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Le principali caratteristiche dei NEET giapponesi

Capitolo II La categoria target dei NEET: dimensione e caratteristiche del fenomeno

2.3 Le principali caratteristiche dei NEET giapponesi

Prendendo a modello la definizione dei NEET elaborata dal governo inglese, il gruppo di esperti del JILPT ne amplia la portata al fine di adattarla alla realtà giapponese, dove molto spesso la condizione dei giovani inattivi sul mercato del lavoro va a coincidere con il fenomeno della marginalizzazione sociale ed economica. Il nuovo target di attivazione, infatti, include al suo interno tutti quegli individui che mancano di trovare il proprio posto all’interno della società, come conseguenza del mutamento della struttura del mercato del lavoro e della perdita di identità e di valori con cui i giovani si trovano a fare fronte dopo

5D’ora in avanti ci riferiamo al Ministero della Salute, Lavoro e Welfare con la sigla “MHLW”. 6D’ora in avanti ci riferiamo al Japan Institute for Labour Policy and Training con la sigla “JILPT”.

7Il katakana e l’hiragana sono alfabeti sillabici utilizzati con valore fonetico che, affiancati ai

lo scoppio della bolla speculativa. I NEET giapponesi, dunque, vengono proposti come un insieme di soggetti che hanno fallito il percorso che porta al raggiungimento dell’indipendenza sia economica (ottenendo un buon impiego) che sociale (formando un proprio nucleo familiare).

Stando alla definizione fornita dal MHLW nel 2004, sono considerati NEET tutti quei giovani non sposati di età compresa tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano, né si stanno formando in alcun modo. La definizione, inoltre, limita l’appartenenza alla categoria ai soli che non rientrano nella forza lavoro (sono dunque esclusi i disoccupati) e a coloro che non sono impegnati nelle attività domestiche (Kosugi, 2017). L’evidente complessità della definizione rispetto a quella inglese, più scarna e circoscritta, darà origine a ripetute critiche da parte di alcuni studiosi coinvolti nel processo di identificazione e di analisi della categoria.

Analizziamo le peculiarità del processo che porta all’individuazione del target di attivazione dei NEET in Giappone e le motivazioni che spingono gli studiosi incaricati dal MHLW ad adottare la definizione finale.

Per prima cosa, gli esperti circoscrivono gli appartenenti alla categoria ai soli giovani non sposati. Infatti, solitamente in Giappone l’essere coniugati implica un certo grado di indipendenza economica e di stabilità lavorativa. Inoltre, il matrimonio può essere letto come sinonimo di inclusione sociale e quindi, secondo gli esperti, non coerente con la condizione dei NEET, ben lontani dall’essere accettati dalla comunità.

Un’altra importante peculiarità, volutamente introdotta degli esperti del JILPT, riguarda proprio l’estensione dell’età limite dei componenti del gruppo dei NEET, dai 18 ai 35 anni. Questa decisione viene presa per soddisfare due principali esigenze: la prima è quella di facilitare il più possibile eventuali analisi comparative con la categoria dei

freeter, i quali come i NEET sperimentano problematiche legate all’occupazione e

dunque altrettanto importanti da esaminare (già nel 2003 l’età dei freeter viene circoscritta tra i 15 e i 34 anni). La seconda invece è quella di consentire a un numero più ampio di persone di beneficiare delle nuove iniziative governative, data l’assenza in Giappone di precedenti politiche a sostegno dei giovani senza un impiego.

A tal proposito, secondo lo studioso Kudō Sadatsugu, intervistato da Toivonen (2012b) nel 2007, il team di esperti incaricati di delineare il gruppo target dei NEET aveva

di trent’anni (facenti parte della cosiddetta “Generazione Perduta”), dal momento che ancora non erano riusciti a raggiungere l’indipendenza economica. In questo modo, un più ampio insieme di giovani ha potuto beneficiare delle varie tutele messe a disposizione dalle istituzioni a partire dal 2004.

Un’ulteriore caratteristica che suscita non poche perplessità fra gli esperti della materia è proprio l’esclusione dalla categoria di coloro che dichiarano di essere impegnati nei lavori domestici (per la maggior parte donne). Secondo Genda (2007a), anche questa componente dovrebbe essere inclusa all’interno del gruppo dei NEET per assicurarne una stima più veritiera. Molte donne, infatti, preferiscono sostenere di essere casalinghe piuttosto che rivelare di trovarsi senza un impiego. Tuttavia, il MHLW preferisce mantenere la definizione originaria, considerando i “lavori domestici” come un’attività che crea valore e che si allontana dall’ideale di NEET in senso stretto (Genda, 2007a).

Infine, sono esclusi dalla categoria dei NEET giapponesi tutti coloro che non lavorano ma sono attivamente alla ricerca di un impiego: in altre parole i “disoccupati” (失業者, shitsugyōsha). Questi ultimi non vengono considerati come membri del gruppo target poiché non soddisfano il criterio dell’inattività sul mercato del lavoro utilizzato dai ricercatori al momento dell’individuazione dei parametri di appartenenza alla categoria.

Infatti, non tutti i giovani di età compresa fra i 15 e i 34 anni senza un impiego (無 業者, mugyōsha) possono essere considerati come NEET. Allo scopo di comprendere meglio chi possa effettivamente essere inserito nella categoria, facciamo riferimento alle tre tipologie di ragazzi senza un’occupazione individuate da Genda (2007b):

- Tipologia 1: i disoccupati, ovvero coloro che non lavorano ma sono attivamente alla ricerca di un impiego;

- Tipologia 2: coloro che vorrebbero trovare un’occupazione ma non la cercano attivamente;

- Tipologia 3: quei giovani che addirittura non manifestano il desiderio di lavorare.

A fare parte del gruppo dei NEET giapponesi sono soltanto quei ragazzi che rientrano nella seconda e nella terza tipologia poiché inattivi e non contati nella forza lavoro (Genda, 2007b). Possiamo leggere, dunque, la mancata inclusione dei giovani disoccupati

all’interno della categoria come una particolarità tutta giapponese, che favorisce un ulteriore allontanamento dalla definizione originaria fornita dall’Ufficio di Gabinetto del governo inglese verso la fine degli anni ’90 nella quale venivano inclusi anche coloro che non lavoravano ma si dicevano attivamente alla ricerca di un impiego.

A tal proposito, la Tabella 2.1 riporta le principali caratteristiche e peculiarità dei NEET giapponesi, attraverso la diretta comparazione con l’omonima categoria inglese.

Tabella 2.1 Principali caratteristiche delle categorie dei NEET inglesi e giapponesi.

REGNO UNITO GIAPPONE

Nascita Categoria 1999 2003 Età Categoria 16-18 15-34 Chi ne fa parte Disoccupati Sì No Persone Sposate Sì No Casalinghe Sì No Genitori Single/Ragazze Madri Sì No Disabili Sì No

Popolazione coinvolta 181 mila (2002) 640 mila (2004)

Soluzioni Educazione/Formazion

e

Occupazione/Indipendenz a Economica

Fonte: Toivonen (2012b).

Come emerge dai dati riportati nella Tabella 2.1, l’ampio margine di età dei NEET giapponesi figura come una delle discrepanze più evidenti che li distingue dal concetto internazionale della categoria8. A tal proposito, nonostante le varie motivazioni che inducono gli esperti ad allargare le maglie della tutela, questa decisione finisce per non tenere particolarmente conto delle difficoltà nell’elaborare politiche di contrasto efficaci

e ugualmente valide per tutte le fasce d’età dei componenti della categoria. Infatti, le difficoltà e le esigenze dei giovani inattivi tendono a cambiare a seconda dell’età: ad esempio, mentre la maggior parte dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni mira allo sviluppo delle proprie abilità e qualifiche di base attraverso periodi di formazione medio-lunghi in previsione dell’occupazione futura, i ragazzi che ormai hanno raggiunto i 25 anni tendono invece a preoccuparsi principalmente dell’ottenimento di un buon impiego nell’immediato. Ciononostante, le autorità ampliando il margine d’età dei membri della categoria, finiscono per generalizzare l’obiettivo delle nuove politiche di contrasto ai NEET.

Infatti, l’occupazione e l’indipendenza economica diventano la soluzione definitiva alla condizione di inattività proposta sia dal governo che dai media nei primi anni 2000 (Toivonen, 2012b). Tuttavia, a tal proposito, è importante tenere presente che la problematica dell’inattività sul mercato del lavoro non può essere risolta semplicemente procurando un impiego ai giovani. Infatti, le cause che portano questi ragazzi a diventare NEET sono da considerarsi molto più profonde e meritevoli di maggiori attenzioni da parte delle istituzioni al fine di elaborare delle politiche e dei meccanismi di supporto più efficaci e meglio strutturati.

Infine, dai dati riportati nella Tabella 2.1, notiamo come diversamente da quelli inglesi, a fare parte dei NEET giapponesi sono principalmente i giovani con un basso grado di inclusione sociale, in quanto non sposati, senza figli e inattivi sul mercato del lavoro. Possiamo affermaredunque che quella giapponese si presenta come una realtà più complessa rispetto a quella inglese. Quest’ultima, infatti, vede come principale problematica, cui le istituzioni si trovano a dover far fronte, gli elevati livelli di abbandono scolastico, che portano molti giovani inglesi di età compresa tra i 16 e i 18 anni ad astenersi dallo studio e dal lavoro e spesso a compiere atti di delinquenza. In Giappone, invece, piuttosto che la disaffezione scolastica, sono gli effetti negativi prodotti dalla recessione economica (innescatasi dopo lo scoppio della bolla speculativa e aggravatisi a seguito del 2008) a causare l’incremento nel numero dei giovani inattivi. A conferma di ciò, diversamente dal Regno Unito, il Giappone vanta un alto tasso di partecipazione scolastica, che paradossalmente aumenta proprio a seguito della crisi dell’economia. Infatti, dopo la perdita di efficacia del sistema di transizione scuola-lavoro, i giovani tendono ad allungare il proprio percorso di studi al fine di aggirare tale

meccanismo e specializzarsi in un dato ambito con la speranza di ottenere più facilmente un impiego regolare.

Per concludere, i NEET giapponesi, rispetto a quelli britannici, a partire dai primi anni 2000 si trasformano in una vera e propria categoria sociale fortemente criticata dai media, che li dipingono come pigri, manchevoli di etica lavorativa e colpevoli di aver minato il sistema di welfare e messo a repentaglio la ripresa economica del Paese.