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Percalo ed Euridame: le donne e la successione dinastica

RITRATTI DI DONNE SPARTANE: FIGLIE, MADRI, MOGLI FRA OIKOS E POLIS

V.2 Percalo ed Euridame: le donne e la successione dinastica

Leggendo i passi delle Storie in cui si fa riferimento alle donne di Sparta, ci si rende conto che Erodoto limita le rappresentazioni della figura femminile spartana ad alcuni casi individuali: vi è, infatti, un numero cospicuo di passi in cui lo storico isola le figure di singole donne - è il caso di Elena, Argia, Gorgo, Percalo, Euridame, e la madre di Demarato (il cui nome non viene mai menzionato nell'opera). Viceversa, in un solo caso le donne spartane sono descritte non individualmente ma in un contesto di gruppo: si tratta del passo IV 146 che narra dell'inganno perpetrato ai danni dei Lacedemoni dalle donne spartane sposate coi Mini. Inoltre, ci sono casi nei quali le figure di donne sono appena abbozzate - si ricordino Percalo e Euridame, donne a cui si accenna appena in occasione dello scontro fra Leotichida e Demarato (le due Spartane costituiscono, tuttavia, un elemento cruciale nella rappresentazione delle lotte finalizzate al potere); ci sono donne, invece, su cui lo storico ritorna con grande interesse - in tal caso, la figura di Gorgo è un esempio senz'altro illuminante525.

Il primo dato che emerge chiaramente è che le donne spartane di cui parla lo storico gravitano perlopiù attorno alla corte della polis lacedemone; esse fanno parte dell'élite sociale della città. In effetti, il focus della narrazione erodotea di Sparta si circoscrive, in particolar modo, all'ambiente di corte o alle singole figure di Spartiati. Come detto più volte, allo storico non interessa ritrarre le dinamiche sociali o economiche di questa città: sono i principali esponenti della vita comunitaria, gli artefici dell'azione politica, che trovano uno spazio centrale nel dipanarsi delle Storie. Iloti e perieci occupano, infatti, una posizione marginale. In sostanza, le Spartane che vivono a corte sono quelle a cui lo storico riserva il suo principale interesse. L'unico caso nel quale le donne non appartengono al mondo della corte spartana è costituito dalle mogli dei Mini che si sono rifugiati a Sparta; nondimeno, esse sono definite cittadine - astai - spartane e figlie dei più importanti Spartiati (πρώτων Σπαρτιητέων). Pertanto, il legame con l'élite è sempre precisato.

Percalo e Euridame, oggetto di trattazione di questo paragrafo, non hanno un'individualità ben definita nell'opera: sono dei nomi che servono esclusivamente da

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un punto di vista narrativo a rendere più intelligibile il quadro storico che si intende precisare. Percalo, infatti, viene menzionata da Erodoto soltanto in relazione alle cause della disputa tra Leotichida e Demarato526; il nome di Euridame è strettamente legato all'azione di Leotichida stesso527.

Percalo è l'oggetto della contesa fra i due rivali Leotichida e Demarato: Erodoto afferma che Leotichida era animato da un sentimento di odio (ἔχθρη) personale nei confronti di Demarato, poiché quest'ultimo gli aveva sottratto la promessa sposa di nome Percalo, con cui si era in seguito sposato.528 Se entriamo più in profondità nel testo, si può facilmente intuire che Percalo apparteneva a una delle famiglie che costituivano l'élite politica della società spartana e ciò è dimostrato perlomeno da due elementi menzionati dall'autore. Innanzitutto, il fatto stesso che essa fosse nell'orbita delle due famiglie reali permette di dedurre che era ricca e quindi appartenente al cerchio di famiglie più abbienti (olbioi, come sarà precisato a proposito della madre di Demarato) di Sparta; inoltre, la precisazione che la donna era figlia dello Spartano Chilone, probabilmente parente del Chilone che apparteneva alla lista dei Sapienti, è un utile indizio per comprendere che la donna faceva parte dell'élite spartiate.529 Ma Erodoto non si sofferma su questa figura femminile: Percalo serve a mettere ulteriormente in luce le trame - a suo parere riprovevoli - di Leotichida. Pertanto, la giovane donna diviene il pomo della discordia di una successione illecita promossa da Cleomene e alla quale non si sottrae Leotichida. Anche in questo caso, è molto verisimile che Erodoto voglia tacere le altre notizie relativamente a questa figura femminile di cui egli era certamente a conoscenza: occorreva semplicemente circoscrivere i dati alla lotta dinastica favorita da Cleomene.

Ancora, sulla figura di Percalo si può fare un'altra osservazione. Lo storico sostiene che Demarato aveva ingannato Leotichida poiché aveva "rapito" (arpasas)

526 VI 65,2. 527 VI 71,2. 528 Dell'episodio si fa cenno in Hdt. VI 65-66.

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Percalo, che viene presentata come la promessa sposa di Leotichida stesso; questi, infatti, si era fidanzato (armosamenos)530 con Percalo, in precedenza. In questo caso, dunque, sembrerebbe emergere una traccia del matrimonio spartano per rapimento che troverà spazio nella letteratura posteriore, in particolare in Plutarco531. Secondo il mio punto di vista, il passo, tuttavia, non costituisce una spia del fatto che a Sparta il matrimonio avvenisse tramite rapimento: come vedremo, Erodoto adotta il termine

arpazo anche a proposito di Elena - e di altre donne presenti nelle Storie - al fine di

mettere in evidenza le dinamiche di aggressione adottate da parte degli uomini, dinamiche alle quali le donne partecipano da spettatrici passive. In sostanza, il verbo non permette di leggere il passo come una testimonianza della pratica esistente a Sparta, ma va letto nel contesto della rappresentazione delle donne che lo storico propone nella trama del suo testo532. Come vedremo, Percalo è paragonabile a Elena: una donna spartana "rapita",533 che rientra nelle dinamiche gestite dagli andres volte al predominio, a volte brutale, dell'oikos.

Un altro nome di donna trova posto nel grande tessuto narrativo erodoteo: Euridame. Si tratta di uno dei tanti nomi di donna che costellano l'opera erodotea, su

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In Erodoto, il verbo armozo è poco ricorrente e, a eccezione di un caso (Hdt. III 137,5), designa l'atto del fidanzamento (IX 108,2; V 32; 47,1). Sul significato e lessico della parentela greca di questo verbo relativamente alle pratiche matrimoniali spartane vd. Cartledge 1981, cit., p. 100 n. 95; E. Avezzù,

Antropologia e lessico familiare, in E. Avezzù, O. Longo (a cura di), Koinon Aima. Antropologia e lessico della parentela greca, Bari 1991, p. 27 n.6; M. Lupi, L'ordine delle Generazioni. Classi di età e costumi matrimoniali nell'antica Sparta, Bari 2000, p. 88 n. 79.

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Plut. Lyc. 15, 3-5; Hermipp. (in Athen. 555c). Sul passo plutarcheo vd. l'acuta analisi di Manfredini, Piccirilli 1980, cit., pp. 258-261.

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In tale direzione vd. pure I. de Jong, The Helen Logos and Herodotus' Fingerprint, in E. Baragwanath, M. de Bakker, 2012, cit., pp. 130. Concordo, inoltre, con Hodkinson 2004, cit., p. 114 secondo il quale "it is clear from Herodotus' account of this episode that it was Leotychidas' method of acquiring a wife which was the norm and that the marriages were usually arranged by betrothal". Così pure Cartledge 1981, cit., p. 99 sg.; Ducat 1998, cit., p. 396. Contra S. Pomeroy, Spartan Women, Oxford 2002, p. 45. A favore dell'esistenza del matrimonio per rapimento Lupi 2000, cit., p. 88. Sulle caratteristiche del matrimonio spartano ancora utili, a mio parere, rimangono i lavori di L. Bogino, Note

sul matrimonio a Sparta, Sileno 17, 1991, pp. 221-233; A. Paradiso, Osservazioni sulla cerimonia nuziale spartana, QS 24, 1986, pp. 137-143. Una sintesi la propone E. Lévy, Sparta (trad. it.), Lecce

2006, pp. 61-65. 533

Dewald 2013, cit., p. 155 annovera la vicenda di Percalo tra i casi di donne coinvolte in crisi politiche che vanno a ledere gli equilibri delle famiglie cui esse appartengono e di cui sono vittime. Nella sua appendice (p. 175) la studiosa accosta il caso di Percalo a quello di Elena: entrambe sono donne che agiscono come personaggi passivi in un contesto familiare.

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cui Erodoto non si dilunga. Di Euridame lo storico non fornisce alcuna precisa informazione: la donna costituisce un momento veloce della narrazione in cui è necessario ripercorrere le dinamiche dinastiche di Sparta. Si racconta, infatti, che Zeuxidamo, figlio di Leotichida, non fosse vissuto a lungo e che fosse morto prima della scomparsa del padre; egli avrebbe lasciato un figlio di nome Archidamo.534 Le uniche indicazioni relativamente a Euridame riguardano perlopiù la famiglia di appartenenza: lo storico precisa, infatti, che Leotichida prese come seconda moglie Euridame, sorella di Menio e figlia di Diattoride. Leotichida da questa seconda moglie non ebbe eredi maschi, ma soltanto una figlia, Lampito, che diede in sposa a Archidamo. Ancora una volta, il focus dello storico cade sul problema della successione dinastica, vero cruccio dell'élite spartiate.

Questo passo è molto interessante da diversi punti di vista. Innanzitutto, esso ci permette di entrare, in punta di piedi, nella vita di corte, in quanto rivela una delle pratiche diffuse presso le ricche famiglie spartane, l'endogamia535. Leotichida per garantire la continuità dinastica concede la figlia Lampito - altro nome femminile che compare di sfuggita nelle Storie - in sposa a un membro della sua famiglia, per la precisione il nipote. Il passo, insieme ad altri due delle Storie - il matrimonio di Anassandrida II con la figlia della sorella (V 39), e quello di Gorgo con lo zio Leonida (VI 71) - mette in luce una pratica diffusa presso le famiglie regnanti a Sparta, cioè i matrimoni fra consanguinei, pratica orientata, essenzialmente, a due finalità: assicurava che la proprietà della sposa fosse consona alla ricchezza dello sposo e della sua famiglia; garantiva, inoltre, il mantenimento della proprietà della donna all'interno della famiglia più stretta.536

Tramite queste pagine sulle relazioni fra i membri delle due case reali, Erodoto costituisce una delle voci più significative per la comprensione delle eccezionali, e a volte enigmatiche, pratiche esistenti presso le ricche famiglie spartane, le quali

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Hdt. VI 71,1. 535

Sui motivi di natura economica della endogamia spartana e di altre pratiche matrimoniali (in particolare, l'omogamia, la poliandria, l'unione tra fratelli homomatrioi - cioè della stessa madre) vd. in particolare Hodkinson 2000, cit., pp. 405-409.

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adottavano alcune peculiari pratiche matrimoniali con l'obiettivo di preservare il patrimonio familiare in un sistema economico in cui era ammessa la divisibilità della proprietà agli eredi di entrambi i sessi.537 La ricchezza delle informazioni erodotee permette in filigrana di confermare la tesi che Erodoto avesse una limpida conoscenza delle dinamiche politiche ed economiche caratterizzanti il kosmos spartano; come affermato spesso in precedenza, lo storico sceglie di menzionare soltanto alcuni - per quanto assai indicativi - particolari della società spartana.

In conclusione, la testimonianza relativa a queste due donne mette l'accento sul problema della successione dinastica, che costituisce come visto in precedenza il vero Leitmotiv narrativo, nonché il punto di maggiore debolezza, dell'ingranaggio politico spartano: i passi in questione svelano una certa frenesia dei membri dell'élite spartiate, e in particolare degli esponenti delle due case regnanti, che sfocia nella ricerca dell'erede che possa dare continuità alla già fragile istituzione della diarchia. Nelle

Storie, Euridame, pertanto, è un nome che serve a chiarire, solo per inciso, le difficoltà

dinastiche che dovette fronteggiare Leotichida quando fu re. Se, come afferma a ragione Josine Blok a proposito delle donne erodotee, "women represent a kind of seismography of the general condition of a civilization or society",538 si può ben dire che in questo caso Erodoto sta mettendo in scena un terremoto nel panorama politico spartano nel quale la mancanza di eredi scardina i criteri della convivenza civile della città. Si può affermare, quindi, che sia Percalo che Euridame costituiscono gli "strumenti" adottati da un re, Leotichida, per conseguire e consolidare il proprio potere nella polis. A volte, con metodi non del tutto leciti.

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Sulle caratteristiche del sistema economico spartano e, in particolare, sulle pratiche matrimoniali adottate a Sparta vd. in particolare Hodkinson 2000, cit., 399-409; Idem 2004, cit., pp. 113-117.

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