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Efficacia e punti deboli delle “Stazioni”

Capitolo III Politiche di contrasto alla problematica dei NEET

3.5 Le “Stazioni per il Supporto ai giovani”

3.5.3 Efficacia e punti deboli delle “Stazioni”

Stando ai dati rilevati dal MHLW (2016) sono più di tre milioni i giovani che accedono alle varie “Stazioni” dal 2006 al 2015. In particolare, in quest’ultimo anno il 57.2% dei ventisettemila partecipanti riescono a trovare con successo un impiego dopo aver frequentato i programmi offerti dalle varie strutture. Possiamo dunque considerare le “Stazioni per il Supporto ai Giovani” come la più efficace fra le due misure di attivazione simbolica messe in atto dal Ministero per far fronte alla problematica dei NEET a partire dal 2004.

Fra gli elementi che maggiormente hanno contribuito alla buona riuscita del programma troviamo innanzitutto la progettazione dei centri come dei punti di ascolto verso cui i giovani possono rivolgersi per liberarsi dalle proprie preoccupazioni senza paura di venire giudicati o rimproverati per la loro condizione di inattività. Infatti, possiamo considerare altamente efficace la scelta del MHLW di incentrare la natura delle “Stazioni” sul “supporto” piuttosto che sulla “rieducazione”.

Inoltre, l’abbondante varietà dei corsi e delle forme di tirocinio danno la possibilità a ciascun utente di trovare la giusta strada verso il mondo del lavoro, permettendo ai ragazzi non solo di scoprire le proprie passioni e di costruirsi nuovi obiettivi, ma anche

di arricchire il proprio bagaglio di competenze, indispensabili sia per riacquistare fiducia in sé stessi che per poter entrare sul mercato occupazionale.

Infine, il coinvolgimento delle organizzazioni no profit (già operanti sul territorio nazionale) può essere considerato come un ulteriore elemento che contribuisce alla buona riuscita del programma, dal momento che assicurano la consegna del servizio in maniera puntuale e ben ramificata sotto la guida del MHLW.

Nonostante sia indiscutibile il successo delle “Stazioni” rispetto ai precedenti tentativi di attivazione simbolica, sarebbe tuttavia scorretto pensare a queste come a una completa soluzione alla problematica dei NEET (Toivonen, 2012b). Infatti, sono ancora molti gli aspetti da migliorare al fine di implementare le misure a sostegno dei giovani inattivi: per prima cosa le “Stazioni” mancano di un canale di accesso diretto ai NEET. Di fatto, senza la preziosa mediazione svolta da parte dei genitori (che preoccupati per la sorte dei figli li spingono a partecipare) o degli istituti scolastici (che grazie al “servizio di outreach” si trovano spesso a collaborare con le strutture di supporto più vicine) le “Stazioni” avrebbero a disposizione ben pochi altri mezzi per interagire con i ragazzi. Infatti, nonostante le varie NPO tentino di arrivare ai NEET facendosi pubblicità sul territorio attraverso l’utilizzo di vari social network, passaparola o l’organizzazione di eventi informativi, rimane sempre la famiglia a rappresentare il canale di accesso primario che porta i giovani ad aderire ai centri di supporto. I ragazzi, infatti, nel momento del bisogno tendono ad aggrapparsi al proprio nucleo familiare piuttosto che a chiedere aiuto alle istituzioni, le quali storicamente non hanno mai concepito le nuove generazioni come un target meritevole delle politiche di welfare.

Inoltre, le “Stazioni” con i mezzi a loro disposizione trovano difficoltà a raggiunge anche quei NEET appartenenti alla tipologia 3 (ovvero coloro che non sentono nemmeno l’esigenza di trovare un impiego), condannandoli a permanere all’interno di una zona grigia. Infatti, come testimoniato dalla direttrice della “Stazione per il Supporto” di Nerima, coloro che usufruiscono degli aiuti sono principalmente quei ragazzi che, nonostante la situazione di inattività, sentono l’urgenza di rientrare sul mercato occupazionale (NEET di tipo 2) ma non vi riescono con le proprie forze.

Un ulteriore elemento che concorre a limitare la potenziale efficacia delle “Stazioni” e più in generale della politica di attivazione simbolica, riguarda proprio il mancato

(sotto forma di sgravi fiscali o sovvenzioni su impronta europeista) al fine di assicurare ai NEET una corsia preferenziale di ingresso sul mercato occupazionale e una domanda di lavoro qualitativamente valida (ovvero la possibilità di usufruire delle tutele derivanti dall’impiego regolare).

Le “Stazioni”, infatti, vengono pensate dal MHLW come strutture che indirizzano e sostengono i giovani durante il lungo percorso verso l’attivazione, preparandoli al futuro impiego. Una volta ritrovata la fiducia in se stessi e la voglia di mettersi alla prova, i NEET vengono orientati verso i centri dell’impiego (“Hello-Work”), dove però non ricevono alcun trattamento di favore rispetto a coloro che non sono mai appartenuti alla categoria dei NEET.

In un’economia come quella giapponese, dove la massiccia deregolamentazione del mercato occupazionale ha reso più facile per le aziende assumere tramite contratti irregolari46, non promuovere incentivi al reinserimento per i ragazzi con problemi di inattività, significa condannarli inevitabilmente a forme di lavoro poco favorevoli ed esporli a disparità di trattamento (presenti sul mercato del lavoro giovanile a seguito dello scoppio della bolla speculativa). Proprio per disincentivare queste forme di discriminazione a cui i NEET sono sottoposti una volta rientrati nella forza lavoro, il MHLW avrebbe dovuto intervenire per migliorare la qualità dell’impiego piuttosto che puntare al raggiungimento di obiettivi meramente quantitativi.

Un modello di azione ci viene fornito dalla Commissione Europea che nel 2013 lancia la “Garanzia Giovani”: una manovra che finanzia la realizzazione di politiche attive del lavoro in tutti gli stati membri, al fine di porre un freno al crescente fenomeno dell’inattività e della disoccupazione giovanile. In particolare, nel caso italiano la strategia adottata è quella di assicurare la qualità dell’impiego per i NEET (dai 15 ai 29 anni) non solo attraverso la sottoscrizione di accordi con varie imprese per promuovere la realizzazione di tirocini o contratti di apprendistato, ma soprattutto la concessione di

46Uscire dal periodo di formazione senza essersi procurati un lavoro regolare condanna la maggior parte dei giovani giapponesi a doversi accontentare di forme di impiego irregolare e a vedersi diminuire il riconoscimento sociale rispetto a chi con successo è riuscito a rispettare le tappe che segnano l’appartenenza alla collettività a tutti gli effetti.

consistenti sgravi sui contributi previdenziali47 e di bonus occupazionali48 a favore di tutte

quelle imprese disposte ad assumere a tempo indeterminato i ragazzi con meno di ventinove anni senza alcuna esperienza di lavoro stabile (Tucci, 2017).

Per concludere, dopo aver sottolineato la mancanza in Giappone di accordi fra istituzioni e imprese per incentivare il reinserimento dei NEET in un ambiente lavorativo qualitativamente valido, possiamo tuttavia apprezzare la sempre maggiore disponibilità delle aziende a collaborare (a titolo gratuito) con le “Stazioni per il Supporto ai Giovani” per dare la possibilità agli utenti di sperimentare un periodo di tirocinio. Questa tendenza potrebbe essere considerata come il segno di una società che lentamente si sta avviando al cambiamento e a una maggiore sensibilità nei confronti delle nuove generazioni con difficoltà lavorative.