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Foto P. Ferrari

Anche alcuni ambienti naturali e seminaturali sono interessati dalla presenza di alloctone e at-tualmente sono state rinvenute in essi 39 specie (14,8%). Di queste, circa un quarto riguarda le spiagge sabbiose ove si concentrano diverse spe-cie esotiche dal comportamento invasivo, come Oenothera sp. pl., Cenchrus incertus, Ambrosia psilo-stachya e diverse altre che minano la sopravviven-za di molte psammofite indigene, già gravemente minacciate dall’impatto sulla fascia costiera delle attività balneari e dell’urbanizzazione. In partico-lare, un tratto di spiaggia fortemente interessato alla presenza di neofite è la costa di Martinsicuro.

Lo sviluppo di queste specie, perlopiù di Oeno-thera sp. pl., potrebbe comportare la scomparsa di una delle due stazioni di Polygonum maritimum note per la regione o di altre entità floristiche rare tra cui Linum maritimum subsp. maritimum. I ver-santi argillosi ed arenacei costieri, invece, ospita-no folti aggruppamenti duraturi a Arundo donax che tendono anche ad espandersi, seppure in ma-niera lenta. Si tratta di canneti residui di antiche coltivazioni finalizzate alla produzione dei culmi,

un tempo diffusamente impiegati in agricoltura e in altri settori, o alla realizzazione di siepi frangi-vento per proteggere le colture degli agrumi.

Le aree rupestri aperte di bassa quota presenta-no problemi ecologici connessi al carattere inva-sivo di alcune neofite, in particolare Agave ameri-cana (Conti et al. 2002) e Opuntia ficus-indica1 che, nella media vallata del Sangro, si sono stabilizzate su rupi ove costituiscono una minaccia per alcune specie rare o a carattere relittuale come nel caso di Aurinia sinuata. Emblematico è il caso di Opun-tia humifusa in loc. S. Silvestro (Ofena, L’Aquila) che copre completamente la superficie in cui si è insediata, non lasciando spazio vitale a nessun’al-tra pianta. In questa località è presente una delle otto stazioni conosciute di Goniolimon italicum, pianta endemica abruzzese gravemente minac-ciata proprio dallo sviluppo di O. humifusa (Conti et al. 2008b).

1 Durante la redazione del presente contributo è stato recepito un recente aggiornamento (Guiggi 2008) in base al quale le segnala-zioni abruzzesi di Opuntia ficus-indica sono da riferire a O. stricta.

Opuntia humifusa, invasiva in Abruzzo, minaccia la sopravvivenza di Goniolimon italicum in una delle otto località italiane. Foto F. Conti.

Abruzzo 111

Un caso particolare è costituito da Senecio inae-quidens, neofita che si è radicata nell’area interna della regione, in particolare nella conca dell’Aquila dove fu osservata per la prima volta nel 1973, in loc. Bazzano (Anzalone 1976). La specie si rinviene, oramai comune, negli ambienti ruderali ma si sta espandendo, sia pur sporadicamente, anche nei pascoli secondari. Si tratta di una pianta velenosa che ha causato altrove documentati avvelenamenti a cavalli (Sarcey et al. 1992; Adolphi 1997) nonché all’uomo attraverso il pane preparato con farine contaminate (Adoplhi 1997).

Ovviamente, anche in Abruzzo si ravvisano fe-nomeni di sostituzione di specie invasive alla flora naturale negli ambienti ripariali, in modo partico-lare in prossimità delle foci, e negli ultimi boschi planiziali, connessi soprattutto alla diffusione di Robinia pseudoacacia, Amorpha fruticosa e Acer negundo, specialmente nella provincia di Teramo.

Tra le neofite di questi ambienti con comporta-mento più aggressivo va annoverata anche Vitis riparia (Conti et al. 2008b), specie di origine ame-ricana introdotta nella regione agli inizi del Nove-cento per contrastare la fillossera.

Va rilevato che non sono state riscontrate specie alloctone nell’ambito dei pascoli cacuminali mon-tani, da considerare gli ambienti con la maggior na-turalità. Di certo questo costituisce un aspetto po-sitivo e tranquillizzante rispetto alla conservazione della peculiare flora che si caratterizza per un’ele-vata componente endemica e per il suo carattere

Forme biologiche N %

P+NP 55 23,5%

Tab 1: Numero e percentuale di specie alloctone indicate per l’Abruzzo, suddivise per forma biologica. P= fanerofita;

NP = nanofanerofita; CH= camefita; H= emicriptofita;

G= geofita; T= terofita.

preminentemente relittuale. In questi ultimi anni, però, si va affermando l’impiego di miscugli di se-menti in commercio per “rinverdire” le piste da sci o per recuperare strade o tracciati in quota. Questa prassi potrebbe costituire un pericolo grave per la diffusione di alcune neofite e dei relativi proble-mi connessi alla competizione con elementi della flora autoctona e con l’inquinamento genetico.

Pertanto, va scoraggiato e vietato tassativamente l’uso di semi di piante di provenienza alloctona e commerciale per le operazioni di restauro e ripri-stino ambientale; di contro va incoraggiato e favo-rito l’uso di semi di piante, ecologicamente com-patibili, raccolte direttamente in loco.

Anche i boschi, sia della fascia collinare che di quella montana, al momento non presentano particolari problemi connessi alla radicazione e diffusione di piante invasive, fatta eccezione per l’ingresso nei settori collinari di alcune specie come Acer negundo, Robinia pseudoacacia e Ailan-thus altissima. La presenza di queste entità, però, è sempre collegata a fattori di disturbo antropico e di degrado della copertura forestale.

Il destino delle specie alloctone, spesso, è legato alle forme di agricoltura e al paesaggio agrario. La trasformazione agricola repentina avvenuta negli ultimi decenni e nei secoli precedenti di certo ha in-fluito sulla flora esotica. L’abbandono della coltiva-zione del riso, praticata in Abruzzo in maniera este-sa lungo le pianure costiere e fluviali, nel periodo compreso tra il XV e XIX secolo (Manzi 2006), ha de-terminato ad esempio la scomparsa di molte specie alloctone legate alla coltivazione di questo cereale.

Analogamente il passaggio dalle tradizionali prati-che agrarie verso nuovi processi produttivi, special-mente nelle zone montane, sta determinando la scomparsa di molte archeofite infestanti le colture.

L’uso sempre più massiccio dei diserbanti nei campi di cereali ne sta profondamente alterando la com-ponente della flora commensale: vengono elimina-te quasi tutelimina-te le altre infestanti, mentre aumentano le specie appartenenti alla famiglia delle Poaceae.

Purtroppo, la crescente antropizzazione del ter-ritorio, che non risparmia neppure le aree interne (nuove arterie viarie, discutibili ampliamenti di strade montane, cave, capannoni, cementificazio-ne etc.), non può che aumentare la probabilità di diffusione di specie invasive.

Foto P. Ferrari

F. Lucchese

Molise

Datura stramonium

Il Molise è una regione con una popolazione di soli 320.900 abitanti distribuiti per oltre 2/3 nella provincia di Campobasso (Falasca 2006) e con una densità demografica di 72 ab/km2, molto inferiore rispetto a quella nazionale di 196 ab/km2 (ISTAT 2001). A questo si aggiunge una ridotta dimen-sione dei comuni, per l’85% con meno di 3.000 abitanti e la conseguente scarsa antropizzazione del territorio, parametro questo che potrebbe spiegare la scarsa presenza di specie esotiche. A ciò possono contribuire altri fattori economici, quali un turismo molto limitato (2,3 turisti/ab. ri-spetto al 5.9 turisti/ab. della media nazionale) che riduce le probabilità di trasporto di semi e propa-guli, trasporto che invece aumenta lungo l’asse adriatico in ragione del flusso turistico balneare e dell’intenso traffico commerciale tra la Puglia e le regioni settentrionali.

Anche il grado di industrializzazione è su livel-li inferiori a quellivel-li nazionalivel-li: il principale polo è quello della Valle del Biferno presso Termoli (963 ha), mentre minori sono quelli di Campobasso (163 ha) e di Isernia (442 ha). Una scarsa industria-lizzazione può significare una ridotta opportunità di introduzione di specie esotiche tramite il traffi-co di merci e prodotti grezzi.

L’agricoltura, sebbene abbia subito una riduzio-ne del 26,7% riduzio-negli ultimi anni, vede uno sviluppo piuttosto estensivo nel Basso Molise, soprattutto per la cerealicoltura che impiega notevoli quan-tità di pesticidi, fattore che riduce drasticamente la biodiversità floristica generale e anche quella delle specie esotiche.

Dal punto di vista geografico e climatico il Moli-se risulta una regione prevalentemente montuosa.

La regione Mediterranea si estende in due settori, rispettivamente il Basso Molise (corso inferiore dei tre principali corsi d’acqua, Trigno, Biferno e Forto-re) e il bacino del Volturno in provincia di Isernia fino al confine laziale. È proprio in questi territori che si rileva la maggiore incidenza di esotiche.

Queste considerazioni di carattere generale, non solo su aspetti ambientali e climatici, ma anche su aspetti demografici e socio-economici, possono essere importanti per spiegare la distribuzione at-tuale delle specie alloctone sul territorio.

Fonti dei dati

La flora del Molise assommava fino a qualche tem-po fa a 2.422 entità (Lucchese 1995), mentre attual-mente si valutano 2.412 entità (Conti et al. 2005) su un territorio di 4.437 km2, tra i meno estesi d’Italia, ec-cetto la Valle d’Aosta. La checklist del 1995 (Lucchese 1995) rappresenta il primo lavoro aggiornato in base a dati di campo sulle conoscenze regionali delle spe-cie esotiche, in seguito al precedente contributo di Viegi et al. (1989) basato su fonti bibliografiche. Negli ultimi anni il rilevamento floristico condotto per aree di base e quadranti ha permesso di avere un quadro di riferimento aggiornato sia per la flora generale che per la distribuzione delle specie alloctone (Luc-chese 2005). Il progetto ‘Flora alloctona d’Italia’ è stata l’occasione per un maggiore approfondimento.

Anche la possibilità di un confronto con le regioni limitrofe, quali Lazio, Abruzzo, Campania e Puglia, ha permesso di avere un quadro più obiettivo della