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I modelli multifattoriali e l’APT

Stock picking Market timing

6.3. I modelli multifattoriali e l’APT

I modelli monofattoriali, di cui si è trattato nel paragrafo precedente, sono caratterizzati da un unico fattore di rischio e dall’ipotesi che Cov( )=0con i j . Potrebbe, però, risultare che Cov( )≠0per qualche i j : in tal caso è possibile che esista almeno un altro fattore di rischio, G.

Tali modelli caratterizzati da molteplici fattori di rischio sono detti modelli multifattoriali.

Date N attività rischiose caratterizzate da un rendimento aleatorio Ri con i = 1, …, N e dati gli M<<N fattori di rischio rispettivamente caratterizzati da un valore aleatorio Fk, con k= 1,…, M, il modello multifattoriale può essere rappresentato come segue:

dove:

FK è caratterizzato da ; è il

termine d’errore ed è caratterizzato da

Dato il seguente modello multifattoriale:

la varianza risulta:

Se finora si è trattato di una singola attività rischiosa e del relativo beta, il ragionamento può essere ora esteso anche alla rischiosità di un portafoglio. Il ragionamento, come per le singole attività, può essere svolto anche per i portafogli che non sono efficienti.

Si consideri il portafoglio costituito da N attività rischiose: il cui rendimento aleatorio, Rp, è:

Si procede ora sostituendo nella formula del rendimento aleatorio del portafoglio, Rp, l’espressione del rendimento aleatorio della generica attività rischiosa Ri, che è pari a:

Mentre

rappresenta il rischio sistematico, l’espressione sottostante

identifica il rischio diversificabile. Dunque:

Sulla base di quest’ultimo risultato è possibile comprendere che, se il modello multifattoriale descrive correttamente i rendimenti aleatori delle attività rischiose, si può attuare una riduzione di ovvero del rischio diversificabile, investendo opportunamente in un portafoglio costituito da un gran numero di titoli.

Tra i modelli multifattoriali, assume notevole rilevanza l’Arbitrage Pricing Theory (in acronimo APT), che propone una relazione fra il rendimento di un titolo e la sua rischiosità quando il mercato è in equilibrio: si tratta, quindi, di una relazione stabile.

L’APT si presenta come un modello alternativo rispetto a quello di Markowitz ed è una generalizzazione del modello CAPM. Nonostante la marcata influenza per la valutazione del premio al rischio, alcuni studiosi hanno suggerito lo sviluppo di teorie alternative al CAPM, sottolineando come il modello si fondasse su ipotesi piuttosto limitative e manifestando il loro scetticismo circa l’utilità pratica dello stesso vista la sua stretta dipendenza dal portafoglio di mercato. Fra queste, la Arbitrage Pricing Theory ha sviluppato l'impianto del CAPM, aggiungendo all'unico fattore "esposizione al rischio di mercato", una molteplicità di altri fattori che agiscono nel contesto della determinazione

del valore dell'attività finanziaria analizzata20. L'APT è, infatti, un modello in base al quale il rendimento di un’attività finanziaria è espresso in funzione dei rendimenti di una serie di fattori di rischio. La sensibilità del rendimento atteso rispetto a variazioni dei fattori economici è nota con il termine inglese factor loading, ed è la controparte nell'APT del coefficiente beta del Capital Asset Pricing Model21.

Anche il modello multifattoriale distingue, come il CAPM, fra rischio diversificabile e non diversificabile, ma si differenzia nell'approccio alla misurazione del rischio non diversificabile (o di mercato): il CAPM ipotizza che il rischio di mercato sia sintetizzato dal portafoglio di mercato, mentre l'APT ammette molteplici fonti del rischio di mercato, rappresentate da variazioni inattese delle variabili macroeconomiche fondamentali, dette "fattori", e misura la sensibilità dell'investimento a ciascuna variazione con uno specifico coefficiente beta.

È necessario osservare, infine, che il modello APT22 fornisce condizioni sufficienti di equilibrio del mercato finanziario espresso in termini dei β e dei premi per il rischio associati ad ogni fattore di rischio.

Il modello APT elabora una relazione, ottenuta in condizioni di equilibrio del mercato ovvero in assenza di opportunità di arbitraggio, tra il rischio (definito alla CAPM) ed il rendimento atteso di un’attività rischiosa ed i rendimenti attesi dei vari fattori di rischio espressa nel seguente modo:

in cui:

Per giungere alla determinazione di tale relazione è necessario considerare:  N attività a rendimento rischioso ed 1 attività a rendimento certo;

20

Per dettagli si veda il sito Internet http://www.assogestioni.it.

21

Maggiori approfondimenti sono disponibili al sito Internet www.trading-news.it .

22

Si tengano presente le assunzioni di base del modello: agente economico massimizzatore di profitto e price-taker, assenza di costi di transazione e gravami fiscali, attività infinitamente divisibili, ammissibilità delle vendite allo scoperto, stesso tasso di interesse per prendere o dare a prestito denaro di qualsiasi ammontare, investitori aventi aspettative

 M<<N fattori di rischio (in tal modo si permette l’annullamento del rischio non sistematico, o non di mercato, o diversificabile);

 M factor portfolios puri23

, uno associato a ciascuno dei fattori di rischio. La relazione fondamentale proposta dal modello APT è la seguente:

L’intuizione del modello è che in un mercato in cui i titoli sono soggetti a molteplici fattori di rischio, l’investitore può diversificare il proprio investimento per formare un portafoglio soggetto soltanto ai rischi sistematici di natura macroeconomica. Il premio al rischio richiesto dagli investitori dipende dai premi al rischio necessari a sopportare le unità di rischio dei vari fattori macroeconomici , moltiplicate per le sensibilità dei vari titoli all’andamento dei diversi fattori .

E’ possibile notare che vi sono alcune differenze tra il modello APT ed il modello CAPM:

 il modello APT è una generalizzazione del modello CAPM in cui si considerano M fattori di rischio anziché uno solo;

 l’APT richiede meno ipotesi del CAPM: nel modello APT risulta particolarmente “forte” l’assunzione N>>M che permette l’annullamento del rischio non sistematico.