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Elemento religioso, elemento spirituale

C I feel nothing, nothing.

3.3 Poesie, diagnosi, frammenti nell’ultima produzione di Sarah Kane

3.3.4 Elemento religioso, elemento spirituale

Si è avuto modo di osservare, nei paragrafi precedenti, come passi della Bibbia facciano spesso la loro comparsa in Crave, e non sempre in forma di citazione diretta.

Crave non è la prima opera dove ciò accade. Le tematiche religiose sono

affrontate a partire da Blasted, e la confessione di Hippolytus al prete è un esempio più complesso, nel suo rapporto tra spiritualità e potere terreno, di dibattito teologico della discussione religiosa presente nel primo dramma.

125 Kane, Complete plays, p. 206 126 Ivi, p. 225

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Anche se con Crave, e poi soprattutto con 4.48 Psychosis, passi della Bibbia vengono a comporre quell’intricato collage rappresentato dalla struttura delle ultime due opere, in Phaedra’s Love sono presenti diverse immagini di natura cristiana. Non si tratta di citazioni dirette, ma piuttosto di rimandi biblici la cui conoscenza è, per uno spettatore e lettore occidentale, un fattore più propriamente culturale che religioso.

Così, il Dio di cui parla il prete è misericordioso128, come viene definito nella

tradizione biblica nel Libro di Daniele, e la lancia nel fianco di cui parla Phaedra129 è reminiscente di quella nel costato del Cristo, nei Vangeli.

Gran parte di questi riferimenti biblici sono poi circoscritti al discorso del prete, quindi perfettamente funzionali al suo ruolo ecclesiastico.

Diversamente, come si è visto, in Crave le citazioni sono spesso dirette o mediate. Anche in questo caso, come si era accennato in precedenza, può trattarsi di riferimenti facilmente riconoscibili per lo spettatore e il lettore occidentale. Così non è difficile ricollegare il marchio di Caino130 al racconto della Genesi. Interessante è però constatare che tale simbolo, percepito in chiave negativa all’interno della Bibbia, venga qui utilizzato in relazione ad un verbo percepito positivamente in senso ecclesiastico:

A Maybe you’re all right, C Maybe I’m bad,

A But God has blessed me with the mark of Cain.131

E ancora, quel “thou shalt not kill thyself” pronunciato da A132, è un riferimento

ad uno dei dieci comandamenti; l’assassinio qui diventa suicidio.

Diversamente, ci sono citazioni bibliche meno immediate, più facilmente occultate nella struttura portante del testo. “Let the day perish in which I was

128 Kane, Complete plays, p. 95 129 Ivi, p. 69

130 Ivi, p. 195 131 Ibidem 132 Ivi, p. 188

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born” pronunciato da C133, è una citazione dal Libro di Giobbe, e anche una

battuta poco successiva ha origine nel testo in questione.

Si può dire che lo stesso esercizio biblico venga riproposto in 4.48 Psychosis, dove, conformemente al resto del testo, il citazionismo è molto più prounciato. E anche in questo dramma troviamo riferimenti più espliciti assieme a richiami meno immediati, nonché rielaborazioni accanto a citazioni dirette. Così, quel “My love, my love, why have you forsaken me?”134 è un chiaro riferimento,

rielaborato, alle parole pronunciate da Cristo nel Vangelo di Matteo, dove il Signore, lord, è stato sostituito dall’amore, love.

Citazione quasi diretta e meno immediata è invece il “Gird yourselves: / for ye shall be broken in pieces”135, riferimento al Libro di Isaia136.

Non solo citazioni, ma anche uso di imagery ricollegabili al cristianesimo. La stessa drammaturga nota la figura cristica in Ian: “Ian is defied in a way I didn’t realize until I saw the play performed for the first time […] when I watched the blood being washed away by the rain I saw how Christ-like the image is”. Sara Soncini identifica altri elementi di imagery cristiana in Blasted: ad esempio, la rimozione della croce da parte di Ian e il suo insediamento nella tomba del bambino “can be seen as the climax of Kane’s parodic inversion of the Christian way to death”137. I sette frammenti muti che precedono la morte di Ian possono

essere letti come “a blatant reversal of the seven days of creation”138. O ancora,

la morte e “resurrezione” di Ian è speculare a quella del Cristo139.

E Saunders vede nella scena di Cleansed in cui Carl ingoia l’anello una gestualità che ricorda l’Eucarestia140.

133 Ivi, p. 189 134 Ivi, p. 219 135 Ivi, p. 228

136 Nella Bibbia di re Giacomo si legge: “gird yourselves, and ye shall be broken in pieces”.

Cfr. biblehub.com/isaiah/8-9.htm

137 Soncini, “A horror so deep only ritual can contain it”: the art of dying in the theatre of Sarah

Kane, p. 121

138 Ibidem 139 Ivi, p. 122

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I motivi di tale ampio uso di elementi cristiani sono forse da ricercare nella vita dell’autrice, cresciuta, come afferma lei stessa, in un ambiente religioso e rimasta fortemente credente fino all’adolescenza141.

La drammaturga ha ricollegato il dibattito sulla mortalità dell’anima in Blasted ad un suo personale dilemma: “that debate in Blasted is a split in my personality and intellect about how I feel about that issue”142.

3.3.5 Conclusioni

Si è già avuto modo di constatare, nei capitoli precedenti, come Crave abbia cambiato le impressioni dei critici riguardo le opere di Sarah Kane, e che ciò sia, almeno in parte, dovuto al riconoscimento della partecipazione delle opere nella rete intertestuale in cui queste sono immerse.

Con Crave, prima, e 4.48 Psychosis, poi, Sarah Kane entra in una fase di sperimentazione teatrale in cui ogni elemento è legato ad altri da una complessa struttura a mosaico.

C’è chi, come Mateusz Borowski, ha visto in questa tendenza caleidoscopica un gioco con il lettore-spettatore: “Looking for novel ways of exposing the audience to an authentic theatrical experience was the primary aim of Kane’s formal experiments. When asked about the reasons why she decided to write for the theatre, she answered that only theatre allowed her to observe the reaction of the audience. […] Maybe for this reason her later plays relied on the co-operation of the audience who have to make an effort to put together scattered bits and pieces of language and create out of them the missing images.”143.

4.48 Psychosis non è quindi quell’ultima lettera di addio che ci ha lasciato

l’autrice prima del suicidio. Almeno non esclusivamente. È un gioco con lo spettatore e con la letteratura intesa in senso ampio, dalla tradizione biblica ai

141 Saunders, About Kane: the Playwright & the Work, pp. 59-60 142 Ivi, p. 60

143 Mateusz Borowski, “Under the surface of things: Sarah Kane’s Skin and the medium of

theatre”, in Laurens de Vos, Graham Saunders, a cura di, Sarah Kane in Context (Manchester: Manchester University Press, 2011), p. 194

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testi delle canzoni, dal dialogo più colloquiale alla fredda e cruda formalità di una cartella clinica. Il tutto in una forma preminentemente poetica. Ma è soprattutto, forse, un dialogo con la propria fragile intimità, con la propria identità:

And I am deadlocked by that smooth psychiatric voice of reason which tells me there is an objective reality in which my body and mind are one. But I am not here and never have been.144

Il dialogo intertestuale che l’autrice imbastisce nelle sue opere, ed in particolare nella sua ultima produzione, è forse la ricerca di questa realtà, di questa unione con il sé, che non trova realizzazione:

It is myself I have never met, whose face is pasted on the underside of my mind145

144 Kane, Complete plays, p. 209 145 Ivi, p. 245

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