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I “giovani” come target di intervento

Capitolo III Politiche di contrasto alla problematica dei NEET

3.5 Le “Stazioni per il Supporto ai giovani”

3.5.2 I “giovani” come target di intervento

L’approccio che le “Stazioni” adottano per interagire con gli utenti si distingue da quello utilizzato nei “Campi per l’Indipendenza Giovanile”, dove l’immagine fortemente impopolare dei NEET finisce per influenzare sia le scelte politiche in materia che inevitabilmente anche la riuscita dello stesso programma di attivazione.

piuttosto preferito un più generico “giovani” (若者, wakamono44). Sicuramente possiamo considerare questa scelta come strategica e perfettamente in linea con il tipo di servizio offerto; i ragazzi, infatti, vengono accolti in un ambiente cordiale, dove ogni forma di giudizio o di preconcetto viene sospesa fin dal primo incontro e ciascun utente concepito e trattato come singolo individuo afflitto da problematiche personali, non egualmente estendibili a tutti i membri dell’eterogenea categoria dei NEET.

Inoltre, dal momento che sono molti i ragazzi inattivi che non sanno effettivamente di rientrare fra i NEET, pubblicizzare l’azione delle “Stazioni” appellandosi solamente alla categoria si sarebbe rivelata una strategia poco efficace e discriminatoria.

Oltre a ciò, il MHLW sposta il limite d’età del target dai 35 ai 39 anni, estendendo così anche la portata della tutela per far fronte al fenomeno dell’invecchiamento dei NEET45.

Diverse sono le storie e le esperienze alle spalle dei “ragazzi” che accedono alla struttura. Proprio a partire da questa consapevolezza, contrariamente ai “Campi” dove gli utenti seguono tutti lo stesso percorso “rieducativo”, le “Stazioni” propongono un approccio personalizzato a seconda delle esigenze e delle problematiche di ogni partecipante. Infatti, ad accedere al centro troviamo sia persone con alle spalle un trascorso lavorativo non andato a buon fine, che diplomati senza alcuna esperienza occupazionale. Ecco dunque che l’assistenza individuale si propone come migliore strategia per fronteggiare la natura eterogenea della categoria.

In base alla ricerca sul campo e alle testimonianze contenute nella brochure del MHLW (2016) possiamo tuttavia individuare una serie di caratteristiche che accomunano la maggior parte degli utenti. Prima fra tutte l’incertezza riguardo le aspirazioni future, le proprie passioni e i punti di forza; è proprio questa indecisione che disincentiva i NEET, demoralizzati e privi di fiducia, a rivolgersi ai centri di collocamento come “Hello-Work”, poiché già consapevoli di non essere in grado di rispondere alle domande riguardanti l’impiego desiderato a cui verranno sicuramente sottoposti. Stando alla testimonianza di un utente:

44Anche durante le interviste, i direttori delle “Stazioni” non si riferiscono spesso agli utenti con il termine NEET. In particolare, mentre a Nerima si utilizza la parola wakamono (giovani), a Shinjuku viene ripetuto più frequentemente hito (persone, individui).

45A partire dal 2007 assistiamo alla nascita dei NEET con più di 35 anni. Questi soggetti rappresentano tutti coloro che rimangono nella condizione di inattività nel lungo periodo e testimoniano l’urgenza di politiche di welfare indirizzate proprio a queste persone.

“All’inizio per cercare un impiego mi sono rivolto a “Hello-Work”. Tuttavia mi trovavo in una situazione nella quale non riuscivo ancora a vedere il lavoro che avrei svolto”

「はじめは仕事を求めてハローワークに行きました。でも自分が何の仕事をするのか まだ見えていない状態でした。」(MHLW, 2016, p.8)

Al contrario, le “Stazioni” adottano un approccio più morbido, che non chiede ma propone al “giovane” una serie di possibilità occupazionali, in modo tale da fargli trovare la giusta strada e aiutarlo a imboccarla senza paura e con maggiore consapevolezza di sé. I ragazzi, infatti, si rendono conto di dover lavorare ma si sentono paralizzati, diversi dal resto delle altre persone che diligentemente hanno seguito il normale corso di vita (scuola- lavoro-indipendenza) e dunque giudicati non solo da parte della collettività, ma anche dagli stessi genitori. A tal proposito, secondo un utente:

“Ero tormentato proprio perché consapevole dover lavorare”

「働くちゃいけないということをわかっているので悩んでいました。」(MHLW, 2016, p.7)

Molte famiglie, di fatto, aggrediscono i ragazzi incitandoli a trovare un impiego, contribuendo, invece, a bloccarli ulteriormente all’interno del loro stato di inattività.

Uscire dalla condizione di NEET non è semplice per questi soggetti che, abbandonati a loro stessi dalla società, spesso non riescono a ripartire con le proprie forze. Ecco che i “giovani” che vengono spinti verso le “Stazioni” (il primo canale di accesso al servizio è la famiglia che preme il NEET a provare a usufruire della tutela offerta) vi trovano un luogo dove potersi liberare dalle preoccupazioni e poter uscire dal proprio guscio protettivo verso una crescita sia personale che professionale (MHLW, 2016).

Per concludere, non tutti gli utenti riescono ad attivarsi nel breve tempo o attraverso lo stesso percorso. Diversamente dai “Campi”, infatti, la cui durata del programma è fissa e limitata ai tre mesi, alle “Stazioni” i NEET possono accedere per un periodo di tempo indefinito. La riattivazione non è un percorso facile e molte sono le possibili strade da percorrere. Secondo la testimonianza di un utente che con successo è riuscito a rientrare sul mercato occupazionale:

“Il supporto non è forzato ma si adegua al tuo passo”

「押し付けるサポートではなく自分のペースに寄り添ってくれる」 (MHLW,

2016, p.8).

Molto spesso servono parecchi tentativi non andati a buon fine per poter concludere con successo il reinserimento dei “giovani” nel mondo del lavoro. Molti di questi, infatti, durante il periodo di tirocinio faticano a lasciarsi alle spalle le proprie insicurezze e, sentendosi giudicati, finiscono per abbandonare il programma intrapreso più demoralizzati di prima. Tuttavia, proprio perché le “Stazioni” vedono nel fallimento uno strumento che stimola la crescita individuale e permette di imparare dagli errori commessi, non viene condannato, ma anzi ampiamente accettato. In questo ambiente gli utenti si sentono giustificati a sbagliare e a non avere paura di venire rimproverati ad ogni errore fatto (MHLW,2016).