Per l’art. 2, co.1, lett. h) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, si intendono per Enti bilaterali tutti gli organismi costituiti ad iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative; tale comparazione va fatta tra le singole organizzazioni e non tra le coalizioni che stipulano l’accordo istitutivo dell’ente bilaterale.74
Per il co. 1 dell’art.76, sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro, tutti quelli costituiti nell’ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale, quando la commissione di certificazione sia costituita nell’ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale.
La legge lascia la scelta ai soggetti sindacali in merito alla dimensione territoriale e non è esclusa neanche la possibilità di delega delle funzioni in materia da parte di enti bilaterali nazionali a favore di loro strutture decentrate75.
Le funzioni attribuite agli Enti bilaterali sono comunque oggetto di dibattito dottrinale che vede sostenitori ed oppositori; il vero conflitto è da ricercare nell’atteggiamento della CGIL che non vuole trovarsi a dover prendere posizioni contro i lavoratori.
Viene anche segnalata una possibile discriminazione ex art.15 dello Statuto dei lavoratori in quanto subordinando la stipula di un contratto alla certificazione di un Ente Bilaterale si finirebbe col
costringere il lavoratore a rivolgersi a sindacati che partecipano a quell’Ente Bilaterale anche se non rientrano fra quelli cui andrebbe il favore del lavoratore.76
Tuttavia le parti sociali sono fra i soggetti più adatti a seguire da vicino le evoluzioni delle tipologie contrattuali anche se, effettivamente, sono chiamati a svolgere una funzione diversa dalla normale risoluzione di conflitti di interesse cui sono abituati in quanto ci troviamo dinanzi ad un conflitto giuridico che può comprendere questioni di diritto del lavoro, legislazione sociale o diritto tributario.
Infatti agli Enti si chiede di operare una riconduzione di un caso concreto ad una fattispecie astratta; in caso di dubbio, tuttavia, per lo svolgimento di questo compito potrebbero usufruire degli studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del Lavoro77
che le Università abilitate alla certificazione devono
76A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, in M. Magnani, P. A.
Varesi (a cura di), Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai decreti legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Giappichelli,Torino, 1995 V. D’Oronzo.
inviare ogni 6 mesi e di appositi moduli e formulari definiti con decreto dal Ministero del Lavoro ai sensi dell’art. 78, co.5 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, che tengano conto degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione del contratto di lavoro. La bilateralità nasce come fenomeno “fai da te” da parte della contrattazione collettiva78, senza bisogno del necessario intervento
dello Stato; anzi, è agganciata e condizionata dalle dinamiche della contrattazione collettiva. Le clausole dei contratti collettivi istitutive dell'Ente bilaterale sono definite clausole istituzionali79 e appartengono alla
parte obbligatoria del contratto collettivo stesso. Affinché possa svilupparsi la cultura della bilateralità è necessario il superamento dell'unilateralità nella regolazione del rapporto, ragion per cui il sindacato ha deciso di adottare la logica della bilateralità tipica della contrattazione collettiva, definendo regole da contrattare e non da imporre. La contrattazione collettiva in Italia presenta tre modelli differenziati di enti bilaterali, definibili sotto il profilo funzionale: Il
modello iniziale è quello costituito dalla categoria contrattuale degli edili, incentrato sulla Cassa edile e sulla contemporanea presenza di altri organismi bilaterali: l'Ente della formazione professionale, la Gestione congiunta delle Case del lavoratore,ecc. La cassa Edile è, innanzitutto, uno organo di mutualizzazione di prestazioni contrattuali come ad esempio, le ferie e la retribuzione di anzianità. Solo in un secondo momento diviene strumento di erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali integrative delle prestazioni pubbliche.80La vera chiave di svolta
si è avuta allorquando, attraverso i vari modelli organizzativi, la contrattazione collettiva di tutti i settori è intervenuta in tale materia. Si è cominciato con i comitati per le pari opportunità e gli osservatori di settore, sia a livello nazionale di categoria che a livello territoriale. Successivamente si è pervenuti alla creazione degli Enti bilaterali per la formazione professionale. Questa, collegata soprattutto alla gestione del contratto di formazione e lavoro è il terreno prescelto per la sperimentazione su vasta scala del modello degli enti bilaterali.81
80 Sulla Cassa edile cfr., in generale, L. A. BELLARDI, Istituzioni bilaterali
La diversità dei tre modelli rinvenibili nella contrattazione collettiva (Edili, Settori industriali, Piccola impresa e Artigianato) dimostra che la contrattazione collettiva, essendo uno strumento flessibile e dinamico, ha tutti gli spazi che vuole percorrere nello sviluppo del modello dell'ente bilaterale. Questi vanno collocati nello sviluppo della contrattazione collettiva: non sono creazione del legislatore, ma prodotto dell'iniziativa delle parti sociali anche quando si arricchiscono di funzioni assegnate dalla legge. Il legislatore li configura come gestori di un ammortizzatore sociale in partnership con lo Stato. Lo Stato interviene, infatti, a condizione che anche le istituzioni privato-collettive partecipino con proprie risorse. Un modello spinto di utilizzo dell'Ente bilaterale si trova con la legge finanziaria del 2001, legge 23 dicembre 2000, n.388 ,art.118, che prevede l'utilizzo del contributo dello 0,30% della retribuzione a favore di formazione continua.82Il modello della
bilateralità qui è molto spinto, poiché l'attività è gestita per delega dei pubblici poteri, non sono infatti gestite
risorse proprie delle parti come avviene per gli altri enti bilaterali. Nel Libro Bianco gli Enti bilaterali sono utilizzati perlopiù per i meccanismi di certificazione; ma sempre qui li troviamo menzionati anche per la riforma degli ammortizzatori e per i servizi per l'impiego. Il pieno mantenimento del carattere bilaterale presuppone, tuttavia che le parti sappiano distinguere il momento conflittuale-negoziale da quello partecipativo-gestionale.
Fra gli obiettivi generali che il sindacato deve porsi, vi è quello di favorire la formazione di un vero e proprio
management degli Enti bilaterali come condizione
preliminare per la stessa riconsiderazione del ruolo degli stessi; basti pensare alla Cassa edile vista come organismo dotato di soggettività giuridica ma priva di personalità (conseguentemente non può essere né una fondazione, né associazione riconosciuta), creata da un contratto collettivo e gestita pariteticamente dalle stesse parti collettive firmatarie del contratto. Vi è anche l'Ente per la formazione professionale, visto come organo abilitato circa gli interessi relativi alla professionalità che può fornire tutti i supporti necessari
per lo svolgimento di tale attività.83 La creazione di
forme negoziali tra gli organismi istituzionali a gestione congiunta, costituisce sempre un indice di modernizzazione dei sistemi contrattuali con la prospettiva di affidare i vari rapporti reciproci tra le parti collettive alla mediazione di un'istituzione formalmente separata dai soggetti che l'hanno creata e che concorrono al suo funzionamento. Con la Cassa edile, si pone l'attenzione sul suo ruolo di attribuzione di prestazioni per conto delle imprese mediante la sostituzione dell'obbligo di prestazione con l'obbligo di accantonamento di quote percentuali del salario o delle contribuzioni e mediante l'erogazione unitaria di prestazioni imputabili anche ad una pluralità di imprese. Valutata nell'ottica individuale, emerge il carattere previdenziale ma questo non basta, occorre che sia valutata anche dal punto di vista dei rapporti collettivi. Il pregio e la modernità di detti istituti si basa proprio sull'essere strumento concernente le relazioni collettive tra le parti.
definiscono veri e propri strumenti necessari e sufficienti per un rinnovamento e una trasformazione del sindacato84. Gli Enti bilaterali non sono
un'invenzione del legislatore di oggi ma sono già noti da tempo come realtà attive e operanti nelle relazioni collettive.85
Oltre al settore edile, ha avuto la benemerenza di aver creato diverse forme organizzative tanto da rendere tali Enti presenti in tutti i settori produttivi.86
Dal punto di vista strutturale si prefigurano nell'ottica dell'ordinamento intersindacale come strutture organizzative che erogano prestazioni o servizi sulla base di regole fissate in sede di contrattazione collettiva. Dal punto di vista giuridico sono da considerarsi come vere e proprie istituzioni private, da quello funzionale,invece, sono da considerare vere e proprie attività tipiche sindacali, inerenti forme di erogazione di servizi congiuntamente alle organizzazioni imprenditoriali. Nel decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 li troviamo definiti come
84 G. . MARTINENGO (Enti bilaterali:appunti per la discussione, ibid., 2003, p.180.
85 Cfr. M. Napoli, Gli enti bilaterali nella prospettiva della riforma del
mercato del lavoro,in Jus, 2003.
86 Cfr. E. BOFFI, Gli enti bilaterali nella contrattazione collettiva, Milano, 1996.
organismi costituiti ad iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso la promozione di un'occupazione regolare e di qualità come l'intermediazione di domanda e offerta, la programmazione di attività formative, la promozione di buone pratiche, la certificazione dei contratti di lavoro e ancora molto altro. Sono tipiche attività assegnate loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.