• Non ci sono risultati.

LA GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Nel documento INAUGURAZIONE DELL ANNO GIUDIZIARIO 2021 (pagine 45-52)

2.- LE NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI IN TEMA DI GIURISDIZIONE CONTABILE

2.2 LA GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Numerose e rilevanti sono le pronunce in materia di giurisdizione della Corte dei conti emesse nel corso del 2020 dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.

Infatti, l’ampiezza della giurisdizione contabile, in grado di ricomprendere ogni ipotesi di gestione di risorse pubbliche, ha trovato, anche nell’anno appena trascorso, ulteriore conferma proprio nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione.

In primo luogo, con l’ordinanza n. 4314 del 20 febbraio 2020, le Sezioni Unite hanno affrontato il tema dell’efficacia panprocessuale delle relative pronunce ai fini della individuazione della giurisdizione. La vicenda contenziosa originava dallo svolgimento di un rapporto concessorio relativo a servizi di assistenza agli utenti presso luoghi di interesse culturale ed artistico. Secondo la ricorrente, condannata in appello dalla Corte dei conti per non aver riversato alla Regione e ad alcuni Comuni siciliani gli importi dei biglietti di accesso a siti culturali, l’ordinanza con la quale nel 2009 la Corte regolatrice affermava la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sul rapporto avrebbe acquisito rilievo dirimente per negare la giurisdizione contabile, sull’assunto che siffatte decisioni avrebbero efficacia c.d.

panprocessuale. La Cassazione, non condividendo la tesi proposta, ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione contabile osservando che, ai fini della configurabilità della c.d. efficacia panprocessuale di una pronuncia delle Sezioni Unite su un giudizio diverso da quello nel quale essa è intervenuta, è necessario che sussista identità soggettiva delle parti dei due giudizi. Il Collegio ha precisato che la pronuncia intervenuta su un giudizio introdotto davanti ad una giurisdizione diversa da quella contabile, nel quale siano stati parte un privato ed una Pubblica amministrazione, non può spiegare effetti, ai fini dell’individuazione della giurisdizione, sul diverso giudizio di responsabilità introdotto dal Pubblico Ministero nei confronti del privato dinanzi al giudice contabile.

Sul tema del controllo dei limiti esterni della giurisdizione, che l'articolo 111, ultimo comma Cost., affida al giudizio della Corte di Cassazione, le SS.UU. hanno avuto a più riprese occasione di ribadire, in linea di continuità con l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, che il vaglio della Suprema Corte sulle decisioni del giudice contabile è circoscritto all'accertamento di vizi che attengano all'essenza della funzione giurisdizionale e non al modo del suo esercizio. Sull’argomento si segnala la sentenza n. 24376 del 3 novembre 2020 pronunciata nel ricorso proposto avverso la sentenza n. 698/2018 della Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello della Corte dei conti, di conferma della sentenza di condanna emessa dalla Sezione giurisdizionale per l’Emilia-Romagna n. 3/2015. In questa sede la Corte regolatrice ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso laddove le censure miravano ad ottenere il sindacato sulla correttezza in diritto della decisione del giudice contabile, in punto

di rilevanza del titolo accademico per l’assunzione a tempo determinato del direttore generale di un Comune. La Corte ha ribadito che il principio dell’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali non esclude il controllo giudiziale della conformità dell’azione amministrativa alla legge che ne regola lo svolgimento, con la conseguenza che il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando accerta la mancanza di tale conformità.

Sulla stessa linea si pone l’ordinanza 20 ottobre 2020 n. 22811 con la quale le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso proposto evidenziando che la Corte dei conti può e deve verificare la compatibilità delle scelte con i fini pubblici dell'ente, da improntare a criteri di economicità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1 legge n. 241 del 1990, assumendo tale profilo rilevanza sul piano, non già della mera opportunità, ma della legittimità dell'azione amministrativa in termini di ragionevolezza, imparzialità, non arbitrarietà, proporzionalità, logicità ed adeguatezza della scelta rispetto allo scopo da perseguire. È stato posto in evidenza che, nella fattispecie, il giudice contabile non aveva esercitato alcun sindacato sull'opportunità della scelta, ma sull'uso del potere in modo non conforme al dovere di cura diligente degli interessi dell'amministrazione e dunque causativo di un diretto pregiudizio al patrimonio dell'ente. Le Sezioni Unite hanno sottolineato che l'eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione e hanno richiamato, al riguardo, la sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 “che non ammette letture estensive neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero frutto di uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento”. È stato, altresì, precisato che l'eventuale errore riconducibile al concreto svolgersi di tale verifica è semmai ascrivibile a violazione di norme inerenti al modo di esercizio della giurisdizione speciale e non inerenti all'essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di questa.

In proposito non va sottaciuta l’importanza dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 TFUE emessa dalle SS.UU. n. 19598 del 18 settembre 2020 in tema di compatibilità con il diritto dell’Unione europea di prassi interpretative di un giudice speciale. Poiché ai sensi dell’art. 111, ultimo comma Cost. il ricorso per cassazione alle Sezioni Unite avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è limitato ai soli motivi inerenti alla giurisdizione, le Sezioni Unite hanno posto il quesito se il TFUE osti ad una prassi interpretativa originata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018, secondo cui la violazione da parte del Consiglio di Stato del diritto dell'Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia, integrerebbe una violazione di legge, incensurabile con lo strumento del ricorso per cassazione. La posizione è stata recepita nella giurisprudenza successiva delle Sezioni Unite (Cass, Sez. Un., 6 marzo 2020, n. 6460), che ha escluso il riferimento al contrasto con sentenze della Corte di giustizia quale ipotesi di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione. Ulteriore quesito di

interesse in questa sede, formulato ancora una volta con riferimento all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 111, ultimo comma Cost., si riferisce alle decisioni del Consiglio di Stato che, decidendo controversie su questioni concernenti l'applicazione del diritto dell'Unione, omettano di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in assenza delle condizioni, di stretta interpretazione, da essa indicate che esonerano il giudice nazionale da tale obbligo.

Sul tema dei rapporti della giurisdizione contabile con la giurisdizione civile sicuro rilievo assume l’ordinanza del 5 agosto 2020 n. 16722 con la quale le Sezioni Unite ribadiscono importanti principi in materia di riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione contabile, oltreché sulla compatibilità dell’azione di responsabilità amministrativa con la giurisprudenza Cedu e in tema di danno all’immagine. Sotto il primo profilo la Corte regolatrice ha posto in rilievo la reciproca indipendenza delle azioni, anche quando investono i medesimi fatti materiali, declinandosi il relativo rapporto in termini di alternatività, laddove la diversità di funzioni e presupposti esclude che possa prospettarsi una violazione del principio del ne bis in idem anche alla luce della giurisprudenza Cedu, fermo restando il limite del divieto di duplicazione delle pretese risarcitorie. Sono state evidenziate le specifiche finalità sottese all’una e all’altra azione, laddove quella proposta dal soggetto pubblico danneggiato assume una funzione riparatoria ed integralmente compensativa a protezione dell'interesse particolare dell’amministrazione attrice, mentre l’iniziativa del Pubblico Ministero contabile si caratterizza per la combinazione di elementi restitutori e di deterrenza. Si è rilevato che il giudizio civile può essere instaurato anche allorquando il giudizio di responsabilità amministrativo-contabile sia già arrivato a decisione, ove quest'ultimo non sia stato definito con pronuncia di condanna al ristoro completo del pregiudizio. In tale prospettiva è stato, tra l’altro, posto in rilievo il ruolo del Pubblico Ministero, portatore di interessi obiettivi di giustizia, che, nell'esercizio di una funzione neutrale volta a perseguire l’illecito amministrativo, rappresenta istanze direttamente riconducibili al rispetto dell'ordinamento giuridico e non l'interesse particolare affidato dalla legge alle singole articolazioni dello Stato per la realizzazione di specifiche finalità. In tema di risarcimento del danno all’immagine la Corte regolatrice ha evidenziato che non è prevista una riserva di giurisdizione esclusiva in favore del giudice contabile e che il legislatore non ha previsto preclusioni alla proposizione della domanda dinanzi al giudice ordinario.

Nella prospettiva dell’effettività della tutela del credito erariale accertato dal giudice contabile, di particolare interesse si presenta l’ordinanza n. 10441 del 3 giugno 2020, che affronta il tema dell’azione di simulazione. La Corte regolatrice ha affermato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti sulle controversie aventi ad oggetto l’azione di accertamento della simulazione proposta dal Procuratore regionale. Nello specifico, il giudizio è stato promosso a seguito di condanna per danno all’immagine e da disservizio, con l’obiettivo di far dichiarare l’inefficacia in favore dell’erario, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di cessione di quote di

partecipazione societaria e di incrementare il patrimonio del condannato in considerazione dell’esiguità della garanzia patrimoniale. Le Sezioni Unite hanno richiamato il comma 174 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 e l’art. 73 del codice di giustizia contabile dedicato ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale tra i quali rientra l’azione di simulazione, diretta a tutelare le ragioni del creditore pregiudicate dagli atti simulati, suscettibili di compromettere la garanzia generica del credito di cui all’art. 2740 c.c.

In materia di illecita gestione di fondi pubblici, si è riproposto anche nel 2020 il tema della giurisdizione contabile per le spese dei Gruppi consiliari regionali. Con sentenza n. 5590 del 28.2.2020 le SS.UU. hanno ribadito che, pur in presenza di elementi di stampo privatistico legati alla matrice partitica, va purtuttavia riconosciuta la natura sostanzialmente pubblicistica del soggetto, per la funzione strumentale al funzionamento dell'organo assembleare e per l'origine pubblica delle risorse con definizione legale dello scopo, non essendo estensibile alla gestione del contributo il principio della insindacabilità di opinioni e voti di cui all’art. 122, comma 4 Cost., in considerazione della natura derogatoria delle norme sull’immunità. Ciò posto, la Corte regolatrice non ha mancato di ricordare che la cognizione del Giudice contabile non può investire l'attività politica del Presidente del gruppo consiliare o le scelte di merito effettuate nell'esercizio del mandato, dovendo restare nell'alveo di un giudizio di conformità a legge dell'azione amministrativa, onde verificare l’eventuale difformità della gestione del contributo alle finalità di pubblico interesse individuate dalla legge.

Sull’argomento vanno altresì richiamate le ordinanze delle SS.UU. nn. 19172, 19173 e 19174 del 15 settembre 2020 emesse sui ricorsi proposti avverso le sentenze della Prima Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello, che si sono pronunciate sulle sentenze di condanna emesse dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna in materia di spese, estranee al mandato, dei consiglieri regionali appartenenti ai gruppi consiliari. La Corte regolatrice, in linea con il pacifico orientamento in materia, ha ribadito che la gestione dei fondi pubblici da parte dei gruppi consiliari regionali è soggetta alla giurisdizione del giudice contabile dovendosi riconoscere in capo a questi ultimi natura essenzialmente pubblicistica in ragione della funzione strumentale al funzionamento dell’organo assembleare e dell’origine pubblica delle risorse.

Tra le ulteriori pronunce in favore della giurisdizione contabile, sicuro rilievo presenta l’ordinanza n. 7009 dell’11 marzo 2020 che ribadisce il consolidato principio in virtù del quale in caso di azione di responsabilità erariale promossa per la restituzione alla Commissione europea dei contributi comunitari erogati in via diretta, l’alveo della giurisdizione contabile non è limitato al solo danno arrecato allo Stato o altro ente pubblico nazionale, ma si estende all’intero importo finanziato, alla luce dell’art. 1, comma 4 della legge n. 20 del 1994 e in applicazione del principio di assimilazione, in forza del quale gli interessi finanziari europei sono assimilati a quelli nazionali. La Corte di Cassazione ha evidenziato la sussistenza della

responsabilità erariale in capo ai soggetti privati che abbiano disposto di fondi pubblici in modo diverso dalle finalità programmate, laddove l’inserimento del beneficiario nel procedimento di realizzazione degli obiettivi pubblici vale ad instaurare un rapporto di servizio tra P.A. erogante e percettore delle risorse, con la conseguenza che siffatta relazione funzionale è idonea a rendere l'autore del danno compartecipe dell'operato dell'amministrazione.

Particolare considerazione merita in questa sede anche il tema della giurisdizione contabile nei confronti delle società concessionarie di servizi.

Con ordinanza n. 22810 del 20 ottobre 2020 le Sezioni Unite, nel valorizzare la portata tendenzialmente generale della giurisdizione in materia di contabilità pubblica, ancorché negli ambiti rimessi alle scelte del legislatore, ha ritenuto sussistente la qualifica di agente contabile in capo ad una società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, incaricata, in virtù di una concessione, di riscuotere pubbliche risorse, con relativo maneggio del denaro dalla fase della riscossione a quella del versamento e conseguente riconducibilità al giudizio di conto della controversia tra società concessionaria ed ente impositore per la verifica dei rapporti dare/avere e del corrispondente risultato finale.

La Corte regolatrice ha ribadito che, ai fini della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, gli elementi essenziali perché ad un soggetto possa riconoscersi la qualifica di agente contabile sono costituiti dal carattere pubblico dell’ente per il quale questo agisce e del denaro o del bene oggetto della gestione, risultando irrilevante la natura privatistica dell’affidatario del servizio ed il titolo giuridico in forza del quale la gestione viene svolta.

Nella stessa prospettiva si pone la sentenza n. 5595/2020 pronunciata sul ricorso proposto dalla società concessionaria del servizio di riscossione dei crediti tributari del comune. Le Sezioni Unite hanno sottolineato in questa sede che la giurisdizione contabile ha natura tendenzialmente generale in materia di contabilità pubblica, dotata di vis expansiva in mancanza di espresse limitazioni legislative. La Corte di Cassazione ha evidenziato, inoltre, che l’art. 58 del regio decreto n. 1038 del 1933 (oggi art. 172 c.g.c.), nel prevedere altri giudizi ad istanza di parte, introduce una categoria residuale e aperta di giudizi che possono essere incardinati dinanzi al giudice contabile ad iniziativa di soggetti diversi dal Pubblico Ministero, purché implicanti materie assegnate alla giurisdizione della Corte dei conti.

Merita un cenno in questa sede anche il tema sempre attuale e di pregnante rilievo dell’affidamento in house, affrontato dalle Sezioni Unite di recente nell’ordinanza n. 7824 del 14 aprile 2020. La Corte ha osservato che la verifica della ricorrenza dei requisiti della società in house, ai fini dell’affermazione della giurisdizione contabile sull’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali per i danni cagionali al patrimonio delle società, va svolta assumendo a riferimento le norme e le disposizioni dello statuto vigente alla data dell’illecito. La Corte regolatrice ha precisato che la cognizione in ordine all'azione di responsabilità, promossa nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali

partecipate, spetta al giudice contabile laddove tali società abbiano, al momento delle condotte illecite, i requisiti dell’in house providing, che devono risultare da specifiche disposizioni statutarie in vigore, non assumendo rilevanza la mera ricorrenza in fatto dei presupposti. Sulla scorta di tali considerazioni, nel caso di specie le Sezioni Unite hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti a partire dalle modifiche statutarie della società, che le consentivano di essere qualificata in house providing.

Significativo interesse presenta inoltre la sentenza delle Sezioni Unite n.

10578 del 4 giugno 2020, che, in linea di continuità con il precedente orientamento giurisprudenziale, afferma la sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti dei dipendenti di una società concessionaria del servizio di trasporto pubblico con natura di soggetto in house, per i danni arrecati al patrimonio sociale, evidenziando che la legittimazione del Pubblico Ministero contabile ad esercitare l’azione erariale non viene meno in caso di fallimento della società danneggiata, considerato che l’azione civilistica fallimentare e quella contabile sono parallele ed autonome sotto il profilo degli effetti e delle finalità.

Sul tema della giurisdizione contabile sicuro rilievo assume anche l’ordinanza SSUU n. 7645/2020 che valorizza il principio in virtù del quale il modello organizzativo privatistico dell'istituzione danneggiata non esclude la configurabilità di un pregiudizio all’Amministrazione pubblica. Il ricorso per regolamento preventivo poneva la questione se spetti alla Corte dei conti la giurisdizione in tema di risarcimento del danno cagionato alla Fondazione Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri (ENPAM) da un amministratore a seguito di condotte poste in essere in violazione della regola della prudenza negli investimenti dell'Ente. La sentenza in argomento ha preso le mosse dalla considerazione della graduale relativizzazione della nozione di pubblica amministrazione e della progressiva flessibilità del concetto e richiamava al riguardo la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660) che introduce una nozione “funzionale e cangiante” di ente pubblico, laddove uno stesso soggetto può avere la natura di ente pubblico a certi fini e in relazione a determinati istituti, conservando rispetto ad altri regimi normativi di stampo privatistico. La Corte regolatrice ha posto in rilievo che il pregiudizio arrecato al patrimonio della Fondazione ENPAM costituisce un danno alle pubbliche risorse, e dunque nocumento erariale la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione del Giudice contabile.

Le Sezioni Unite hanno sostenuto che le controversie relative alla responsabilità degli amministratori per danni cagionati al patrimonio della Fondazione appartengono alla cognizione della Corte dei conti, atteso che l’ente (trasformato in fondazione con personalità giuridica di diritto privato, dotato di autonomia gestionale, organizzativa e contabile, organismo di diritto pubblico, unità rientrante tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza

sociale, del Ministero dell’economia e finanze e al controllo sulla gestione della Corte dei conti) conserva carattere pubblicistico. In sostanza si è evidenziato che la trasformazione dell'ENPAM operata dal d.lgs. n. 509 del 1994, pur avendo inciso sulla forma giuridica dell'ente e sulle modalità organizzative delle sue funzioni, non modificava il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza, che si colloca nel quadro dell’art. 38 della Cost., trattandosi di funzione strettamente correlata all'interesse pubblico di assicurare prestazioni sociali a particolari categorie di lavoratori.

In tema, poi, di incompatibilità dei dipendenti pubblici e omesso versamento del compenso per incarichi non previamente autorizzati dall’Amministrazione di appartenenza, significativo interesse presenta l’ordinanza n. 415 del 14 gennaio 2020, con la quale le SS.UU. hanno dichiarato la giurisdizione della Corte dei conti su fattispecie di omesso versamento di compensi percepiti per lo svolgimento di incarichi non autorizzati antecedente all’entrata in vigore del comma 7-bis dell’art.

53 del d.lgs n. 165/2001, aderendo alle tesi prospettate nel controricorso dalla Procura regionale della Corte di conti per l’Emilia-Romagna. Il Giudice regolatore della giurisdizione ha evidenziato che l’azione ex art. 53, comma 7, promossa dal Pubblico Ministero presso la Corte dei conti nei confronti del dipendente rimane attratta alla giurisdizione contabile anche se la percezione risulti risalente ad epoca precedente all’introduzione della norma (ad opera dell’art. 1, comma 42 della legge n. 190/2012), non avendo quest’ultima portata innovativa, vertendosi in ipotesi di responsabilità erariale che il legislatore ha tipizzato nella condotta, con predeterminazione legale del danno, nell’ottica di garantire adeguata destinazione di energie lavorative al rapporto di lavoro pubblico e la compatibilità dell’eventuale incarico extraistituzionale.

Ancora in tema di incompatibilità e cumulo di incarichi si segnala la sentenza n. 25369 del 20 ottobre 2020 per il principio espresso in merito all’assoggettamento del rapporto di lavoro del direttore generale della AUSL alla disciplina generale prevista per i dipendenti pubblici. La Corte afferma che al direttore generale di un ente del SSN si applica la disciplina generale in materia di incompatibilità e cumulo

Ancora in tema di incompatibilità e cumulo di incarichi si segnala la sentenza n. 25369 del 20 ottobre 2020 per il principio espresso in merito all’assoggettamento del rapporto di lavoro del direttore generale della AUSL alla disciplina generale prevista per i dipendenti pubblici. La Corte afferma che al direttore generale di un ente del SSN si applica la disciplina generale in materia di incompatibilità e cumulo

Nel documento INAUGURAZIONE DELL ANNO GIUDIZIARIO 2021 (pagine 45-52)