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La Sicilia, la più estesa regione italiana con una superficie complessiva di 25.700 km2, è uno dei territori più eterogenei dell’intero bacino del Me-diterraneo di cui rappresenta il centro.

Dal punto di vista geologico l’isola può essere ripartita in 4 parti: una catena montuosa a dif-ferenti litologie che, con alcune interruzioni, si snoda lungo tutta la costa settentrionale, la parte centrale argillosa divisa in due bacini dai monti Sicani, il complesso vulcanico dell’Etna nella par-te orientale e il complesso carbonatico degli Iblei nella parte sud-orientale. Il territorio collinare rap-presenta il 50% della superficie, quello montano il 36% e le zone pianeggianti il 14%.

Il clima, tipicamente mediterraneo, è diversifi-cato in base alle fasce altitudinali e all’esposizione dei versanti, con aridità accentuata lungo la costa, specialmente meridionale, e maggiore umidità sui versanti settentrionali. Sui principali rilievi non mancano le precipitazioni nevose.

La Sicilia costituisce una delle regioni italiane più interessate da processi di introduzione e diffusione di specie alloctone. Questi fenomeni sono stati più o meno intensi nel corso dei secoli a partire dall’an-tichità: archeofite d’origine mediterranea orientale sono forse riconoscibili in Platanus orientalis e in Prunus webbii, la cui introduzione sull’isola risale ve-rosimilmente all’epoca della colonizzazione greca.

A livello italiano queste piante sono considerate di dubbio indigenato. Riconducibile al dominio arabo è Sesamum indicum, naturalizzato nell’area metro-politana di Palermo, nonostante la coltura sia stata abbandonata nei primi decenni del secolo scorso.

In generale, sembra che il susseguirsi delle domi-nazioni in passato abbia ripetutamente agevolato l’immissione nella regione di varie entità esotiche alcune delle quali, perfettamente adattate al nostro territorio, potrebbero quasi essere considerate alla stessa stregua di quelle native.

Anche le prime neofite di origine americana, qua-li Opuntia dillenii, O. ficus-indica e Agave americana, giunte precocemente e ben adattate agli ambienti rupestri e ruderali fra la costa e l’entroterra collinare, rappresentano la conseguenza del dominio spa-gnolo sulla Sicilia. In tempi ancora più recenti, la fre-quenza dei casi di naturalizzazione è cresciuta con

l’intensificarsi dei fattori di disturbo e dello sviluppo dei collegamenti con Paesi lontani come il Sudafrica o l’Australia. L’introduzione di piante da tali regioni inizialmente avveniva attraverso gli scambi tra gli orti botanici siciliani (il primo, quello di Messina, fu fondato nel 1638) e quelli europei, ma gradual-mente crebbero d’importanza i traffici commerciali.

A tali collegamenti è imputabile il fatto che varie entità sudafricane come Senecio inaequidens siano giunte in Sicilia attraverso l’Europa e l’Italia conti-nentale (Mazzola & Dia 1991) e non direttamente dall’Africa. In altri casi gli stessi percorsi commercia-li, essendo indipendenti da quelli geografici, hanno funzionato come fattori di isolamento. È questo il caso della Calabria che, di limitata importanza come via commerciale, in passato ha accentuato il carat-tere insulare della Sicilia.

Per quanto riguarda gli aspetti distributivi a li-vello regionale, più che gli aspetti ecologici propri del territorio ha avuto importanza l’uso del suolo.

In particolare, le specie ruderali, le specie adattate a condizioni di aridità come le succulente, e diversi elementi arborei di recente introduzione sono mas-simamente frequenti lungo la costa, in prossimità dei centri urbani e all’interno di essi. Diventano in-vece relativamente rari nell’entroterra, rimanendo confinati lungo i margini stradali e in aree marginali collegate a essi. Nelle zone interne, prevalgono spe-cie alloctone infestanti delle colture erbacee.

Fonti dei dati

Delle segnalazioni inerenti alle neofite, le più antiche sono probabilmente quelle di Castel-li (1640) riguardanti diverse piante provenienti dall’Africa tropicale (Dactyloctenium aegyptium) o dal Sud America (ad es. Myrabilis jalapa e Opuntia dillenii) oggi ampiamente diffuse. In particolare, l’illustrazione di Opuntia dillenii sul frontespizio dell’Hortus Messanensis (1640) indica quanto que-sta pianta fosse frequente già all’epoca. Altri rife-rimenti si trovano in Cupani (1696) e Ucria (1789).

Anche gli erbari pre-linneani (Mineo et al. 2005) di Castelli (Zodda 1905), Cupani (Baroni 1896; Maz-zola & Raimondo 1995), dei fratelli Gazzarra (Mi-neo & Mazzola 2004) e Lattini (Mi(Mi-neo et al. 2003) sono ricchi di preziose informazioni.

Nella pagina precedente: Ferraria crispa nell’Isola di Pantelleria (TP) dove ha colonizzato diverse aree disturbate dall’uomo.

Foto G. Domina.

Per tutto il XIX secolo le segnalazioni di neofite si trovano incluse nelle Flore regionali (Presl 1826;

Gussone 1827-1834, 1842-1844; Tornabene 1887;

Lojacono 1888-1909) senza particolari riferimenti alla provenienza alloctona.

Indagini più mirate, sebbene non espressamen-te dedicaespressamen-te alle specie esotiche, iniziano con Mat-tei & Cannarella (1907) e Trincheri (1908). Dal 1960 in poi si registrano segnalazioni puntuali di specie che spesso assumono carattere invasivo (cfr. Rai-mondo et al. 2005a).

Un ampio esame sulle alloctone della flora sici-liana è stato recentemente presentato proprio da Raimondo et al. (2005a) e successive integrazioni (Raimondo et al. 2005b; Raimondo & Rossitto 2006;

Giardina et al. 2007; Raimondo & Domina 2007).

Composizione e struttura

L’elenco qui presentato è meno numeroso rispetto a quello succitato di Raimondo et al.

(2005a) perché non comprende le entità segnala-te sulla base di singoli rinvenimenti o su antichi reperti d’incerta origine e mai verificati dopo il primo ritrovamento, come nel caso di Chrysan-themoides monilifera, Lappula patula, Euphorbia helioscopioides, E. valerianifolia e E. veneta. In que-sto contributo non vengono inoltre considerate le specie autoctone in qualche regione italiana ma esotiche in Sicilia.

Per ogni taxon della lista è stata considerata l’origine geografica, l’impiego (pianta utile, pianta ornamentale) per il quale esso è stato introdot-to, il secolo d’introduzione e il primo riferimento allo stato spontaneo (Castelli 1640; Cupani 1696;

Ucria 1789; Tineo 1827; Ostinelli 1910, solo per fare alcuni esempi). Nella maggior parte dei casi la prima segnalazione differisce dal periodo d’in-troduzione in coltura. Lo status di pianta casuale, naturalizzata o invasiva è stato attribuito in base alla verifica diretta in campo al fine di fornire un dato aggiornato e quanto più omogeneo alle altre regioni italiane.

Sulla base dei criteri sopra riportati, la flora al-loctona in Sicilia consiste di 256 taxa specifici e infraspecifici. Tra queste ci sono 14 specie per le quali non esistono segnalazioni recenti. Inoltre andrebbero aggiunte 18 specie il cui status di al-loctona in Italia è ancora in discussione (alloctone

dubbie). Le neofite sono 219 di cui 11 invasive, 121 naturalizzate e 75 casuali. Le archeofite sono 37 di cui 1 invasiva, 17 naturalizzate, 17 casuali. Le fami-glie maggiormente rappresentate sono le Astera-ceae (28 taxa), le SolanaAstera-ceae (18), le PoaAstera-ceae (16) e le Fabaceae (12).

Tra le aree di provenienza geografica predomi-na il continente americano con 113 taxa. Dall’Asia provengono 28 entità, dall’Africa 51 (23 nello specifico dal Sud Africa) e dall’Australia 8. Solo 2 specie sono di origine europea. Infine per 39 taxa l’areale abbraccia più di un continente: la maggior parte delle specie appartenenti a questo gruppo (20) proviene da altre zone del Bacino del Mediter-raneo mentre le specie tropicali sono 15.

Le valutazioni su modalità di introduzione, perio-do di introduzione e distribuzione nelle forme bio-logiche sono state realizzate escludendo le specie

Sesamum indicuma a Palermo in un terreno incolto.

Foto G. Domina.

Sicilia 145

non più osservate dopo il 1950 (NR). Rispetto alla modalità di introduzione, il gruppo numericamente più cospicuo è quello dei taxa introdotti nel territo-rio a scopo ornamentale (109) mentre le piante utili (alimentari, da olio, medicinali, confinarie, per le fi-bre tessili, etc.) sono 57. I taxa introdotti in maniera accidentale o “avventizi” sono 75 .

La Tab.1 riporta la relazione esistente tra periodo di introduzione e provenienza geografica. Le ar-cheofite sono in tutto 33 e provengono soprattut-to dall’Asia (16). Nel XVI secolo furono introdotte 16 specie tra cui 12 americane, 2 asiatiche e 2 con ampio areale; di queste 9 sono ornamentali e 7 uti-li. Solo Opuntia ficus-indica e O. dillenii si sono dif-fuse in maniera spontanea sin da subito, delle altre (ad es. Kochia scoparia, Canna indica, Melia azeda-rach, Mirabilis jalapa e Yucca aloifolia), si ha notizia solo nei secoli successivi. Nel XVII secolo furono introdotti 17 taxa, 3 accidentali, 8 ornamentali e 6 utili. Ben 14 specie sono di origine americana ma solo alcune (ad es. Helianthus tuberosus, Phytolac-ca ameriPhytolac-cana e Datura ferox) hanno manifestato la tendenza a diffondersi sin da subito.

Nel XVIII secolo sono stati introdotti 51 taxa, di cui 20 casuali; più della metà di origine america-na (27), poi africaamerica-na (10), asiatica e australiaamerica-na (8).

Le piante utili sono soltanto 6 (Ailanthus altissi-ma, Datura stramonium, Aloysia citrodora, Robinia pseudoacacia, Rumex lunaria e R. patientia) mentre le altre sono ornamentali la cui spontaneizzazio-ne è stata premispontaneizzazio-nentemente registrata due secoli dopo l’introduzione, come nel caso di Ferraria cri-spa a Pantelleria (cfr. Raimondo et al. 2005a).

Nel XIX secolo sono stati introdotti 84 taxa di cui 18 casuali; lo spettro corologico è piuttosto etero-geneo includendo taxa americani (39), africani (15), asiatici (8), australiani (8), delle isole Canarie (7), ad ampio areale (5). Le specie utili sono 13 mentre 53 sono ornamentali; solo 11 taxa sono stati trovati allo stato spontaneo nel corso del XIX secolo, i restanti in quello successivo.

Nel XX secolo sono stati introdotti 40 taxa di cui 31 casuali; i restanti (ad es. Oenothera stricta, Myo-porum tenuifolium, Kalankoe daigremontiana e K.

tubiflora) sono ornamentali, mancano le specie utili. Poco meno della metà sono americane (19), seguono quelle ad ampio areale (9).

Nel complesso, dal 1492 a oggi il tasso di cresci-ta del numero delle piante alloctone segnalate in Sicilia è aumentato fino a raggiungere il culmine nel XIX secolo. Questo numero s’incrementa an-cora ai nostri giorni anche se con velocità minore.

In particolare l’aumento dei traffici commerciali e turistici ha determinato un corrispondente au-mento nel numero delle casuali. Mentre nel XX se-colo esse rappresentano più del 78% delle specie alloctone rilevate in Sicilia, nei secoli precedenti non superano il 38%.

Lo spettro biologico è dominato dalle terofite (75) alle quali seguono le fanerofite (70) e le emi-criptofite (30). Il confronto tra gli spettri biologici e le date d’introduzione evidenzia come tra le ar-cheofite e le specie introdotte nel XVIII secolo la forma biologica più rappresentata è quella delle terofite. Nei secoli XVI, XVII e XIX sono più rappre-sentate le fanerofite, nel XX le emicriptofite. Più della metà delle emicriptofite oggi insediate nel territorio sono state introdotte nel XX secolo, pre-minentemente in modo accidentale.

Nella maggior parte dei casi le specie si sono in-sediate in modo stabile nel territorio acquisendo Asclepias physocarpa lungo il litorale tirrenico siciliano dove

è divenuta naturalizzata negli incolti e negli agrumeti.

Foto G. Domina.

lo status di naturalizzate o invasive. Sono pochi gli esempi noti di specie scomparse una volta cessata la coltivazione: Coriandrum sativum, Coix lacrima-jobi e Oryza sativa, ad esempio, erano ampiamen-te coltivaampiamen-te e trovaampiamen-te allo stato spontaneo in varie contrade della Sicilia alla fine del 1700 (Ucria 1789).

È chiaramente verosimile che l’elenco sia più nume-roso. Similmente Senecio inaequidens, segnalato nel 1991 su di un’unica area di alcuni ettari (Mazzola &

Dia 1991) è oggi raro e sporadico malgrado sia se-gnalato anche in altre stazioni (Giardina et al. 2007).

Altre specie quali Amaranthus muricatus, Convol-vulus farinosus e Pennisetum villosum una volta in-sediatesi nel territorio sono rimaste confinate nei pressi della prima stazione di segnalazione entran-do a fare parte delle comunità vegetali senza modi-ficarle in maniera particolare.

Non mancano le specie la cui diffusione e fre-quenza sono soggette a periodiche fluttuazioni, probabilmente in relazione all’andamento clima-tico. Dactyloctenium aegyptium, ad esempio, ge-neralmente si comporta come una tenace invasi-va dei bordi di strada e delle aree lungo la costa, ma in alcuni periodi sembra scomparire da vaste aree precedentemente invase.

Fra l’epoca d’introduzione in coltura e quella in cui si osserva la presenza allo stato spontaneo

si può interporre un intervallo di tempo di varia ampiezza che può durare anche secoli. Ne sono esempi Lantana camara, Ficus microcarpa e F. wat-ckinsiana, coltivate a partire dal XVIII e XIX secolo e solo recentemente divenute invasive (Domina &

Mazzola 2002; Schicchi 1999; Schicchi & Mazzola 2003). Al contrario, sono ben poche le specie che si sono diffuse poco tempo dopo la loro introdu-zione: tra queste si possono citare Asclepias fruti-cosa, Oxalis purpurea e Physalis peruviana.

Le specie considerate invasive per l’elevato livel-lo di diffusione territoriale sono Ailanthus altissi-ma, Boerhavia coccinea, Carpobrotus acinaciformis,

pre

XVI XVI XVII XVIII XIX XX

Africa 2 0 1 10 15 4

America 0 12 14 27 39 19

Asia 16 2 1 8 8 1

Australia 0 0 0 0 8 1

Canarie 0 0 0 3 7 0

Europa 3 0 0 1 0 1

Madagascar 0 0 0 0 1 2

Mediterraneo 4 0 0 1 1 3

Altro 8 2 1 1 5 9

Tab 1: Origine e periodo di introduzione delle specie alloctone della Sicilia.

Foto G. Domina

Opuntia engelmanni