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RIMEDI GIUDIZIAL

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 187-200)

Ai sensi dell’art. 80, co. 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parti e i terzi, nella cui sfera giuridica l’atto è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso avanti al Giudice del lavoro per:

- erronea qualificazione del contratto;

- difformità tra programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione;

Solo le parti del contratto certificato potranno, invece, impugnare l’atto anche per:

- vizi del consenso.

legislatore delegante di consentire la possibilità di impugnare in via giudiziaria il contratto certificato. Nel compiere la propria attività qualificatrice, l'organo certificatore deve prendere atto delle sole dichiarazioni di volontà resegli dalle parti contrattuali, senza indagare la genuinità della volontà sottesa a tale dichiarazione. In altri termini, la qualificazione del tipo negoziale è attività amministrativa che prescinde da qualsiasi indagine in ordine all'esistenza di eventuali vizi del consenso espresso dai contraenti al momento della stipula del contratto ed al cui fine rilevano esclusivamente le dichiarazioni contenute nel programma negoziale oggetto della certificazione154.

Il vizio di qualificazione potrà allora consistere nell'errata interpretazione da parte del certificatore della normativa posta a disciplina di uno dei rapporti di lavoro certificabili155 ovvero nell'applicazione della

normativa stessa ad una fattispecie concreta diversa da

154 Quella certificata è dunque, la volontà dichiarata, anche qualora essi risulti viziata. Si deve pertanto ritenere che i vizi del consenso delle parti contrattuali non debbano rilevare in termini di erronea qualificazione, per una diversa ricostruzione cfr.V.SPEZIALE, La certificazione dei rapporti

di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, in Riv.giur.lav.,

2003, p.283, per il quale l'eventuale valutazione dell'erronea qualificazione compiuta dall'organo certificatorio sarà effettuata con le caratteristiche enuncleate per l'errore previsto dagli artt.1428 ss.c.c. 155 P. LUISO, Diritto processuale civile, 1999, p.396.

quella ipotizzata dal precetto legislativo:si tratta a ben vedere, dei due aspetti caratteristici dell'errore di diritto. Il giudice allora sarà indotto a qualificare diversamente il contratto da come certificato non solo ogni qualvolta rilevi l'esistenza di un vero e proprio errore di diritto posto in essere dal certificatore ma anche quando questi ritenga di dover aderire ad un difforme orientamento giurisprudenziale.

L’accertamento giudiziale sull’erronea qualificazione opera fin dalla conclusione del contratto, mentre quello relativo alla difformità tra programma negoziale e quello effettivamente realizzato opera dal momento in cui ha avuto inizio la difformità stessa.

Come dottrina ha evidenziato156, relativamente alla

difformità tra programma negoziale certificato e l' effettiva attuazione si possono presentare diverse situazioni:

1. decorso un certo periodo dalla stipula del contratto e dalla certificazione, le parti pongono in essere un altro negozio;

2. le parti, simulando un tipo di contratto lo hanno certificato ma, in realtà ne hanno dissimulato un altro

tipo;

3. le parti hanno un comportamento concreto fin dall’inizio che comporta una diversa qualificazione del contratto.

Nel primo caso non vi sono problemi in quanto il giudice accerterà che vi sia stato un accordo tacito o espresso, modificativo o innovativo di un precedente contratto e quindi la diversa qualificazione opererà dal momento in cui ha avuto inizio la difformità.

Negli altri casi, invece, il giudice prenderà in considerazione quegli elementi che la commissione non ha potuto considerare - in quanto il suo potere si ferma alla verifica documentale e all’assistenza e consulenza che fornisce nel momento dell’audizione delle parti.

Ciò comporterà non già una difformità tra programma negoziale e quello effettivamente attuato, bensì una erronea qualificazione del contratto non imputabile alla commissione. La previsione di questa seconda ipotesi di impugnazione rispecchia il principio, pressochè unanimamente accolto da dottrina e giurisprudenza, per cui, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato anziché come autonomo, il

comportamento effettivamente tenuto dalle parti durante la fase esecutiva del contratto di lavoro prevale sulla volontà espressa in sede di formazione del consenso, così come sul nomen juris da queste prescelto nel qualificare il contratto di lavoro.157

È proprio il discostamento tra il pattuito ed il realizzato che costituisce la principale fonte del contenzioso relativo all'impugnazione della certificazione. In entrambe le ipotesi può inoltre ritenersi che al ricorrente, nella stessa sede, sarà sempre possibile agire anche per l'accertamento del vizio di erronea qualificazione la cui indagine, peraltro, si renderà necessaria solo qualora non sia raggiunta la prova in ordine alla difformità tra le prestazioni dedotte in contratto e quelle accertate in giudizio; ancora una volta in ossequio al principio di effettività sul nomen

juris.

Per quanto concerne i vizi del consenso, sicuramente ci troviamo dinanzi ad una infelice formulazione della norma, perché tali vizi non possono essere riferiti all’atto certificatorio bensì al contratto, poichè alterano

la volontà dei soggetti che stipulano il contratto certificato.158

Probabilmente la norma vuol significare che la certificazione non sana eventuali vizi del consenso (errore, violenza e dolo) del contratto certificato; quindi diviene in questi casi irrilevante e i vizi possono essere fatti valere dinanzi al giudice.159Questo terzo

vizio di impugnazione della certificazione è stato introdotto dal legislatore solo in sede di attuazione, presumibilmente nel timore che in assenza di espressa previsione la possibilità di impugnare il contratto certificato per vizi del consenso potesse rimanere esclusa. Il certificatore si limita a qualificare la sola volontà per dichiarata dalle parti, senza indagarne la genuinità, di modo che eventuali vizi del consenso non possano incidere sulla validità ed efficacia della certificazione stessa.160

La Commissione, in virtù dei suoi obblighi, è tenuta a segnalare alle parti i vizi del consenso che potrebbero

158 V. SPEZIALE, L’impugnazione giurisdizionale della certificazione, in

Commentario al d.lgs. 276/03 coordinato da CARINCI, IPSOA, 2004, pag. 196.

159A. GAROFALO, op. cit., pag. 599.

160 Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro, CLARA ENRICO. M.TIRABOSCHI., Giuffrè editore., Milano, 2005.

rendere invalido il contratto se gli stessi sono conosciuti o conoscibili dalla commissione stessa con l’ordinaria diligenza.

La norma non dice nulla sul momento in cui opera la pronuncia che accerta l’esistenza dei vizi in questione ma, in base ai principi generali, la decisione accertatrice è emessa per effetto di un’azione di annullamento ed ha natura costitutiva: i suoi effetti retroagiscono, quindi, al momento in cui il negozio o l'atto si è costituito.161

Per poter adire l’autorità giudiziaria bisogna preventivamente rivolgersi alla commissione di certificazione che ha adottato l’atto per espletare un tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c.; questo a conferma del fine deflativo del contenzioso attribuito alla certificazione.

Si è più volte accennato alla possibilità che la certificazione possa venire impugnata oltre che dalle parti anche da soggetti terzi interessati a caducarne gli effetti; la disposizione è stata inserita con riferimento agli istituti che gestiscono forme di previdenza

obbligatoria162 ed al fisco.

Il co. 5 dell’art.80, conclude l’elencazione dei rimedi esperibili nei confronti della certificazione prevedendo l’impugnazione della stessa dinanzi al TAR per violazione del procedimento o per eccesso di potere. Analizzando ,specie l'art 80, si ha l'impressione che il legislatore delegato abbia comunque ravvisato l'oggetto della domanda e del giudizio nell'atto di certificazione e non già nel contratto certificato: la conseguenza sarebbe che l'attore, anzichè chiedere la condanna all'adempimento degli obblighi derivanti dal contratto verso il lavoratore e gli enti previdenziali, dovrebbe chiedere, almeno in via preliminare, l'annullamento dell'atto certificato; questa tesi però pare eversiva poiché conferirebbe al giudice del lavoro un eccezionale potere di annullamento dell'atto amministrativo e ciò,è subito smentito dallo stesso articolo. La causa petendi dell'azione viene infatti individuata nell'erronea qualificazione o nella difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione.

Non l'atto ma il contratto certificato è l'oggetto del

162 L. NOGLER, Il nuovo istituto della certificazione dei contratti di

giudizio e dell'azione dichiarativa di nullità della

certazione-qualificazione del rapporto.163

Per maggior parte della dottrina, l’elencazione di cui sopra è meramente esemplificativa, visto che il TAR è competente per tutti i vizi di legittimità degli atti amministrativi.164

Sarà quindi possibile ricorrere al TAR per incompetenza dell’organo, per violazione del procedimento, ex art.78, co.2., ecc.

Tuttavia non può non evidenziarsi come l’impugnazione dinanzi al TAR non abbia vantaggi: il giudice potrà solo dichiarare illegittimo l’atto ed annullarlo, ma questo non inciderà minimamente sul contratto.

Da contro, sarà necessario ricorrere al giudice amministrativo nel caso in cui la commissione abbia negato la certificazione.

Entrando nel merito della previsione legislativa è stato inoltre rilevato che nella certificazione non vi è alcun esercizio di discrezionalità amministrativa (perché

l’organo non sceglie tra diverse soluzioni per realizzare l’interesse pubblico), né di discrezionalità tecnica (perché la valutazione si fonda solo su norme giuridiche).165. Con particolare riferimento agli enti

previdenziali, si prevede che questi siano destinatari di un'apposita informativa circa l'esistenza delle procedure di certificazione in corso; è facile presumere che questi avranno interesse a rimuovere gli effetti della certificazione ogni qualvolta, sulla base degli accertamenti esperiti,vogliano agire per ottenere dal datore di lavoro le differenze contributive derivanti dalla diversa qualificazione del rapporto di lavoro. Pertanto, qualora l'ente previdenziale avesse omesso di impugnare la certificazione, in sede di opposizione a ordinanza ingiunzione o a cartella esattoriale, il giudice,appresa dagli atti l'esistenza del contratto certificato, dovrebbe pronunciare sentenza di annullamento dell'ordinanza ovvero di illegittimità dell'iscrizione a ruolo della cartella esattoriale.

Infine, sebbene l'eventualità di un'impugnazione della certificazione da parte di terzi appaia strettamente

connessa alla tutela dei descritti interessi di pubblico rilievo, il generale riferimento operato dal legislatore delegato ad ogni terzo nella cui sfera giuridica l'atto stesso è destinato a produrre effetti, sembrerebbe imporre la medesima necessità anche a carico di soggetti portatori di interessi privati. Dinnanzi al giudice civile, sia nell'ipotesi in cui la certificazione sia stata impugnata dal terzo attore contestualmente alla proposizione della domanda, sia che questa sia stata portata a giudizio a seguito dell'eccezione del presunto datore di lavoro convenuto, ciò avrà l'unico effetto di introdurre una fase di accertamento incidentale a seguito del quale il giudice potrà giungere ad una pronuncia di merito sulle richieste dell'attore.

L'originaria formulazione del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 già contemplava all'art 78, co. 2°, lett.c), la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo; l'art 80, co. 5, del testo definitivo del decreto ora opportunamente individua il Tribunale amministrativo regionale competente cui ricorrere per violazione del procedimento o per eccesso di potere in quello nella cui circoscrizione abbia sede la commissione che ha certificato il contratto. L'espressa

previsione della possibilità di impugnare la certificazione innanzi al TAR, chiedendone l'annullamento per illegittimità, dovrebbe fugare ogni dubbio circa la volontà del legislatore di riconoscerle natura di vero e proprio atto amministrativo anche nell'ipotesi in cui venga adottata da parte degli enti bilaterali. In particolare è previsto che le commissioni di certificazione,nel rispetto dei codici di buone pratiche debbano comunicare l'inizio del procedimento di certificazione alla Direzione provinciale del lavoro che a sua volta inoltrerà la comunicazione alle autorità destinatarie degli effetti della certificazione166; definire

la procedura di certificazione entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'istanza, motivare l'atto di certificazione e indicare il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere, indicando gli effetti civili, amministrativi, previdenziali, o fiscali in relazione ai quali le parti chiedono la certificazione167.

166 L'esplicita previsione di un obbligo di informativa a carico della Direzione provinciale del lavoro nei confronti delle autorità pubbliche lascia supporre che queste ultime potranno intervenire attivamente nell'ambito della procedura di certificazione.

167 La formulazione della norma lascerebbe presumere che le parti possano in qualche modo indirizzare gli effetti della certificazione richiesta.A ben vedere,tuttavia, tale potere dispositivo non sembra attribuibile alle parti contrattuali:il legislatore,infatti,menziona unitamente agli effetti civili della certificazione,anche quelli amministrativi,previdenziali e fiscali.La norma impone cioè al certificatore un obbligo di informativa delle parti

La violazione di legge si configurerà anche nel caso in cui si sia certificato una tipologia contrattuale non certificabile.

Per quanto riguarda l'impugnabilità della certificazione per eccesso di potere nell'attività certificatoria, è possibile ipotizzare, tra i possibili vizi concernenti l'esercizio del potere discrezionale, quello del certificatore che abbia in qualche modo travisato le dichiarazioni effettuate dalle parti, ovvero certificato un rapporto di lavoro secondo una tipologia differente da quella che era intenzione delle parti certificare. La possibilità di ricorrere al TAR al fine di ottenere l'annullamento della certificazione per violazione di legge ed eccesso di potere, sottointende la natura amministrativa di tale atto.

CAPITOLO 5: CERTIFICAZIONE IN EMILIA

Nel documento la certificazione dei contratti di lavoro (pagine 187-200)