• Non ci sono risultati.

LOC: AMBITI DI APPLICABILITÀ E STRUMENTI DI MISURAZIONE Introduzione

3.2 Gli strumenti di valutazione del LOC negli adulti

3.2 Gli strumenti di valutazione del LOC negli adulti

Seguendo le rassegne di Lefcourt del 1976, 1981,1983 e 1984 e l’articolo della Nigro (1983), è possibile ricostruire lo sviluppo degli strumenti per la misurazione del LOC.

Prima di Rotter

Il primo tentativo di costruire una scala per la misurazione delle differenze individuali nelle aspettative generalizzate e nelle credenze sul controllo esterno è di Phares (1957). Egli ha voluto mostrare che le persone sulla base delle istruzioni “capacità” o “fortuna”, si formano aspettative di rinforzi, di successo o di fallimento, diverse nelle due condizioni. Phares ha elaborato una scala di tipo Likert4, con tredici items, a cui i

4 La scala Likert è una tecnica per la misura dell'atteggaiemento. Tale tecnica consiste principalmente nel mettere a punto un certo numero di affermazioni (tecnicamente definiti item) che esprimono un atteggiamento positivo e negativo rispetto ad uno specifico

soggetti rispondono esprimendo il loro grado di accordo con le affermazioni proposte, scegliendo tra alcuni livelli predefiniti di accordo e disaccordo. Gli items corrispondono ad affermazioni che esprimono attitudini o atteggiamenti interni o esterni. Questa scala è un primo tentativo di misurare le differenze individuali ed ha convinto Phares della possibilità di prevedere il comportamento. Come ipotizzato, egli ha trovato che gli individui che ottengono un punteggio esterno si comportano come gli individui della condizione “fortuna”: hanno meno aspettative generalizzate, dopo l’estinzione ne recuperano di meno, hanno meno cambiamenti di aspettative dopo un successo o un fallimento.

La revisione di questa scala è stata immediata: nello stesso anno infatti James e Phares (1957) hanno costruito, sulla base del primo, uno strumento in formato Likert con sessanta items, corrispondenti a diverse opinioni a cui accordare o meno il proprio consenso. Di queste sessanta affermazioni alcune sono riempitive (trenta secondo Lefcourt), le altre sono abbastanza dirette ad individuare la questione in esame. Dalle istruzioni i soggetti sanno che a queste affermazioni possono rispondere utilizzando i valori da zero (forte disaccordo) a tre (forte accordo), senza preoccuparsi della coerenza tra le risposte, ma solo di ciò che sentono realmente. Questa scala è stata usata per alcune ricerche con soggetti normali, schizofrenici, con disabili fisici e con studenti universitari.

La scala di James e Phares è importante, perché rappresenta la fonte da cui si è sviluppata la scala più nota, quella di Rotter. Infatti, essa è stata modificata e superata da Liverant, Rotter e Crowne (1961), i quali presentarono uno strumento diverso dai precedenti: la loro scala era un insieme di sotto-scale specifiche per aree circoscritte di aspettative in base agli obiettivi: il conseguimento dei risultati, la conoscenza e le capacità sociali, l’affetto, le attitudini politiche, la desiderabilità sociale. Inoltre, era nuovo anche il formato del test: esso si presentava come un questionario a scelta forzata, composto da cento items poi ridotti a sessanta, esprimenti credenze interne contrapposte a credenze esterne: di ogni coppia di affermazioni se ne doveva scegliere solamente una. Gli autori si sono accorti che le sotto-scale non fornivano risultati indipendenti, predizioni separate l’una dall’altra, ma che ogni sotto-scala era collegata con altre: per esempio l’obiettivo di conseguire i risultati era legato all’obiettivo della oggetto. La somma di tali giudizi tenderà a delineare in modo ragionevolmente preciso l'atteggiamento del soggetto nei confronti dell'oggetto. Per ogni item si presenta una scala di accordo/disaccordo, generalmente a 5 o 7 passi. Ai rispondenti si chiede di indicare su di esse il loro grado di accordo o disaccordo con quanto espresso dall'affermazione.

desiderabilità sociale. Per questo motivo è stato abbandonato il metodo delle scale che misurano aspettative di controllo in aree specifiche.

La scala Interno-Esterno (I-E) di Rotter

Un’ulteriore revisione della scala di Liverant, Rotter e Crowne ha comportato modifica della terminologia, per risultare appropriata anche agli adulti privi di istruzione secondaria o agli studenti frequentanti i livelli scolastici inferiori; ha comportato una riduzione del numero delle coppie di affermazioni, diventate ventitré (a cui si sono aggiunti sei items riempitivi per rendere ambiguo lo scopo del test) e una trasformazione della scala in unifattoriale, tendente ad individuare in modo generale e non più specifico l’internalità e l’esternalità del controllo di una persona. Questa nuova scala elaborata da Rotter nel 1966, detta scala Interno - esterno o I-E, ha il preciso scopo di misurare le aspettative generalizzate dei soggetti riguardo ai rinforzi. Il campione usato da Rotter era costituito da quattrocento persone, per metà femminile e per metà maschile. Le conclusioni a cui è giunto coinvolgono le differenze di sesso: le donne sarebbero generalmente e tipicamente più esterne degli uomini. Inoltre l’esternalità è vista come un adeguato meccanismo di difesa dai fallimenti, legato al disadattamento: punteggi estremi in questo senso suggerirebbero passività, difficoltà ambientali. Quale conseguenza dell’unifattorialità della scala, secondo Lefcourt si ha un concetto di LOC come un tratto di personalità sul quale sembrerebbe possibile costruire una tipologia: gli interni sarebbero persone potenti, assertive ed efficaci, più liberali, socialmente capaci e ben adattate, meno soggette ad ansietà, grazie all’abilità di reprimere gli insuccessi e le esperienze spiacevoli; mentre gli esterni sarebbero impotenti ed incompetenti.

Rotter spiega che nessuno degli items è direttamente indirizzato alla preferenza per il controllo interno o esterno, ma che essi esprimono piuttosto un’ampia varietà di differenti situazioni e comportamenti relativi. È una precisa intenzione dell’autore, come ha chiarito nel 1975, sviluppare uno strumento che, piuttosto che fornire predizioni molto sicure in situazioni specifiche, fornisca basse probabilità di fare predizioni, ma in una varietà di situazioni. Secondo Rotter il suo test è quindi più adeguato per studiare le differenze tra i gruppi, che per fare previsioni per il singolo individuo.

La scala di Rotter è la più nota e la più generale, in quanto non è diretta ad un campione specifico di soggetti, né ad indagare aspettative in aree specifiche; è stata considerata lo

strumento più agile e facilmente somministrabile; è oggi un punto di riferimento per chiunque si voglia occupare di LOC e della sua misurazione. È questo forse il motivo per cui è quasi l’unica scala di misurazione del LOC tradotta in italiano.

Il questionario nella sua versione prodotta dalla Nigro (1983) è stato somministrato a duecento studenti e duecento studentesse di diverse facoltà dell’Università di Napoli. Seguendo il procedimento di Rotter, le elaborazioni sono state effettuate sui due campioni separatamente e sul campione combinato, ottenendo una distribuzione di frequenza abbastanza simile a quella dei campioni originari in cui erano state trovate significative differenze dovute, o meglio ricondotte, alla variabile “sesso”. Oggi queste eventuali differenze si spiegano non come un tratto di personalità, ma come riconducibile a ruoli sessuali propri della società e della cultura odierna. Come la scala di Rotter, anche quella italiana può essere somministrata individualmente o collettivamente e consiste in una serie di coppie di affermazioni. Il punteggio si riferisce al numero di scelte di affermazioni esterne: il risultato “23” significa massima esternalità, il risultato “0” significa massima internalità.

Dalla lettura del questionario di Rotter si ricavano considerazioni: 1) alcuni items propongono affermazioni generali altri invece fanno riferimento a fatti specifici, come gli eventi avversi, il trovare un lavoro, il fare amicizia e il piacere agli altri; 2) sono contemplate le diverse forme di esternalità; si parla della fortuna, del caso e di eventi accidentali, di occasioni che capitano o no, ma anche del potere dei politici sui cittadini, degli insegnanti sugli studenti, del capo sui lavoratori; 3) sono presenti affermazioni che contengono diversi aspetti del LOC come per esempio l’incapacità di fare previsioni lontane nel tempo o la credenza fatalistica che la fortuna in futuro aumenti o diminuisca in base ai successi o ai fallimenti ottenuti in precedenza.

Dopo Rotter: una nuova prospettiva

Negli anni 70, all'originale semplicità del modello monodimensionale o Interno - esterno proposto da Rotter sono andati sostituendosi modelli multidimensionali e multifattoriali (Stenley, 1984). Dopo Rotter, si sarebbero quindi sviluppate varie scale che indagano il LOC in molteplici sfere dell’esistenza e secondo prospettive e ambiti diversi. Queste scale multidimensioanli dovrebbero, secondo i loro autori, avere maggiore potere predittivo rispetto alle misure interno/esterno (Hau, 1995). Inizialmente, i modelli multidimensioanli sono stati definiti sulla base di studi compiuti utilizzando la scala I-E di Rotter (Hyman, 1991). In seguito, sono state costruite scale

diverse dal modello originario come ad esempio quella di Levenson (1973), di Lefcourt (1981) e di Pahulus e Christie (1981), tanto da poter contare nel 1993 più di 20 questionari diversi per la misurazione del LOC (Furnham e Steele, 1993). I vantaggi delle scale multifattoriali sono dati principalmente dalla possibilità di individuare per ciascun soggetto un profilo articolato delle credenze relative al controllo, nonché, rispetto alla scala di Rotter, dalla formulazione degli item in prima persona e dall’adozione di risposte di tipo Likert (che rendono più facile la somministrazione del questionario rispetto al confronto tra coppie di frasi). Gli svantaggi consistono nelle problematiche metodologiche conseguenti alla varietà di dimensioni messe in luce dai diversi autori, che rendono a volte difficoltosa la confrontabilità dei risultati ottenuti.

a) La Levenson's LOC Scale (1981)

Particolare diffusione ha registrato la scala di Hanna Levenson (Levenson's LOC Scale, 1981) basata sulla teoria dell’apprendimento sociale di Rotter (1966). Essa include tre sottoscale: la scala I (Internal), che misura il grado con cui le persone ritengono di avere controllo degli eventi della propria vita; la scala P (Powerfull Others) relativa all’aspettativa del controllo esercitato da altre persone che detengono il potere; la scala C (Chance) che si riferisce al controllo attribuito alla casualità. Il concetto di internalità nella sua scala è lo stesso utilizzato da Rotter, mentre la dimensione esterna viene estesa in modo da includere due tipi di orientamenti esterni: powerful others (non ben rappresentata nella scala di Rotter) e chance. Queste tre scale consentono di accertare separatamente le tre maggiori fonti di controllo dei rinforzi che gli individui ricevono. Levenson, infatti, ritiene che una persona che crede nel controllo da parte del destino sia differente dal punto di vista cognitivo e comportamentale rispetto ad una persona che sente di mancare di controllo personale a causa del potere altrui: se il primo può sentirsi un fatalista frustrato dal corso degli eventi (dimensione fatalista), il secondo può sentire che il peso del controllo esterno si può subire o ad esso si può reagire con realismo (dimensione adattiva). Questo aspetto dell’esternalità è importante perché permette l’azione sociale (Nigro, 1985). L’esternalità può così facilitare comportamenti propositivi, aumentare la stima di sé, può essere una zona di sviluppo, di cambiamento verso l’internalità, uno spazio in cui possono operare programmi di trattamento, di rieducazione. In particolare, sostiene Levenson, i modi in cui le persone interpretano gli altri potenti fornirebbero informazioni riguardanti la probabilità di cambiamento

dell’orientamento del controllo. È questo un aspetto che l’autrice si auspica venga ulteriormente indagato.

b) La batteria delle sfere di controllo di Paulhus e Christie (1981)

Un altro modello è quello Paulhus e Christie (1981). Questi autori hanno cercato di estrarre i sotto-fattori presenti nella scala di Rotter. Dopo averne individuati diciotto, li hanno ridotti a quattro sulla base del comportamento: attività socio-politica, comportamento interpersonale, personale conseguimento di risultati e controllo di sé. L’idea di differenziare in questo modo il concetto del controllo percepito è a fondamento dell’approccio delle sfere di controllo. Mentre Rotter aveva assunto, implicitamente e senza una base teorica, che fosse più proficuo considerare gli individui come simili nelle aspettative di controllo delle diverse sfere e differenti soltanto l’uno dall’altro, Paulhus e Christie immaginano e propongono un individuo circondato nel suo spazio di vita da sfere concentriche, a partire dal nucleo centrale costituito dal sé.

Scopo di questi autori è di ridare la giusta importanza alla dimensione che, fino a quel momento, era stata più trascurata: la sfera del comportamento interpersonale, sotto cui già si raggruppava il maggior numero di items, ma senza esserne consapevoli. In ogni sfera l’individuo trova una varietà di forze esterne con cui battersi. Il controllo della sfera del conseguimento personale dei risultati è detto efficacia personale e si ha per esempio nella risoluzione di problemi, rompicapi. Il controllo interpersonale, corrispondente alla terza sfera, si ha nelle interazioni a due o di gruppo: sviluppare relazioni, mantenere l’armonia familiare. Percepire il controllo nella quarta sfera, ovvero avere il controllo socio-politico implica per esempio il partecipare a manifestazioni, boicottare dei prodotti, inviare lettere a politici. Concettualmente le tre sfere che circondano il sé sono indipendenti per cui si possono ottenere diverse aspettative di controllo nei tre ambiti di interazione. Queste permetterebbero di tracciare un profilo del controllo della persona rispetto al mondo. Il fattore unico di Rotter non caratterizza in modo adeguato le credenze delle persone; piuttosto può darsi che ogni altra dimensione rintracciata in precedenza (fortuna, potere altrui, mondo giusto, difficile) tagli in senso trasversale le sfere di Paulhus e Christie e operi in tutti o in alcuni campi comportamentali.

L’approccio delle sfere di controllo fornisce dunque alcuni vantaggi, quali una suddivisione sistematica delle aspettative di controllo, un’attenzione per il nucleo interno nei diversi livelli comportamentali, piuttosto che per le forze esterne, per meglio

caratterizzare le persone. La batteria SOC (Spheres of Control, sfere di controllo), in cui si sostanzia l’approccio, risulta articolata in tre sotto-scale, una per ciascuna sfera: ognuna è composta da dieci affermazioni, alcune positive, altre negative. Se la scala della Levenson risulta ricca, esauriente, flessibile, il dispositivo di Paulhus e Christie appare decisamente più completo, approfondito ed articolato, perché essi propongono un’analisi che copre il settore dell’attribuzione (fortuna, capacità o impegno personale, altre persone), dei risultati (successo o fallimento), del target (se stessi o gli altri) e delle sfere di attività (conseguimento personale dei risultati, vita interpersonale, attività socio-politica).

In particolare, questi autori esplicitano il target, prima ignorato o considerato solo in parte. La stessa Levenson pur individuando diverse fonti di controllo, si era però fissata su un unico bersaglio di controllo: il sé. Il modello qui presentato invece è riuscito a sintetizzare le variabili che in precedenza gli autori avevano isolatamente considerato. Esso permette di fornire un profilo che tenga conto delle fonti che determinano certi

risultati propri o di altri (target), che il soggetto può percepire in diversi tipi di attività. Una struttura del genere aiuta l’ideazione di nuovi items tenendo conto, come già aveva detto Gregory, di bilanciarne il numero in base al tratto a cui fanno riferimento.

Questa scala è un modello che pur presentandosi come generale, comprensivo di tutti gli aspetti, è però costruito in modo tale da avere un valore specifico per attività, persone. Potrebbe per questo motivo essere molto preciso ed adattarsi bene alle situazioni per rispecchiarle fedelmente.

c) Le Multidimesional-multiattributional causality Scales di Lefcourt (1981, MMCS)

Nella sua rassegna dedicata soprattutto ai problemi legati alla misurazione del LOC del 1981, Lefcourt, oltre a dare voce a diversi autori, si ritaglia uno spazio personale per esporre la sua scala del 1979, la MMCS (Multidimensional-Multiattributional Causality

Scale), ovvero Scala di Causalità Multidimensionale-Multiattribuzionale: il nome deriva dal fatto che nel costrutto egli ha tentato di far convergere le influenze della teoria dell’apprendimento sociale e delle teorie attribuzionali. Mentre queste ultime soffrono di una sovra-specificità, in quanto introducono molte variabili per spiegare le differenze individuali (attribuzioni all’abilità, allo sforzo, conseguenze di stima di sé o di depressione, impotenza o incompetenza, esperienze di successo, di fallimento), la prima soffre di mancanza di differenziazione (controllo interno ed esterno). Lefcourt ha costruito due strumenti per le aree “conseguimento di risultati“ e “affiliazione”. Ognuno

è composto da ventiquattro items che, per la metà, riportano esperienze di successo e per la metà di insuccesso. I ventiquattro items sono divisi in quattro sotto-scale sulla base dei diversi tipi di attribuzione: attribuzioni interne, stabili (abilità, capacità), attribuzioni interne, instabili (sforzo, motivazione), attribuzioni esterne, stabili (caratteristiche casuali, difficoltà del compito), attribuzioni esterne, instabili (eventi fortuiti). La scala è in formato Likert: i valori vanno da zero a quattro. Grazie a questa scala le persone possono essere descritte in termini di aree in cui sentono di avere bisogno di aiuto per ottenere dei risultati.

d) L’approccio “arco di vita” delle scale di Nowicki e Strickland

Nowicki e Duke hanno focalizzato la loro attenzione sui punti deboli della misurazione del LOC ed hanno tentato di fornire delle soluzioni. Il grande numero e la diversa tipologia degli strumenti approntati per la misurazione del LOC ha ostacolato gli studi comparativi e longitudinali. Essi sostengono che al 1983 sono state elaborate più di trenta scale, la maggior parte delle quali è pensata per un gruppo specifico, per una certa popolazione, senza trovare forme parallele per altre popolazioni e senza avere così un minimo supporto di validità.

Inoltre, spesso certi strumenti si assicurano la propria validità con il metodo del test-retest e con la correlazione con un solo strumento precedente, ma non con altri. Di conseguenza le scale risultano prive di consistenza. Ciò che ai due autori sembra allora indispensabile è una scala che possa adattarsi parallelamente ad altri gruppi per consentire il confronto. Nel tentativo di risolvere questo problema avviarono presso la Emory University un vasto programma di ricerca per lo sviluppo di misure che consentissero comparazioni e studi longitudinali cha ha dato luogo ad un consistente corpus di ricerche (Nowicki, 1972, 1976, 1981; Nowicki e Duke, 1974, 1974b, 1983; Nowicki e Strickland, 1973). Le scale sviluppate, denominate Nowicki e Strickland permettono di misurare il LOC lungo tutto l'arco di vita e di imporre ricerche longitudinali5. Gli autori Nowicki e Duke hanno concretizzato un approccio del tipo “arco di vita”. Con i loro dispositivi essi ritengono di superare alcune lacune della scala di Rotter: l’interferenza della desiderabilità sociale nel LOC; la difficoltà di lettura del

5 Le principali scale sviluppate sono: la Preschool and Primary school Nowicki e Strickland Internal-External LOC scale (PPNSIE- Nowicki, 1981a); la Children's Nowicki e Strickland Internal-External LOC scale (CNSIE- Nowicki e Strickland, 1974), la Adult Nowicki e Strickland Internal-External LOC scale (ANSIE- Nowicki e Duke 1974a), la Geriatic Nowicki e Strickland Internal-External LOC scale (GNSIE, Duke, Shaheen e Nowicki, 1974).

testo per chi non ha un’istruzione superiore; la mancanza di strumenti comparabili per le altre età della vita.

Oltre a coprire queste lacune, Nowicki e Strickland hanno tradotto i loro strumenti in altre lingue e per altre popolazioni dal momento che fino al 1973 la maggior parte delle ricerche avveniva su campioni di bianchi nord-americani. Inoltre gli autori hanno proposto di verificare la validità del costrutto mettendo in relazione l’internalità con altre variabili di personalità, d’interazione sociale e con i risultati scolastici: con la maggior apertura del sé, la riflessività, l’altruismo, un minor distacco verso gli estranei, una maggior tenacia, la popolarità, e con una minore ansietà, l’autoritarismo, la debolezza, la conformità, il senso di colpa e di difesa del sé.

e) Il Trent Attribution Profile di Wong, Watters e Sproule (TAP, 1984)

Il questionario di Wong, Watters e Sproule (1984) è il Trent Attribution Profile o TAP e si fonda sul modello dell’attribuzione causale di Weiner (1979). Nell’approccio attribuzionale il LOC è solo una delle due dimensioni del processo attributivo. L’altra è la stabilità. Un soggetto può attribuire la causalità in base alla dimensione interno ed esterno del LOC e in base alla dimensione della stabilità (causa stabile o instabile). In base a queste due attribuzioni ci sono una serie di fattori causali: abilità (interna e stabile), impegno (interno e instabile), difficoltà del compito (esterno e stabile) e fortuna (esterna e instabile). Nell’approccio di Wong e Sproule (1984) la distinzione tra successo e fallimento, e un confronto tra se stessi e gli altri, permettono di valutare anche “attributional biases”. La TAP è una scala con 12 items che riguardano situazioni scolastiche, sociali e finanziarie. Ciascuna situazioni è presentata sia come successo che come insuccesso che possono riguardare noi stessi o gli altri. Ad esempio, una situazione scolastica è rappresentata in 4 diversi items: successo personale, successo altrui, insuccesso personale, insuccesso altrui. Per ciascun items sono possibili 4 spiegazioni e per ciascuna è possibile dare un punteggio da 0 a 5. Riferendosi ad un particolare evento (es.: situazione finanziaria difficile, propria o altrui) il soggetto potrebbe rispondere assegnando un alto valore contemporaneamente alla sfortuna e all’insufficiente impegno o capacità personali.

Secondo gli autori il profilo attribuzionale che ne deriva è sensibile alle differenze di