• Non ci sono risultati.

Come evidenzia bene l’indagine “Future in Mind” condotta dall’IBE, l’epilessia sembra non potersi scrollare di dosso la “disinformazione” e “la superstizione, le prime cause del disagio e dell’emarginazione che perseguitano chi soffre di questa malattia” specie all’interno dei nuclei sociali in cui cresce il piccolo paziente, in primis la famiglia e la scuola.

Epilessia e famiglia: atteggiamenti dei genitori

La diagnosi di epilessia viene spesso vissuta come una tragedia totalizzante, coinvolgente, capace di alterare i ritmi normali dell'esistenza, di scuotere la stabilità della famiglia. Essa, infatti, non interessa solo l’individuo che ne è affetto ma ha conseguenze su tutti i membri della famiglia. Le famiglie possono oscillare tra comportamenti di:

 iperprotezione e quindi attuare una limitazione della autonomia del figlio,

 negazione o rifiuto della malattia del figlio con conseguente colpevolizzazione del figlio e svalutazione delle sue capacità,

 mancanza di affetto con conseguente riduzione del coinvolgimento emotivo al fine di proteggersi da sentimenti come la paura.

Tutti questi comportamenti assunti da madri e padri di bambini epilettici, che sono una dolorosa testimonianza dello stigma che la società assegna all’epilessia, possono favorire nel figlio l’assunzione di comportamenti di isolamento e di difficoltà relazionali, reazioni depressive o aggressive. Il silenzio, il tener segreta l’epilessia peggiora solo le cose. Inevitabilmente, questi stessi atteggiamenti di non accettazione della malattia avranno conseguenze sfavorevoli anche sulla unità e sull’equilibrio famigliare. Se la famiglia trova difficoltà nell’accettare l’epilessia del figlio, un valido aiuto in questo senso potrebbe venire proprio dal parlarne:

 con il medico specialista per avere maggiori chiarimenti e manifestare perplessità,  incontrando genitori con lo stesso problema entrando a far parte di una delle

associazioni contro l’epilessia,

 informando e istruendo sulla malattia le persone che si trovano a contatto con il bambino,

 con il bambino stesso incoraggiando domande sulla malattia e fornendo risposte chiare ed adeguate all’età. La consapevolezza del bambino, quindi l’essere al corrente di che cosa significa la malattia di cui soffre, è fondamentale per permettendogli di gestirla al meglio.

L’informazione, secondo alcuni ricercatori, sarebbe una strategia per poter essere accettati più facilmente, evitando che venga assegnato un marchio. In questo modo, combattendo lo stigma associano a questa malattia, si migliora anche la convivenza famigliare.

Epilessia e scuola: un difficile rapporto

Al fine di dissipare l'ignoranza intorno alla malattia, contribuendo a migliorare la qualità di vita delle persone epilettiche, è più che mai necessario partire dall’ambito scolastico. La scuola ha un ruolo determinate nella formazione non solo del bambino e ragazzo di oggi ma soprattutto dell’uomo di domani. Per questa ragione è necessario intervenire con programmi informativi capillari, proprio nella scuola, a contatto diretto con gli insegnanti ed i bambini: un bambino ben informato sarà un adulto privo di pregiudizi. In

particolare è necessario preparare gli insegnanti, al fine di consentire un corretto inserimento degli alunni affetti da tale malattia ed evitare loro inutili ansie, malcontenti e soprattutto emarginazione.

Uno degli impegni in questo senso è stato il progetto “Sfida al pregiudizio: epilessia e

scuola” portato avanti dall’Associazione ONLUS San Valentino. L’obiettivo di questo progetto, illustrato nel sito della associazione, è fornire una corretta informazione sull’epilessia per l’abbattimento del pregiudizio e supportare la scuola affinché possa sostenere i soggetti affetti da epilessia, “curando” la formazione dei docenti e l’organizzazione di ambienti di apprendimento e l’impiego di strategie educative coinvolgenti come la redazione del giornale telematico DIVERSA…MENTE a cura dei bambini e dei ragazzi delle scuole in rete che tratteranno la tematica dell’epilessia. Il giornale telematico può diventare uno strumento di comunicazione di idee, fatti, opinioni riguardo la diversità, propria o dell’altro, dentro un circuito virtuale ma che avvicina i ragazzi e soddisfa anche gli educatori, perché lo strumento tecnologico è un mezzo e non un fine. La finalità è crescere le nuove generazioni con la convinzione che la diversità è un valore, una risorsa irrinunciabile per lo sviluppo dell’umanità. L’altro è diverso da me ma non per questo differente da me, con meno diritti o potenzialità.

Come affermato nei presupposti teorici del progetto, ancora oggi l'epilessia viene erroneamente considerata una malattia mentale e spesso gli insegnanti di un bambino con epilessia si chiedono se ci sono diversità fra questo bambino e gli altri alunni. In alcuni ambienti scolastici permane il pregiudizio che le crisi epilettiche siano causa di una riduzione delle capacità mentali od almeno che gli alunni affetti da tale malattia abbiano disturbi del comportamento. La disinformazione ha portato nei secoli a stratificare nell’opinione pubblica, nei confronti dell’epilessia, pregiudizi difficili da sradicare, che rendono difficile la vita quotidiana di chi ne è affetto: non è facile vivere con una malattia considerata a torto pericolosa per sé e per gli altri, contagiosa, incurabile, inguaribile. Anche se è vero che gli antiepilettici possono di per sé indurre effetti collaterali sul versante neuropsicologico (da disturbi di attenzione e concentrazione, a deficit più specifici ad es. della memoria o della denominazione...), solo una piccola parte di alunni con epilessia presenta effettivamente dei ritardi nello sviluppo e nell’ apprendimento. Inoltre, i problemi legati all'educazione non sono più gravi di quelli che si presentano con gli altri bambini. Molto spesso gli alunni con epilessia si trovano a dover affrontare situazioni di svantaggio e talvolta anche di emarginazione (ad esempio alcuni genitori pretendono che i propri figli non giochino

con loro, etc.). Tutto ciò, oltre a pregiudicare il senso di sé ed una buona autostima, può influire negativamente sull'andamento scolastico.

Quando il bambino con epilessia fa il suo ingresso a scuola i genitori dovrebbero informare il Dirigente della malattia di cui soffre il figlio lasciando poi a questi la possibilità di valutare se e come informare gli insegnanti. A questo proposito è bene ricordare che, nel dare notizie corrette sulla malattia, è prudente evitare di sbandierare una diagnosi che potrebbe generare preoccupazioni e allarmismi, sopratutto se il bambino ha una forma di epilessia "benigna e ben controllata"; ciò per evitare comportamenti differenziati da parte degli insegnanti. In ogni caso, il comportamento dei compagni nei confronti del bambino con epilessia dipenderà dal modo in cui l'insegnante ne avrà parlato alla classe. L'insegnante dovrebbe essere informato dei possibili problemi causati dalle crisi e di come si manifestano. Se conosce le caratteristiche delle crisi potrà riconoscerle ed evitare di punire il bambino ingiustamente per il suo comportamento durante la crisi (es. se fa scarabocchi, o non risponde alle domande, etc.). Occorre distinguere se un comportamento "disturbato" è la conseguenza diretta della malattia (una o più crisi possono "spegnere" la coscienza del bambino anche più volte al giorno con il risultato che lo stesso non riesce a seguire tutto quello che dice l'insegnante), oppure è causato da errori di educazione o da sfavorevoli condizioni ambientali (es. povertà di risorse). Un’informazione corretta e capillare è fondamentale, non solo per un’adeguata gestione medica dei pazienti epilettici, ma anche per migliorarne la qualità di vita fino alla guarigione, evitando quanto accade a gran parte delle persone che hanno sofferto di epilessia: guarire dalla malattia portando con sé, per tutta la vita, le conseguenze psicologiche e sociali del pregiudizio storico. Da questa premessa si evince quanto l’esperienza di sentirsi “diverso” dall’altro, in quanto mancante di una “salute normale”, sia un elemento che possa mettere un bambino, l’adolescente e in seguito l’adulto, in una posizione di insuccesso, con atteggiamenti passivi e sottomessi nell’adattarsi alle richieste dell’ambiente, provando spesso senso di inferiorità, timidezza, mancanza di autostima. La stima e la fiducia in se stessi permette di prendere decisioni da soli e di mettersi in relazione con gli altri in un rapporto di parità e uguaglianza. Credere in se stessi aiuta le persone a superare momenti difficili e di scoraggiamento e accettarsi per quello che si è, con pregi e difetti, permette di non fare a noi stessi richieste inadeguate ed esagerate. La scuola ha la necessità di investire sulle componenti emozionali affinché il percorso formativo che offre sia in armonia con lo sviluppo evolutivo di ogni bambino che frequenta la scuola.

Il concetto di “diversità” per troppo tempo è stato accompagnato dall’idea di “normalizzare” l’altro convinti che la realtà fosse sinonimo di “normalità”. Oggi la scuola dovrebbe sostenere le molteplici diversità senza necessariamente ridurle a unicità, ma riconoscendo il valore aggiunto che le singole originalità offrono ad un mondo che soffre di un eccessivo conformismo. Inoltre, la scuola è pertanto chiamata ad assumere responsabilmente il suo ruolo di istituzione forte che può influenzare il mondo del sociale, offrendo dei modelli relazionali, di accettazione e condivisione, più ampi di quelli finora sperimentati.

CAPITOLO 2

IL COSTRUTTO PSICOLOGICO DEL LOCUS OF CONTROL (LOC):