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Capitolo 3 – Trasformazione del fenomeno: vittime di tratta sessuale richiedent

3.1 Il contesto normativo

3.1.4 Gli esiti delle Commissioni Territoriali e le sentenze in merito al riconoscimento

Considerando tutti gli elementi appena esposti circa il quadro normativo e le linee guida che chiariscono quali sono le situazioni in cui una persona vittima di tratta richiedente asilo possa vedersi riconosciuto lo status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria, è interessante andare a verificare se e come queste disposizioni vengono messe in atto.

Guardando in generale i dati che si riferiscono agli esiti delle domande di protezione internazionale, è possibile notare un generale aumento del non riconoscimento di alcun tipo di protezione da parte delle commissioni territoriali, nel 2016 la percentuale delle decisioni da parte della Commissione Territoriale che non ha riconosciuto alcun tipo di protezione è arrivata al 61%, nello specifico a fronte di 91'102 domande di protezione internazionale esaminate 54'254 hanno avuto come esito un diniego, 18'979 hanno dato esito al rilascio di un permesso per motivi umanitari (21%), 12'873 persone si sono viste riconoscere la protezione sussidiaria (14%) e solo 4'808 (5%) richiedenti hanno acquisito lo status di rifugiato357.

Se si guardano i dati complessivi degli anni 2014-2016, la nazionalità nigeriana è al primo posto relativamente alle persone che hanno presentato domanda d’asilo, questa presenza è andata in costante aumento, nel 2014 erano 10'040, nel 2015 18’174 e nel 2016 sono arrivati a 26'934358.

Il numero dei richiedenti protezione internazionale è aumentato, così come il numero di persone arrivate in Italia via mare tramite i cosiddetti sbarchi, sempre guardando il triennio

354 Ministero dell’Interno, UNHCR, L’identificazione delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione

internazionale e procedure di referral, Linee guida per le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, Digitalialab, Roma, 2017, p. 43

355 Come previsto dal D.lgs 142/2015 art. 17, comma 2

356 Ministero dell’Interno, UNHCR, L’identificazione delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione

internazionale e procedure di referral, Linee guida per le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, Digitalialab, Roma, 2017, p. 31

357 Darti del Ministero dell’Interno reperibili all’indirizzo web:

http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/riepilogo_dati_2015_2016 _0.pdf

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2014-2016, da 170'100 persone arrivate, nel 2014, le domande d’asilo sono state 63'456, l’anno seguente gli arrivi sono stati leggermente minori, 153'842 ma le domande di protezione internazionale sono aumentate a 83'970, infine nel 2016 alle 181'436 persone sbarcate le richieste d’asilo sono arrivate a 123'482, il numero più alto mai registrato359. Importante notare che le domande esaminate da parte delle commissioni territoriali sono aumentate drasticamente, se nel 2014 ne sono state esaminate “solo” 36'270, nel 2016 sono arrivate a 90'473 con un incremento del 150%. Ma all’incremento delle domande esaminate è corrisposto un alto numeri di dinieghi, se nel 2014 il mancato riconoscimento di qualsiasi forma di protezione costituiva il 36% del totale360, nel 2016 come abbiamo già detto questa percentuale è arrivata al 61%. Per quanto riguarda il 2017, secondo l’UNHCR le persone arrivate via mare in Italia sono state 119'370361, in diminuzione rispetto agli anni precedenti, per quanto riguarda invece la presenza di cittadini nigeriani questa continua a rimanere più o meno invariata, con un leggero calo delle presenze che risultano essere 25'954, al tempo stesso la percentuale di domande d’asilo che non hanno portato ad alcun esito positivo continua a rimanere più o meno stabile rappresentando il 58%362 (a ottobre è arrivata al 63%363).

Alla decisione avversa da parte della Commissione Territoriale del riconoscimento della protezione internazionale è possibile ricorrere, la durata complessiva dal ricorso all’esito è di circa un anno, e per il primo grado l’esito del ricorso si divide equamente tra accoglimento e respingimento di esso (rispettivamente 49.8% e 50.2%), mentre per il secondo appello l’accoglimento del ricorso arriva al 69.9%364.

359 Questo si può imputare in particolar modo ai sempre più stringenti controlli alle frontiere con gli altri stati europei. Dall’adozione dell’Agenda Europea sulle migrazioni (vedi nota 321) in poi, l’attenzione principale da parte della polizia di frontiera è quella di prevenire gli spostamenti intraeuropei, e anche se è stato previsto un programma di relocation di determinate nazionalità, questo non è ancora stato utilizzato nella misura prevista dalla stessa Agenda (si veda il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017, pp. 233-236). A questo si aggiunge la chiusura della cosiddetta “rotta balcanica” che permetteva ai richiedenti asilo di arrivare nei paesi del Nord Europa passando appunto per i balcani partendo dalla Grecia. Dopo il contestato accordo UE-Turchia, il numero di persone che riescono a percorrere quella rotta è diminuito drasticamente, riducendo le persone arrivate in Grecia in condizioni molto peggiori rispetto al periodo precedente l’accordo (Rapporto Amnesty International reperibile all’indirizzo web: https://www.amnesty.org/en/documents/eur25/5664/2017/en/). Tutti questi motivi concorrono nell’aumento delle richieste di protezione internazionale presentate in Italia 360 Elaborazione dati ISMU reperibile al sito web: http://www.ismu.org/richiedenti-asilo-e-rifugiati/ 361 https://data2.unhcr.org/en/documents/download/61936

362 http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/dati_asilo_2017_.pdf 363http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/ottobre_mensile_2017. pdf

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I dati appena riportati non sono divisi per genere ma soltanto per nazionalità, pertanto è impossibile capire quanti di questi dinieghi alla domanda di protezione internazionale sono riferiti a domande presentate da cittadine nigeriane.

Per poter dare un’idea dei possibili esiti di queste domande è utile fare riferimento ad alcune decisioni delle Commissioni Territoriali e delle sentenze dei ricorsi reperiti365 per poter vedere se e come sono state messe in atto le indicazioni fornite dall’UNHCR riguardo la possibilità per una vittima di tratta di vedersi riconosciuta una qualche forma di protezione internazionale.

Ci sono casi in cui la Commissione applica correttamente le linee guida che permettono di riconoscere lo status di rifugiato alla richiedente vittima di tratta che soddisfi tutti i requisiti richiesti dalla definizione, ad esempio la Commissione di Salerno in data 29 Ottobre 2015 decide di riconoscere lo status di rifugiato ad una cittadina nigeriana che nel corso dell’audizione aveva fatto emergere il fatto di essere stata vittima di tratta, considerando il racconto della richiedente attendibile, la Commissione ha valutato di riconoscere alla ragazza lo status di rifugiato, considerando in particolar modo il paragrafo 17 delle linee guida UNHCR sulle vittime di tratta, che pongono l’attenzione su come il rischio di essere nuovamente trafficati in caso di rimpatrio nel proprio paese d’origine costituisce un fondato timore di persecuzione366.

Altro caso di riconoscimento dello status di rifugiato a una cittadina nigeriana lo possiamo trovare nella decisione della Commissione Territoriale di Foggia del 20 Aprile 2016, in questo caso non è stato valutato solo il fondato timore di persecuzione in caso di rimpatrio, ma è stato valutato anche il fatto che in Nigeria nonostante l’esistenza del NAPTIP367, questo spesso non riesce a svolgere una funzione di protezione per le vittime, incentrandosi ancora troppo sulla denuncia degli sfruttatori piuttosto che sulla riabilitazione e assistenza della vittima, in aggiunta viene considerato il fatto che in caso di ritorno in patria, lo stigma per essere stata una vittima di tratta potrebbe portare ad una maggiore emarginazione sociale e difficoltà di reinserimento. Pertanto viene riconosciuto lo status di rifugiato in quanto il

365 Si fa riferimento agli esiti delle Commissioni territoriali e alle Sentenze di Tribunale messi a disposizione dalla rubrica Osservatorio Commissioni Territoriali presente sul sito web www.meltingpot.org, progetto di comunicazione indipendente nato nel 1996 che mira a mettere in comune le conoscenze di associazioni, esperti, avvocati, docenti, attivisti, videomakers con il fine di creare uno spazio di informazione e approfondimento libero per promuovere una diversa narrazione delle migrazioni contemporanee

366 http://www.meltingpot.org/IMG/pdf/comm._salerno_tratta_asilo_status_2016.pdf 367 Vedi nota 333

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timore di persecuzione è fondato in quanto appartenente ad una determinata categoria sociale in relazione al genere femminile, la condizione socio-economica (in questo caso la ragazza proveniva da una famiglia poligama e di umili condizioni) e l’essere già stata vittima di tratta368.

Quando all’interno dell’audizione per il riconoscimento della protezione internazionale non emergono sufficienti elementi ma sorge comunque il sospetto che la richiedente sia vittima di tratta, come si è già detto, la Commissione ha la possibilità di sospendere il procedimento e contattare un ente antitratta che possa aiutare la persona interessata a far emergere elementi della propria storia che possano essere utili ai fini della richiesta di protezione internazionale. Altra possibilità è quella che nonostante la richiedente asilo dichiari elementi che possono essere ricondotti ad una condizione di grave sfruttamento la Commissione non ritenga che le dichiarazioni fatte siano sufficientemente provate il che può portare, in caso sussistano motivazioni di carattere umanitario al rilascio di un permesso per motivi umanitari369, oppure al rigetto della domanda.

Anche tra le sentenze dei ricorsi alla decisione della Commissione Territoriale è possibile evidenziare altri aspetti che possono portare al riconoscimento di una protezione internazionale, ne è un esempio la sentenza del Tribunale di Palermo dell’11 Dicembre 2017 che riconosce la protezione sussidiaria ad una ragazza nigeriana appena maggiorenne e neomamma, alla quale era stata riconosciuta la protezione umanitaria, nonostante non fossero presenti le condizioni dell’art. 14 D.lgs. 251/2007370, il giudice ha stabilito che, basandosi sull’art. 19 D.lgs 251/2007, nell’attuazione della convenzione di Ginevra si debba tenere conto della specifica situazione delle persone vulnerabili, la ragazza in particolare per il suo particolare vissuto apparteneva a più circostanze (madre sola, vittima di tratta, persona che ha subìto stupri e altre forme di violenza fisica)371.

Altro esempio è la sentenza del Tribunale di Roma del 9 Giugno 2017 che riconosce la protezione internazionale ad una cittadina nigeriana (che aveva ricevuto un diniego totale

368 Questa decisione della Commissione è stata condivisa nell’ambito del corso di formazione “Oltre la Tratta” nell’ambito del progetto Oltre la Strada, svoltosi a Bologna il 3 Maggio 2017

369 D.lgs. 286/1998 art. 5 comma 6

370 D.lgs. 251/2007 art. 14 « 1. Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sono considerati danni

gravi: a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale»

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da parte della Commissione), basandosi sul fatto che data la condizione personale della richiedente (orfana), le condizioni di instabilità del paese d’origine che la possono esporre a comportamenti gravemente degradanti in particolare per il fatto di appartenere ad un determinato gruppo sociale (giovane donna, provenienza da un contesto sociale medio- basso caratterizzato dal fenomeno della tratta di esseri umani) sussistano i motivi per poter rilasciare il titolo di protezione sussidiaria372.

Altra sentenza che pare importante illustrare è quella del Tribunale di Salerno del 2 Febbraio 2017 che riconosce lo status di rifugiato ad una ragazza nigeriana alla quale non era stata riconosciuta alcun tipo di protezione, fondamentale in questo caso l’operato dell’ente antitratta, dentro il quale era stata inserita la ragazza dopo aver confessato agli operatori del centro d’accoglienza in cui era accolta di essere in realtà una vittima di tratta. L’inserimento dentro al progetto antitratta le ha permesso di far emergere una storia diversa rispetto a quella raccontata in sede di audizione presso la Commissione, taciuta a causa del timore della ragazza di rompere il patto di silenzio sugellato tramite rito juju, e in sede di ricorso ha raccontato al Giudice una storia dettagliata, seppur con qualche incongruenza ritenuta trascurabile, che le ha permesso di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato in quanto risulta aver subìto atti persecutori nel proprio paese d’origine, di appartenere, in quanto donna, ad un particolare gruppo sociale particolarmente vulnerabile per quanto riguarda la caduta in una rete criminale dedita alla tratta di persone pertanto il timore di persecuzione è fondato373.

Quest’ultimo esempio evidenzia come sia stato fondamentale l’intervento dell’ente antitratta contattato dal centro di accoglienza, che ha permesso alla ragazza di prendere consapevolezza del proprio vissuto e le ha dato la forza di far emergere il duro percorso che l’ha portata fino in Italia, dimostrando come sia importante la collaborazione tra il sistema d’asilo e sistema antitratta.

3.2 Il sistema d’asilo che accoglie richiedenti protezione internazionale vittime di