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NATURA GIURIDICA DELLA CERTIFICAZIONE

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 147-159)

Poiché non sono le parti a qualificare il rapporto contrattuale ma è l’ordinamento, l’atto di certificazione ai sensi dell’art.78, co. 2, decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, contiene esplicita menzione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione.

Il compito del soggetto certificatore è di fare un accertamento110 e quindi, verificare che il contenuto del

contratto stipulato tra le parti rispetti le previsioni normative e sia conforme al nomen juris del contratto in questione.

Sulla base di quanto detto sopra, la dottrina sostiene che la certificazione sia un atto amministrativo111 e

conseguentemente che l’attività della commissione sia

da inquadrare come processo di certazione relativo a fatti giuridicamente rilevanti112mediante l'esternazione

nel certificato113.

Si dà certezza alla dichiarazione delle parti di costituire un rapporto di lavoro con determinate caratteristiche114.

La certificazione ha la forza giuridica della certezza pubblica e perciò non può essere più messa in discussione se non con un ricorso giudiziale.

Gli effetti della certificazione, così come previsto dall’art.79 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, permangono anche verso terzi fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, il ricorso giurisdizionale per erronea qualificazione del contratto, difformità tra programma negoziale certificato e successiva attuazione oppure per vizi del consenso115. Il titolo VIII del decreto legislativo 10

settembre 2003, n.276, in attuazione dell'art.5, della legge delega 14 febbraio 2003, n.30 e in rispondenza all'auspicio di chi in dottrina ha postulato forme di

112 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di

lavoro, Dir.prat.lav., 2002, p. 527 ss.

113 L. NOGLER, La certificazione dei contratti di lavoro, Giorn. dir. lav. E

rel.ind., 2003., cit., pag. 14.

114E. GHERA, op. cit., pag. 534. 115 Art. 80 d.lgs. 276/03.

controllo preventivo sul rispetto delle norme inderogabili, legali e collettive, si manifesta in modo tale da restituire certezza alle pattuizioni individuali introducendo nell'ordinamento italiano l'istituto della certificazione.116

La soluzione legislativa prospettata ha natura sperimentale e si inserisce in una riforma complessiva del mercato del lavoro che tende a riportare al centro del sistema il contratto individuale.117

La certificazione, rivolta come già accennato, a ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto, nonché dei contratti di associazione in partecipazione garantisce certezza alle qualificazioni convenzionali purché avvenute presso Enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento o a livello nazionale presso le Direzioni provinciali del lavoro e le provincie, o presso le università pubbliche e private comprese le fondazioni universitarie. La procedura di certificazione è volontaria e avviene su

116 L. DE ANGELIS, La certificazione dei rapporti di lavoro, in M. T. CARINCI (a cura di), La legge delega in materia di occupazione e

base consensuale.118

La parti hanno la possibilità di rivolgersi all'organo certificatore sia prima, sia dopo la conclusione del contratto purché accada però, prima di eseguirlo o dopo una sua parziale esecuzione119.Con la

certificazione si cerca di rafforzare la determinazione della fattispecie operata dalle parti attraverso la ricostruzione del significato e del contenuto dell'atto cui viene conferita certezza pubblica. Ai sensi degli artt. 75 e 80,co. 1° e 2°, decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, l'atto di certificazione è una dichiarazione valutativa sulla qualificazione del contratto munita di adeguata motivazione. La disciplina fa riferimento sia al procedimento negoziale posto in essere dalle parti per comune volontà, sia al momento in cui viene accertato e determinato il nomen

juris del loro rapporto giuridico. Occorre infatti

distinguere le due funzioni principali configurate dal decreto stesso: quella orientata alla soluzione di un conflitto d'interessi e quella volta a dirimere un conflitto giuridico.120 Si tratta di una valutazione di

118 L. NOGLER. Il nuovo istituto della certificazione dei contratti di lavoro,

in Mass. giur. lav. 3/2003, p.112.

119 L. NOGLER, op.cit.

puro diritto consistente nella sussunzione della fattispecie concreta (il contratto) nella fattispecie astratta ritenuta corrispondente.

Infatti la qualificazione analizzata come risultato dell'interpretazione è quell'iter logico-giuridico che mira ad identificare l'astratto tipo contrattuale cui sussumere il negozio stipulato dai contraenti al fine di assoggettarlo alla disciplina prevista.121Questo metodo

di qualificazione esclude dal campo di applicazione le fattispecie concrete che non si identificano perfettamente con il concetto astratto. Cosa diversa è la volontà assistita che invece viene qualificata dalle parti come disciplina ma non come fattispecie. L'atto di certificazione mira a fissare gli effetti giuridici in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione così la qualificazione del contratto stesso diventa non più imputabile alle parti ma interamente ascrivibile alla commissione di certificazione; di conseguenza non può essere considerata una parte integrante del negozio che instaura il rapporto di lavoro. Da ciò deriva che l'atto di certificazione non accerta uno stato di fatto ma

qualifica un rapporto, determinando così le conseguenze giuridiche del comportamento contrattuale delle parti. Il contratto certificato ha piena forza legale. Ai sensi dell'art.79, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 si producono effetti anche verso terzi fin dal momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell'art.80; fatti salvi i provvedimenti cautelari. La certificazione, proprio per la sua natura qualificatrice è destinata a cedere in caso di erronea qualificazione del rapporto davanti l'organo abilitato. Alla funzione essenziale di qualificazione del tipo negoziale e in conseguenza di costruzione di certezze pubbliche, si ricollega a volte un'altra finalità anch'essa di interesse generale: la cosiddetta chiarezza delle dichiarazioni private; che si consegue attraverso l'opera di assistenza e consulenza che il certificatore svolge ordinariamente con lo scopo primario di richiamare l'attenzione delle parti circa l'importanza del regolamento di interessi che intendono realizzare. In tal caso l'efficacia del documento come prova ai fini processuali viene superata dalla portata sostanziale della certificazione anche se non può produrre un

effetto vincolante per le parti cosi da precludere loro il ricorso all'autorità giudiziaria che resta libera di qualificare il rapporto motivando adeguatamente le ragioni per cui si discosta dalla qualificazione certificata. IL concetto più condiviso e quello di atto avente natura amministrativa122, inquadrabile nella

categoria degli atti di certificazione di rapporti privati con lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro. A sostegno di tale orientamento è stato sottolineato il fatto che, una volta ultimata la procedura di certificazione, la certezza così raggiunta non è imputabile alle parti stesse del contratto ma all'organo preposto alla certificazione. Ne consegue che la qualificazione certificata non va considerata parte integrante del negozio privato che instaura il rapporto di lavoro, in quanto la qualificazione del programma negoziale è operata e imputata al certifier stesso, individuato come soggetto terzo rispetto alle parti cui spetta la funzione di concordare il programma negoziale. Sempre nella prospettiva di atto amministrativo, si configura anche come atto a contenuto valutativo. Questa ricostruzione

richiama la classificazione amministrativistica che distingue tre categorie di atti: quelli ricognitivi, di valutazione e le intimazioni. Agli atti dichiarativi vengono ricondotte le certificazioni quali dichiarazioni di scienza esternate in un documento in funzione partecipativa e concernente fatti precedentemente acquisiti dall'ufficio pubblico. Si distinguono certificazioni proprie ed improprie a seconda che la legge ne sancisca o meno l'obbligo di emissione. Gli atti consistenti in manifestazioni di giudizio presuppongono un procedimento di apprendimento e si risolvono nell'enunciazione dello stesso. Caratteristica di questa tipologia di atti è la discrezionalità, che li differenzia dagli atti ricognitivi. Secondo questo indirizzo interpretativo non possono ritenersi veri e propri requisiti per il perfezionamento della fattispecie negoziale ma costituiscono piuttosto una fattispecie autonoma, produttiva della specifica conseguenza giuridica di conferire certezza circa l'esistenza di un rapporto tra privati. La certificazione è, quindi, atto amministrativo appartenente alla categoria degli atti di

certazione dei rapporti privati. Connotato da

discrezionalità, costituisce una fattispecie autonoma rispetto al contratto cui accede, producendo la specifica

conseguenza giuridica di conferire certezza circa la qualificazione del contratto.

2.VOLONTARIETA'

L’art. 5, co. 1, lett. b), della legge delega 14 febbraio 2003, n.30 pone tra i princìpi e i criteri direttivi che dovevano essere alla base della certificazione: il carattere volontario e sperimentale della procedura. L’art. 78, co. 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, rispettando l’indicazione della legge delega, ha previsto come presupposto la volontarietà di detto istituto che viene assicurata dalla presentazione dell’istanza scritta obbligatoriamente comune alle parti del contratto di lavoro; ciò significa che non può essere imposta da norme collettive o da regolamenti aziendali123 né tanto meno dal datore di lavoro o altri

soggetti.

qualificata in quanto rafforzata dal duplice requisito

della comunanza della istanza e della forma scritta124.

Sulla base di quanto detto non sarà quindi possibile attivare la procedura con istanza promossa da una sola parte del rapporto.

L’art. 80 ,co.1 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, prevede la possibilità di impugnare l’atto di certificazione davanti all’autorità giudiziaria per vizi del consenso che scaturirebbero chiaramente dalla mancanza dell’effettiva volontarietà del lavoratore o da una mancanza di libertà di scelta che significherebbe carenza delle informazioni utili ai fini dell’adozione della propria decisione”125.

L’attività di assistenza e consulenza effettiva che va assicurata alle parti da parte della commissione di certificazione dovrebbe dare la garanzia circa l' effettiva volontarietà del lavoratore e, conseguentemente, colmare le lacune della parte più debole del rapporto.

Viene confermato l’importante compito che ha la

124 C. ENRICO, M.TIRABOSCHI (a cura di), Compendio critico per la

certificazione dei contratti di lavoro, Giuffrè, Milano, 2005.

125 L. NOGLER, Il nuovo istituto della certificazione dei contratti di lavoro,

commissione nei riguardi del relativo svolgimento di attività di consulenza ed assistenza che deve essere offerta alle parti contrattuali anche ai fini dell’accertamento dell’effettiva volontà delle stesse. La commissione deve comprendere se il contratto di cui viene chiesta la certificazione corrisponda al di là del suo nomen juris, al tipo di contratto voluto dalle parti e quindi anche che le previste modalità di svolgimento del rapporto siano riconducibili a quella tipologia.

Ci troviamo di fronte ad una vera e propria

rivisitazione del consenso informato in cui la mancanza

di informazione può essere fonte di responsabilità.

3.OGGETTO

Oggetto della certificazione sono i contratti di lavoro e non i rapporti126, infatti nonostante si fosse delegato il

Governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro il legislatore ha meglio precisato con il decreto

legislativo 10 settembre 2003, n.276 riferendosi ai contratti di lavoro.

Probabilmente il diverso termine utilizzato nel decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 non è stato frutto di un mero errore del legislatore e il riferimento al contratto sembra richiamare la nascita del rapporto e la sua regolamentazione, non il suo concreto atteggiarsi tra le parti.

Come evidenzia la dottrina, la certificazione infatti è limitata alla qualificazione del rapporto ed esclude la possibilità di utilizzarla per fini diversi.

Infine, come già accennato, non sono certificabili i contratti alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, per espressa previsione della legge delega 14 febbraio 2003, n.30 e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276.

Tale esclusione viene considerata contrastante con la tendenza a trattare in modo egualitario il rapporto di lavoro pubblico e privato; ma tale differenziazione non ha alcun risvolto pratico in quanto nella Pubblica Amministrazione si accede quasi esclusivamente con concorso pubblico, rendendo quindi inutile una

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 147-159)