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La definizione della funzione di domanda dipende, tra l’altro, dalla struttura fiscale prescelta per il finanziamento dell’offerta dei beni pubblici — da cui dipende la stima del c.d. tax price (11) — e dalla percezione del carico fiscale, in misura più o meno aderente alla realtà, da parte dell’elettore. Gli studi empirici mostrano, al ri­ guardo, una considerevole varietà di approcci: dall’ipotesi di ripar­ tizione uniforme del costo di Borcherding e Deacon [1972], in cui la quota d ’imposta dell’EM è semplicemente pari a 1 IP, dove P rap­

i l i ) Il “ prezzo” fiscale rappresenta la somma che il cittadino paga (o, se­ condo una diversa ottica, la “ misura” in cui egli contribuisce) per l’offerta di una unità addizionale del bene pubblico.

presenta il livello assoluto della popolazione; all’ipotesi stocastica di Bergstrom e Goodman [1973], secondo la quale le quote d’imposta percepite sono variabili casuali distribuite in modo indipendente con valori attesi uguali alle quote d ’imposta effettive (12).

Lo studio di Pommerehne e Schneider [1978] affronta, in modo particolare, la questione della c.d. “ illusione fiscale” e dei relativi presunti effetti distorsivi (valutati comparativamente in relazione ai diversi regimi di democrazia, diretta e rappresentativa). Pomme­ rehne e Schneider assumono, a questo riguardo, che esista una re­ lazione diretta tra sottostima dei costi dei beni pubblici e complessi­ tà del sistema di tassazione, quest’ultima dipendente dal numero delle imposte e dal loro grado di visibilità. Come stimatore degli ef­ fetti della complessità del sistema di tassazione sul prezzo fiscale, essi adottano l’indice di concentrazione di Herfindahl (13), intro­ dotto nell’equazione della domanda come fattore moltiplicativo del prezzo stesso. Tale indice assumerà valore unitario in caso vi sia un’unica fonte di entrata e valori inferiori all’unità nella circostanza opposta di una molteplicità di fonti. Nel primo caso l’effetto “ illu­ sione fiscale” risulterà nullo, essendo il prezzo percepito esatta­ mente corrispondente a quello effettivo; nel secondo caso, al con­ trario, si avrà una “ sistematica” sottostima del proprio carico fisca­ le, essendo il prezzo fiscale apparente inferiore al prezzo effettivo. In sede di stima, affinché le ipotesi formulate da Pommerehne e Schneider risultino convalidate, l’indice dovrebbe pertanto mostra­ re un coefficiente di segno negativo, come è stato peraltro confer­ mato dalle verifiche ad esso inerenti. A tale indice, la cui scelta po­ teva sembrare relativamente arbitraria, vennero poi affiancate al­ tre misure, come per esempio la frazione delle imposte rispettiva­ mente altamente “ visibili” e “ invisibili” sul totale del gettito, otte­ nendo, tra l’altro, risultati del tutto equivalenti. 12 13

(12) Nell’ambito delle verifiche empiriche condotte con riferimento alla realtà statunitense, posto il sistema di finanza locale vigente, è frequente il ricor­ so, per quanto riguarda il problema della specificazione del “ prezzo” fiscale, ad approssimazioni consistenti in una qualche manipolazione dell’imposta locale sulla proprietà. Cfr.: Ba r r J.- Da v i s O .A ., 1966.

(13) Il valore dell’indice è dato dall’espressione C/ÌS,= 2./REV^ 2, dove REV^ è pari alla quota dell’entrata relativa alla j . ma imposta sul totale delle en­ trate, calcolate nell’anno i. Esso non pretende, ovviamente, di catturare tutti gli aspetti di complessità che possono caratterizzare la struttura di un sistema fiscale. 16. Riv. dir. fin . - 1 - 1992.

2.3. Costo del bene pubblico.

La spesa per la produzione del bene pubblico varia anche in dipendenza del grado di “ pubblicità” dei beni (14) e delle economie o diseconomie di scala nella produzione degli stessi (con il dilatarsi della popolazione di riferimento). Si può fare riferimento, per quanto concerne il primo aspetto, alla trattazione di Borcherding e Deacon [1972]. La quantità totale di un determinato bene pubblico G si traduce in termini di benefici individuali G* secondo la relazio­ ne (dove P è la popolazione):

[3] G* = G P - a

cosicché se a = l, si ha il caso del bene privato puro, mentre se a=0 si ha il caso polare opposto del bene pubblico puro.

Il costo di G, in secondo luogo, si assume dato da:

[4] qGP°

dove q rappresenta il costo unitario del bene pubblico e dove per

O>0 e O<0 si hanno, rispettivamente, diseconomie ed economie di

scala nella produzione nel caso di popolazioni ridotte o di ampia dimensione.

Il p r e z z o fisc a le o c o sto u n ita rio e ffe t t iv o d e l l 'e m sa rà p e r ta n to d a to d a :

[5]

Pm = rqpa+a

d o v e C d e n o ta la q u o ta d ’ im p o s ta d e l l ’ EM (15). 14 15

(14) “ I servizi pubblici locali sono un tipico esempio di beni collettivi pub­ blici misti, quindi caratterizzati da possibili variazioni di qualità, da insorgenza di costi di congestione e da imperfetta indivisibilità*'[Santagata, p. 45, 1988], Inol­ tre, cfr.: At k in s o nA .B .-St i g l it zJ.E ., 1980.

(15) Nella [5], il parametro a, noto come parametro di crowding, si combi­ na con un distinto parametro inerente la produzione. Laddove la citata separazio­ ne non venga operata o deliberatamente “ ignorata” (il problema, in effetti, veni­ va considerato teoricamente superato in base all’ipotesi di costi di produzione o rendimenti costanti; viceversa Bo r c h e r d in g e De a c o n [1972], nel cui lavoro tale ipotesi risulta abbandonata), è presumibile attendersi valori del parametro di cro­

wding, quello dei due più frequentemente modellizzato, superiori al limite teorico

dell’unità. Valori “ anomali” di stima del suddetto parametro di crowding, nella

sua formulazione convenzionale, sono stati effettivamente rilevati in numerose ri­ cerche, proprio in coincidenza della mancanza di una appropriata specificazione dei due fenomeni descritti. Cfr.: Be r g s t r o m T .C .- Go o d m a n R .P ., 1973; Po m m e- r e h n eW .W .-Fr e yB., 1976; Po m m e r e h n eW .W ., 1978; In m a n R .P ., 1978.

La funzione di domanda di cui alla relazione [1], sulla base di quanto sin qui discusso e supponendo elasticità al reddito e al prez­ zo costanti (e, ó), può essere esplicitata, adottando la formulazione log-lineare e nei termini della quantità desiderata e percepita dal-

I ’e m G*, nella:

[6] logG* = a + elogi™ + ólog

(rgPa+a)

oppure, in termini di spesa prò capite (indicata con

EIP),

nella: [7] lo g

(EIP)

= a + e lo g i™ + ó l o g f " + (l+ò)\ogq +

- [ l - U + ó ) (a + a )]lo g P .

L ’equazione [7] può essere riformulata così da esprimere la spesa prò capite (reale) nei termini del reddito medio (F) (16):

[8] log (E/PY) = ai + a2log( 1™/ Y) + aslogtm +

+ a^ogq + a5logP + (a2—l)\ogY.

Una crescita della quota della spesa può essere spiegata, sulla base del modello e m secondo diverse possibili ipotesi interpretative:

a) aumento del reddito prò capite, con una elasticità della spesa al reddito superiore all’unità;

b) redistribuzione del reddito, con un aumento del reddito mediano relativamente a quello medio (dove ag> 0 ) : Director’s law,

c) diminuzione nel carico fiscale percepito (dove a3< 0), inter­

venuta per mutamenti nella struttura della tassazione o a causa di un’accresciuta incidenza del fenomeno dell’illusione fiscale;

d) contrazione, in termini relativi, del prezzo dell’output del

settore pubblico (dove a3< 0);

e) sviluppo demografico, nel caso di costi crescenti e basso grado di “ pubblicità” (dove a4> 0 ) (17).

Il modello e m, nelle sue più sofisticate formalizzazioni, consen­ te inoltre di catturare altri importanti fattori, appartenenti alle sfe­ re politico-istituzionali e burocratiche, che possono agire nel senso di moderare o intensificare la dinamica della spesa pubblica: 16 17

(16) Per una trattazione più dettagliata, si veda: Atkinson A.B .-Stiglitz

J.E ., 1980.

(17) Le preferenze dell’elettore mediano, in conclusione, sembrano pertan­ to dipendere da: 1) fattore gusti, 2) reddito (mediano), 3) “ prezzo” fiscale (media­ no), 4) relazione tra spesa totale e benefici attesi, 5) parametri correttivi: popola­ zione (via il grado di “ affollamento” ed economie di scala nella produzione), va­ riabili ausiliarie di diversa natura.

f) più attiva partecipazione di fasce dell’elettorato propense ad una maggiore azione statale (gruppi a basso reddito);

g) accentuazione dell’attività dei gruppi di interesse (pressio­ ni per aumenti dei sussidi settoriali: industria, ecc.);

h) mutamenti nell’indirizzo ideologico dei partiti politici do­ minanti;

i) perseguimento, ad opera delle agenzie di governo dell’o­ biettivo della espansione della spesa;

l) costi crescenti della gerarchia amministrativa.

I tentativi di stima dei modelli e di verifica empirica delle ipo­ tesi dianzi accennate dovranno peraltro far fronte, tra gli altri, a problemi definitori (inerenti, per esempio, la definizione di settore pubblico) e di scelta per quanto riguarda le variabili o, alternativa- mente, le proxies delle stesse su cui basare le elaborazioni econo­ metriche. La natura delle variabili studiate (18), infine, potrebbe far apparire più appropriato lo studio simultaneo di più relazioni mediante sistemi multiequazionali.

2.4. Verifica del c.d. “modello dell’elettore mediano” : “ multi­ ple and fractile fallacy” .

La stima del modello dell’EM non può essere ancora considera­ ta una verifica soddisfacente delle ipotesi sottese (19): “ ... in a number of cases it is not possible to reject thè competing hypothesis that thè spending is some multiple of that desired by thè median voter or that another percentile (rather than thè median) is decisi­ ve” [Romer e Rosentahl, p. 27, 1978]. Mentre per la prima delle due critiche, c.d. multiple-fallacy, non è possibile procedere ad al­ cuna verifica, non esistendo nei modelli previsioni o restrizioni sul­ la dimensione del termine costante, non altrettanto può dirsi a ri­ guardo della seconda. Il “ modello dell’elettore mediano” è stato, in effetti, posto a confronto con il “ modello dell’elettore medio” (o, più semplicemente, con modelli incrementali) in diversi studi, che tut- 18 19

(18) La spesa pubblica, assunta in questo contesto come variabile endoge­ na, è stata, all’opposto, per lungo tempo considerata, dalla generalità della teoria macroeconomica, uno strumento di manovra della politica fiscale del governo, e pertanto più propriamente da qualificarsi come variabile esogena rispetto ai mo­ delli considerati.

(19) “ It is common practice xn economics io r test » a hypothesis by chec­ king whether the results are ‘consistent’ with it without exploring whether they are also consistent with other, conflicting hypothesis” [Mueller, cap. 6, 1979].

tavia non hanno portato a risultati del tutto univoci: Pommerehne e Frey [1976] e Pommerehne [1978], per la realtà svizzera; Boyne [1987], in riferimento alla realtà inglese; e, infine, Leuthold [1988], per la realtà statunitense. Pommerehne, Pommerehne-Schneider e Boyne, inoltre, hanno sviluppato ulteriormente il modello, tenendo espressamente conto, in sede di verifica, delle differenze rilevabili nell’ambito delle diverse istituzioni democratiche (20).

I risultati dei citati studi indicano una migliore adattabilità, seppure limitata, del modello mediano rispetto a quello medio nella spiegazione della spesa pubblica locale. Tale superiorità appare più significativa all’interno dei sistemi di democrazia diretta, sottoli­ neando così, come già rimarcato, l’effetto “ distorsivo” e di allenta­ mento, rispetto alla relazione tra le preferenze dell’EM e i risultati finali, comportato dall’introduzione dei rappresentanti nell’ambito dei processi decisionali. L ’esistenza di referendum obbligatori o an­ che solo opzionali, per le implicazioni che esercitano in termini di vincoli e pressioni sulle scelte e sul comportamento dei rappresen­ tanti stessi, si è dimostrato sufficiente, alla luce delle stime, a mi­ gliorare le performances del modello e m in rapporto a quanto si ve­ rificava in realtà in cui tali forme di controllo erano totalmente assenti.

3. Il teorema dell’elettore mediano: il caso dell’Italia.

3.1. Introduzione.

Ai fini della definizione della metodologia di lavoro e della spe­ cificazione dei modelli attraverso i quali verificare il potere esplica­ tivo del teorema dell’EM nel contesto italiano, si è tenuto conto di due fondamentali aspetti. In primo luogo, si è fatto riferimento al­ l’impostazione ed alle linee di indagine sviluppate da Bergstrom e Goodman [1973]. In particolare, ci si è avvalsi della “ rivisitazione’’ fattane da Atkinson e Stiglitz [1980] per applicazioni su dati tipo ti-

me series. In secondo luogo, in sede di definizione e scelta delle

variabili strategiche e di stima dei modelli, si è dovuto necessaria- 20

(20) In tali ricerche viene messa particolarmente in evidenza e testata l’in­

fluenza dei differenti elementi e gradi di democraticità caratterizzanti i diversi as­ setti istituzionali, “ stratificando” in conseguenza i campioni esaminati nelle di­ stinte sottopopolazioni rispettivamente delle democrazie dirette, al loro interno ulteriormente classificabili in base alle diverse forme di partecipazione dei cittadi­ ni, e delle democrazie rappresentative, con o senza referendum.

mente tener conto, in qualità di vincolo, delle informazioni e dei dati concretamente disponibili, del loro grado di affidabilità e di omogeneità. Tali vincoli hanno, nello stesso tempo, seriamente in­ fluenzato l’ampiezza dell’intervallo di tempo (1961-1988) su cui è stato possibile condurre le verifiche.

Le stime e le connesse verifiche delle ipotesi hanno, pertanto, principalmente lo scopo di fornire una indicazione di massima, in termini anche comparativi, sull’applicabilità dei modelli considerati e appaiono comunque suscettibili di perfezionamenti sotto diversi profili.

L ’ipotesi che si è cercato di verificare può essere, in termini generali, così sintetizzata: il livello assoluto, la composizione del­ l’intervento delle pubbliche amministrazioni e la dinamica nel tem­ po di quest’ultimo sono funzione delle preferenze della famiglia avente reddito mediano. Nelle stime sono stati considerati pertanto i settori istituzionali amministrazioni pubbliche e famiglie (21).

Come indicatore dell’intervento delle pubbliche amministra­ zioni (variabile dipendente) è stato adottato l’aggregato di contabili­ tà nazionale consumi collettivi delle amministrazioni pubbliche. So­ no stati distinti due casi, a seconda che la spesa in consumi colletti­ vi venisse considerata in termini aggregati o ripartita per area fun­ zionale. Le stime sono state quindi condotte separatamente per i due casi, mediante specifiche regressioni. La scelta del reddito fa­ miliare, in luogo di quello individuale, si giustifica considerando che informazioni adeguate relativamente alla distribuzione dei red­ diti sono state raccolte, mediante specifiche indagini della Banca d ’Italia e, solo in epoca relativamente più recente, dell’Istat (22), unicamente in riferimento ai bilanci familiari.

Il modello dell’elettore mediano è stato poi specificato in due versioni. La prima deriva direttamente da ipotesi interpretative ed approcci di carattere generale (23). La seconda versione si caratte­ * 22 23

r i ) Per la definizione dei settori istituzionali e degli aggregati si è fatto ri­ ferimento alle definizioni di contabilità nazionale. Eventuali difformità verranno segnalate e commentate di volta in volta.

(22) Istat, La distribuzione quantitativa del reddito in Italia nelle indagini sui bilanci di famiglia - Anni 1980, 1981, 1982, in Supplemento al Bollettino men­ sile di statistica, 1983; Istat, La distribuzione quantitativa del reddito in Italia nelle indagini sui bilanci di fam iglia: anno 1986, 1987, 1988, 1989, Collana d’infor­ mazioni, anni vari.

(23) Cfr.: Borcherding T .E .-Deacon R .T ., 1972; Bergstrom T .C .-Good­

man R .P ., 1973; Atkinson A.B .-StiglitzJ.E ., 1980; Meltzer A .H .-Richard S.F., 1981; Fratianni M .-Spinelli F ., 1982.

rizza per il riferimento ad una ipotesi interpretativa particolare, per la quale la dinamica della spesa pubblica andrebbe spiegata in un’ottica più propriamente redistributiva. Ogni versione è stata poi stimata in sei diverse varianti, introdotte al fine di tener conto del fenomeno dell’« illusione fiscale » (24).

Il modello dell’elettore mediano è stato infine confrontato, sot­ to il profilo della bontà delle stime e della significatività dei risulta­ ti, con un modello di tipo tradizionale, basato sui valori medi delle variabili esplicative (25).

La verifica dei modelli è stata effettuata anche in chiave previ­ siva, confrontandone le rispettive proiezioni con i valori delle va­ riabili osservati nel periodo di riferimento.