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hate you, B I need you,

Il minimo comune denominatore tra queste relazioni e quelle delineate da Beckett, al netto delle differenze più marcatamente specifiche nelle finalità dei personaggi coinvolti, è da ricercare nel precario equilibrio che si instaura tra i personaggi, un’interdipendenza che nasce da necessità contingenti (come può essere l’assistenza ad un cieco), e che si esprime anche attraverso abusi fisici e verbali.

3.2.4 Oltre le relazioni: i luoghi delle azioni

Un elemento di disturbo per i primi critici della Kane era costituito dalla mancanza di una realtà esterna precisata. Sebbene nelle prime stesure l’autrice desiderasse esplicitare le parti in causa nella guerra, quest’idea è stata poi scartata. Dall’esterno arriva il pericolo (il soldato), la dissoluzione (il bambino abbandonato), la testimonianza di un mondo in pieno disordine, come riferisce Cate. Ian non esce dalla sua stanza, ne è prigioniero:

Ian looks out of the window. Ian Jesus Lord.59

Ciò che accade fuori non è specificato fino in fondo: tutto si mantiene sul vago. L’azione suscita perplessità tra i primi critici per la sua indeterminatezza. La mancanza di referenzialità ad una realtà esterna a quella dell’ambientazione di scena si intensifica nei drammi successivi: di Cleansed sappiamo che tutte le azioni sono circoscritte all’interno di un college, ora adibito a sorta di campo di concentramento o di correzione.

In Crave questa tendenza si intensifica: non manca solo una realtà esterna a quella dell’azione, ma non è specificato nemmeno il luogo della

58 Ivi, p. 189 59 Ivi, p. 38

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rappresentazione, che è esclusivamente verbale. E così anche in 4.48 Psychosis, dove le dinamiche della rappresentazione sono lasciate al regista.

Unica eccezione, in questo contesto, è Phaedra’s Love, dove entra in scena persino una folla inferocita, e la realtà esterna al palazzo reale fa così il suo ingresso prepotente sulla scena.

Similmente l’azione in Beckett si svolge generalmente in scenari non ben specificati, i cui dettagli sono spesso minimali. La didascalia di Waiting for

Godot ci introduce in una strada di campagna, il cui unico elemento di sfondo

sembra essere un albero, che però ha una funzione pragmatica all’interno della narrazione, in quanto luogo deputato alla mancata impiccagione.

La scena iniziale di Endgame si svolge in un Bare interior.60

Come in Sarah Kane, anche in Beckett la scena si fa sempre meno definita e realistica: in Play ci sono tre giare grigie da cui escono tre teste (similmente alla testa di Ian che sbuca dal pavimento, e come d’altra parte Winnie in Happy Days, “embedded up to neck”61). I volti dell’opera sono indefiniti: leggiamo “Faces so lost to age and aspect as to seem almost part of urns.”.62 Come in Crave, i personaggi non possiedono nomi, e le loro battute sono introdotte da lettere. Similmente in Not I leggiamo di una “tall standing figure, sex

undeterminable”63.

Beckett mantiene comunque delle didascalie nelle sue opere. Sia Crave che 4.48

Psychosis ne sono, invece, carenti fin dal principio6465.

60 Beckett, The complete dramatic works, p. 92 61 Ivi, p. 160

62 Ivi, p. 307 63 Ivi, p. 376

64 Kane, Complete plays, p.155 65 Ivi, p. 205

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3.2.5 Minimalismo, ripetizione, uso della scena

Tra Sarah Kane e Samuel Beckett non sussistono esclusivamente rimandi tematici o strutturali, ma è possibile anche identificare alcuni echi verbali dell’opera dell’autore irlandese nella produzione della drammaturga.

I due autori fanno un uso particolare del linguaggio, delle sue forme e dei suoi ritmi. Per Samuel Beckett si tratta di un processo che percorre tutta la sua produzione. Lyons, citato da Saunders, definisce il linguaggio di Beckett un processo di “reduction, intensification and simplification”, che lo scrittore americano vede poi riproposto in Sarah Kane a partire da Phaedra’s Love66.

Con 4.48 Psychosis Sarah Kane arriva a spingersi oltre, “beyond Beckett”, afferma James MacDonald67.

Come abbiamo già avuto modo di constatare, nell’ultimo dramma della Kane l’assenza di ogni riferimento ad un personaggio scenico è effettivamente un punto di distacco dal drammaturgo irlandese. Ma, nota Voigts-Virchow, gli ultimi due drammi sono ancora legati all’estetica minimalista di Beckett, con i loro frammenti, la trama immobile e “a dense, precise and rich language beyond the limits imposed by ‘realist’ impersonation”68.

Così, ad esempio, leggiamo in Play:

W1 Mercy, mercy- W2 To say I am-

M When first this change-69

I discorsi sospesi sono una caratteristica di Crave:

66 Saunders, “The Beckettian world of Sarah Kane”, p. 74 67 Ivi, p. 75

68 Eckart Voigts-Virchow, “‘We are anathema’ – Sarah Kane’s plays as postdramatic theatre

versus the ‘dreary and repugnant tale of sense’”, in Laurens de Vos and Graham Saunders, a cura di, Sarah Kane in context (Manchester: Manchester University Press, 2011), p. 200

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C When she left - […]

B If you were here -70

Tornano poi con maggiore forza in 4.48 Psychosis.

Un’ulteriore menzione merita l’uso della luce: nota Anna McMullan, citata in Saunders, che questo elemento in Play porta con sé “revelation and judgement”, essendo usato come strumento da interrogatorio.

Osserva Saunders che la luce è elemento che espone le vulnerabilità di Grace e Carl in Cleansed, offre conforto ed oblivion alle voci di Crave, ed è elemento di ripetizione nella battuta di 4.48 Psychosis: “Remember the light and believe in the light”71. Avremo poi modo di definire meglio l’uso di questo elemento in

Sarah Kane.

In ultima analisi, la ripetizione qui citata è un altro elemento che lega verbalmente i drammi di Sarah Kane a quelli di Beckett: entrambi ne fanno ampio uso, e ciò nella Kane accade soprattutto a partire da Crave.

Così, Estragon in Waiting for Godot tende spesso a ripetere “Nothing to be done”, e ciò è rivelatorio di un atteggiamento che sarà mantenuto durante tutto l’arco del dramma. In Sarah Kane la ripetizione è, a differenza del drammaturgo irlandese, spesso ravvicinata, ricollegabile quindi ad una generale tendenza ossessiva, circolare e ricorsiva dei drammi:

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