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Elena: lo specchio della contesa

RITRATTI DI DONNE SPARTANE: FIGLIE, MADRI, MOGLI FRA OIKOS E POLIS

V.3 Elena: lo specchio della contesa

Nell'ambito della trattazione delle donne spartane nell'universo erodoteo, un cenno lo merita una Spartana spesso dimenticata, ma che a Sparta godeva di onori divini: Elena. Pochi sono i cenni che l'autore fa di questa donna e sono tutti del medesimo tenore; Elena non doveva trovare spazio nei passi che si riferivano direttamente a Sparta. Erodoto, infatti, svincola la donna dalle dinamiche di questa polis: Elena ha una funzione narrativa diversa rispetto a quella rivestita dalle altre donne spartane presenti nell'opera. I passi destinati alla donna si concentrano perlopiù nel secondo libro, e narrano il suo rapimento per mano di Paride. Si può già anticipare che Elena rappresenta uno dei casi di donna nelle Storie che hanno un ruolo meramente passivo e che vengono descritte come puri strumenti nelle dispute maschili; i racconti attorno a Elena, ripresi da Erodoto dal patrimonio mitico greco, permettono, inoltre, di formulare alcune riflessioni più ampie sui rapporti umani, in particolare sui conflitti militari. Il racconto erodoteo più lungo relativo a questa figura femminile si colloca nel secondo libro e occupa ben nove capitoli.539

Erodoto propone al suo ascoltatore una interessante digressione sul rapimento di Elena nel contesto della descrizione del regno di Proteo in Egitto; la figlia di Tindaro viene menzionata in relazione alla descrizione dei monumenti esistenti a Menfi540. Si ricorda nel passo in questione che nel recinto del re Proteo si trovava un tempio detto di Afrodite Straniera (ξείνης Ἀφροδίτης), che era dedicato a Elena. L'autore racconta che dopo il rapimento di Elena le imbarcazioni di Paride sarebbero state scaraventate dai venti presso le coste dell'Egitto. Elena, dunque, rimase in Egitto

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Hdt. II 112-120. Elena rientra nel gruppo di donne che sono puro oggetto di scambio da parte degli uomini; cfr. I 1-3; IV 43,2; V 18,3; V 21; V 94,2; VIII 136. Sulla rappresentazione di Elena in Erodoto vd. Lateiner 1989, cit., p. 136 e 265: lo storico individua in Elena una delle figure di donna "bluntly equated with property". Dewald 2013, cit., pp. 153-157 inserisce la donna nel gruppo di donne erodotee "who do not act"; Bichler 2007, cit., p. 117 sg. In particolare, sul passo si veda T. Harrison, Herodotus

and the Ancient Greek idea of rape, in S. Deacy, K.F. Pierce (a cura di), Rape in Antiquity. Sexual Violence in the Greek and Roman Worlds, London 20022, pp. 185-208. Si veda, inoltre, la recente analisi perlopiù in chiave narratologica di de Jong 2012, cit., pp. 127-142.

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Dopo la breve descrizione del regno di Ferone, Erodoto dedica spazio a Proteo, la cui trattazione gli permette di legare al periodo di regno di Proteo la vicenda dell'arrivo di Elena, Paride e Menelao in Egitto.

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e non vide mai Troia.541

Erodoto descrive Elena come un oggetto sottratto con l'inganno da Paride a Menelao. Il lessico adottato è eloquente: la donna appare sostanzialmente come vittima di un ingiusto rapimento - ἁρπαγή - perpetrato da Paride. Infatti, l'atto di quest'ultimo è presentato, più volte, come un'ingiustizia (αδίκημα) e come empio (ἀνόσιον542), mentre in relazione alla donna Erodoto usa verbi che indicano la sottomissione di quest'ultima agli interessi maschili. Quattro sono i momenti che scandiscono la descrizione del ratto di Elena: Paride avrebbe, infatti, sedotto (ἐξαπατήσας) la donna, l'avrebbe rapita (ἁρπάσαντα), catturata (λάβοι) e indotta alla fuga (γυναῖκα ἔχων ἦλθες).543 Si condanna, in sostanza, l'atto di Paride nei confronti di Menelao in quanto il Troiano ha oltraggiato la xenia dell'ospite: egli ha sottratto, illecitamente, la moglie e le ricchezze all'ospite lacedemone544. Elena, dunque, non è altro che la vittima della tracotanza e dell'astuzia dai tratti marcatamente immorali di Paride.

Il verbo arpazo appare, senz'altro, centrale in questa descrizione: esso designa inequivocabilmente l'atto delittuoso di Paride, nonché la riduzione a oggetto di scambio di Elena. Come ha, infatti, sottolineato de Jong, la radice di questo verbo (arpag) viene puntualmente legata nelle Storie agli altri momenti in cui sono descritte le scene di rapimento.545 Anche in relazione al secondo "rapitore" Menelao, non cambia il modo in cui lo storico tratteggia Elena. Si descrive che, finita la guerra di Troia, Menelao fosse giunto in Egitto per "riconquistare" la moglie, suo legittimo possesso: anche in questo frangente, il lessico adottato è chiaramente negativo, in

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La tradizione secondo la quale Elena non approdò mai a Troia trova riscontro già in Esiodo (fr. 358 Merkelbach-West), ma verrà sviluppata in modo organico in un altro autore di V a.C., Euripide, nella sua tragedia Elena. A. B. Lloyd, Erodoto. Le Storie. Libro II. L'Egitto, Milano (La Valla) 1993, p. 335 avanza l'ipotesi che Ecateo possa essere la fonte di questa tradizione riportata da Erodoto.

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E' chiaro che l'ingiustizia di Paride sconfina nell'ambito religioso poiché il giovane rampollo troiano aveva calpestato le norme di Zeus Xenios. A tal proposito vd. Lloyd 1993, cit., p. 336.

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Sul passo vd. pure Harrison 2002, cit., p. 190 sg. 544

Vd. Lloyd 1993, cit., p. 336. 545

Vd. de Jong, 2012, cit., p. 130. Cfr. S. Said, Herodotus and the 'Myth' of the Trojan War, in Baragwanath, De Bakker 2012, cit., p. 98.

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quanto Menelao, che viene descritto come un uomo adikos nei confronti degli Egiziani - ritorna, in sostanza, il concetto di adikia/adikema, che slitta da Paride a Menealo - si sarebbe ripreso (apelabe) la donna dopo essere giunto fino a Menfi. Nel testo c'è un'ultima, preziosa, precisazione: Menelao mette le mani su Elena apathea kakon, cioè immune da mali, da sofferenze546.

Di primo acchito, si può sostenere che Elena rientra tra quelle personalità femminili descritte nelle Storie che non hanno voce, tra quelle donne che Dewald definisce come "victims of outside aggression",547 vittime che non hanno responsabilità nelle dinamiche storiche in cui sono coinvolte. E' evidente che Erodoto si serve della figura mitica di Elena per esprimere il proprio scetticismo sul mito del rapimento della donna in occasione della guerra di Troia e sulle cause della guerra fra Greci e Troiani548; Elena, ritratta come l'oggetto del rapimento di Paride prima e Menelao in un secondo momento rientra nella casistica delle donne oggetto di violenza da parte degli uomini. L'uso del lessico ancora una volta conduce verso questa interpretazione: arpazo e lambano sono i due verbi associati alle azioni compiute dagli uomini ai danni della donna. Mi sembra, inoltre, significativo che Erodoto scagioni Elena da qualsiasi colpa nella guerra tra Greci e Troiani: lo storico addossa agli uomini l'amara responsabilità dello scontro militare. In questa descrizione, Elena rimane pietrificata, paragonabile a una statua, lontana dai venti di guerra (ἀπαθέα κακῶν). Elena ricompare, soltanto fugacemente, nel nono libro. Subito dopo la descrizione della vittoria greca a Platea, Erodoto accenna a un mito che riguardava la mitica spartana: il rapimento della donna da parte dell'eroe Teseo.549 Tra i nomi di uomini che si sono distinti in occasione della battaglia di Platea, lo storico cita un certo Sofane, del demo di Decelea. L'origine geografica di questo personaggio consente di aprire una brevissima digressione su questo demo: Erodoto propone un mito di

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Hdt. II 119, 1. Erodoto adotta questa espressione altre quattro volte nella sua opera (I 32,6; V 19,1; VII 184,1).

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Dewald 2013, cit., p. 153. Sui casi analoghi a quello di Elena, in cui le donne sono coinvolte in modo passivo nelle vicende maschili, vd. I 1-3; IV 43,2; V 18,3; V 21; V 94,2; VI 62; VI 65; VIII 136; IX 73. 548

Bichler 2007, cit., p. 117. 549

Hdt. IX 73. Sulle fonti di questo mito, tema che si discosta dalla nostra trattazione, rimando al commento di Asheri, Corcella 2006, cit., p. 271 sg.

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notevole attualità ai tempi dell'Atene periclea, un mito che rimandava l'invasione dell'Attica da parte dei Peloponnesiaci a un periodo mitico.550

Si ricorda, infatti, che i Decelei - o Decelo stesso - decisero di aiutare in un tempo mitico i Tindaridi che vennero in Attica per riprendersi Elena, rapita da Teseo. Come segno di riconoscenza, si afferma che gli Spartani avrebbero concesso ai Decelei a Sparta l'onore della ateleia e della proedria; per di più, durante la guerra del Peloponneso, gli Spartani avrebbero risparmiato Decelea durante l'invasione dell'Attica.551 Ciò che ci interessa da vicino è il modo in cui lo storico ritrae Elena, la quale rappresenta un oggetto della contesa che vede contrapposti da una parte i Tindaridi - che puntano unicamente al suo riscatto (κομιδὴν) -, dall'altra la tracotanza (hybris) di Teseo. L'unico verbo con cui lo storico caratterizza la Spartana è ὑπεξέκειτο (da ὑπέκκειμαι), il cui significato è quello di "essere portato in un luogo sicuro". La figura di Elena sta a simboleggiare, nel contesto del racconto erodoteo, la prevaricazione insita nelle azioni militari condotte brutalmente dagli uomini.

Erodoto dedica a Elena altri due momenti della narrazione: entrambi fanno riferimento, ancora una volta, al suo rapimento, come dimostrano i termini arpasantos e arpagas.552 Basti dire, in questo contesto, che nel primo passo Elena si inserisce all'interno della trattazione dei rapimenti che, secondo lo storico, avrebbero condotto alla diaphorà tra Greci e Persiani; nel secondo caso, Erodoto si sofferma sul conflitto fra Mitilenesi e Ateniesi per il possesso della regione del Sigeo. In questo contesto, Erodoto ricorda che gli Ateniesi rivendicavano il proprio intervento in quanto discendenti di quei Greci che avevano combattuto per riprendersi Elena. In entrambi i casi, Elena appare, quindi, come uno strumento delle dispute maschili; in particolare, la donna è ricordata in relazione a eventi che hanno come centro tematico aggressioni di tipo militare.

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Sulla diffusione di questo mito, come paradigma mitico per le invasioni lacedemoni in territorio attico, vd. Flower, Marincola, cit., 2002, p. 236; Asheri, Corcella, cit., 2006, p. 271.

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Sulla tradizione e gli echi di storia contemporanea che si celerebbero dietro questo passo su Decelea si rimanda al capitolo seguente.

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Rispettivamente in Hdt. I 3,2 e V 94,2. Escludo dalla presente trattazione il passo VI 61,3, in cui il nome di Elena si ricorda esclusivamente in relazione a una santuario collocato a Terapne, nei pressi di Sparta.

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In conclusione, gli episodi che hanno come focus passivo Elena servono allo storico a una duplice funzione narrativa; da una parte, fanno della mitica donna spartana una vittima illustre, di origini mitiche, delle aggressioni e dei rapimenti perpetrati dagli uomini ai danni di donne inermi; dall'altra parte, questi passi permettono di formulare un deciso giudizio negativo sulla spirale di violenza che può innescare un conflitto militare e più in generale sulla forza devastante dei conflitti bellici. 553