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locali

- , la cui persistenza dipende strettamente dall’esistenza di vicine fonti di dispersione (ad es. Mesembryanthemum cordifolium, Citrullus lanatus, Oryza sativa e Yucca aloifolia).

Anche le specie stabilizzate possono essere di-stinte in alcune categorie in base alla loro diffusio-ne territoriale:

locali

- , presenti solo in habitat ecologicamente definiti (ad es idrofite ed elofite, piante delle dune e delle aree urbane) e in una o poche lo-calità (ad es. Elodea canadensis, Yucca gloriosa e Cenchrus incertus);

diffuse

- geograficamente sul territorio, ma condizionate da una possibilità limitata di inserirsi in habitat seminaturali e quindi pre-senti per lo più in habitat artificiali, come quelle della citata flora interstiziale (ad es.

Sorghum halepense, Buddleja davidii e Paspa-lum dilatatum);

invasive

- , cioè capaci di diffondersi a notevole distanza dai siti di introduzione (infestanti come Amorpha fruticosa e Ailanthus altissima).

Le 14 specie a carattere invasivo possono essere qualificate secondo Pyšek et al. (2004) come:

edificatrici

- (trasformers), come Robinia pseu-doacacia e Arundo donax;

infestanti

- (weeds), come Abutilon theophrasti e Cyperus serotinus;

non dannose

- (not harmful), come Helianthus tuberosus.

Sebbene in grande prevalenza si tratti di infe-stanti di coltivazioni o di aree urbane per ciascuna delle 11 neofite incluse in questo gruppo si ripor-tano alcune note di dettaglio.

Ailanthus altissima: albero deciduo, già segnala-to in Toscana dal Savi nel 1786 (Savi 1801). Assai diffuso in passato in parchi e giardini per la sua fisionomia orientale. La specie è stata spesso im-piegata per il consolidamento di scarpate, argini e aree franose. Si è ampiamente diffusa in tutta la regione per l’abbondante produzione di seme e la spiccata capacità di rinnovazione agamica. Poiché è difficilmente estirpabile la sua coltivazione do-vrebbe essere proibita, in ottemperanza alla Leg-ge Reg. n.56 del 6/4/2000 in cui ne è vietata l’uti-lizzazione, la produzione vivaistica e l’impianto, in quanto pianta che altera i caratteri del paesaggio vegetale regionale;

Amorpha fruticosa: arbusto deciduo, già segna-lato in Toscana da Savi (1801) come specie intro-dotta e coltivata nei giardini, trovata poi dal Pelle-grini nel 1888 sugli argini del fiume Arno tra Pisa e le Cascine nuove (Rossetti 1892). È diffusa soprat-tutto nelle aree umide peripalustri della Toscana settentrionale per la sua capacità di tollerare som-mersioni temporanee. Produce abbondante seme e attecchisce facilmente per talea. In passato la specie venne diffusa nelle piane della Valdinievole e della Lucchesia perché i suoi polloni decorticati venivano impiegati nel rivestimento delle dami-giane. La Legge Regionale n. 56 del 6/4/2000 ne vieta l’utilizzazione;

Artemisia verlotiorum: erba perenne rizomatosa, eliofila, infestante nella regione in siti antropizzati, incolti, margini di corsi d’acqua e campestri. Predi-lige suoli freschi e sciolti e si diffonde facilmente per seme creando popolamenti estesi. Tende a so-stituire l’affine Artemisia vulgaris. La prima segna-lazione in Toscana si fonda su un campione d’er-bario del 1921 (FI), poi venne riportata da Ugolini (1923), Pampanini (1923a, 1923b, 1925, 1926) e Fiori (1923-1929);

Erigeron bonariensis: erba annua estivale a fio-ritura tardiva, dal comportamento biologico ed ecologico affine a E. canadensis, con cui spesso convive. È diffusa soprattutto nelle aree agricole e urbane della Toscana media e meridionale. Già se-gnalata da Savi (1815, in Savi 1808-1825) per il Pi-sano, da Moris e De Notaris (1839) per Capraia, da Simi (1851) per le Alpi Apuane, da Parlatore (1858, in Parlatore 1848-1872) per la Garfagnana; citata quindi in Caruel (1863, in Caruel 1860-1864);

Erigeron canadensis: erba annua estivale inva-siva grazie alla grande capacità di produzione di seme. Risulta infestante in quasi tutta la regione, soprattutto nelle aree urbane, i margini dei cam-pi e gli incolti. La specie è in espansione anche se non appare capace di inserirsi nelle formazioni naturali. In FI esiste un campione del 1842. Ven-ne segnalata Ven-nella regioVen-ne da Caruel (1860-1864, 1871);

Erigeron karvinskianus: erba perenne diffusa so-prattutto nelle aree nord-occidentali della regione, più piovose. Vegeta preferenzialmente ai margini di fiumi, delle strade, sui muri umidi, ma anche nelle aree urbane. Per l’abbondante e prolungata

fioritura viene coltivata anche nei giardini priva-ti da cui poi si diffonde facilmente nelle aree ur-bane. Rispetto al passato appare decisamente in espansione. La prima segnalazione per la regione si deve a Barsali (1909);

Galinsoga parviflora: erba infestante soprattut-to delle colture agrarie e degli incolti. Nella regio-ne è presente massivamente regio-nelle pianure setten-trionali, su suoli freschi e fertili, talora anche nelle aree urbanizzate, ma in luoghi umidi. Nell’erbario di Pisa (PI) esiste un campione raccolto in Tosca-na nel 1891, ma la prima segTosca-nalazione fu fatta dal Rossetti (1892);

Helianthus tuberosus: erba perenne estivale a fioritura serotina, in origine coltivata nei giardini come pianta ornamentale e commestibile, dive-nuta invasiva lungo le sponde dei fiumi, dei ca-nali, dei fossi e nelle piane a falda stagionalmente affiorante. Tollera sommersioni temporanee e si diffonde tanto per seme che per via agamica mediante rizomi. È specie invasiva non dannosa, in genere non rimossa dai siti di diffusione per i suoi pregi ornamentali. Secondo Targioni-Tozzetti (1853) i tuberi introdotti in Toscana o verso il 1667 (Redi, in litt.) o alquanto prima, postille manoscrit-te su opera di Cesalpino (1583), furono portati da

Bordeaux e descritti da Fabio Colonna, successiva-mente citato da Arcangeli (1894);

Paspalum distichum: erba perenne stolonifera infestante lungo i corsi d’acqua, nelle risaie e ai margini di aree umide. Si diffonde per seme e per stoloni a scapito della flora preesistente. Il primo reperto risale al 1908 (FI), la prima segnalazione a Fiori e Béguinot (1911);

Reynoutria ×bohemica: specie invasiva in luoghi freschi e umiferi, in particolare di ripe di fossi, ca-nali e fiumi. Con il suo sviluppo sostenuto da una notevole capacità di riproduzione vegetativa ten-de progressivamente a ridurre la diversità floristi-ca dei siti di impianto;

Robinia pseudoacacia: specie arborea che tende a diffondersi in suoli freschi e più o meno profondi.

Produce abbondante seme, ma si propaga anche per frammentazione delle ceppaie. È invasiva nei boschi radi e nei castagneti dell’orizzonte submon-tano inferiore dove, come specie edificatrice, for-ma boschi densi soprattutto nelle aree più piovose della Toscana nord-occidentale. Altrove è frequen-te, ma dispersa in quanto soffre l’aridità estiva. In molti luoghi è tollerata o favorita dall’uomo per-ché produce una consistente massa legnosa che trova discrete utilizzazioni. Sarebbe auspicabile il

Robinia pseudoacacia su antiche mura a Pisa. Foto L. Viegi.

Toscana 87

governo dei robinieti ad alto fusto rispetto al ce-duo. Caruel (1860-1864) cita R. pseudoacacia come coltivata nella regione per fini ornamentali, pre-sente nei boschi e lungo i fiumi. Secondo Baroni (1897-1908) era già “talora inselvatichita in molte parti della Toscana” nel 1897.

Mentre le specie casuali derivano soprattutto da coltivazioni in giardino o in campo (72%), le specie naturalizzate lo sono solo per il 39%. Fra le natu-ralizzate prevalgono infatti le specie introdotte in maniera accidentale (36%) che scendono solo al 22% fra le casuali. Ciò può voler dire che le specie con introduzione non volontaria hanno una mag-giore capacità di adattamento rispetto a quelle che occasionalmente sfuggono dalle coltivazioni.

Analogamente a quanto risulta in altri lavori (Viegi & Cela Renzoni 1981; Viegi 2001) le specie alloctone oggi presenti in Toscana provengono per lo più dalle Americhe (44%) e dall’Asia (19%), in minor misura da Eurasia (9%) ed Europa (3%), dal Bacino Mediterraneo (7%) e dall’Africa (7%). Le specie provenienti dal vecchio mondo, considera-ta la continuità territoriale, sono comunque di più rispetto a quelle del nuovo mondo.

Le famiglie più rappresentate fra le specie al-loctone rilevate sono le Asteraceae (Compositae) con 35 specie, le Poaceae (Graminacee) con 27 e le

Fabaceae con 12. Esse corrispondono più o meno alle famiglie numericamente più ricche in specie nella flora italiana e regionale. Sopra la media sono invece le Solanaceae (14 specie), le Onagraceae (14 specie) e le Amaranthaceae (15 specie).

Nel complesso si può osservare che lo sviluppo delle esotiche è soprattutto correlato all’urba-nizzazione diffusa, in particolare nelle aree pla-niziarie e costiere. I problemi maggiori derivano soprattutto dalle specie naturalizzate e in parti-colare dalle invasive, ancora non molto numerose.

Fra queste va ricordata Robinia pseudoacacia che forma boschi di sostituzione, soprattutto a scapito dei castagneti.

I rischi per la conservazione della biodiversità si concentrano soprattutto nelle aree costiere, nelle aree umide e in quelle agricole. I centri di diffusio-ne sono rappresentati dagli agglomerati urbani e dagli incolti temporanei, dove è nulla la resistenza degli ecosistemi naturali e massima l’alterazione paesaggistica.

Ringraziamenti

Gli Autori ringraziano L. Dell’Olmo, E. Menicagli, M.F. Palla, M. Rizzotto, R. Vangelisti, per la loro pre-ziosa collaborazione.

Opuntia ficus-indica e O. dilleni sull’isola di Capraia.

Foto B. Foggi.

Foto L. Gubellini

L. Gubellini e M. Pinzi

Marche