• Non ci sono risultati.

La sola forma di intrapresa privata (inclusa l'edilizia) che avesse come obiettivo principale il mercato di massa, a parte i mercatini e le bottegucce, fu la taverna – che nell'Inghilterra del 1860-1880 divenne l'elaborato «gin-

palace» con la sua progenie, il teatro e il caffè concerto.

Eric J. Hobsbawm, Il trionfo della borghesia, p. 260

VII.1 Il panorama tracciato: i temi e le fonti

La ricostruzione di un panorama esaustivo dei cinematografi attivi nella città di Bologna nel periodo del cinema muto è stata un'impresa lunga e articolata, che ha richiesto l'incrocio di un gran numero di dati ricavati da fonti differenti a seconda del periodo di riferimento. Questa ricerca ha permesso di raccogliere centinaia di documenti e il panorama che segue è stato ricostruito a partire da un coscienzioso lavoro di raccolta e schedatura di questi dati confluito in dettaglio per comodità di lettura nell'Appendice 3.2. Nonostante che, come accennato, i documenti siano un numero davvero notevole, il quadro tracciato è da considerarsi largamente attendibile, ma purtroppo non del tutto completo. Pur con i limiti che discuteremo, il panorama qui proposto permette di colmare una lacuna nelle conoscenze dello sviluppo dell'esercizio nella città di Bologna e in particolare completa la nostra comprensione del tessuto urbano di quegli anni, per il quale si individuano i luoghi di maggior rilievo per il

loisir delle varie classi sociali e per lo sviluppo delle relative attività commerciali.

La bibliografia riguardante i cinematografi bolognesi è piuttosto esigua e mancante di un lavoro sistematico che riguardi l'intero arco di tempo del cinema muto. La varietà di temi connessi allo sviluppo dell'esercizio stabile però ha incuriosito chi si è occupato di ricostruire gli usi e i costumi della città agli inizi del XX secolo, come il già ricordato giornalista Alessandro Cervellati, che in Bologna divertita ricorda alcuni aneddoti sui primi cinematografi stabili1. Negli anni Novanta del Novecento il tema è stato ripreso dalla Cineteca

di Bologna, con alcuni brevi articoli di Roberto Benatti comparsi sul mensile «Cineteca»2 e

dalla tesi di laurea di Claudia Giordani, che si è occupata esclusivamente degli anni della 1 CERVELLATI 1950 e 1964a. Per la bibliografia di riferimento rimandiamo anche al § I.2 e alla sezione tematica

della parte seconda della Bibliografia.

2 BENATTI 2000-2001. Questi articoli sono stati riadattati in un programma radiofonico Storia del Cinema a Bologna, dalle origini al 1908, condotto dallo stesso Benatti per Radio Città del Capo nel 1998.

Prima guerra mondiale3. Alcune brevi notizie sui cinematografi bolognesi dell'epoca del

cinema muto si trovano inoltre nel volume Lasciateci sognare di Gianfranco Paganelli e in alcuni articoli e saggi sull'architettura dei cinematografi dovuti ad alcuni architetti4.

Dopo una premessa che presenta i diversi temi affrontati nei successivi paragrafi di questo capitolo e che discute i limiti e le possibilità delle fonti consultate, nonché le difficoltà incontrate nel corso di questa sezione della ricerca (§ VII.1.1-2), analizzeremo nel dettaglio l'andamento e la diffusione dei cinematografi stabili ed effimeri aperti a Bologna nel periodo in esame, individuando i luoghi d'apertura e i picchi di espansione verso le zone periferiche e rurali (§ VII.2.1-3 e 5) e il cambiamento nella realizzazione degli ambienti (§ VII.2.4). La repentina diffusione di sale dedicate esclusivamente allo spettacolo cinematografico trova un primo condizionamento nella normativa di riferimento, che assimila inizialmente i cinematografi ai teatri, pur non tenendo conto delle differenti caratteristiche di questi nuovi spazi, nei quali l'affluenza di pubblico è continua ed elevata, e vi è un maggior rischio di incendi. A un'analisi dei cambiamenti della normativa regolamentare e sul lavoro della Commissione di vigilanza sarà dedicato il § VII.3.1, dove verranno anche prese in esame le figure di alcuni esercenti e iniziative sindacali da loro portate avanti per contrastare le difficoltà riscontrate nel proprio commercio. Segue una panoramica generale sull'aspetto e le caratteristiche delle varie categorie di cinematografi, che discute a grandi linee i dati dettagliati riportati nelle singole schede sui cinematografi dell'Appendice 3.2, con un'analisi sui cambiamenti dei programmi degli spettacoli proposti, sulla loro reclamizzazione e infine alcuni cenni sulla fruizione di tali spettacoli da parte del pubblico (§ VII.4.4-5).

VII.1.1 I temi

I temi connessi allo studio dell'esercizio cinematografico sono diversi, e ciascuno ha restituito un aspetto differente di questo settore imprenditoriale. Innanzitutto vi è un aspetto personale: chi sono gli esercenti cinematografici? Quali attività svolgevano precedentemente? Per quanti anni riescono a condurre l'attività? Gli esercenti bolognesi provengono da diverse esperienze precedenti e appartengono a diverse categorie sociali. Alcuni di essi giungono all'esercizio stabile dallo spettacolo ambulante e i cinematografi sono solo una continuazione della loro esperienza; altri cinematografi hanno gestori collegati a imprese di distribuzione o 3 GIORDANI 1996-1997 e 2001.

produzione, e rispondono a precise esigenze di sfruttamento dei film. Inoltre molti di questi esercenti gestiscono contemporaneamente più cinematografi, in città diverse o nella medesima città. Questa frammentazione degli universi di provenienza pone problemi all'unione sindacale della categoria, ma la necessità di un'unione è palese fino dai primi anni e gli esercenti emiliani già nel 1914 sono collettivamente protagonisti di una protesta presso il competente Ministero che conferisce loro una visibilità a livello nazionale sui quotidiani e sulla stampa specializzata. Questa unione viene poi perseguita anche nel corso degli anni Venti con associazioni territoriali di categoria d'ispirazione fascista.

Un secondo tema è quello dell'aspetto normativo, a cui si è già accennato, che regola i locali di spettacolo aperti al pubblico e che va lentamente delineandosi nel corso degli anni, perché i cinematografi, all'inizio sono assimilati a luoghi di spettacolo preesistenti come i teatri o i politeama, ma già dai primi anni del Novecento emergono chiaramente dei problemi di sicurezza dovuti essenzialmente all'alto pericolo di incendi derivante dalle pellicole infiammabili e più in generale i motivi di igiene, che richiedono una nuova normativa specifica. I nuovi regolamenti vengono prima applicati a livello cittadino e poi estesi ai cinematografi della provincia, sotto il controllo di una Commissione di Vigilanza, rinnovata. Quali sono quindi i criteri di sicurezza richiesti, e come sono cambiati nel corso degli anni presi in esame? Come si svolge l'attività della commissione e quali figure professionali ne fanno parte? La normativa stabilisce regole precise per i cinematografi e architetti e ingegneri cominciano così a misurarsi nella loro progettazione, coniugando le precise esigenze architettoniche – con studi sulla disposizione ottimale del pubblico rispetto allo schermo e in un secondo momento anche sulle caratteristiche acustiche delle sale con l'introduzione del sonoro – con una generale necessità di modernizzazione, anche dell'aspetto: i cinematografi sono infatti locali “moderni” per antonomasia, situati in zone strategiche della città e la loro progettazione è una sfida per armonizzare forma estetica e funzionalità (cap. VIII).

La costruzione ex novo di cinematografi negli anni interessa anche zone sempre più periferiche e questo apre un dialogo fra le diverse amministrazioni locali, che si trovano a dover far fronte ai medesimi problemi di ordine pubblico, di sicurezza e d'igiene. Nonostante l'apertura di cinematografi in provincia sia difficilmente registrabile, perché richiederebbe un lavoro negli archivi storici dei vari Comuni, nel corso di questa ricerca sono stati raccolti dei dati anche su centri minori e zone rurali, che vengono qui comunque presentati anche se senza pretese di esaustività. Queste poche informazioni ci permettono però di conoscere maggiormente la diffusione dei cinematografi nei territori montani e della pianura che circondano la città e di delinearne differenti esigenze e iniziative.

Un altro tema connesso alla diffusione dei cinematografi stabili è quello della réclame e della loro presentazione al pubblico. Gli edifici dovevano attrarre lo spettatore esibendo già all'esterno la propria modernità, espressa soprattutto mediante l'illuminazione elettrica: la progettazione di insegne luminose anche semoventi o a luce intermittente cambia per sempre in questi anni il volto notturno di una città altrimenti buia come Bologna. Inoltre i cinematografi devono presentare in modo accattivante i propri programmi e questo avviene in un primo tempo, seguendo la prassi dei baracconi nelle fiere, con l'esposizione di fenomeni stravaganti e con il richiamo fatto ai passanti da imbonitori con campanelli e volantini; in seguito con l'esposizione del corredo pubblicitario dei film, che nel corso degli anni diventa sempre più complesso e articolato. Soprattutto negli anni Venti, i cinematografi più moderni studiano appositamente questo aspetto e propongono delle soluzioni ad hoc per ogni pellicola, capaci di stupire lo spettatore modificando provvisoriamente anche in modo radicale la facciata con l'ingresso. Questo avviene soprattutto nei cinematografi gestiti dalla Società Anonima Stefano Pittaluga, che aveva elaborato un sistema di réclame ispirato ai cinematografi americani, ma anche in altri cinema e queste soluzioni hanno lasciato una documentazione nelle richieste al Comune da parte degli esercenti per esporre striscioni, cartelli, insegne e sagomate.

Un ultimo tema riguarda la composizione dello spettacolo. Lo spettacolo proposto dai cinematografi bolognesi cambia nel corso degli anni a partire dalla fine dell'Ottocento fino ad arrivare agli anni Dieci del Novecento, adeguandosi al gusto del pubblico che preferisce spettacoli sempre meno “variati” e composti sempre più, a partire dal 1910-1912, da un unico film a lungometraggio, seguito da una comica. Alcuni cinematografi però mantengono la tradizione del primo periodo di diffusione del cinema, alternando un programma di varietà alle proiezioni. Vedremo nel dettaglio il caso del “cinema-varietà” Apollo, del quale analizzeremo gli spettacoli a partire da una serie di lettere superstiti, conservate presso l'Archivio della Grafica della Fondazione Cineteca di Bologna, degli artisti che vi si esibivano (§ VII.4.6). Negli anni Venti l'Apollo entra a far parte del circuito nazionale dei cinema- varietà della Società Anonima Pittaluga, assieme al Cinema Medica (Appendice 3.2). L'analisi dei programmi del Cinema Apollo restituisce un aspetto davvero poco studiato dello spettacolo italiano, e ci permette di tracciare una tipologia di locale un po' diversa da quella dei cinematografi tradizionali.

VII.1.2 Le fonti

Il primo cinematografo stabile della città di Bologna è attestato nel 1904; prima vi erano state aperture di cinematografi effimeri, della durata di alcuni mesi, con un certo ritardo rispetto ad altre città capoluogo italiane. Le principali notizie sulle aperture dei primi cinematografi stabili sono ricavate dalla stampa locale, così come quelle degli spettacoli nei teatri della fine dell'Ottocento (cap. III). Lo spoglio della stampa locale per questi primi anni è stato molto accurato5 e ha permesso di conoscere l'ubicazione dei locali, la data di apertura e

in alcuni fortunati casi anche i nomi degli esercenti, degli architetti e dei decoratori operanti per gli interni e delle decorazioni esterne. Come abbiamo già detto (§ I.4), al momento dell'apertura gli esercenti chiedevano al Comune i permessi di esporre all'esterno insegne, decorazioni, e nel Carteggio Amministrativo conservato presso dell'Archivio Storico del Comune si trovano ancora tali pratiche, spesso utili per avere una data di apertura più precisa e per i dati anagrafici degli esercenti6. Un'altra richiesta veniva rivolta alla Prefettura per

concordare la visita della Commissione di Vigilanza, che doveva fornire il nulla osta per l'apertura al pubblico del locale, e queste richieste, spesso correlate da piante dei locali e dai giudizi della commissione con i pareri favorevoli e quelli contrari, come si è già segnalato, sono conservate presso l'Archivio di Stato di Bologna, nel fondo Prefettura. Nel capitolo I è già stato anche sottolineato che a partire dal 1911, viene istituito presso la Camera di Commercio di Bologna il Registro ufficiale delle denunce delle attività commerciali, che è stato di fondamentale importanza per definire le ditte di distribuzione attive fra il 1911 e il 1924 (§ X.1.1). Lo spoglio accurato dei 65 volumi di protocollo, conservati presso l'Archivio Storico delle Ditte della Camera di Commercio di Bologna, ha permesso di individuare fra le altre attività commerciali, anche i cinematografi aperti in città e provincia nello stesso arco di tempo. Questa fonte ha permesso inoltre di determinare con maggiore chiarezza l'avvicendarsi degli esercenti, che spesso gestivano un cinematografo solo per delle stagioni o per pochi anni, anche riprendendo più volte in mano a distanza di tempo la gestione. Attorno ad un numero esiguo di cinematografi stabili con una gestione continuativa dei medesimi imprenditori, si sviluppa quindi una grande quantità di cinematografi stagionali o di cinematografi stabili con gestioni per brevi periodi, e questo, come è stato anticipato fa sì che 5 È stato effettuato lo spoglio dei quotidiani «Il Resto del Carlino», «L'Avvenire d'Italia» e «La Gazzetta

delll'Emilia», cfr. Bibliografia finale, Sez. B.

6 Per un dettaglio della ricerca archivistica qui svolta rimandiamo all'Elenco degli Archivi (Sez. A) che precede

la Bibliografia. Ringraziamo qui le archiviste dell'Archivio Storico Comunale, e in particolare le dott.sse Elda Brini e Paola Furlan.

certi cinematografi sfuggano alle iscrizioni nei suddetti registri, cosicché per il settore dell'esercizio cinematografico risultano meno accurati rispetto al settore della distribuzione.

La gestione caotica di alcuni di questi cinematografi ci ha costretto a prendere in esame le notizie della stampa quotidiana per i primi anni del Novecento, quando le regole sulle aperture erano meno definite e queste attività sfuggivano al controllo della Camera di Commercio. Il consolidarsi delle regole sulle Denunce di Esercizio però non sembra vincolare più di tanto queste attività, e persino negli anni Venti troviamo, soprattutto in periferia, richieste di insegne di cinematografi non registrati presso la Camera di Commercio. Anche i quotidiani locali d'altra parte, dopo un periodo iniziale di entusiasmo verso queste iniziative (che agli inizi del Novecento ancora si configuravano come delle novità e delle attrazioni speciali), smettono progressivamente nella seconda metà degli anni Dieci di dare notizia di queste aperture riportando solo i trafiletti a pagamento con i programmi nella sezione dedicata agli spettacoli del giorno.

Le fonti consultate ci hanno permesso dunque di ricostruire un panorama abbastanza esaustivo fino al 1926: il 1925 è l'ultimo anno coperto dai registri degli esercizi, ma nel 1926 abbiamo un documento trasmesso dal Questore al Prefetto con un censimento dei cinematografi attivi di Bologna e circondario, a seguito della circolare n. 13500 del 6 agosto 1926 con la quale il Ministero chiede l'elenco di questi luoghi ai fini della propaganda7. La

grande quantità di dati schedati viene discussa per temi nei paragrafi successivi, dedicati a un'analisi generale dell'andamento dell'esercizio nella città e nel capitolo VIII, quest'ultimo dedicato all'architettura dei cinematografi e al lavoro di alcuni architetti e ingegneri che si sono cimentati con questo genere di progettazione. Il capitolo VIII prende in considerazione, oltre alle fonti già discusse, la preziosa documentazione conservata presso il Fondo Muggia dell'Archivio Storico dell'Ordine Architetti di Bologna8, e quella conservata presso i fondi

Muggia e Sironi della Sezione Architettura dell'Archivio Storico dell'Università di Bologna9.

Questi due capitoli sono integrati e si appoggiano all'analisi minuziosa dei dati raccolti, proposta nelle schede elaborate nell'Appendice 3.2, dove sono presentate le informazioni ricavate su ogni singolo cinematografo, con anche le piante, le fotografie, i progetti costruttivi e le decorazioni esterne.

7 ASBO, G.P., Busta 1449 (1926, cat. 13, fasc. 1), 30 agosto 1926.

8 Ringraziamo l'Ordine degli Architetti di Bologna e in particolare l'architetto Daniele Vincenzi, che ci ha

permesso di consultare e fotografare il materiale conservato nell'archivio.

9 Ringraziamo la dott.ssa Beatrice Bettazzi per averci permesso di consultare questi materiali d'archivio e per

l'invito a relazionare una parte delle nostre ricerche al ciclo di conferenze Per non perdere la Via Maestra organizzate presso l'Archivio Storico Comunale fra marzo e maggio 2014 e curate da dott.ssa M.B. Bettazzi, dott. M. Sintini, dott.ssa P. Furlan e dott.ssa Elda Brini; il catalogo di questa manifestazione è in corso di pubblicazione.

VII.2 I cinematografi bolognesi

VII.2.1 Cinematografi effimeri e altri ritrovi

Abbiamo visto come nei primi anni del Novecento l'offerta cinematografica cittadina fosse composta da diverse iniziative, molte delle quali ancora gestite da ambulanti che possedevano le pellicole e gli apparecchi e proiettavano nei teatri e in baracconi (capp. III- VI). Questa situazione a Bologna10 comincia a cambiare lentamente a partire dal 1901, quando

aprono le prime sale dedicate esclusivamente allo spettacolo cinematografico, quindi dei veri e propri cinematografi, che però hanno carattere stagionale o rimangono aperti solo pochi mesi. Consideriamo qui come “cinematografi effimeri” quindi degli spazi esclusivamente dedicati alla visione cinematografica, ma in attività per un periodo inferiore a un anno. Il primo cinematografo di questo tipo è il Reale Cinematografo Lumière ricavato nell'ex-birreria Limentra in via Rizzoli e attivo per qualche mese nel corso del 1901, che poteva contenere circa 40 persone (v. Appendice 3.2, Reale Cinematografo Lumière); quello successivo è un cinematografo aperto nell'atrio del teatro Arena del Sole nei mesi invernali, che viene gestito da ambulanti per alcuni anni a partire dal 1902, conservando la sua vocazione stagionale (v. Appendice 3.2, Atrio Arena del Sole). Anche dopo la nascita dei cinematografi stabili continuano ad essere presenti attività commerciali della durata inferiore all'anno solare: soprattutto si tratta di quei cinematografi aperti fuori dal centro storico nei quartieri di prima periferia (che spesso oltretutto dopo l'apertura non fanno più notizia né sui quotidiani né altrove, quindi rimane un margine di incertezza sulla loro reale durata) o di quelli aperti a ridosso della Prima guerra mondiale che, esattamente come avviene per il settore distribuzione, è un periodo con una serie di iniziative abortite e senza seguito (cap. XVII).

Inoltre le variazioni della gestione di molti cinematografi confondono ulteriormente queste informazioni, perché per alcuni di essi (come ad esempio l'Irnerio, v. Appendice 3.2, Cinematografo Irnerio) il continuo avvicendarsi degli esercenti potrebbe celare un'apertura limitata solo ad alcuni mesi dell'anno, non accertabile però anche perché il cinematografo non pubblica i programmi sui quotidiani. Dopo la fine della guerra l'offerta cinematografica cittadina è più strutturata rispetto all'inizio degli anni Dieci e non abbiamo trovato a Bologna

10 In altre città spazi effimeri, ma destinati esclusivamente allo spettacolo cinematografico si rilevano già dal

1896, come una sala di via Po a Torino o lo Studio Le Lieure a Roma, ma il fenomeno comincia a diventare più diffuso a partire dal 1900 (BERNARDINI 1980, p. 137).

iniziative di tipo effimero, che rimangono così connesse soprattutto al periodo fra i primi anni del Novecento e la Prima guerra mondiale.

È in questo arco di tempo che si affermano anche altre iniziative temporanee di carattere diverso (non veri e propri cinematografi, ma comunque luoghi di proiezioni) come la Sala Röntgen (v. Appendice 3.2, Sala Röntgen e § III.5) dove nel 1904 avveniva la dimostrazione di apparecchi per esperimenti fisici all'alta borghesia, fra i quali figurava anche il cinematografo, oppure la sala in via Calzolerie col “Cinema-tiro” (v. Appendice 3.2, Life- Targets), dove nel 1914 un'azienda milanese ha installato per pochi giorni uno spazio dedicato al tiro a segno mediante delle carabine su immagini cinematografiche di cacce, selvaggina ecc., con anche un sistema particolare per evidenziare il punto colpito dallo sparo. La durata effimera di questi locali tradisce il loro carattere primo-novecentesco, ovvero un'esperienza cinematografica collegata a un senso di meraviglia per la visione di immagini in movimento. L'offerta più strutturata del dopoguerra non lasciava più spazio a questo genere di iniziative.

VII.2.2 I primi cinematografi stabili

Precisiamo che vi sono due tipi di cinematografi stabili che vengono aperti nel corso del periodo del cinema muto a Bologna: quelli educativi, fra i quali si annoverano i cinematografi cattolici e i cinematografi comunali di iniziativa socialista, a beneficio delle scuole o delle università popolari, per i quali rimandiamo al cap. XV, e quelli commerciali, indagati in questo capitolo e animati esclusivamente da finalità economiche.

Il primo cinematografo stabile di Bologna, la Sala Marconi in via Rizzoli, apre nell'ottobre del 1904 (v. Appendice 3.2, Sala Marconi). L'avvio dell'esercizio stabile in Italia è fissato dalla storiografia nel 1905, anno nel quale si moltiplicano sensibilmente ovunque le iniziative di questo tipo11, quindi l'apertura del primo cinematografo stabile a Bologna è

contestuale a quelli di Milano e di Torino, ma un po' in ritardo rispetto a Genova e leggermente in anticipo su Roma, nonché in anticipo di diversi anni rispetto a capoluoghi con minor numero d'abitati e alle città di provincia. In Romagna ad esempio la nascita dei primi cinematografi stabili si colloca fra il 1907 e il 1908, con delle anticipazioni a Forlì e Ravenna dove i primi risalgono al 1906 e dei ritardi come avviene a Cesena, dove il primo risale al 190912.

11 Per informazioni sui primi cinematografi stabili e sulle difficoltà nel mappare le loro aperture si veda