro- e microfattori sociali ed economici, in larga parte legati al lavoro, alteravano il funzionamento biologico umano. Nel 1967 lo studio Whitehall I rilevò che i lavoratori maschi che ricevevano stipendi piuttosto bassi tendenzialmente morivano prima dei coetanei che appartenevano a categorie più elevate. Whitehall II proseguì, nel 1985, l’analisi avviata dal suo predecessore e, includendo nel campione anche le donne, si avvalse in aggiunta alle tradizionali misurazioni di salute –pressione sanguigna, peso corporeo, test cardiovascolari- di ulteriori indicatori come l’attività fisica, il respiro, la dieta, la prontezza di riflessi. Agli intervistati più anziani furono poste domande circa le occupazioni extralavorative ed il pensionamento. Pervenendo a risultati analoghi a quelli conseguiti nel 1967, Whitehall II sostenne le conseguenze negative dello stress vissuto nell’ambiente di lavoro sullo stato di salute generale ed, inoltre, mise in risalto il costo che simili situazioni potevano far gravare non solo sull’individuo, ma anche sulle istituzioni mediche e sull’intero paese. Nel 1995 la prosecuzione dell’indagine calcolò che in Gran Bretagna 6,5 milioni di giorni lavorativi dovevano essere cancellati dall’economia e dalle risorse del paese per cause di stress, depressione, ansietà, condizioni fisiche o mentali debilitanti dei lavoratori. In un suo successivo approfondimento, Smith individuò ulteriori parametri in grado di incidere sullo stato di benessere oggettivo: una retribuzione bassa rappresentava, secondo l’insigne studioso, un fattore causativo di stress per il soggetto, in quanto poteva dar origine a tensioni finanziarie, periodi di disoccupazione e, più in generale, ad eventi che avrebbero potuto turbare l’equilibrio psicofisico individuale; anche il tipo di mansione svolta concorreva a determinare lo stato di salute: egli osservò, infatti, come molti lavoratori adibiti ad attività monotone fossero maggiormente esposti al rischio di patologie cardio-vascolari.

Altri studi provarono che la salute relativa all’età matura e alla vecchiaia derivava dalle condizioni economiche e fisiche vissute in fasi di vita molto anteriori, persino prima della nascita, quando cioè l’individuo, trovandosi ancora allo stato di feto, necessitava di un ambiente assolutamente favorevole al suo sviluppo (Baker, 1997). Tali risultati, notò Smith, suggerivano di curare la propria persona sin da giovani e di migliorare continuamente lo standard di vita, al fine di favorire le prospettive di un buono stato di salute avvenire sia proprio che delle generazioni future.

Secondo Seeman et al. (1997), il corpo umano è in grado di alterare le sue funzioni in risposta alle esigenze e agli stimoli provenienti dall’esterno.

Quando una persona vive situazioni di forte stress e coinvolgimento emotivo, il livello di adrenalina nel sangue sale, in misura tale da consentire al corpo una buona performance, stimolando contemporaneamente la pressione sanguigna, il battito cardiaco ed il sistema immunitario. Viene definita “allostatic load” la condizione di sovraccarico del sistema psicologico umano dovuta a cambiamenti improvvisi o all’esercizio di attività molto frenetiche. I medici Sterling ed Eyer introducono la nozione di allostasis, letteralmente “mantenimento della stabilità (o omeostasi)”, per descrivere come il sistema cardiovascolare aggiusti il suo funzionamento di fronte all’alternarsi di momenti di quiete e di dinamica. Traslando il concetto alla psicologia, l’“allostatic load” si riferisce al deterioramento del corpo e della mente a seguito di ripetuti cicli di allostasis. Lo stress accumulato, infatti, ostacola il corpo a tornare al suo stato originario e, poiché funziona costantemente ad alti livelli, anziché solo nei momenti in cui sono necessarie prontezza e tensione, aumentano i rischi di diabete e di valori di pressione arteriosa e di colesterolo eccedenti le soglie normali. Gli eventi ritenuti responsabili dell’allostatic load e del conseguente danno per la salute sono riconducibili in gran parte alla famiglia e al lavoro; la teoria è un’ulteriore riprova di come impiego, reddito e famiglia, seppur rielaborati all’interno di argomentazioni differenti, non possono essere ignorati nell’esame dello stato di salute individuale.

Wilkinson (1996) sostenne la dipendenza della salute dalla distribuzione della ricchezza all’interno della società, perché le disuguaglianze nel reddito provocavano stress nella psiche umana che indeboliva il sistema endocrino ed immunitario del soggetto. Quanto affermato viene esteso all’ambito politico-economico: tra i paesi industriali la mortalità media non è legata alle differenze fra nazioni, bensì alle disparità di ricchezza all’interno del paese stesso. Ad esempio, in Svezia ed in Norvegia le aspettative di vita superano di tre anni le aspettative negli Stati Uniti, nella Gran Bretagna e nella Germania, dove, pur essendo il reddito pro capite molto vicino a quello dei paesi scandinavi, la sperequazione della ricchezza è nettamente maggiore.

TEORIE MEDICO-SCIENTIFICHE: La ricchezza influisce sullo stato di salute

LETTERATURA RISULTATI

Grossman, M. (1972), “On the concept of Health

Capital and the Demand for Health”, Journal of Political Economy, No. 80, pp. 223-255

Gli individui più sani sono tali perché dispongono di maggiore ricchezza.

Smith, J.P. and R. Kington (1997), “Demographic

and economic correlates of health in old age”, Demography, No. 34, pp. 159-170

Una situazione economica agiata incide positivamente sulla salute individuale. Un budget limitato, infatti, vincola la ricchezza investita nella salute.

Smith, J.P. (1999), “Healthy Bodies and Thick

Wallets: The dual relation between health and economic status”, Journal of Economic Perspectives, Vol. 13, No. 2, pp. 145-166

Retribuzioni basse e mansioni monotone causano stress e turbano l’equilibrio psico-fisico.

Wilkinson, G.R. (1996), “Unhealthy Societies: The

Affliction of Inequality”, London, Routledge

La salute dipende, fra gli altri, anche dalle disuguaglianze nel reddito.

Tabella 2.2 Review della letteratura circa l’influenza della ricchezza sulla salute Fonte: Elaborazione propria