A ben vedere tutte le argomentazioni di questo filone si fonda no non tanto sull’esistenza di una remunerazione differita, quanto
soglia dei redditi esenti, R cresce esponenzialmente con l’aliquota marginale di imposta, mentre D (il reddito aggiuntivo derivante dal ricorso al risparmio pen sionistico) è massimo per l’aliquota che soddisfa la seguente uguaglianza: [4] in (1 - t) + 1 = e" stimata [Lerman, 1986] al 39% per n = 15 ed i = 14%.
sul fatto che tale remunerazione è suscettibile di una gestione fles sibile da parte del datore di lavoro, sia in termini di riconoscimento del diritto al trattamento, sia in termini di accumulazione non linea re della pensione stessa, di modo che interruzioni premature o per manenze inefficienti generino una perdita netta per il lavoratore. Da questo punto di vista l’economia del lavoro (ma non solo questo filone di indagine) ha particolare riguardo non per qualunque tipo di pensione privata, bensì per quella modalità specifica che — se condo diverse formule — commisura i benefici pensionistici alla re munerazione del lavoratore ed alla sua anzianità e non all’entità dei contributi versati.
Le due modalità, quella che prefissa i benefici ed impone la determinazione dei contributi in modo conseguente (i piani a bene ficio definito, nel seguito BD) e quella che per contro fissa esogena mente i contributi, lasciando ai trattamenti il ruolo di variabile en dogena (piani a contribuzione definita, nel seguito CD) si differen ziano per numerose caratteristiche, come avremo modo di sottoli neare. Con riferimento al grado di flessibilità di un piano, esso di pende dai margini di discrezionalità con cui possono essere scanditi nel tempo due elementi: l’iscrizione al piano e l'acquisizione del di ritto al trattamento da un lato, l’accumulazione dei diritti pensioni stici ed il percepimento del trattamento dall’altro. Come vedremo nel prossimo paragrafo, la caratteristica esclusiva dei piani BD è quella di poter generare un’accumulazione dei diritti pensionistici concentrata negli anni finali della carriera lavorativa e, conseguen temente di godere di consistenti margini di scelta nella cadenza con cui i trattamenti sono finanziati.
Viceversa, per quanto riguarda il primo elemento di flessibili tà, l’iscrizione al piano e l’acquisizione del diritto al trattamento, è probabile che in assenza di disciplina entrambe verrebbero ritarda te il più possibile sia con i piani BD che con quelli CD: ciò per il ri sparmio contributivo del datore di lavoro, ma anche per il deter rente alla mobilità che il rinvio comporta.
N e ll’esperienza Usa, la disciplina pubblica, avviata dall’ERiSA
(Employee Retirement Incoine Security Act) nel 1974, mentre ha
fatto progressivamente coincidere l’iscrizione al piano con l’avvio del rapporto di lavoro (con un margine massimo di un anno), ha la sciato un notevole grado di flessibilità nella concessione dei diritti pensionistici (vesting) — cioè le condizioni che debbono essere sod disfatte affinché l’erogazione della pensione (all età del pensiona
mento) non sia condizionata alla permanenza in servizio con il da tore di lavoro originario.
È previsto che il lavoratore che receda da un piano prima del l’età pensionistica abbia diritto al recupero dei propri contributi (in un piano contributivo), il cui ammontare è noto in un piano CD, mentre viene determinato convenzionalmente in un piano BD.
Il lavoratore ha inoltre diritto a recuperare i contributi del da tore di lavoro in relazione ai propri diritti acquisiti (vested). Esisto no varie forme per concedere il vesting, ma nella sostanza esse so no riconducibili a tre modalità di base. Seguendo la prima, la con cessione avviene contestualmente all iscrizione al piano: il vesting è cioè immediato e totale. Le altre due possono prevedere una con cessione totale ma rinviata di 10 anni rispetto l’iscrizione al piano (cliff vesting), oppure una concessione graduale (2). Nel caso di un vesting graduale, il lavoratore parzialmente vested e liquidato in somma capitale dal datore di lavoro può “ ricomprarsi ” i benefici accreditati (accrued) ma non ancora vested reinvestendo la somma versatagli più un tasso di interesse fissato convenzionalmente.
Se il piano è contributivo, il lavoratore può ricomprarsi i diritti non vested (superiori al 50%) anche dopo avere interrotto il rap porto di lavoro.
2.2. Flessibilità e backloading.
Il secondo elemento di flessibilità, l’accumulazione dei benefici pensionistici nella parte finale della carriera lavorativa (backloa ding) rimane appannaggio dei soli piani BD.
Il meccanismo ha il fine essenziale di disincentivare i lavorato ri ad abbandonare il datore di lavoro prematuramente. Più precisa- mente, il backloading fa sì che il rapporto tra i benefici maturati in ciascun anno ed il salario del lavoratore cresca al crescere dell’an zianità del lavoratore stesso.
In termini generali, l’ammontare dei benefici pensionistici è ri conducibile a due criteri: quello che nella commisurazione dei be nefici considera l’anzianità e/o il salario (unii benefit) e quello che
(2) A sua volta, la gradualità può essere applicata secondo due regole di
base: la prima prevede una concessione del 25% dei benefici cumulati dopo 5 an ni, del 5% nei successivi 5 anni e del 10% negli altri 5, mentre la seconda è la co siddetta regola del 45 poiché prevede una concessione del 50% quando età ed an zianità di servizio danno 45 come somma e del 10% negli anni successivi.
ignora l’anzianità (flat benefit)), offrendo un beneficio compreso tra il 30 ed il 50% della remunerazione (media o finale) a tutti coloro che superano una durata minima di servizio. A sua volta il criterio
unit benefit, che qui interessa, può essere applicato ricorrendo a
tre formule: quella che attribuisce al lavoratore una cifra fissa mol tiplicata per la sua anzianità, quella che offre una somma commisu rata alla media della remunerazione del lavoratore nel corso della sua carriera (normalmente applicando una percentuale tra l’ I ed il 2%), ed infine quella che determina la pensione come percentuale sul suo salario finale (o sulla media degli ultimi anni, tipicamente 3- 5-10 anni) moltiplicata per l’anzianità di servizio.
Per intendere il significato del backloading si deve tener pre sente che la crescita dei benefici pensionistici è determinata da tre diversi fattori: in primo luogo al crescere dell’anzianità si riduce il fattore di attualizzazione da applicare ai benefici pensionistici atte si, poiché si riduce l’intervallo tra l’età corrente e quella pensioni stica. L ’effetto è tanto più significativo quanto più elevato è il tasso di interesse: ad esempio, a parità di altre condizioni il valore attua le di una lira di pensione per un lavoratore sessantenne sarà di 0.78 con un saggio di interesse del 5%, ma solo di 0.65 con un saggio del 9% [Winklevoss, 1977, Tab. 3.3]. Il secondo fattore di crescita dei benefici concerne l’incremento di trattamento originato dalla mag giore anzianità, ovviamente nel caso in cui l’anzianità ha rilievo nella determinazione del trattamento. La formula che commisura i benefici al salario finale genera il più elevato tasso di crescita dei benefici stessi in relazione all’anzianità (3).
Il terzo fattore alla base della crescita dei benefici riguarda l’incremento del trattamento determinato dall’andamento del sala rio nominale; tale fattore è particolarmente rilevante quando la pensione è computata con riferimento alla remunerazione finale. In questo caso l’incremento di remunerazione nominale relativo
al-(3) A titolo esemplificativo: applicando una formula dell’ 1.5% alla media
degli ultimi cinque anni della remunerazione di un lavoratore con età di ingresso pari a 30 anni, 65 anni di età pensionabile e progressione salariale annua massima del 7.7% a fronte di un tasso di inflazione del 4% e di tasso di interesse del 7%, a 57 anni si vedrà accreditato solo il 50% del trattamento finale ed, ancora, negli ultimi due anni matura più del 15% del trattamento stesso. Se viceversa, ceteris paribus, la formula di determinazione della base pensionabile fosse la media del complesso delle remunerazioni, il lavoratore avrebbe accumulato rispettivamente il 56% del trattamento finale a 57 anni ed il 12% nell’ultimo biennio [Winklevoss. 1977].
l’anno corrente determina un aumento della base della remunera zione pensionabile maggiore che nell’ipotesi in cui si faccia riferi mento alla media di tutte le remunerazioni.
Anche se i tre fattori indicati determinano una crescita nel tempo del trattamento pensionistico, solo il primo ed il terzo origi nano backloading-, la variazione dell’anzianità lascia infatti costante il rapporto tra valore cumulato della pensione e valore cumulato del salario.
Il backloading costituisce un rilevante incentivo di permanenza per i lavoratori. L ’entità di tale'incentivo può essere a sua volta quantificata ricorrendo ad una simulazione che computa il valore dei benefici perduti da un lavoratore “ tipo , che abbandoni vo lontariamente il datore di lavoro secondo diverse anzianità. A que sto proposito, un esempio è stato costruito supponendo che il lavo ratore abbia un salario reale costante di 15 mila dollari, che la pen sione sia dell’ 1% della media degli ultimi 5 anni moltiplicata per l’anzianità, che il lavoratore inizi la sua attività a 25 anni, vada in pensione a 65 e sopravviva fino ad 80; che il tasso di interesse sia del 3% più il tasso di inflazione, alternativamente nullo o del 7% [Ellwood, 1985; Bodie, Shoven, Wise, 1988], Da tale esempio si evince che la formula di determinazione in base al salario finale co stituisce di per sé un incentivo alla permanenza del lavoratore fino all’età pensionistica. Anche in assenza di inflazione, infatti, il valo re attuale dei benefici pensionistici acquisiti con un ulteriore anno di permanenza cresce con l’età: ad esempio, tale valore a 55 anni è doppio rispetto a quello dell’età di ingresso. In presenza di inflazio ne tale incremento è tuttavia ancora più rilevante, poiché con salari nominali crescenti il beneficio incrementale dipende dall’anzianità di servizio, oltre che dall’età: il valore a 55 anni e di ben ventiquat tro volte più elevato che all’età di ingresso.
In relazione a quest’ultimo fattore inflazionistico, la perdita che il lavoratore subisce, se muta lavoro e riceve con il nuovo dato re di lavoro lo stesso salario e l’accesso ad un piano pensionistico identico al precedente, è maggiore dell’incremento di beneficio che gli sarebbe derivato dalla permanenza con il datore di lavoro origi nario; appunto perché, in un ambiente inflazionistico, i benefici che riuscirà ad accumulare con il nuovo datore di lavoro risentiranno della sua minor anzianità lavorativa.
Riepilogando, i piani che commisurano i benefici pensionistici alla remunerazione finale possono originare consistenti fenomeni di
backloading-, questa caratteristica sembra giocare un ruolo non pri vo di ambiguità in relazione all’attaccamento all’impresa nel caso in cui l’accreditamento dei benefici pensionistici formalmente pattuito generi una corrispondente riduzione di remunerazione corrente. Infatti, da un lato il lavoratore potrebbe essere indotto a mantene re un rapporto di lavoro la cui durata egli sa essere presupposto di un trattamento pensionistico congruo, dall’altro il lavoratore giova ne potrebbe percepire come modesta la perdita derivante da un’in terruzione anticipata, dal momento che è ancora modesta la rinun cia in termini di salario corrente. A ben vedere l’impresa godrebbe cioè di una doppia flessibilità: quella che le deriva dal poter effetti vamente rinviare nel tempo gli accantonamenti necessari al finan ziamento del trattamento e limitarli ai lavoratori stabili, e quella di ridurre invece sin dall’inizio la remunerazione corrente in vista della pensione futura.
Nella sostanza, allo stato attuale delle conoscenze [Gustman e Mitchell, 1990; Lazear e Moore, 1988], si ritiene che l’esistenza di trattamenti pensionistici determini una riduzione del turn over, mentre appare più dubbio che il backloading sia la ragione unica di tale riduzione, dal momento che un basso tura over è stato rilevato anche in presenza di piani pensionistici privi di backloading. Ciò potrebbe, banalmente, derivare dal fatto che i soggetti che godono di un trattamento pensionistico, godono anche di un salario più ele vato rispetto a coloro che ne sono sprovvisti, e quindi potrebbe es sere tale premio salariale, più che l’esistenza della pensione, a fre nare il tum over. Resta vero che se il trattamento è legato al sala rio finale il lavoratore sarà fortemente incentivato ad aumentare il proprio sforzo per raggiungere una remunerazione e quindi una pensione più elevata possibile.
Quale che sia l’interpretazione corretta su questo specifico punto, le analisi empiriche [Kotlikoff e Wise, 1987] concordano sul fatto che i piani BD disincentivano le dimissioni dei lavoratori gio vani ricorrendo massicciamente alla pratica del ritardo massimo consentito nella concessione del diritto al trattamento {cliff vestimi). Più controversa è l’evidenza che la cessazione del rapporto di lavo ro sia penalizzata, scontando i benefici ad un tasso di interesse maggiore di quello attuarialmente equo, anche in età immediata mente precedenti quella che costituisce, l’età normale del piano (i cosiddetti early retirement). Al contrario, in talune interpretazioni tale dimissionamento prematuro sarebbe incentivato [Lazear, 1983;
Kotlikoff e Wise, 1987; Mitchell, 1991]. In modo relativamente uni forme e quantitativamente significativo viene invece disincentivata la permanenza oltre l’età normale: fino alla regolamentazione intro dotta con YOmnibus Reconciliation Act del 1988 era possibile per il datore di lavoro far cessare l’accreditamento dei benefici dopo 1 età normale. Ora, il disincentivo alla permanenza è perseguibile sia mantenendo costante in termini nominali il salario pensionabile, sia mantenendo costante in termini nominali la rendita pensionistica, di cui si riduce il tempo di godimento residuo.
Se abbiamo ragionato correttamente, il nucleo sostanziale del l’interpretazione tradizionale delle pensioni private è legato alla flessibilità con cui il datore di lavoro può regolare la remunerazione complessiva dei lavoratori. Da un lato, quindi, 1 analisi spiega la spontanea formazione di un sistema pensionistico privato collettivo, ma dall’altro giustifica principalmente una sola tipologia del siste ma, quella che commisura le pensioni ai salari e non dà, pertanto, adeguata giustificazione della seconda rilevante tipologia dei piani pensionistici privati, quella che commisura i trattamenti ai contributi.
3. Piani BD e piani CD: indicazioni normative.
L ’indicazione normativa generale della teoria tradizionale del le pensioni è che i piani debbono essere formulati nel modo più vantaggioso per i lavoratori che ad essi afferiscono. Essa consente di inibire alcuni utilizzi dei piani pensionistici potenzialmente in compatibili con gli interessi dei beneficiari, è ad esempio escluso che le disponibilità dei piani debbano essere utilizzate per finanzia re investimenti socialmente utili (anche se non esclude che ciò pos sa avvenire). È tuttavia piuttosto generica in termini prepositivi, perché non specifica che cosa si suppone avvantaggi i lavoratori, esplicitando un tracie o ff ottimale tra sicurezza e redditività.
Si osservi che il tracie o ff si presenta sia nella determinazione delle passività pensionistiche del datore di lavoro, che nella deter minazione delle attività destinate a farvi fronte. In altri termini: da un lato una maggior o minor certezza dell’entità del trattamento di pende dalle attività in cui il fondo è investito, ma dall altro tale cer tezza dipende anche da una valutazione più o meno prudenziale delle somme che debbono essere accantonate per far fronte alle promesse pensionistiche.
3.1. Sicurezza vs redditività.
II livello di capitalizzazione, cioè il rapporto tra attività e pas sività pensionistiche, e l’allocazione delle attività dei fondi sono sta ti analizzati congiuntamente adottando volta per volta l’ottica delle diverse parti interessate (beneficiari, managers dell’impresa spon sor e suoi azionisti, agenzia che assicura l’erogazione dei piani BD). Sebbene la scelta tra livello ed allocazione delle attività sia spesso imprescindibile, in prima istanza l’esposizione si concentre rà sulla composizione del portafoglio dei fondi pensione, piuttosto che sul grado di capitalizzazione. Ciò, come risulterà più chiaro nel seguito, in relazione al fatto che solo i piani BD godono di un certo grado di flessibilità nella misurazione delle passività pensionistiche, e, conseguentemente, nella determinazione del grado di capitaliz zazione; per contro sia i piani CD che quelli BD possono esibire di versi profili di rischio in relazione alla composizione delle attività (4). Sia le ricerche interpretative che quelle più strettamente teori che hanno caratterizzato l’allocazione delle attività dei fondi in ter mini di scelta ottimale del mix tra obbligazioni ed azioni, privile giando ampiamente i risultati “ estremi ” di investimenti in un’uni ca attività.
Una linea di indagine [Black, 1980; Tepper, 1981], ignorando il rischio di fallimento del piano (implicito nell’articolazione BD), si è soffermata sull’esistenza di asimmetrie fiscali. In tale contesto la ricchezza dei contribuenti al piano (siano essi gli azionisti dell’im presa sponsor dei piani BD o i lavoratori che contribuiscono ai pia ni CD) risulta massimizzata dall’investimento più elevato possibile in attività in cui è massimo il divario tra il trattamento fiscale appli cato ad altri investitori e l’esenzione accordata ai fondi pensione. Il livello della contribuzione di datori di lavoro e lavoratori potrebbe per altro essere diverso da quello che massimizza il vantaggio fi scale. Nel caso dei lavoratori ciò avverrebbe in relazione al mode sto grado di autonomia individuale nella scelta del livello contribu tivo concesso dai piani CD tradizionali; nel caso dei datori di lavoro essi potrebbero voler limitare la formazione di eccessivi surplus del
(4) La scelta del livello di capitalizzazione F = PA/PL, ove PA e PL sono
le attività e le passività del fondo pensione, non riguarda i piani CD per cui l’e guaglianza tra PA e PL vale per definizione. Per contro nei piani BD la capitaliz zazione dipende dal livello di PA, entro certi limiti fissato discrezionalmente, ma anche, come vedremo più oltre, dal metodo di stima di PL.
piano, nel timore di richieste di partecipazioni al surplus stesso an che dei lavoratori. In entrambi i casi potrebbero inoltre subentrare i limiti massimi di contribuzione imposti dall Internai Revenue Ser
vice. Anche considerando la possibilità che il livello di capitalizza
zione sia subottimale rispetto al vantaggio fiscale, permane l’indi cazione di un’allocazione concentrata in attività altrimenti soggette ad elevata imposizione, il che si traduce, dato 1 ordinamento fiscale Usa, in un investimento esclusivamente obbligazionario (5).
In contrapposizione all’interpretazione fiscale di capitalizzazio ne massima delle passività pensionistiche e di investimento in titoli a reddito fisso, una seconda teorizzazione (applicabile ai soli piani BD) enfatizza l’obiettivo di massimizzazione del rischio. La ric chezza degli azionisti è massimizzata per una capitalizzazione mini ma del fondo e per un suo investimento esclusivamente azionario (inteso come tipico investimento rischioso) in tutti i casi in cui le parti interessate non richiedano compensi per i comportamenti che aumentano il rischio di fallimento. Tale strategia ottimizzante e coerente sia con l’assetto istituzionale precedente I’ Er i s a che con quello derivante dalla sua primitiva applicazione, vediamo le due situazioni in sequenza.
In assenza di regolazione, il rischio di fallimento ricade sui la voratori beneficiari del piano, interessi divergenti all’interno del gruppo dei lavoratori potrebbero tuttavia indurre i lavoratori stessi ad accettare passivamente l’aggravarsi di tale rischio. Con taglio prevalentemente interpretativo o con un’articolazione molto critica, si è argomentata l’esistenza di una sostanziale connivenza tra lavo ratori anziani e datore di lavoro a danno dei lavoratori giovani [Ip polito, 1986]. Mediante una serie di accorgimenti che vanno da una elevata contribuzione implicita al piano (vedi nota 16), alla sottoca pitalizzazione del piano ed all’adozione di strategie di investimento rischiose, i lavoratori giovani sarebbero dei finanziatori
dell’impre-(5) Definendo: t l’aliquota fiscale personale dell’azionista dell impresa sponsor del piano BD (o del lavoratore che contribuisce al CD ); b l’aliquota ap plicata alle azioni (PAE) e ta quella applicata alle obbligazioni (PAD), per t j> te. il risparmio di imposta è maggiore se il fondo pensionistico e investito solo in ob bligazioni Per k lire investite per n anni il maggior vantaggio e espresso dalla
se-f““1r?,7ü“w-
- k (1 +,»
a - 0- > k u - » a ♦ ri 0 -y
,k (1 + .1 <1 ; te. Inoltre, il risparmio è maggiore per k ^ PL, cioè per un livello di capitalizzazione unitario o addirittura con sovracapitalizzazione.sa ad un tasso di interesse inferiore a quello di mercato e consenti rebbero, per questa via, l’erogazione dei trattamenti pensionistici a quei lavoratori che, vicini al pensionamento, hanno un interesse so stanziale a non intraprendere azioni che aggravino la situazione fi nanziaria dell’impresa sponsor.
Con l’emanazione dell’ERiSA, l’assetto si è modificato a causa dell’obbligo assicurativo dei piani BD presso un’agenzia pubblica, la Pension Benefit Guaranty Corporation (PBGC), a sua volta ga rante di una quota significativa dei benefici pensionistici (negli anni ’80 entro un massimo di 1900 dollari mensili prò capite) in caso di