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Il lungo percorso verso le nuove politiche a sostegno dei giovani inattivi

Capitolo III Politiche di contrasto alla problematica dei NEET

3.3 Il lungo percorso verso le nuove politiche a sostegno dei giovani inattivi

Fino ai primi anni 2000 i bassi livelli di disoccupazione, le tutele dell’impiego garantite dalle imprese e la famiglia come rete di sicurezza fanno sì che le autorità giapponesi non sentano l’esigenza di elaborare politiche attive del mercato del lavoro giovanile per venire in aiuto a coloro che perdono la volontà di trovare un impiego.

Tuttavia, come sottolineato da Toivonen (2007), sebbene il concetto di attivazione simbolica di stampo europeista abbia fatto il proprio ingresso solo recentemente in Giappone, sarebbe scorretto credere che prima del nuovo millennio le misure istituzionali a supporto delle nuove generazioni fossero del tutto assenti. Basti pensare, infatti, al ben radicato meccanismo di transizione scuola-lavoro che, tramite accordi fra istituti e imprese, guida i giovani verso un impiego sicuro31 (almeno fino agli anni ’90). Possiamo inoltre citare i servizi di supporto all’impiego (“Hello Work”), dislocati su tutto il territorio nazionale, i quali offrono assistenza ai disoccupati mettendoli in contatto con le aziende in cerca di personale e guidandoli verso l’ottenimento del sussidio alla disoccupazione. Infine, la “Legge sul Benessere dei Giovani Lavoratori” (勤労青少年福 祉法, Kinrō seishōnen fukushihō) del 1970, la quale istituisce una serie di strutture volte alla consulenza e all’assistenza di quei lavoratori che, in pieno boom economico, si trasferiscono lontano dal paese natale e che quindi mancano di un punto di incontro e di aggregazione sociale32.

30Secondo lo studioso Kudō Kei (fondatore della organizzazione no profit “Sodateage” che si occupa di fornire consulenza ai NEET per poi riportarli sul mercato del lavoro) circa il 70% delle richieste di aiuto vengono presentate dalle madri dei NEET, il 20% dalle madri che accompagnano il/la figlio/a, mentre solo il 10% sono fatte dagli interessati in persona (Kudō, 2005).

31 Tale sistema viene implementato nel 1999 grazie all’introduzione nelle scuole di primo e di secondo grado del progetto della “Educazione alla Carriera” (kyaria-kyōiku), al fine di incentivare ciascuno studente a sviluppare una propria individualità e una maggiore consapevolezza nei confronti del futuro lavorativo (MEXT, 1999). Il progetto della “Educazione alla Carriera” consente agli studenti di sperimentare forme di breve tirocinio e visite guidate in aziende partner. A occuparsi di queste iniziative sono gli stessi professori che, oltre che alle proprie materie dovrebbero avviare i propri alunni al futuro impiego (Toivonen, 2012b).

32Nonostante il governo a partire dal 2003 tenti di trasformare queste strutture in centri a sostegno dei giovani senza un impiego, la conversione non va a buon fine sancendone la perdita di rilevanza.

In ultima analisi, nonostante le autorità nel corso degli anni abbiano adottato varie misure per rendere quanto più scorrevole l’inserimento dei giovani nel mondo occupazionale, queste tuttavia non sono riuscite a includere nella tutela anche quei soggetti che, come i NEET, sono ormai fuori dal periodo di formazione e hanno perso la voglia di cercare un impiego perché scoraggiati33. Ecco che, nel momento in cui il numero dei freeter e successivamente quello dei giovani inattivi aumenta, il governo si rende conto dell’inefficacia delle già presenti tutele e nel 2003 compie il primo passo verso una nuova era di politiche governative a supporto dell’indipendenza giovanile (Toivonen, 2012b).

Anticipando di un anno il dibattito sui NEET, il governo vara un piano di intervento per guidare i giovani con difficoltà lavorative (in particolare i freeter) verso l’autonomia (若者自立挑戦プラン, Wakamono Jiritsu Chōsen Puran), il cui raggiungimento viene considerato come indispensabile in una società che sta invecchiando e dove il numero dei ragazzi a carico dei genitori è in aumento. Per arrivare a questo obiettivo, le autorità implementano le misure di supporto all’impiego (就労支援, shūro-shien) attraverso l’erogazione di prestiti nei confronti dei giovani con la volontà e l’abilità di lavorare e l’istituzione di due nuove strutture: i “Job Café” e gli “Young Job Spot”.

Mentre la prima assiste i giovani nella ricerca dell’impiego desiderato, la seconda ha il compito di promuovere negli utenti la motivazione verso il lavoro e l’indipendenza occupazionale. Rispetto ai “Job Café”, i quali si focalizzano maggiormente sui giovani facilmente ricollocabili (in quanto muniti di volontà lavorativa) e per la natura dei servizi offerti si accomunano al già collaudato “Hello Work”, i “Young Job Spot”, al contrario, porgono aiuti verso coloro che richiedono maggior tempo per ponderare sulle scelte lavorative future (Toivonen, 2012b). Possiamo dunque considerare quest’ultimo come il precursore delle “Stazioni per il Supporto ai Giovani”, istituite nel 2006.

Il piano di sostegno all’indipendenza delle nuove generazioni funge da apri pista alle successive misure a favore dei NEET, i quali vengono posti al centro dell’agenda governativa a partire dal 2004. Proprio a causa delle peculiarità che caratterizzano la nuova categoria, le autorità prendono atto dell’inefficacia dei meccanismi di tutela fino

ad allora introdotti. Per questo motivo, fra il 2005 e il 2006 vengono istituite due strutture specializzate al fine di scuotere i NEET verso l’attivazione: i “Campi per l’Indipendenza Giovanile” (若者自立塾, Wakamono Jiritsu Juku) e le “Stazioni per il Supporto ai Giovani” (若者サポートステーション, Wakamono sapōto Suteeshon). Queste due iniziative tuttavia riscontrano non poche difficoltà al momento della loro elaborazione e attuazione a causa di due principali fattori:

- gli incaricati del MHLW si trovano inizialmente a dover negoziare con i colleghi più anziani e conservatori, i quali spingono verso l’investimento in strutture a carattere rieducativo disciplinare rispetto a un approccio meno rigido e severo;

- i burocrati sono costretti a fare i conti con la pessima fama assunta dalla categoria dei NEET. L’opinione pubblica ormai li percepisce come individui immeritevoli di qualsiasi forma di tutela proprio perché pigri e colpevoli della propria inattività. Questa concezione viene alimentata dall’intervento dei media che mirano a sensazionalizzare la problematica dipingendo i NEET attraverso significati negativi e connotazioni morali. A tal proposito, secondo Toivonen (2012b), la costruzione di un sistema di tutela nei confronti di un gruppo target percepito dalla collettività come immeritevole, porterebbe inevitabilmente alla poca efficacia della stessa e finirebbe per assume addirittura un valore punitivo.