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L’invecchiamento demografico in Italia

La ricerca SHARE e gli ultracinquantenni nel “vecchio continente”

2. L’invecchiamento demografico in Italia

Negli ultimi cinquant’anni la popolazione italiana ha subito evidenti e rilevanti trasformazioni demografiche, dovute soprattutto a cambiamenti nelle abitudini, negli stili di vita, nei comportamenti e nelle scelte in genere4.

La diminuzione della fecondità, l’innalzamento della speranza di vita a tutte le classi di età e la riduzione del tasso di mortalità sono tra i fattori che, più di altri, spingono la nostra popolazione verso un progressivo invecchiamento demografico5. Tale fenomeno consiste nell’incremento sia del numero delle persone anziane, sia della loro proporzione nei confronti delle altre fasce di età; possiamo quindi dire che “l’invecchiamento è costituito dalla variazione, assoluta e proporzionale dei segmenti di età più anziani all’interno della popolazione”6

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Cfr. Mazza, S. e G. Capacci (2006), “L’invecchiamento della popolazione italiana: effetti e politica sociale”, Quaderno n.5, Quaderni europei sul nuovo welfare. Il documento è rinvenibile al sito Internet http://www.newwelfare.org.

5 Cfr. Mazza, S. e G. Capacci (2006), “L’invecchiamento della popolazione italiana: effetti e politica sociale”,

Quaderno n.5, Quaderni europei sul nuovo welfare. Il documento è rinvenibile al sito Internet http://www.newwelfare.org.

Come già specificato nel paragrafo precedente, nel contesto europeo l’Italia si configura come il “paese più vecchio”, e tale condizione è evidenziata da tutti i principali indicatori demografici di struttura della popolazione, i quali hanno conosciuto un trend crescente già a partire dagli anni Settanta. Sicuramente lo stato attuale della popolazione italiana è la risultante di un processo di sviluppo che, nelle grandi linee, non si discosta da quello verificatosi in altri Paesi europei, anche se è avvenuto in tempi e con modalità alquanto differenti, in relazione alle particolari vicende storico-politiche del nostro Paese.

“Con l’obiettivo di offrire un quadro aggiornato delle dinamiche demografiche future”, l’ISTAT ha diffuso, nel marzo 2008 e successivamente aggiornato nel dicembre 2011, le previsioni della popolazione italiana per il periodo 2007-2051.

Le previsioni sono articolate secondo tre distinti scenari: mentre gli scenari “alto” e “basso” rappresentano due varianti che tracciano un percorso alternativo, lo scenario “centrale” fornisce un set di stime puntuali ritenute verosimili che, costruite in base alle recenti tendenze demografiche, rappresentano quelle di maggior interesse”7. Si farà pertanto riferimento nel prosieguo alle analisi relative allo scenario centrale pubblicate dall’ISTAT nel 2008 e nel 2011, nonché ad alcuni aspetti rilevati dalle analisi svolte nel 2006.

Un primo importante risultato fornitoci dall’ISTAT riguarda l’ulteriore miglioramento dei livelli di sopravvivenza rispetto a quanto già rilevato negli ultimi anni. Si stima, infatti, un aumento della durata della vita media degli individui che cresce tra il 2005 ed il 2050, per gli uomini, da 77,4 anni a 83,6, mentre per le donne da 83,3 anni a 88,8, come riportato in tabella 3.1. Stime più recenti sottolineano un generale incremento dell’età media dagli attuali 43,5 del 2011 ai 49,7 anni nel 2065.

Tabella 3.1 Prospetto sulle ipotesi demografiche della simulazione Istat all’orizzonte del 2050 Fonte: Previsioni demografiche nazionali, Istat, 2006

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Nel lungo periodo, tuttavia, una composizione per età della popolazione molto invecchiata concorre, come dimostra la figura 3.5, insieme ad altre componenti demografiche, a determinare una diminuzione della popolazione italiana fino ad arrivare ad una stima di 55,8 milioni nel 2050, ad un ritmo del -2,2 per mille l’anno.

Figura 3.5 Popolazione totale dell’Italia (1° gennaio 2005-1° gennaio 2050) Fonte: Previsioni demografiche nazionali, Istat, 2006

Se l’incertezza sul futuro è ad un livello molto accentuato quando si valuta l’evoluzione della popolazione in termini di stock e flussi complessivi, la stessa si riduce significativamente quando si prende in esame la futura composizione per età della popolazione8.

Come illustrato in figura 3.6, il numero di giovani fino a 14 anni d’età è previsto in diminuzione da 8,3 a 7,9 milioni tra il 2007 e il 2051, con una corrispondente riduzione del peso percentuale di tale segmento rispetto alla popolazione complessivamente considerata. I futuri rapporti generazionali, soprattutto fra la popolazione 15-64enne e ultra 64enne, evidenziano una riduzione della popolazione in età attiva in termini percentuali lungo l’intero arco di previsione. La popolazione in età attiva subirà, infatti, al suo interno un processo di invecchiamento via via che le generazioni nate negli anni ’60 e ’70, invecchiando, tenderanno ad ingrossare il margine superiore della distribuzione9.

L’aspetto, quindi, in assoluto più certo di tutte le previsioni è il progressivo ed inarrestabile incremento della popolazione anziana: gli ultra 64enni, oggi pari al 19,9% del totale, perverranno al 33% nel 2051. Con l’invecchiare della popolazione, cresce in misura rilevante anche il numero delle persone molto anziane: i cosiddetti “grandi vecchi”

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(individui di 85 anni e oltre) passano da 1,3 milioni nel 2007 a 4,8 milioni nel 2051, per una proporzione che aumenta dal 2,3% al 7,8%.

Figura 3.6 Popolazione per classi di età, Italia (1991-2051) Fonte: Previsioni demografiche, Istat, 2008

Nella prospettiva di una longevità tendenzialmente crescente e di una riproduttività sotto la soglia di sostituzione delle generazioni, la cosiddetta “piramide” della popolazione in futuro continuerebbe ad allontanarsi sempre più dalla sua originaria forma, poiché la struttura per età della popolazione si sbilancerà progressivamente a favore delle età più anziane, come evidenziato nella figura sottostante.

Figura 3.7 Piramide della popolazione residente al 2011 e al 2065 per scenario (in migliaia) Fonte: Previsioni demografiche, Istat, 2011

I cambiamenti della struttura per età comporteranno nel tempo un sempre più marcato effetto sui rapporti intergenerazionali10. La figura 3.8 illustra l’evoluzione degli indici strutturali di dipendenza. Nel 2011 l’indice di dipendenza degli anziani risulta pari al 30,9%; si prevede che esso raggiunga i 42,6% entro il 2030 e il 59,7% entro il 2065. L’indice di dipendenza giovanile , che assume il valore di 21,4 persone di 0-14 anni ogni 100 persone di 15-64 anni nel 2011, si mantiene pressoché costante fino al 2030, per poi avviarsi nel periodo successivo ad una crescita che culmina nel livello di 23,1 nel 2065.

Figura 3.8 Indice strutturale di dipendenza, valori percentuali, Italia (2011-2065) Fonte: Previsioni demografiche, Istat, 2011