Capitolo I - Il Servizio Sanitario Nazionale
1.9. Enti del SSN italiano
L’attuale struttura del Servizio Sanitario Nazionale è articolata su tre livelli: centrale, regionale e locale. Relativamente al primo, fanno parte, oltre al Ministero della Salute, coadiuvato dal Consiglio Superiore di Sanità (CSS), gli organi tecnici che concorrono al
30 Il DPCM 29 novembre 2001, Definizione dei Livelli essenziali di assistenza, elenca nell’allegato 2A le prestazioni escluse dai LEA e negli allegati 2B e 2C le prestazioni erogabili in particolari condizioni. Fonte: http://www.salute.gov.it/
raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini. Il Ministero della salute istituito definitivamente con la L. 13 novembre 2009, n. 17232, entrata in vigore il 13 dicembre 2009, costituisce l’organo centrale del SSN. Al Ministero, coerentemente ai dettami implicati dall’adesione all’UE, sono affidati i seguenti compiti:
garantire a tutti l’equità del sistema, la qualità, l’efficienza e la trasparenza, anche mediante una comunicazione corretta e adeguata;
evidenziare le disuguaglianze e le iniquità, promuovendo le relative azioni correttive e migliorative;
collaborare con le regioni nella valutazione e nel miglioramento delle realtà sanitarie; tracciare le linee dell’innovazione e del cambiamento e fronteggiare i grandi pericoli
che minacciano la salute pubblica.
Ai fini della presente ricerca, è utile soffermarsi sull’analisi del livello regionale che vede come protagoniste nella tutela della salute, a seguito della regionalizzazione del sistema, le regioni e le province autonome. Il decentramento ha lo scopo di garantire la diversità delle soluzioni e favorire la governabilità dei servizi, essendo le regioni più vicine e più sensibili ai bisogni della popolazione. Alle regioni è affidata, in via esclusiva, la responsabilità di organizzare le strutture e i servizi sanitari e sono direttamente impegnate ad assicurare l’effettiva erogazione delle prestazioni incluse nei LEA, tenuto conto delle specifiche esigenze del territorio nazionale.
Andando più in dettaglio, vediamo che con l’introduzione delle normative in materia sanitaria che prevedono lo spostamento dei poteri dallo Stato alle regioni, a queste ultime sono stati affidati tre compiti fondamentali:
a) determinare il Piano sanitario regionale (PSR), definendo i livelli di assistenza, eventualmente superiori a quelli nazionali, organizzando la rete dei distretti e la rete dei servizi e dei presidi. Devono, inoltre, prevedere l’organizzazione formale interna delle aziende e porre in essere la funzione di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle USL, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità;
32 Legge 13 novembre 2009, n. 172, Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato, pubblicata in G.U. n. 278 del 27/11/2009.
b) determinare il sistema di finanziamento delle aziende sanitarie mediante la fissazione dei criteri di riparto del fondo sanitario, delle tariffe per le prestazioni e del concorso degli utenti;
c) prevedere sistemi di controllo qualità, verificando il rispetto dei requisiti minimi e classificando le strutture erogatrici, con particolare riguardo all’introduzione e all’utilizzazione di sistemi di sorveglianza e di verifica di qualità dei servizi e delle prestazioni.
Il compito di verificare l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale è stata affidata al Comitato permanente di verifica dei LEA, istituito presso il Ministero della salute, con il Decreto Ministeriale 21 novembre 2005.
Fig. 1.7 – I livelli di governo e di gestione del SSN
Le regioni hanno quindi il compito di assicurare servizi sanitari e socio-sanitari nei principi di solidarietà, equità ed universalità, al fine di favorire lo sviluppo omogeneo del sistema sanitario e assicurare un progressivo superamento delle diseguaglianze sociali e
Il modello istituzionale di ogni singola regione si caratterizza dalla scelta strategica di ASL integrate, separate oppure miste.
Le ASL e le AO sono le aziende operative attive sul territorio.
Le ASL si occupano di erogazione ma nella maggior parte dei casi anche di produzione attraverso i presidi ospedalieri, mentre le AO si dedicano solamente alla produzione specialistica.
ORGANIZZAZIONE DEL SSN ITALIANO
Lo stato ha il compito di garantire la programmazione della politica sanitaria, di stabilire i LEA e di finanziare il SSN.
La regione assume la diretta responsabilità per quanto riguarda il governo e la spesa. Essa svolge il ruolo della capogruppo, esercitando tutti i poteri tipici delle holding: nomina e revoca dei DG; approvazione dei bilanci; avallo delle alienazioni patrimoniali e delle assunzioni di personale; fornitura del capitale di investimento e copertura delle perdite.
STATO REGIONE AZ. SANITARIA LOCALE GOVERNO AZIENDA OSPEDALIERA EROGAZIONE E PRODUZIONE PRESIDI OSPEDALIERI
territoriali. Oltre a tutto ciò, la regione si occupa di verificare il raggiungimento di determinati obiettivi.
Nell’organizzazione sanitaria italiana va evidenziato anche il rapporto Stato-Regioni che viene siglato attraverso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Tale Conferenza opera nell’ambito della comunità nazionale per favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni e delle Province autonome, costituendo la sede privilegiata della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali. Consente infatti alle Regioni di partecipare alle scelte del Governo, nelle materie di comune interesse e di approfondire le questioni politico-amministrative più rilevanti.
Il livello locale è caratterizzato dalla presenza delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e dalle Aziende Ospedaliere (AO), brevemente descritte di seguito. Con il riordino del SSN, le USL e gli ospedali autonomizzati sono stati trasformati in Aziende di diritto pubblico. La necessità di connotare tali enti con questo termine ha origine dalla constatazione che all’interno di organizzazioni complesse come quelle sanitarie (si pensi che in un USL operano in media 4/5 mila addetti) è spesso imperante uno sperpero generalizzato. Il legislatore si propone pertanto di connotare tali organizzazioni con caratteri di efficienza e di efficacia relativamente all’attività svolta, propri di realtà aziendali che producono beni di altra natura. Esse risultano, pertanto organizzate secondo un modello aziendale, con meccanismi di flessibilità, autonomia imprenditoriale e responsabilità diretta della dirigenza.
1.9.1. Azienda Sanitaria Locale
Le Aziende Sanitarie Locali (ASL)33 sono enti dotati di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, che provvedono ad organizzare l'assistenza sanitaria nel proprio ambito territoriale e ad erogarla attraverso strutture pubbliche o private accreditate. Le ASL presenti nel territorio nazionale sono in totale 195 e garantiscono tutte le prestazioni fissate a livello nazionale nei Livelli essenziali di assistenza (LEA).
Ciascuna ASL è organizzata nelle seguenti tre strutture tecnico-funzionali complesse: presidio ospedaliero;
33 L’Azienda unità sanitaria locale in alcune regioni è denominata ASL, in altre AUSL o AULSS, come avviene in Veneto.
distretto socio-sanitario; dipartimento di prevenzione.
Il presidio ospedaliero è un ospedale non costituito in azienda ospedaliera, in quanto privo dei requisiti di legge (art. 4, comma 9, d.lgs. 502) e gode pertanto di un'autonomia molto minore. Esso comunque ha autonomia a livello direttivo, in quanto vede la presenza di un medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative e di un dirigente amministrativo responsabile della gestione amministrativa. I suddetti presidi conservano poi autonomia economico-finanziaria con contabilità separata, seppure interna al bilancio dell'Azienda sanitaria locale di riferimento. Il direttore sanitario del presidio ospedaliero dipende dal direttore generale dell'ASL.
Il d.lgs. 502/92 conferma l’articolazione, già prevista nella legge 833/78, in distretti, caricati di enormi funzioni, tanto da diventare essenziali nel processo di riordino del sistema sanitario. Il distretto sanitario di base (DSB) viene indicato tra le priorità di intervento nel PSN 94-96 nel quale viene definito come «articolazione organizzativo-funzionale della USL finalizzata a realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio-assistenziali, in modo da consentire una riposta coordinata e continuativa ai bisogni sanitari della popolazione». In sostanza, il distretto è un’articolazione territoriale dell’Azienda alla cui missione contribuisce, assicurando alla popolazione residente la disponibilità e l'accesso ai servizi e alle prestazioni di tipo sanitario, socio-sanitario e sociale secondo criteri di equità, accessibilità e appropriatezza. Il Distretto ha, nel tempo, mutato ruolo e funzione subendo un’evoluzione che lo ha portato ad essere configurato come un sistema integrato di unità organizzative che interagiscono per realizzare le finalità dell’assistenza primaria. Tale evoluzione nasce dalla necessità di offrire una risposta più adeguata a un bisogno di salute in una fase di profonda trasformazione, in cui il baricentro del Servizio Sanitario Nazionale si va spostando sempre più dall’ospedale al territorio. Sinteticamente, rientrano nel livello di assistenza distrettuale, le seguenti attività assistenziali: cure primarie, continuità assistenziale, assistenza medica e infermieristica di base, medicina specialistica territoriale, assistenza domiciliare integrata con particolare riferimento all’handicap fisico e alla popolazione anziana, assistenza farmaceutica e prevenzione e cura delle tossicodipendenze, sostegno delle condizioni di disagio, disabilità e medicina legale; salute sessuale, riproduttiva e materno-infantile, salute pediatrica, vaccinazioni e alimentazione; salute adolescenziale e dei giovani adulti; contrasto e trattamento delle
dipendenze, salute dell’anziano (in particolare prevenzione e trattamento malattie croniche ed Alzheimer).
All’interno della struttura dell’USL, le regioni hanno istituito un dipartimento di prevenzione le cui attività, elencate nell’art. 20 della legge 833/78, sono rivolte alla prevenzione collettiva e di tutela della salute della popolazione. Si tratta di interventi che mirano non solo all’individuazione e alla rimozione del fatto nocivo in sé, ma soprattutto delle cause di possibili malattie, di origine umana e animale, che interessano gli ambiti collettivi potenzialmente a rischio. Il dipartimento è articolato almeno nei seguenti servizi: igiene e sanità pubblica; prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro; igiene degli ambienti e della nutrizione e veterinari.
1.9.2. L’Azienda Ospedaliera
Gli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione possono essere costituiti in Aziende. Sulla base di quanto previsto dall’art. 4 del d.lgs. 502/92 spetta alle regioni trasmettere le proprie indicazioni al Ministero della Sanità entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto. Sono identificati come tali quegli ospedali che:
hanno almeno tre strutture di alta specialità34 organizzate in aree funzionali omogenee; dispongono di un’organizzazione dipartimentale dei servizi che compongono la
struttura di alta specializzazione;
i policlinici universitari, i presidi ospedalieri in cui è presente il percorso formativo del triennio clinico della facoltà di Medicina e Chirurgia e quelli che operano in strutture di pertinenza dell’Università;
gli ospedali che costituiscono centro di riferimento della rete di servizi di emergenza, cioè dotati del servizio di emergenza e, di norma, anche di elisoccorso.
Sul territorio nazionale sono presenti 102 Aziende Ospedaliere e hanno il compito di assicurare l’erogazione delle prestazioni sanitarie ai cittadini, nel rispetto delle modalità e nei regimi appropriati, attraverso l’uso efficace delle risorse a disposizione. Si tratta naturalmente di istituti, specialmente pubblici, dotati di apposite strutture e apparecchiature, che li rendono atti al ricovero e alla cura medica o chirurgica di quanti necessitano di assistenza sanitaria.
Secondo il decreto legge 13 settembre 2012, n. 15835, convertito in legge 8 novembre 2012, n. 18936 vengono distinti in tre classi, a seconda del bacino di utenza:
di base, con un bacino compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, con pronto soccorso e un numero essenziale di specialità;
di primo livello, con 150.000-300.000 abitanti, con dipartimenti di emergenza-urgenza e diverse specialità e tecnologie avanzate: ad esempio, un pronto soccorso, un reparto medicina, un reparto chirurgia e dodici reparti specializzati;
di secondo livello, tra 600.000 e 1.000.000 di abitanti, prevalentemente ospedali di grandi dimensioni non scorporati dalla ASL e particolari specializzazioni, p.e. con l'aggiunta di neurochirurgia e cardiochirurgia.