2. LA GESTIONE INTEGRATA DELLA ZONA COSTIERA
2.6 ELEMENTI VINCOLANTI DEL PROTOCOLLO E I SUOI EFFETT
Il Protocollo si limita a far carico ai governi nazionali di prevedere
un quadro comune di norme e assetti amministrativi che
dovrebbero incoraggiare principalmente al coordinamento tra le
diverse amministrazioni titolari di competenze settoriali e tra i
diversi piani che hanno ad oggetto la fascia costiere, seppure da
diversi punti di vista, o che esercitano una regolazione delle
183 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, cit., p. 66.
184 Marcello Feola, Ambiente e democrazia, Il ruolo dei cittadini nella
governance ambientale, Giappichelli Editore, Torino, 2014.
185 Convenzione di Aarhus, Convenzione sull'accesso alle informazioni, la
partecipazione dei cittadini e l'accesso alla giustizia in materia ambientale" è stata firmata nella cittadina di Aarhus, in Danimarca, nel 1998 ed è entrata in vigore nel 2001.
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attività che scaricano esternalità su tale spazio.186 Tale
impostazione è confermata dalla sopra menzionata
raccomandazione comunitaria che invita gli stati ad adottare una
“Strategia Nazionale” da realizzare attraverso un insieme di
misure amministrative e azioni di soft law.187
186 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, cit., p. 44.
187 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio
2002 relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa” (2002/413/CE), Capitolo IV - Strategie nazionali: 1. Sulla base dei risultati della valutazione condotta, ciascun Stato membro interessato dovrebbe sviluppare una strategia nazionale o se del caso più strategie, in cooperazione con le autorità regionali e le organizzazioni interregionali, come opportuno, per applicare i principi della gestione integrata delle zone costiere. 2. Tali strategie possono riferirsi specificamente alle zone costiere, oppure fare parte di una strategia o di un programma geograficamente più esteso atto a promuovere la gestione integrata di un’area più ampia. 3. Dette strategie dovrebbero: a) individuare i ruoli dei diversi soggetti amministrativi che nel paese o nella regione sono responsabili per le attività e le risorse concernenti le zone costiere, nonché i meccanismi che ne permettano un’azione coordinata. L’individuazione dei ruoli dovrebbe permettere un adeguato controllo, una strategia adeguata e la coerenza delle azioni; b) individuare la miglior combinazione di strumenti per garantire l’attuazione dei principi di cui al capitolo II nell’ambito del quadro giuridico e amministrativo nazionale, regionale o locale. Nello sviluppare queste strategie gli Stati membri dovrebbero valutare se sia opportuno: i) sviluppare programmi strategici per le coste a livello nazionale per promuovere la gestione integrata assicurando tra l’altro il controllo della futura urbanizzazione e dello sfruttamento delle zone non urbane rispettando nel contempo le caratteristiche naturali dell’ambiente costiero; ii) istituire meccanismi per l’acquisto di terreni e per l’istituzione di aree pubbliche demaniali al fine di consentire l’accesso del pubblico per attività ricreative, fatta salva la protezione delle zone sensibili; iii) concludere contratti o accordi volontari con gli utenti delle zone costiere compresi accordi in materia ambientale conclusi con l’industria; iv) prevedere incentivi economici e fiscali e v) ricorrere a meccanismi regionali di pianificazione dello sviluppo; c) rafforzare o mantenere le legislazioni, le politiche e i programmi nazionali e, se del caso, regionali o locali, che riguardano nel contempo le aree marine e terrestri delle zone costiere; d) individuare, in particolare, provvedimenti atti
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Obiettivo del Protocollo è quello di incentivare l’estensione a
tutto del bacino del Mediterraneo di un nuovo paradigma
giuridico-amministrativo di tutela e gestione della fascia costiera,
basato sul principio cardine che in tali ambiti l’intervento
pubblico, diversamente da quanto realizzato fino ad oggi, deve
essere diretto in via prioritaria a soddisfare il principio della
sostenibilità con riferimento alle attività di carattere antropico
che si concentrano nelle zone costiere, generando sollecitazioni
in grado di alterare in maniera irreversibile il fragile ecosistema
a promuovere le iniziative dal basso verso l’alto e la partecipazione del pubblico nell’ambito della gestione integrata delle zone costiere e delle loro risorse; e) identificare le fonti di finanziamento durature per le iniziative di gestione integrata delle zone costiere laddove necessario, e valutare come sfruttare al meglio i meccanismi di finanziamento esistenti sia a livello comunitario che nazionale; f) definire i meccanismi atti ad assicurare l’attuazione e l’applicazione integrali e coordinate delle normative comunitarie e delle politiche che hanno un’incidenza sulle zone costiere, ivi compreso all’atto del riesame delle politiche comunitarie; g) prevedere gli opportuni sistemi per il monitoraggio delle zone costiere e la diffusione al pubblico delle informazioni che lo riguardano. Tali sistemi dovrebbero raccogliere e fornire informazioni nelle forme più adatte alle esigenze dei decisori nazionali, regionali e locali, in modo da facilitare la gestione integrata. A tal fine possono servire come base, fra l’altro, i lavori dell’Agenzia europea dell’ambiente. I dati dovrebbero essere messi a disposizione del pubblico conformemente alla normativa comunitaria in materia, in particolare alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio nell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CE del Consiglio (1 ); h) definire il modo in cui adeguati programmi di formazione e istruzione a livello nazionale possono favorire l’applicazione dei principi di gestione integrata nelle zone costiere.
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risultante dall’interazione tra il sistema terrestre e lo spazio
marino.188
Da una così profonda riconsiderazione dell’ambito costiero,
nasce l’esigenza di definire un approccio olistico ai temi della
tutela e degli usi praticabili nello spazio costiero, superando il
tradizione modello amministrativo articolato per ambiti
amministrativi distinti e scollegati.
Il Protocollo produce due importanti effetti.
Il primo effetto che il Protocollo produce consiste nel
rimodellamento a questo nuovo approccio “unitario” dei diversi
strumenti di amministrazione attraverso cui gli stati hanno fino
ad ora programmato lo spazio costiero e governato le sue
trasformazioni, secondo logiche che hanno dato prevalenza agli
interessi di natura economica.189 Un esempio in tal senso è
costituito dalle concessioni ad uso turistico degli arenili:
ricondurre questo istituto nell’ambito della gestione integrata
comporta una profonda riconsiderazione dell’istituto (già
ampiamente in atto) ed in particolare delle condizioni di
188 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, cit., p. 44.
189 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
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assegnazione e di mantenimento del diritto di sfruttamento
esclusivo. Ciò avviene in ragione della esigenza di subordinare lo
sfruttamento turistico alla verifica della capacità di carico del
tratto costiero, al fine di ridefinire uno degli istituti che hanno
inciso maggiormente sulla antropizzazione dell’ambito costiero
in applicazione del principio della sostenibilità.190
Un secondo effetto riguarda il riallineamento in senso orizzontale
tra i diversi piani e programmi a carattere puntuale che oggi
danno luogo a una governance frammentaria della zona costiera,
spesso causa di conflitto tra i diversi interessi in gioco, e
nell’ambito della quale le esigenze ambientali non assumono un
ruolo di preminente rilevanza ma soccombono a interessi per lo
più di natura economica. Pertanto, procedendo nel senso di una
integrazione di tali strumenti, si dovrebbe tendere a una
convergenza tra le diverse politiche pubbliche coinvolte relative
alla pesca, tutela delle aree protette e dei siti di interesse
comunitario, turistiche, di gestione del demanio, urbanistiche,
paesaggistiche, portuali e diportistiche.191
190 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, cit., p. 66.
191 N. Greco, La gestione integrata delle coste. Pesca, urbanistica, turismo,
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Quanto sopra premesso, pone in evidenza la portata del
cambiamento che il Protocollo esige: alcuni autori utilizzano
l’espressione di “transizione paradigmatica” per sottolineare il
passaggio dalla logica del prelievo e dello sfruttamento ad un
modello di gestione teso ad assicurare la piena sostenibilità negli
usi del territorio costiero, per evitare la dispersione degli
ecosistemi costieri e usufruire dei servizi eco-sistemici da essi
garantiti.192 Tale transizione porterà necessariamente a rivedere
lo schema amministrativo applicabile, sviluppato sulla
concezione dei zona costiera quale mera piattaforma e non come
oggetto valoriale unitario saldamente ancorato al vincolo della
sostenibilità.193
Come fin qui si è rilevato quindi, lo spazio costiero, così
particolarmente complesso, pone una serie di problemi derivanti
dall’allocazione delle competenze delle attività incidenti su di
esso a diversi livelli di governo, e dalla inidoneità degli ordinari
strumenti amministrativi a garantirne un sistema di governance
192 F. Fonderico, La Corte Costituzionale e il codice dell’ambiente, in Giornale
dir. amm., 2010, p. 370, che parla di “transizione paradigmatica” con riferimento al consolidamento del paradigma della sostenibilità nel diritto dell’ambiente.
193 E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia, Rivista
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efficiente. In risposta a tali elementi, il Protocollo GIZC ha avuto
il merito di stimolare attente considerazioni politiche e un
ripensamento dell’approccio metodologico applicabile, per
attuare i principi dello sviluppo sostenibile attraverso la gestione
integrata delle risorse ambientali, economiche e sociali delle
zone costiere. Tuttavia, nell’ordinamento italiano, nonostante la
ormai nota crisi della rigida categoria del demanio marittimo,194
non si è ancora pervenuti ad un effettivo “assorbimento”
giuridico del concetto di gestione integrata delle zone costiere
ed, a monte, ad elaborare una Strategia Nazionale GIZC, prevista
dalla Raccomandazione GIZC UE.195 Nonostante ciò si registrano
iniziative di sviluppo fortemente orientate alla GIZC, tra cui
l’attuazione di progetti operativi di tutela delle coste, in primis il
progetto CAMP-Italy,196 l’adozione di strumenti normativi che
194 V. Benvenuti, Il demanio marittimo tra passato e futuro, in Riv. dir. nav.
I/1965, 154 che già metteva in risalto come i principi fondamentali in tema di utilizzo dei beni demaniali andassero ricercati nel mutamento di funzione dei beni stessi.
195 Raccomandazione 2002/413/CE del 30/05/2002: Raccomandazione
relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa del Parlamento Europeo e del Consiglio.
196 Il progetto, avviato nell’ambito del programma CAMP (Coastal Area
Management Programme), è destinato all’implementazione di progetti di gestione costiera sviluppatasi per aree pilota situate nel Mediterraneo, e vede la partecipazione di cinque regioni costiere e del MATTM; vedi www.minambiente.it/pagina/il-progetto-camp-italia
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compongono il quadro giuridico-legale in materia di tutela
ambientale e gestione delle coste,197 e la previsione di strumenti
giuridici negoziali, quali i contratti di costa.
197 Ad oggi quasi tutte le Regioni costiere italiane hanno avviato Piani di
Difesa della Costa, in alcuni casi declinati nell’ambito del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (Sicilia e Calabria), o hanno introdotto sperimentazioni di gestione integrata costiera nell’ambito dei Piani Operativi Regionali e dei Piani Regionali di Sviluppo Economico e Turistico. In parallelo, il Piano di Gestione Integrata delle Zone Costiere risulta approvato per le regioni Liguria, Puglia, Marche, Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana e Calabria (ISPRA, 2015).
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