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DAL LIBRO BIANCO DEL LAVORO AL DECERETO LEGISLATIVO 10 SETTEMBRE 2003,

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 43-99)

N.276, AL “COLLEGATO LAVORO”…

La presentazione del Libro Bianco nell’ottobre del 2001 segna l’inizio del processo di riforma del mercato del lavoro in Italia.

Il percorso disegnato trova attuazione nella legge 14 febbraio 2003, n. 30 e successivamente nel decreto di attuazione del 10 settembre 2003, n. 276.

Gli scenari aperti dalla riforma sono estesi e profondi, come mai si era verificato negli ultimi quarant’anni; ciò ha indotto alla massima attenzione nella stesura dei testi normativi, e ha suggerito alle parti sociali interessate un approccio più obiettivo e meno frettoloso.

Fra le novità più importanti e più sentite va sicuramente annotato il lavoro a progetto, al quale devono essere ricondotte, di norma, le collaborazioni coordinate e continuative.

prevedendo la forma scritta per quanto riguarda il contratto, e la obbligatorietà dei seguenti elementi:

- Indicazione della durata che può essere determinata o determinabile

- Indicazione del progetto, programma o fase di lavoro

- Ammontare del corrispettivo erogato e criteri con cui è stato quantificato

- Indicazione dei tempi e delle modalità di pagamento

- Indicazione delle modalità di determinazione di eventuali rimborsi spese

- Forme di coordinamento del lavoratore con il committente

- Misure di sicurezza adottate nei confronti del lavoratore a progetto.

Da non sottacere poi le modifiche apportate al contratto di lavoro a tempo parziale. In particolare si prevede che la contrattazione collettiva disciplini tale prestazione lavorativa stabilendo modalità e condizioni affinché la prestazione pattuita possa essere modificata, anche in aumento, da parte del datore di lavoro. Nel contratto part-time è infatti consentito apporre clausole elastiche, in aumento alla durata della prestazione lavorativa, oltre che clausole flessibili, che permettono una diversa distribuzione dell’orario concordato.

Dovrà essere la contrattazione ad individuare le motivazioni e i limiti massimi per le prestazioni di lavoro supplementare24, altri aspetti del

contratto comunque vengono riconfermati, basti pensare alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time che dovrà sempre comunque essere convalidata alla Direzione provinciale del lavoro.

Nel Libro bianco particolare attenzione merita la riscrittura dell’apprendistato, nel quale vengono individuate tre tipologie di contratto.

L’apprendistato per giovani e adolescenti che hanno compiuto quindici anni di età, essendo finalizzato al raggiungimento di una qualifica professionale; questo tipo di contratto interesserà tutti i settori di attività.

Vi è anche il contratto di apprendistato che riguarda soggetti con età compresa tra diciotto e ventinove anni nel caso di possesso di qualifica professionale; infine vi è un terzo tipo di contratto previsto per soggetti di età compresa tra diciotto e ventinove anni che riguarda tutti i settori di attività, ma la durata è stabilita dalle regioni in accordo con le OO.SS datoriali territoriali e con le Università, che stabiliranno anche i principi ai quali dovranno informarsi questi contratti.

Un altro particolare tipo di contratto riguarda, i contratti di inserimento che hanno come obiettivo l’inserimento e il reinserimento nel

mercato del lavoro di particolari soggetti, a mezzo di un progetto di adattamento professionale.

Questa tipologia contrattuale sostituisce, nel settore privato, il contratto di formazione e lavoro; anch’esso dovrà avere forma scritta e la mancanza della stessa avrà come conseguenza un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Altrettante modifiche che sono state apportate dal Libro Bianco riguarda l’autorizzazione e l’accredito di nuovi operatori, pubblici e privati. Tutte queste importanti novità hanno chiamato l'esecutivo a discutere molto attivamente in materia.

Il Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia, (disegno di legge n. 848), redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi , viene presentato al Senato il 15 novembre 2001 e qui approvato il 25 settembre 2002.

modifica rinviandolo al Senato che quindi lo approva definitivamente il 5 febbraio 2003. Il Libro bianco viene redatto con l’intenzione anche di perseguire una crescita economica e sostenibile capace di garantire un aumento sostanziale del tasso di occupazione, di migliorare la qualità del lavoro e di ottenere una più solida coesione sociale, obiettivi tra l’altro che in prima battuta dovranno essere perseguiti anche dall’ Unione europea.

Le azioni che si vogliono promuovere attraverso le proposte nel Libro bianco non sostituiscono gli strumenti di politica economica, fiscale e di politica industriale volti a garantire un percorso di crescita sostenuta; in particolare, il documento qui presentato è definito in coerenza con l’obiettivo di una progressiva riduzione degli oneri fiscali e contributivi che gravano sul lavoro, e soprattutto in linea con le direttive rilanciate dalla stessa Unione europea.

Tra gli ideali che stanno alla base del documento in questione, vi sono, la realizzazione di

strumenti per una società attiva25, intesa quale

contesto necessario per lo sviluppo delle risorse umane.

Il Libro bianco somministra quindi una vera e propria “terapia d’urto”26 promuovendo una vera

e propria crescita economica che sia in grado di accrescere, a sua volta, le possibilità occupazionali degli individui, intervenendo con l’utilizzo di correttivi, per introdurre sempre più soventemente nella disciplina, i contratti collettivi flessibili.

Come ogni documento di carattere puramente programmatico in tema di riforme dell’ordinamento, si presta ad una pluralità di letture: una lettura politica; un’osservazione tecnico-giuridica; una rivisitazione lessicale (utile, anche quest’ultima, a comprendere il senso del “nuovo” nell’elaborazione del testo). Il principale elemento caratterizzante è la discontinuità rispetto al passato e, soprattutto,

riassegnare alla volontà individuale il compito di stabilire l'ordine concreto dei rapporti.

Il governo intende concedere ciò che gli operatori economici chiedono ormai insistentemente a tutti i legislatori nazionali: una riduzione quantitativa del diritto statale e della sua funzione di controllo sociale, vale a dire, spazi più ampi per l'autonomia privata al fine di affidare allo spontaneo operare del mercato il soddisfacimento delle esigenze di libertà e di certezza di chi ha o cerca lavoro.

Difatti con il Libro Bianco assistiamo ad una vera e propria spinta verso un genuino dialogo sociale.

il documento ministeriale in questione esalta la possibilità che la riforma induca a realizzare differenziazioni anche regionali che colgano le diversità dei mercati del lavoro locali, lasciando alla legislazione nazionale il compito di fissare una normativa-cornice limitata alla definizione dei diritti fondamentali della persona nel contesto lavorativo . Questa idea apre la strada

verso un vero e proprio decentramento di rilevanti funzioni in tema di politiche del lavoro verso una differenziazione degli statuti giuridici; una territorializzazione dei diritti e una vera e propria regionalizzazione del diritto del lavoro. L'obiettivo annunciato dal Libro Bianco è quindi quello di creare una legislazione leggera.

Il rilancio dell'autonomia individuale deve operare tanto nei confronti della legge quanto nei confronti dell'autonomia collettiva, rispetto alla quale si ipotizza un sistema di raccordo fra contratto collettivo e contratto individuale, dove il lavoratore può optare d'intesa col datore di lavoro, fra diversi istituti negoziati in sede collettiva.

Il programma contenuto nel Libro Bianco contiene anche una riduzione quantitativa delle norme inderogabili attualmente applicabili al rapporto di lavoro subordinato e, contemporaneamente, un'estensione delle stesse anche a tipologie negoziali che sono sprovviste di tutele analoghe. Viene riconosciuta proprio la

derogabilità di quella disciplina legale che eccede la tutela minima comune, annunciando implicitamente l'abbandono da parte del legislatore ordinario del compito di riequilibrio della relazione tra potere sociale e giuridico intercorrente tra lavoratore e datore di lavoro nel rapporto di lavoro .

La riduzione del regolamento inderogabile di interessi a poche norme e principi, consentirebbe proprio di rivalutare convenientemente il ruolo del contratto individuale, per consentire alle parti la definizione degli assetti regolatori effettivamente conformi agli interessi del singolo lavoratore e alle specifiche aspettative in lui riposte dal datore di lavoro.

L'intenzione manifestata nel Libro Bianco è quella di introdurre un sistema di certificazione e/o validazione della volontà individuale e a garanzia di un suo corretto esercizio; viene annunciata come uno slogan al quale lo stesso documento ministeriale non dedica un particolare approfondimento .

La riforma del lavoro procederà poi con la legge delega 14 febbraio 2003, n. 30.

La legge sopra indicata infatti, riprende quindi l’istituto, lasciando tuttavia molto spazio in bianco anche in relazione ai principi dell’operato del legislatore delegato. L’istituto della certificazione nella sua gestazione ha quindi subìto una vera e propria metamorfosi spostando la sua attenzione verso il fine di dare certezza alle parti che stipulano un contratto di lavoro piuttosto che verso il fine della derogabilità assistita.

Lo stesso art. 5 della legge delega 14 febbraio 2003, n.30 fa riferimento nel titolo alla certificazione dei rapporti di lavoro, piuttosto che ai contratti, anche se questi li troviamo menzionati nel testo stesso.

Infine, giungiamo al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, attuativo della legge delega sopra citata, è da più parti criticato per non aver approfondito e affinato l’istituto.

ma riferita solo alla materia di qualificazione del rapporto di lavoro . Circoscritta a tale dimensione qualificatrice, la procedura di certificazione più che a una logica di derogabilità assistita, ambisce semplicemente a ridurre l'immane contenzioso sulla natura del rapporto, garantendo maggior certezza alle qualificazioni convenzionali.27

Si tratta circa la delega al governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti, con esclusione di quelli alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; il Governo è delegato ad adottare su proposta del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto stipulato tra le parti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

27 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di

1)Carattere volontario e sperimentale della procedura di certificazione.

2)Individuazione dell'organo preposto alla certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali costituiti ad iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche aventi competenza in materia o anche università.

3)Definizione delle modalità di organizzazione delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa documentazione

4)indicazione del contenuto e della procedura di certificazione.

5)attribuzione di piena forza legale al contratto certificato ai sensi della procedura.

6)previsione di espletare il tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dall' art. 410 c.c, innanzi all'organo preposto alla certificazione quando si intenda impugnare l'erronea qualificazione dello stesso o la

difformità tra un programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, prevedendo che gli effetti dell'accertamento svolto dall'organo preposto alla certificazione permangono fino al momento in cui venga provata l'erronea qualificazione del programma negoziale o la difformità tra il programma negoziale concordato e il programma effettivamente attuato. In caso di ricorso in giudizio, vi è l' introduzione dell'obbligo in capo all'autorità giudiziaria competente di accertare le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti all'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro.

7)attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare non solo la qualificazione del contratto e il programma negoziale concordato dalle parti ma anche le rinunce e transazioni a conferma della volontà abdicativa delle parti stesse.

8)estensione della procedura di certificazione all'atto di deposito del regolamento interno

riguardante la tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa.

9)verifica dell'attuazione delle disposizioni dopo 24 mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del ministro del lavoro e delle politiche sociali sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

La legge delega, ha precisato e fissato i criteri per l'esercizio della funzione legislativa delegata al governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, ribadendo proprio come visto, la finalità deflattiva del contenzioso e caratterizzando la procedura volontaria e sperimentale di certificazione come un istituto finalizzato a rafforzare il c.d. potere di auto- qualificazione delle parti mediante l'attribuzione al contratto certificato di una speciale efficacia allo scopo di delimitare quanto più possibile il ricorso al giudice.

Il legislatore prende atto dell'insostenibilità dell'incertezza giuridica in materia; ecco perché introduce la procedura a carattere volontario e

sperimentale della certificazione quale norma di chiusura del sistema innovativo in materia di lavoro.28

Egli stesso sottolinea anche l'importanza e la necessità verso la garanzia di una maggiore certezza del diritto preordinata alla riduzione del contenzioso anche in materia di qualificazione dei rapporti, circoscrivendo la possibilità di incursioni giudiziali ex post su rapporti di lavoro consapevolmente qualificati ex ante dalle parti escludendone la natura subordinata.

Il Decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 attua la delega conferita al governo con la legge 14 febbraio 2003, n.30 .

Presupposto della disciplina legislativa sono alcuni mutamenti strutturali dei referenti materiali, economici e sociali della produzione. Essi, in particolare, sembrano richiedere una modifica degli equilibri normativi esistenti nel senso di una riorganizzazione delle tutele giuslavoristiche.29

28 Cfr.C. ENRICO, M. TIRABOSCHI, Certificazione e tipologie di lavoro

Con l'emanazione del suddetto decreto, il legislatore evidenzia l'interesse di creare e ridisegnare un nuovo equilibrio tra l'efficienza dell'impresa e la conservazione della coesione sociale30, in virtù dell'ottica del lavoratore come

di un soggetto non solo debole nello scambio negoziale avente ad oggetto la prestazione lavorativa ma anche come soggetto esposto personalmente, nell' attuazione del rapporto obbligatorio, agli effetti derivanti dall'esercizio dei poteri dell'imprenditore o della gerarchia organizzativa interna all'impresa.31

Il decreto sottolinea il notevole e progressivo incremento della varietà e della variabilità delle situazioni che l'impresa è chiamata quotidianamente a fronteggiare.32

A ciò non contribuisce solo l'allargamento del contesto geografico in cui vengono effettuate le

29 M. D'ANTONA, Politiche di flessibilità e mutamenti del diritto del lavoro:

Italia e Spagna, pp.11 ss.

30 Alla quale è funzionale un ragionevole grado di sicurezza anche economica del lavoratore.T.Treu, Politiche del lavoro, Bologna, Il Mulino, 2001,p.25. 31 M. GRANDI, Persona e contratto di lavoro. Riflessioni storico-politiche

scelte economiche, ma anche la profonda modificazione intervenuta nei rapporti tra domanda e offerta di beni e servizi e, in particolare, la necessità per l'impresa di conquistare nuove quote di mercato mediante la produzione di beni e servizi sempre più personalizzati a vantaggio di una produzione flessibile.

Si noti come già in questo decreto attuativo vi sono le basi per un'ottica sempre più mirata a migliorare la produttività del lavoro grazie alla flessibilità. Altra evidenza è proprio lo sviluppo, contenuto nel medesimo decreto, di forme di autonomia nella subordinazione e di dipendenza nell'autonomia, che hanno contribuito a una grande modifica del lavoro subordinato. In contempo all'affievolirsi dell'etero-direzione del lavoro si sviluppa anche un incremento delle situazioni di dipendenza economica riconducibili a rapporti di lavoro autonomo . Proprio questo fenomeno ha comportato, in seguito a tale coordinamento funzionale, un'inedita fungibilità

e interscambiabilità tra contratti multiformi che vengono evidenziati con ancora più insistenza nel testo del decreto legislativo di attuazione.

33Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276,

interviene in più occasioni a sostegno di una sostanziale modifica circa il rapporto tra le fonti di regolamentazione del rapporto: legge, contrattazione collettiva e contratto individuale. Il decreto 10 settembre 2003, n. 276, al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto, nonché dei contratti di associazione in partecipazione, introduce proprio l’ istituto di certificazione, di cui tratterò più specificatamente nei capitoli seguenti.

L'auspicio è quello di poter determinare la qualificazione giuridica del rapporto che le parti intendono instaurare, prevenendo il ricorso al giudice e l'instaurazione del processo in un numero di casi quantitativamente rilevante e

statisticamente apprezzabile.

La seconda finalità dell’ istituto in questione, nonché la più importante sotto il profilo sistematico, consiste nella possibilità riconosciuta alle parti di derogare a una serie di norme altrimenti inderogabili e di validare il programma negoziale così concordato.

In questa seconda ipotesi, il fine perseguito dal legislatore è quello di espandere le possibilità regolative dell'autonomia privata mediante un meccanismo che è possibile riassumere nella formula “flessibilità negoziata in sede di certificazione”.34

Da precisare che la certificazione non è in grado di precludere o di condizionare il successivo svolgimento dell'attività di qualificazione nel corso di un giudizio tra le parti del rapporto (anche se il comportamento delle medesime, e soprattutto del datore di lavoro, in sede di certificazione potrà essere valutato dal giudice ai fini della pronuncia sulle spese del giudizio)35.

34 M.TIRABOSCHI, La cd.certificazione dei lavori atipici e la sua tenuta

L'impossibilità del prodursi di effetti preclusivi o condizionanti è esplicitamente ammesso dallo stesso legislatore allorché afferma la possibilità per le parti di ricorrere al giudice nelle ipotesi di erronea qualificazione del contratto, o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, ma anche qualora si tratti di impugnare l'atto di certificazione per vizi del consenso.

Non si può neppure ritenere che il giudice sia vincolato alla qualificazione negoziale precedentemente certificata; se così fosse, una fase essenziale del giudizio, cioè quella della qualificazione della fattispecie, sarebbe sostanzialmente svolta da enti/ organi diversi dalla magistratura, di conseguenza o le parti rinunciano alla giurisdizione del magistrato ordinario affidando a un terzo la decisione della controversia, oppure ricorrono al giudice e questi porrà in essere tutte le attività valutative necessarie alla decisione per cui il suo potere

qualificatore non potrà essere inibito o condizionato dall'eventuale certificazione.36

Laddove venga condivisa questa linea di pensiero, si deduce che l'eventuale certificazione del tipo negoziale prescelto può essere utile solo sul piano meramente fattuale: nei limiti in cui ad esempio, crei nel lavoratore l'erronea convinzione della non contestabilità della qualificazione giuridica certificata, o in cui la

possibilità di confermare quanto

precedentemente certificato induca il giudice a deresponsabilizzarsi e a non formulare una propria valutazione circa il caso concreto.37

L'atto di certificazione, come si evince anche dal testo del decreto, è destinato a produrre effetti anche nei confronti di terzi, più precisamente nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni che abbiano poteri di ispezione, vigilanza e sanzionatoria in materia di rapporti di lavoro e anche in tal caso, la certificazione è destinata a

36 M. G.. GAROFALO, La legge delega sul mercato del lavoro, in RGL, 2003, I, pp.359 ss.

37L. DE ANGELIS, La delega in materia di certificazione dei rapporti, in F.Carinci, M.Miscione, Il diritto del lavoro dal Libro Bianco al disegno di

produrre effetti e a conservare efficacia fino alla sentenza che definisce il giudizio avente a oggetto la qualificazione.

La presenza di apposite commissioni sarebbe garanzia sufficiente alla genuinità del consenso prestato dal lavoratore e dell'inesistenza di forme di coazione, diretta o indiretta, esercitate dal datore di lavoro.

L'art. 78 del presente decreto delega al Ministro del lavoro l'adozione, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo 10 settembre 2003,n.276, di codici di buone pratiche per l'individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi.

Il termine “clausola” nel decreto però pare essere utilizzato in maniera impropria; per clausole dobbiamo intendere, infatti, le norme legali che disciplinano i contratti di lavoro intermittente, ripartito, di lavoro subordinato a tempo parziale, di lavoro a progetto e di associazione in

partecipazione.

Questi codici non fanno altro che recepire, ove esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, orientano quindi le parti del rapporto di lavoro nell'esercizio della loro autonomia privata.

La loro efficacia è meramente persuasiva e non giuridica. L'istituto della certificazione, delineato dal testo del decreto attuativo stesso, pur ampliando gli spazi di decisione dell'autonomia individuale, non pare ricondurre il lavoratore a condizioni di pari potere sociale e giuridico con

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 43-99)