Intervista a Jessica Monga assistente sociale dell’UAP, settore famiglie e minorenn
7) In base alle sue esperienze chi e come si lavora in rapporto alla rete professionale con i genitori naturali su tale obiettivo? Ne abbiamo già parlato prima, quindi va
bene così.
“Guarda, dipende. Sono davvero tantissimi fattori. Noi siamo anche i capo progetti. Dipende
la rete come lavora, il tempo che hai, il bambino come reagisce, i genitori in che fase sono, quale CEM hai avuto, in che tempi e in che modalità. Sono tante cose che si muovono tutte insieme e che non puoi prevedere. Infatti tante volte tu fai una previsione ma, adesso non facciamo neanche previsioni tra un anno. Vediamo, vediamo nei prossimi tre mesi, poi facciamo il punto. Per cui non si promette mai niente. Quando si inizia il collocamento non si dice “a ma dura solo un anno..”. Vediamo, deve cambiare questo, questo e questo. Passo per passo. Poi magari in un anno ti accorgi che siamo ancora peggio di prima. Allora in quel senso dici che ci sarà tanto da lavorare, e io so che non è nel prossimo anno che rientrerà a casa, questo ragazzo. Un po’ questo, si è un po’ rassegnato, ma sempre con la voglia di lavorare. Abbiamo delle situazioni, recentemente, anche con una rete molto fitta, dove ogni “tot” a noi della rete viene mal di pancia a pensare a questo bambino in istituto. Perché vorremmo lavorare di più sulla famiglia naturale, o.. però quando ci troviamo, facciamo anche supervisione, alla fine diciamo “dobbiamo anche accettare i limiti di questi genitori”, che sono fermi lì, non fanno nessun passo avanti e il bambino è anche compromesso, in parte, e fa fatica e soffre, è così. Tutti vorremmo di più, perché vedere il bambino che sta male non è bello, è ognuno fa più che può. E a volte di chiedi? Sarebbe meglio che fosse a
casa? A volte me lo chiedo ma dopo tre pensieri mi dico no.”
Mi dicevi, se è l’assistente sociale che sceglie se mandare in una famiglia o in un CEM.
“Dipende dalla situazione e dall’urgenza. Perché anche le famiglie ci sono le famiglie SOS, che tu le chiami e tra un ora li puoi portare il bambino. Le famiglie Family che invece sono a lungo termine, oppure il CEM. Ci sono tre categorie di famiglie: può essere intra-parentale (familiare, zii, nonni..), può essere una famiglia esterna o professionista anche. Quindi magari hai uno psicologo e un educatore che sono i genitori proprio e possono prendere a carico una situazione. Però anche lì è diverso perché va valutato anche questo. Un CEM ha più una presa a carico educativa, strutturata, il contesto insieme ad altri a certi minori è più utile, o almeno si pensa che sia più utile perché magari certi comportamenti, con un confronto dove anche tutti gli altri hanno queste regole e non sono solo io che non posso giocare alla playstation dieci ore al giorno, è più facile da gestire.”
Questo quesito mi viene se penso a un minore che magari ha solo e unicamente la mamma, e non ci sono altri parenti per diverse ragioni, e la mamma ha delle difficoltà gravi (esempio tossicodipendenza). Al bambino rimane quindi solo una mamma molto in difficoltà. Il CEM è un luogo neutro, ma il bambino in questo modo rimane solo con la mamma e un luogo più neutro.
“Se la mamma è una tossica, e anche se si riprende e non fa più uso di sostanza, però quel tipo di fragilità le avrà sempre. E se però ci ricade sarà super assente. Quindi non è un intervento di un anno, ma per tutta l’infanzia ci sarà bisogno di un supporto in quella famiglia, almeno questa è un po’ la mia idea. Quindi forse non lo metti in un CEM, ma gli trovi una famiglia che gli possa dare anche un modello familiare adeguato. Un’impronta di quello che è o di quello che dovrebbe essere una famiglia.”
Io penso a quello che sto vivendo adesso. Però mi viene in mente di alcune situazioni in cui la mamma c’è o non c’è. C’è solo la mamma ma non è sempre presente. E i bambini sentono il bisogno di un nucleo familiare. Quindi mi faccio delle domande, perché il CEM è comunque un luogo protetto. Quindi mi chiedevo, se loro non hanno nessun altra figura, ma hanno solo la mamma e il CEM, che dovrebbe essere un luogo neutrale, dunque esistono altre soluzioni?Chi è che può garantire di essere una figura di riferimento al giorno d’oggi?
“Eh è un ottima domanda. Poi è anche difficile perché magari si creano delle problematiche con il genitore naturale e la famiglia di affido. E la gestione di una famiglia di affido è molto complessa. Il CEM è più chiaro, più neutro. La famiglia entra più in un discorso di rivalità profonda sulla propria genitorialità. E il conflitto che anche il bambino ha, è anche di affezionarsi ai nuovi genitori, magari chiamarli anche mamma e papà. Ci sono pro e contro in tutte le situazioni, però è vero che forse in certe situazioni bisognerebbe ragionare un po’ più in questi termini e quindi considerare la famiglia e non il CEM. Però sai, c’è la famiglia pronta ad accoglierlo? Perché anche di famiglie non è che ne abbiamo.”
Io non dico che sia meglio o peggio.
“No, certo. Ma noi valutiamo ogni possibile scenario e noi scegliamo quello che , secondo
noi, ha meno rischi nel momento in cui prendiamo la decisione. Poi magari dopo un anno ci si accorge che forse era meglio l’altra soluzione, perché dopo sono emerse cose che prima non avevi elementi per valutare.”