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L’EROGAZIONE DI BENIFICI ECONOMICI, I CONTROLLI AMMINISTRATIVI E L’AUTOTUTELA NEL DECRETO RILANCIO

Nel documento INAUGURAZIONE DELL ANNO GIUDIZIARIO 2021 (pagine 27-35)

La situazione emergenziale ha inoltre imposto, da un lato, l’esigenza di sospendere i termini procedimentali in corso e di prorogare la validità temporale di determinati atti soggetti a scadenza, al fine di sopperire all’iniziale impossibilità di corretto funzionamento della macchina amministrativa e, dall’altro, la necessità di adottare idonee misure per la ripresa e la continuità operativa dell’azione amministrativa pur nel particolare contesto determinato dalla pandemia: la prima esigenza è stata realizzata in massima parte dal citato decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, cd. Decreto Cura Italia, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020; la seconda è invece centrale nel menzionato decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, cd. Decreto Rilancio.

Tra le disposizioni del Decreto Rilancio, in disparte quelle relative alla ripresa delle procedure concorsuali con misure temporanee di semplificazione e di adeguamento alla necessità di distanziamento sociale imposte dalla necessità di contenere il contagio, spiccano le norme volte alla liberalizzazione e alla semplificazione dei procedimenti amministrativi relativi alla emergenza

epidemiologica in atto e quelle destinate a introdurre modifiche a regime e di portata più generale in materia di procedimento amministrativo.

Sotto il primo profilo, al fine di garantire la massima semplificazione, l’accelerazione dei procedimenti amministrativi e la rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID 19, il Decreto Rilancio ha operato, con il primo comma dell’articolo 264, una liberalizzazione ed una semplificazione dei relativi procedimenti amministrativi, ampliando in primo luogo la possibilità dei privati di presentare dichiarazioni sostitutive, in tutti i procedimenti aventi ad oggetto l’erogazione da parte delle pubbliche amministrazioni di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, legati all’emergenza pandemica in atto, prevedendo che le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà (di cui rispettivamente egli articoli 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000) sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011.

Con riferimento agli specifici provvedimenti adottati in relazione all’emergenza da COVID 19, il decreto ha poi introdotto limitazioni al potere dell’amministrazione di agire in autotutela, con riferimento sia all’annullamento d’ufficio che alla revoca: per quanto concerne l’annullamento d’ufficio, in deroga al regime ordinario dell’articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (che prevede per l’annullamento d’ufficio il termine massimo di diciotto mesi) si dispone che l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti adottati in relazione all'emergenza Covid-19 possa essere disposto entro il termine di tre mesi decorrenti dalla adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso; sulla falsariga di quanto disposto in via ordinaria dal comma 2-bis del citato art. 21-nonies della legge n. 241/1990, viene peraltro fatta salva l’annullabilità d’ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi siano stati adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, ferma l’applicazione delle sanzioni penali.

Per i medesimi provvedimenti, in deroga a quanto previsto dall’articolo 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 (che consente la revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova

valutazione dell'interesse pubblico originario), la revoca viene limitata alla sola ipotesi in cui ricorrano eccezionali ragioni di interesse.

Viene limitata anche l’adozione di provvedimenti di autotutela nel caso di SCIA, prevedendo che qualora un’attività relativa all’emergenza da COVID 19 sia stata iniziata sulla base di una SCIA, ex articolo 19 della legge n. 241 del 1990, una volta scaduto il termine di sessanta giorni per agire in via inibitoria, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 19, l’amministrazione possa agire con i poteri di annullamento di ufficio ex comma 4 dello stesso articolo soltanto entro tre mesi.

Con riferimento alle ipotesi di cui all’articolo 17-bis, comma 2, ovvero di cui all’articolo 14-bis, commi 4 e 5 e 14-ter della legge n. 241 del 1990, si prevede che il responsabile del procedimento debba adottare il provvedimento conclusivo entro 30 giorni dal formarsi del silenzio assenso; in altri termini, dopo la formazione del silenzio endoprocedimentale tra amministrazioni, è necessario che venga adottato un provvedimento conclusivo espresso.

Come si è accennato, accanto alle norme sopra richiamate, connotate dall’elemento della settorialità e della tendenziale temporaneità, in quanto specificamente legate all’emergenza epidemiologica in atto, il Decreto Rilancio reca (secondo comma articolo 264) anche rilevanti norme destinate ad operare in generale ed a regime; in particolare, al fine di accelerare la massima semplificazione dei procedimenti nonché l’attuazione di misure urgenti per il sostegno a cittadini e imprese e per la ripresa a fronte dell’emergenza economica derivante dalla diffusione dell’infezione da COVID, il decreto reca disposizioni volte ad assicurare piena attuazione ai principi di cui all’ articolo 18 della legge n. 241 del 1990 e al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (Testo Unico sulla semplificazione amministrativa) che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso.

Il decreto in discorso, in particolare, novella stabilmente il regime dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del d.PR. n. 445 del 2000 e inasprisce le sanzioni per il caso di dichiarazioni mendaci: in ordine al primo punto viene sostituito il primo comma dell’articolo 71 del detto d.P.R., prevedendo che le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli sulla veridicità delle predette dichiarazioni, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio e, nei casi di ragionevole dubbio, anche successivamente all’erogazione dei benefici (comunque denominati) per i quali le dichiarazioni sono rese.

L’inasprimento delle sanzioni per il caso di mendacità delle autocertificazioni è realizzato mediante l’introduzione del comma 1-bis all’articolo 75 del d.P.R. n.

445 del 2000 e la previsione secondo cui, oltre alla conseguenza già prevista nel comma 1 dello stesso articolo (decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera), la dichiarazione mendace comporta la revoca degli eventuali benefici già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo

di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza, fermi restando comunque gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.

Al tempo stesso, con la modifica del primo comma dell’articolo 76 dello stesso d.P.R. vengono inasprite anche le conseguenze penali del mendacio con la previsione che la sanzione ordinariamente prevista dal codice penale per le dichiarazioni mendaci è aumentata da un terzo alla metà.

Il Decreto Rilancio interviene anche modificando a regime l’articolo 50 del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005), relativo alla disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni, introducendo la previsione per la quale le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati sono tenute ad assicurarne la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, attraverso la predisposizione (entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del medesimo decreto) di appositi accordi quadro.

Al tempo stesso il decreto dispone che nell’ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque denominati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione non richiede la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione; rafforzando la posizione del privato si introduce anche il principio secondo cui è nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione procedente o di altra amministrazione.

Tutte le disposizioni che precedono sono qualificate (dal quarto comma dell’articolo art. 264) attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, come tali destinate a prevalere su ogni diversa disciplina regionale, che non potrebbe pertanto in alcun caso derogarvi.

1.1.6 L’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA NEL DECRETO

SEMPLIFICAZIONI

Anche il Decreto Semplificazioni (decreto legge n. 76 del 2020) interviene in modo assai rilevante sulla disciplina dell’azione amministrativa, con plurime disposizioni destinate ad operare a regime ed in generale, cioè anche oltre i procedimenti amministrativi legati all’emergenza sanitaria in atto: rilievo centrale assumono al riguardo le modifiche alla legge n. 241 del 1990 apportate dall’articolo 12 del predetto decreto, intese a garantire maggiore certezza e speditezza all’azione amministrativa, introducendo correttivi e aggiustamenti ad alcuni istituti disciplinati dalla predetta legge, individuati sulla base delle criticità applicative emerse.

Si esordisce inserendo tra i principi generali dell’azione amministrativa, scolpiti dall’articolo 1 della legge n. 241 del 1990, quello per il quale i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.

Vengono poi emanate disposizioni relative ai termini dei procedimenti amministrativi, facendo obbligo alle amministrazioni di misurare e rendere pubblici sul sito istituzionale i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti di loro competenza e di aggiornare i termini dei procedimenti prevedendo una riduzione della loro durata; al fine di incentivare il rispetto dei termini procedimentali e di garantire la piena operatività dei meccanismi di silenzio assenso, viene anche stabilita l’inefficacia di alcuni provvedimenti adottati fuori termine; in particolare, all’articolo 2 della legge n. 241 dopo il quarto comma viene inserito il comma 4-bis per il quale le pubbliche amministrazioni misurano e pubblicano nel proprio sito internet istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, previa intesa in Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 28 agosto 1997, sono definiti modalità e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti, nonché le ulteriori modalità di pubblicazione di cui al primo periodo.

Al secondo comma, l’articolo 12 del richiamato decreto prevede che le amministrazioni e gli enti pubblici statali provvedano entro il 31 dicembre 2020 a verificare e a rideterminare, in riduzione, i termini di durata dei procedimenti di loro competenza ai sensi del novellato articolo 2 della legge n. 241 del 1990.

Il decreto inserisce nell’articolo 2 della citata legge n. 241, un nuovo comma (8-bis) per effetto del quale le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis comma 2 lettera c), 17-bis commi 1 e 3, e 20 comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti di cui all’articolo 19, commi 3 e 6-bis primo periodo, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.

Viene inciso dal decreto in esame anche l’articolo 3-bis della legge n. 241, relativo all’uso della telematica da parte delle pubbliche amministrazioni per conseguire maggiore efficienza nella loro attività: la previsione per la quale esse avrebbero dovuto incentivare l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati, viene sostituita da quella, indubbiamente più incisiva, secondo cui le amministrazioni pubbliche agiscono nell’ambito dei predetti rapporti mediante strumenti informatici e telematici.

Ai fini della massima valorizzazione del domicilio digitale il Decreto Semplificazioni modifica sia il terzo comma dell’articolo 5 (in tema di responsabile del procedimento) sia il secondo comma dell’articolo 8 (sulle modalità e i contenuti della comunicazione di avvio del procedimento): agli interessati al procedimento

deve ora essere obbligatoriamente comunicato, oltre al nominativo del responsabile e all’unità organizzativa competente, anche il domicilio digitale di questa; anche la comunicazione di avvio del procedimento deve contenere identica indicazione; la predetta comunicazione deve ora necessariamente indicare le modalità con le quali, attraverso il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64 bis del decreto legislativo n. 82 del 2005 (codice amministrazione digitale) o con altre modalità telematiche, sia possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico di cui all’articolo 41 dello stesso decreto legislativo n. 82 del 2005 ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla medesima legge n. 241; deve altresì essere necessariamente indicato l’ufficio presso il quale sia possibile prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità telematiche di cui sopra.

Il Decreto Semplificazioni incide in modo assai rilevante anche sulla disciplina del cd. preavviso di rigetto, di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, sostituendo all’ interruzione dei termini del procedimento, inizialmente prevista, la sospensione degli stessi ed introducendo altre modifiche sulla motivazione del diniego, al fine di evitare i rischi di ripetizioni identiche del procedimento che porterebbero al medesimo esito sfavorevole: in particolare, viene ora previsto che la comunicazione dei motivi che non permettono l’accoglimento di un’istanza sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del predetto termine; ove gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento è tenuto a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, ove ne siano, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni; per il caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, si prevede che, nell’esercitare nuovamente il suo potere, l’amministrazione non possa addurre per la prima volta motivi ostativi che già emergevano dall’istruttoria del provvedimento annullato.

Viene novellato in modo rilevante anche l’articolo 16 della legge n. 241, in tema di attività consultiva, modificandosene il secondo comma, nel senso che in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente è ora tenuta - e non più facoltizzata - a procedere senz’altro, indipendentemente dall’espressione del parere; l’esclusione da responsabilità per il responsabile del procedimento, viene estesa a tutti i pareri, nel senso che costui non potrà in nessun caso essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri richiesti, siano essi facoltativi o obbligatori, salvo il caso in cui abbia omesso di richiederli.

Il Decreto Semplificazioni interviene anche sull’articolo 17-bis della legge n.

241 modificandone anzitutto la rubrica: non più “Silenzio assenso” bensì “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti”; viene poi modificato il primo comma dell’articolo,

inserendovi la previsione secondo la quale, esclusi i casi di cui al terzo comma, quando per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi sia prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa deve essere trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione; e viene novellato anche il secondo comma il quale prevede ora che decorsi i termini di cui al primo comma senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito; esclusi i casi di cui al terzo comma, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al primo comma, secondo periodo, l’amministrazione competente può comunque procedere: in tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, deve essere trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso: in caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti in discorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

Modifiche assai rilevanti sono apportate dal Decreto Semplificazioni anche all’articolo 18 della legge n. 241 in tema di autocertificazione, di cui viene anzitutto sostanzialmente riscritto il primo comma impegnando le pubbliche amministrazioni all’adozione di misure organizzative idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000; delle misure adottate, le pubbliche amministrazioni sono tenute a dare comunicazione alla Commissione di cui all’articolo 27 della medesima legge n. 241.

All’articolo 18 legge n. 241 viene poi aggiunto un ulteriore comma (3-bis) che, generalizzando la soluzione normativa già anticipata a livello settoriale dal Decreto Rilancio con riguardo ai procedimenti connessi all’emergenza da COVID 19, prevede ora che nei procedimenti avviati su istanza di parte, aventi ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni, da parte di pubbliche amministrazioni ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, ovvero l’acquisizione d’ufficio dei dati e dei documenti, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011.

Si prevede che gli enti locali possano gestire in forma associata in ambito provinciale o metropolitano l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241; le province e le città metropolitane sono chiamate a

definire nelle assemblee dei sindaci delle province e nelle conferenze metropolitane appositi protocolli per organizzare lo svolgimento delle funzioni conoscitive, strumentali e di controllo, connesse all’attuazione delle norme di semplificazione della documentazione e dei procedimenti amministrativi (terzo comma articolo 12 del decreto).

In tema di annullabilità degli atti, il Decreto Semplificazioni aggiunge al secondo comma dell’articolo 21-octies della legge n. 241 la precisazione per la quale la disposizione secondo cui il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, non può trovare applicazione rispetto al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis sul cd. preavviso di rigetto.

Il predetto decreto aggiunge alla legge n. 241, un nuovo articolo, il 21-decies, rubricato “Riemissione di provvedimenti annullati dal giudice per vizi inerenti ad atti endoprocedimentali”, il quale dispone che in caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, il proponente possa richiedere all’amministrazione procedente e, in caso di progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, all’autorità competente ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, l’attivazione di un procedimento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati; qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto e fermi restando tutti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento, l’amministrazione o l’ente che abbia adottato l’atto ritenuto viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza; a tal fine, entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza del proponente, l’amministrazione procedente trasmette l’istanza all’amministrazione o all’ente che ha emanato l’atto da riemettere, che vi provvede entro trenta giorni; ricevuto l’atto ai sensi del presente comma, o decorso il termine per l’adozione dell’atto stesso, l’amministrazione riemette, entro i successivi trenta giorni, il provvedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, in attuazione, ove necessario, degli articoli 14-quater e 14-quinquies della medesima legge n. 241 del 1990 e dell’articolo 25 commi 2 e 2-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Il Decreto Semplificazioni modifica anche le disposizioni dell’articolo 29 della

Il Decreto Semplificazioni modifica anche le disposizioni dell’articolo 29 della

Nel documento INAUGURAZIONE DELL ANNO GIUDIZIARIO 2021 (pagine 27-35)