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I re spartani in Erodoto Una conclusione

I RE SPARTANI DI ERODOTO FRA NOMOS E ANOMIA

IV. 7 I re spartani in Erodoto Una conclusione

Proviamo a tirare le somme sui re spartani nelle Storie. Il ritratto erodoteo della diarchia spartana è senza dubbio complesso e vario e non è riconducibile ad uno schema fisso. La descrizione accurata dei gerea offre un saggio di come la diarchia spartana sia una istituzione perfettamente integrata nell'equilibrio costituzionale cittadino: lo storico è interessato, infatti, a sottolineare il legame indissolubile che unisce la diarchia alla sfera del sacro e del divino, aspetto che la rende degna di onori da parte della comunità lacedemone503. Dunque, come detto in precedenza, il legame fra δημόσιον e i βασιλεῖς, fra comunità e re, che si controllano a vicenda (indicativo, in tal senso, è il ricorrere insistito al verbo φυλάσσειν nella descrizione dei gerea), è inestricabile secondo lo storico. Il che è un aspetto del sistema costituzionale che garantisce equilibrio al kosmos spartano e che viene apprezzato da Erodoto.

Nel caso della rappresentazione dei funerali in onore di uno dei re spartani, Erodoto intende accostare le consuetudini spartane a quelle in uso presso i barbari: questo costituisce uno dei pochi momenti in cui Erodoto introduce elementi "barbari"

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Hdt. IX 62,2. E' interessante che Isocrate nel Plataico (14,60) attribuisca agli Ateniesi ciò che qui da Erodoto è presentata come un intervento (soprannaturale) compiuto da Pausania.

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Hdt. IX 64,1. Come ha giustamente osservato Asheri 2006, cit., p. 259, considerare Platea come la battaglia più importante "è un giudizio indipendente dalla retorica attica, che regolarmente poneva Maratona al primo posto". Nelle parole dello storico emerge, inoltre, la volontà di sottolineare "the retribution that the Spartan had won, since the Greek 'fairest' victory contrasts strongly with the 'shameful' Persian treatment of Leonidas' corpse" (Flower - Marincola 2002, cit., p. 219 sg.).

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Sul legame fra divino e diarchi spartani in Erodoto vd. Immerwahr 1966, cit., p. 200 sg; Munson 1993, cit., p. 42. Si deve sicuramente a Marrucci 2005, cit. pp. 129-145 l'aver messo l'accento in modo molto evidente sul ferreo legame fra sacro e diarchia spartana; particolarmente p. 143: "La particolare sacralità dei diarchi rischia sempre di convertirsi in un pericoloso strapotere e si pone per questo all'origine delle limitazioni che l'eforato cerca di rappresentare rispetto al potere regale".

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nella rappresentazione della diarchia spartana.504 Ciò è un aspetto secondario nello scenario della regalità di Sparta rappresentata nelle Storie: Erodoto, infatti, dissemina nel suo racconto episodi che illustrano i pesi e i contrappesi presenti nel sistema politico spartano; egli riconosce al sistema costituzionale cittadino la capacità di arginare un eventuale strapotere dei re. I passi relativi ai re - in particolare quelli che ritraggono il re Cleomene - abbondano di riferimenti in particolar modo agli efori, ma anche alle altre componenti del panorama istituzionale (γέροντες e il δικαστήριον) che fungono da freno al potere regale.505

A un lettore attento non può certamente sfuggire che nei primi quattro libri i re appaiono nelle Storie come figure istituzionali abbastanza marginali, o meglio come eunomici rappresentanti delle istituzioni spartane; il che sta a testimoniare che il kosmos spartano si presenta equilibrato, retto dall'ordinamento imposto da Licurgo e privo di espressioni individualistiche pericolose per la comunità.506 In questo contesto, Cleomene, re a cui Erodoto dedica gli sforzi di ricerca principali, è un re perfettamente integrato nel panorama costituzionale della città e dimostra più volte un comportamento all'insegna della moderazione e della dike - in particolare in occasione dell'arrivo di Meandrio prima, e di Aristagora in un secondo momento. Fino a questo momento Cleomene è, infatti, un re giusto e consapevole del limite imposto dalla sua carica.

Cos'è, dunque, che si rompe nell'equilibrio costituzionale descritto fino a questo momento dallo storico, di cui i re sono autorevoli rappresentanti? Abbiamo visto come le mire espansionistiche al di fuori del Peloponneso costituiscono il primo momento dell'incrinarsi dell'equilibrio spartano. In un primo momento, coincidente per lo più con i passi menzionati in precedenza del primo libro, la città viene criticata dallo storico in occasione della sua espansione a Tegea e, più in generale, nel Peloponneso. Nelle imprese di Cleomene in Attica, in particolare nella sua amicizia con il tyrannos

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Munson 1993, cit., p. 43. Di parere opposto Millender 2002, cit., pp. 1-61. 505

I passi che a mio parere testimoniano il mutuo controllo fra i due re vd. V 75; VI 63-66; VI 73. Sul tema del controllo sui re vd. Cragg 1976, cit., pp. 90-91; Munson 1993, cit., p. 41. In particolare, sui cenni relativi ai gerontes nelle Storie vd. ora Cartledge 2007, cit., p. 731.

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Isagora, Erodoto individua gli elementi dissonanti, di rottura con l'equilibrio precedentemente rappresentato. Cleomene rappresenta il re che travalica i propri confini, dandosi ad atti riprovevoli sia in campo di politica estera che in relazione al sacro.507 La descrizione delle sue azioni pubbliche in seguito alla sua intromissione negli affari di Atene è l'inizio di un'escalation che lo porterà alla pazzia e a una morte teatrale. Anche in politica interna il comportamento del re è degno di condanna (e in questo contesto Erodoto inserisce le due vicende di Demarato e Leotichida): le azioni del re sono contraddistinte da un ardore o una smania (la προθυμίη), condannata dallo storico, e entrano in contraddizione con la vita della comunità. Il che permette a Erodoto di mettere sul banco degli imputati Leotichida - anche lui mosso da odio personale (ἔχθρη) - e, viceversa, di riabilitare Demarato, che si staglia come figura decisamente positiva, in sostanza come vittima, nello scenario delle diatribe interne al potere.

Un altro aspetto che porta alla rottura dell'equilibrio cittadino è rappresentato dallo scontro legato alla successione dinastica; alla vicenda relativa alla successione di Anassandrida e di Aristone, Erodoto dedica parecchie pagine.508 La successione al trono è, infatti, secondo Erodoto un elemento che può creare una rottura negli equilibri cittadini. Non è un caso che egli insista in occasione dell'ascesa al trono di Cleomene sul fatto che quest'ultimo non ebbe meriti (κατὰ γένος ottiene, infatti, il potere) in questa circostanza: Erodoto sembra essere abbastanza critico nei confronti di quel nomos secondo il quale ottiene il potere il discendente di sangue e non chi merita - Dorieo, infatti, è contraddistinto, a differenza di Cleomene, dall' ἀνδραγαθία. Lasciare il potere a chi non è dotato di ἀρετή può essere nefasto per la comunità. E Cleomene ne è un esempio che Erodoto intende mettere in evidenza. Un nomos che privilegi il diritto di nascita, anziché il merito, pertanto, non è accettabile a priori, in quanto può comportare dei problemi di squilibrio nella polis greca.

La successione dinastica, inoltre, rientra nel campo dell'ἀπροσδόκητον, cioè

507

Sull'imperialismo spartano, fenomeno di estrema attualità al momento della composizione delle

Storie, si vedano le osservazioni proposte nell'ultimo capitolo, in cui si discute sul discorso del corizio

Socle. 508

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dell'imprevisto: come è ben precisato nel caso dell'ascesa di Leonida, la successione regale a Sparta può in un certo senso essere dettata dal caso; Leonida, infatti, era ben lungi dal credere di prendere il potere a Sparta! Ma, precisa Erodoto, la morte di Cleomene e la fuga in Sicilia di Dorieo gli spianarono del tutto inaspettatamente la strada del potere. Questo aspetto di casualità e di imponderabilità non garantisce fondamenta solide all'impalcatura istituzionale spartana.

Ogni re di Sparta nelle Storie assume delle peculiarità degne di interesse. Demarato è un re dai tratti equilibrati, la cui immagine viene rafforzata alla luce delle trame moralmente torbide di Cleomene e Leotichida. Egli, dopo essersi trasferito in Persia, diverrà il consigliere σώφρων di Serse. Questo re deposto rappresenta, inoltre, la voce dei commenti (positivi) erodotei su Sparta, la quale viene presentata perlopiù come una città eccezionale per ἀρετή militare, ben regolata per via di una attenta organizzazione del territorio (gli abitanti limitrofi sono agathoi), e portavoce del nomos greco, che Erodoto intende contrapporre a quello imposto dal tracotante Serse. La figura di Dorieo si colloca all'interno della disputa con Cleomene. La vicenda di questo re mancato permette allo storico di dimostrare sostanzialmente due aspetti insiti alla diarchia spartana: la rivalità endemica (la διαφορά poi definita, nel caso del conflitto fra Cleomene e Demarato, διχοστασίη) alle due case regnanti, che può comportare l'esclusione dello sconfitto dalla politica cittadina e la conseguente espulsione dalla comunità (non solo Dorieo, ma anche Demarato costituisce un esempio paradigmatico in tal senso); dall'altra, Dorieo è l'esempio del re solo, estromesso dalla sua comunità, e allo sbando. Egli, ritratto come un personaggio

hybristes, è responsabile non soltanto del fallimento dell'impresa coloniale, ma

soprattutto viene condannato per la colpa di avere portato alla rovina molti degli Spartiati condotti con sé. Sia Dorieo che Demarato sono i re espulsi dalla comunità: i "re mancati" che difficilmente sopportano il loro fallito inserimento da protagonisti nella vita collettiva spartana. Ma vi è una sostanziale differenza fra i due relativamente al tema della hybris: Dorieo fallisce macchiandosi di hybris, Demarato si oppone alla

hybris contrastando coi suoi moniti la hybris di Serse.

La corruzione dei re spartani è un altro difetto che muove insistentemente l'agire degli stessi re e di conseguenza limita fortemente la struttura eunomica

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spartana:509 la maggior parte dei re spartani erodotei sono facilmente corruttibili e corrompono con altrettanta facilità. Due casi spiccano sopra tutti: Cleomene è il re che manipola gli oracoli delfici, li strumentalizza al fine di estromettere dalla vita politica chiunque si opponga ai suoi interessi politici; Leotichida, creatura di Cleomene, è il re che si lascia corrompere in occasione della campagna contro i Tessali. I due re sono ancora una volta legati da un doppio filo. La corruzione dei re, tuttavia, non rimane impunita. Sia Cleomene che Leotichida finiranno la loro vita al di fuori della comunità: il primo pazzo e suicida, il secondo in esilio solo a Tegea.

D'altra parte, le figure di Leonida e Pausania costituiscono il maggiore esempio del rispetto del nomos da parte di un re a Sparta. Essi agiscono da protagonisti nelle battaglie presso le Termopili e Platea; costituiscono la personificazione dell'arete spartana e sanciscono definitivamente l'eunomia spartana. Leonida è il re che garantisce gloria agli Spartani, ma soprattutto è il portatore della εὐδαιμονίη a Sparta. Egli funge da opposto di Leotichida: se, infatti, le azioni di quest'ultimo arrecheranno alla città soltanto la κακότης in seguito all'espulsione di Demarato, il fermo agire di Leonida volgerà la città nella direzione del κλέος e quindi dell'εὐδαιμονίη. E' evidente che in occasione degli scontri della seconda guerra persiana Erodoto intende presentare Sparta come una città immune dai fenomeni di squilibrio che invece l'hanno caratterizzata in concomitanza con le lotte legate all'ascesa di Cleomene.510 E questo aspetto si spiega bene con l'atteggiamento di graduale ritirarsi degli Spartani dallo scenario ellenico, ovvero dalla cessazione di mire espansionistiche, che invece

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Cragg 1976, cit., pp. 104-106. Vd. ora anche P. Stadter, Herodotus and the cities of mainland

Greece, in Dewald, Marincola 2006, partic. p. 247: "leaders often eagerly grasped at wealth and luxury

when offered the opportunity". 510

Così anche Corcella 1984, cit., p. 202 relativamente al modello positivo di Pausania: "il modello positivo di Pausania rientra all'interno del quadro che Erodoto fornisce degli Spartani nella seconda guerra persiana: una polis sottomessa al nomos, in cui anche i re non mostrano alcuna spinta individualistica e tirannica". Vd. anche H. Strasburger, Herodot und das perikleische Athen, Historia 4, 1955, p. 20 sg. (rist. e trad. in inglese: Idem, Herodotus and Periclean Athens, in Munson 2013, cit., pp. 295-320).

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avevano caratterizzato la politica degli anni di Cleomene e che avevano portato alla decisa riprovazione dello storico.511

In conclusione, sostenere che nelle Storie erodotee "Sparta's hereditary dyarchy in many respects conforms to the patterns of the tyrant"512 mi sembra una affermazione riduttiva che non consideri la varietas della rappresentazione erodotea. Se, talora, la diarchia spartana può essere accostata alle altre forme di regalità/tirannidi nelle Storie, ciò non è certamente riconducibile ad uno schema fisso e circoscritto. Sparta nelle

Storie presenta delle caratteristiche assai variegate e i suoi re ne sono la più evidente

espressione. Mi sembra pertanto che colga nel segno l'affermazione ancora attuale di Immerwahr, il quale, nella sua acuta analisi della regalità nelle Storie erodotee, sostiene che "the history of the Spartan kings (whom Herodotus treats like true royalty and makes responsible for Sparta's fortunes) shows a continuous development".513 In effetti, la regalità spartana è presentata dallo storico come una istituzione tutt'altro che statica ma vivace e dinamica: l'istituzione protagonista, specchio di una polis in continuo mutamento.

511

Corcella 1984, cit., p. 204. 512

Millender 2002, cit. p. 2. La studiosa riprende questa tesi in Millender 2009, cit. 513 Immerwahr 1966, cit., p. 198.

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CAPITOLO V