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i maggiori contributi sono i seguenti: Giacomini (1950) e Pirola & Credaro (1985) per l’intera regio-ne, Ugolini (1921) e Arietti & Crescini (1975, 1980) per il Bresciano, Stucchi (1949) per il milanese, Pirola (1964) per le risaie, Pavan Arcidiaco et al. (1990) per la città di Pavia, Banfi & Galasso (1998) per Milano e Bonali (2000) per Cremona. Infine si ricordano i recenti prospetti floristici delle province di Varese (Macchi 2005) e di Cremona (Giordana 1995; Bonali et al. 2006a), svariati contributi sparsi e le numero-se numero-segnalazioni floristiche che ormai riguardano in gran parte le specie alloctone: quelle italiane pub-blicate sull’Informatore Botanico Italiano, quelle bresciane su Natura Bresciana, quelle cremonesi su Pianura, quelle bergamasche sul Notiziario Floristico del FAB e quelle varesine sul Bollettino della Società Ticinese di Scienze Naturali.

Composizione e struttura

Nel complesso le entità alloctone presenti in Lombardia sono 545 pari a circa il 16,9% della flora lombarda (3.220 entità secondo Conti et al. 2005) e oltre il 53,3% della flora alloctona italiana. Relati-vamente al periodo di introduzione si distinguono 79 archeofite e 466 neofite. A queste si aggiungo-no 31 entità considerate alloctone dubbie.

La flora esotica è composta perlopiù da specie ca-suali (263; 48,3%), seguite dalle naturalizzate (195;

35,8%) e dalle invasive (84; 15,4%). Trascurabili i dati di quelle non più ritrovate (3; 0,6%).

Significativo è soprattutto il contingente del-le specie che provengono dall’America (39,8%) e dall’Asia (30,5%) rispetto a quelle di altri Paesi (29,7%): le europee (3,3%), seguite dalle africane (5,0%), dalle mediterranee (4,6%), dalle tropicali (4,0%). Prendendo in considerazione i due mag-giori contingenti, si nota che quello americano presenta una percentuale maggiore di specie invasive (22,1%) rispetto all’asiatico (12,0%), che comprende, invece, un maggior numero di spe-cie casuali (55,4% vs. 41,0%). Le spespe-cie americane mostrerebbero, dunque, una maggiore capacità di inserimento in Lombardia rispetto alle asia-tiche; queste ultime sono più abbondanti nella zona insubrica.

La zona insubrica - Una delle caratteristiche peculiari del territorio lombardo è senza dubbio

la presenza di numerosi bacini lacustri nella fa-scia prealpina, tra i quali occorre annoverare i tre principali laghi italiani (Garda, Maggiore e Como).

Il clima mite di queste zone permette il manteni-mento di formazioni boschive relitte a leccio sul Lago di Garda e estese faggete a bassa quota nel Varesotto a circa 400 m. Tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento l’incantevole paesaggio, associato al clima mite, ha attirato l’attenzione di molti viag-giatori e forestieri, che hanno costruito imponen-ti ville abbellite da ampi parchi, ricchi di specie provenienti da tutto il mondo. Si è quindi creato un eccezionale e stretto connubio tra l’ambiente naturale e il complesso architettonico di parchi e giardini.

In quest’area si segnala il fenomeno noto con il termine di laurofillizzazione, ovvero l’invasione dei boschi di latifoglie decidue da parte di specie sempreverdi termicamente esigenti, già segnala-to per il vicino terrisegnala-torio svizzero, in particolare nel

Oryza sativa (riso crodo) infestante in risaia.

Foto G. Ceffali.

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Cantone Ticino (Walther 2000) e più in generale nell’area dei grandi laghi prealpini tra il Garda e il Maggiore (Berger & Walther 2006). Tra le prin-cipali specie coinvolte, in Lombardia troviamo Berberis bealei, Cinnamomum glanduliferum, Elae-agnus pungens, Lonicera pileata, Mahonia aquifo-lium, Prunus laurocerasus, tre specie di Ligustrum (L. lucidum, L. ovalifolium e L. sinense) e la palma Trachycarpus fortunei. Vi è anche il contributo di Aucuba japonica, Cephalotaxus fortunei, Euonymus japonicus e Viburnum rhytidophyllum, sia pure in modo limitato in termini di frequenza e invasivi-tà, in quanto non sempre risultano naturalizzate (Cerabolini et al. 2008; Banfi & Galasso 2008b). Nel complesso le laurofille sono specie diffusamente coltivate, non solo nei parchi storici ma anche nei più modesti giardini moderni; il processo di in-vasione è di conseguenza fortemente legato alla distanza dai centri abitati (Zäch 2005). Accanto a queste esotiche, tutte neofite, emergono anche specie autoctone sempreverdi, come Ilex aquifo-lium e Taxus baccata, che tuttavia si espandono in prevalenza da individui coltivati; presenza cospi-cua è anche quella di Laurus nobilis, largamente introdotto a livello regionale e di antica stabilizza-zione. In alcune località è possibile osservare bo-schi misti con un’elevata partecipazione di specie sempreverdi, che possono facilmente superare il 50% della copertura dello strato arbustivo. Si tratta in genere di formazioni in parte già degra-date, in cui nello strato arboreo è generalmente dominante o codominante Robinia pseudoacacia e in subordine Fraxinus excelsior, mentre nel sot-tobosco si rinviene frequentemente la liana semi-sempreverde Lonicera japonica; i tronchi degli al-beri e spesso un’ampia superficie a terra vengono ricoperti da Hedera helix e sporadicamente dalla simile ma più esuberante H. hibernica (Brusa et al.

2007). Le rupi lacustri sono invece colonizzate da varie specie sempreverdi o semidecidue di Coto-neaster (C. coriaceus, C. horizontalis, C. pannosus, C.

salicifolius; C. hjelmqvistii al margine di un bosco).

La Pianura Padana - La zona subito a sud dei bacini insubrici è quella del cosiddetto pianalto, costituito da un sistema di terrazzi fluvioglaciali che si dipartono dagli anfiteatri morenici pedemon-tani digradando verso l’alta pianura asciutta. È il

territorio della Brianza e delle Groane. I suoli sono generalmente poveri e impermeabili e tra questi il più rappresentativo è il “ferretto”.

Questa zona è sempre stata scarsamente pro-duttiva e nel tempo è stata prevalentemente destinata ad una agricoltura povera e asciutta, al pascolo, alla selvicoltura o allo sviluppo dell’in-dustria. La sperimentazione di nuove specie ha portato alla diffusione di nuove piante arboree (Sartori & Bracco 1997), alcune delle quali presto dimostratesi invasive. Tra queste ultime si ricorda Prunus serotina, introdotto per la prima volta nel 1922 presso Crenna di Gallarate nella brughie-ra varesina, da dove si è velocemente espanso (Caronni 1993), modificando l’assetto forestale

Sentiero boschivo invaso da Persicaria virginiana in provincia di Como. Foto L. Gariboldi.

(Sartori 1985) in modo ben più marcato di quan-to non abbia sinora fatquan-to Robinia pseudoacacia.

Nei boschi dell’alta pianura è molto diffusa anche Quercus rubra; si segnala inoltre la presenza di Amelanchier lamarckii (Galasso 2006) e la diffusio-ne di Spiraea japonica e Lonicera japonica.

Nelle vallette più fresche si stanno diffondendo diverse Polygonaceae esotiche, tra le quali Persi-caria nepalensis, P. virginiana (Galasso et al. 2006c), P. filiformis (Galasso & Brusa 2007), P. longiseta (Ga-lasso 2007b), Aconogonum polystachyum (Galas-so et al. 2006b), Fallopia multiflora (Galas(Galas-so et al.

2006a) e F. baldschuanica, oltre a Reynoutria japo-nica e R. ×bohemica. È interessante osservare che in alcuni tratti convivono P. virginiana e P. filiformis,

due specie molto simili, la prima originaria del Nordamerica orientale, la seconda dell’Asia orien-tale: nonostante la tendenza di questo gruppo a costituire ibridi sinora non sono stati riscontrati individui con caratteristiche intermedie, in quan-to la fioritura avviene in momenti leggermente diversi, essendo P. filiformis più tardiva.

La bassa pianura, situata a sud della linea dei fontanili e caratterizzata dalla superficialità della falda e dall’abbondanza di suoli sciolti e fertili, ha sempre avuto una spiccata vocazione agri-cola. Oggi, dopo la perdita dell’economia rurale marcitoia, soltanto le monocolture e gli alleva-menti intensivi persistono contro l’avanzare della conurbazione.

I campi ospitano numerose infestanti, molte del-le quali esotiche; tra del-le più invasive: Abutilon the-ophrasti, Amaranthus sp. pl., Erigeron canadensis, Galinsoga parviflora, G. quadriradiata e Sorghum halepense. Le specie alloctone si trovano anche nelle capezzagne, lungo i canali irrigui e nei loro alvei; tra le piante di riva ricordiamo Hemerocallis fulva e Oenanthe javanica (Banfi et al. 2007), tra le acquatiche la recente invasione di Lemna minuta (Desfayes 1993) e Elodea nuttallii (Zanotti 2000), che si è aggiunta a E. canadensis. Le fasce alberate e i pochi boschetti residuali nei casi migliori sono dominati da Robinia pseudoacacia e sono caratte-risticamente invasi da due liane esotiche, Parthe-nocissus quinquefolia e Vitis riparia (e suoi ibridi), che impartiscono una decisa colorazione rossa nel periodo autunnale; nella zona orientale prevalgo-no, invece, Humulus japonicus e Sicyos angulatus.

Una coltura particolare della pianura milanese e pavese è la risaia, all’interno della quale trovano il loro habitat diverse specie subtropicali. Oltre alle comuni Heteranthera reniformis (inoltre H. limosa ed H. rotundifolia, Soldano 1992), Ammannia coc-cinea (= A. auriculata auct., Soldano 1986) e varie specie di Cyperus, si evidenzia la presenza del ‘riso crodo’ (dal vernacolo crodare = cadere), una for-ma ‘ferale’ di Oryza sativa che, sgranando preco-cemente, si impone competitivamente causando anche gravi danni economici alla risicoltura. Lun-go i canali, soprattutto in Lomellina, sono abbon-danti due Commelinaceae, Commelina communis sulla ripa e Murdannia keisak subito al di sopra; nei canali si trova, invece, Najas gracillima.

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Come già avvenuto per le coppie Persicaria filiformis/P. virginiana, Reynoutria japonica/R. ×bohe-mica, Ludwigia hexapetala/L. peploides subsp. mon-tevidensis e Heteranthera limosa/H. rotundifolia, oggi arrivano spesso quasi contemporaneamente due o tre specie simili e una osservazione, anche non eccessivamente superficiale, può indurre a sotto-stimare il numero e la capacità di espansione delle esotiche. Nella zona delle risaie e dei canali irrigui è il caso del genere Diplachne: alla segnalazione di D.

uninervia in Emilia-Romagna e Lazio (Minutillo et al.

2002) è seguita quella di D. fascicularis in Lombar-dia (Romani & Tabacchi 2000) e Piemonte (Tabacchi

& Romani 2002; Soldano 2006). Nostri controlli sul campo hanno permesso non solo di confermare le due specie segnalate, ma anche di reperirne una terza, D. fusca, presente curiosamente in Sicilia oltre che nel pavese (Banfi et al. 2008c).

In pianura, ma anche nei fondovalle alpini e appenninici, i fiumi rappresentano ambienti pre-ferenziali per la diffusione delle esotiche (Assini 2000), in quanto mezzi di trasporto per semi o parti vegetative. Gli interventi antropici di modi-ficazione dei corsi fluviali, di rettimodi-ficazione degli alvei, di escavazione di inerti, di regolamentazio-ne dei flussi, si unisce alla distruzioregolamentazio-ne degli habi-tat naturali ripariali per far posto alla pioppicoltu-ra e alla maiscoltupioppicoltu-ra intensive, col conseguente

incremento di nutrienti e fitofarmaci nel suolo e nelle acque, per riflettersi in una notevole alte-razione ambientale. Gli effetti più evidenti sono l’estrema banalizzazione del territorio e un no-tevole disturbo che favoriscono un massiccio in-sediamento di specie esotiche (Richardson et al.

2007). Alcune di esse mostrano una forte invasi-vità, tanto da soppiantare le specie autoctone diventando, in alcuni casi, edificatrici di comunità vegetali paucispecifiche. Esempi di specie parti-colarmente invasive lungo i greti dei fiumi e corsi d’acqua sono dati da: Amaranthus sp. pl. (Soldano 1980, 1982; Zanotti 1990), Bidens frondosa, Cyclo-loma atriplicifolium, Humulus japonicus, Lepidium virginicum, Lindernia dubia, Oenothera sp. pl. (Sol-dano 1993) e Xanthium orientale subsp. italicum (Assini 2002). Nelle comunità vegetali perifluviali poste in posizione più arretrata rispetto al fiume dominano Reynoutria japonica (Frattini 1988), R.

×bohemica, quest’ultima con tendenza invasiva maggiore (Padula et al. 2008), Amorpha frutico-sa (D’Auria & Zavagno 2000; Zavagno & D’Auria 2001), Buddleja davidii, Helianthus tuberosus, Ar-temisia verlotiorum e Solidago gigantea, le ultime due abbondanti soprattutto in corrispondenza di pioppeti industriali abbandonati. Nei pochi lembi di saliceto arboreo ancora presenti è spesso ab-bondantissimo Sicyos angulatus, mentre nei relitti di boschetti di querce e olmi sono invasivi Robinia pseudoacacia, Acer negundo e, talvolta, Ailanthus altissima. Si ricorda ancora la presenza di Ludwi-gia peploides subsp. montevidensis (Bonali et al.

2006b), in alcune lanche fluviali e canali irrigui, e di L. hexapetala, soprattutto sulla sponda di alcuni laghi, come quelli di Comabbio e di Mantova (Ga-lasso 2007a). Una ampia sintesi degli effetti delle piante esotiche sulla vegetazione della Pianura Padana è riportata in Gentile (1997).

Le aree urbanizzate e gli assi viari - Nei centri abitati tendono a insediarsi soprattutto le piante coltivate nei giardini (ad es. Gymnocladus dioica o Aesculus hippocastanum) e sui balconi (ad es. Petu-nia hybrida o Sedum palmeri); per la maggior parte si tratta di avventiziati casuali, che non oltrepassa-no una o poche generazioni. Il territorio milanese ospita il maggior numero delle casuali segnalate in Lombardia (40,6%): il loro numero è andato Persicaria filiformis in fiore. Foto G. Cattaneo.