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L’ ESPLOSIONE DEL CONFLITTO TRA I POTERI DELL ’I MPERO

I L S OBERANO C ONGRESO C ONSTITUYENTE MESSICANO

3. L’ ESPLOSIONE DEL CONFLITTO TRA I POTERI DELL ’I MPERO

Contrariamente ai migliori auspici del Congresso, fu proprio l’esercito, nella notte del 26 agosto 1822, a procedere su ordine del governo all’arresto di alcuni deputati183, presunti implicati in

181 Il Congresso proprio in quei giorni non diede segno di voler demordere dalla protezione della libertà di espressione in materia politica, pur stabilendo il limite essenziale e invalicabile della materia religiosa. Nella sessione del 9 agosto (cfr. ACC, II, 9 agosto 1822, pp. 432 – 434), Zavala e Servando Mier denunciarono gli attacchi contro la religione che si perpetravano a mezzo di libri che andavano proibiti senza mezzi termini; il problema, però, diceva Prisciliano Sánchez, era individuare dei criteri certi secondo cui condannare alla proibizione una pubblicazione, perché quelli adottati dall’Inquisizione erano ormai inadeguati, tesi com’erano a proteggere la monarchia assoluta e il dispotismo. La questione fu devoluta allo studio della commissione per gli affari ecclesiastici, ma quando, il 14 agosto (cfr. ACC, II, 14 agosto 1822, pp. 457 – 465), l’organo presentò il suo parere, fu subito evidente che quel giorno non si trattava soltanto di difendere la religione attraverso l’elaborazione di un nuovo “indice” dei libri proibiti, ma anche di ribadire con forza alcuni fondamentali principi liberali. In primo luogo, il dictamen segnalava come fosse prioritario rimuovere dalle chiese gli editti dell’Inquisizione che condannavano in quanto eretico il principio della sovranità nazionale residente nel pueblo, così come quelli che assimilavano ai libri proibiti per materia religiosa quelli che «no se conformaban con la política del

gobierno español»; in seguito, avrebbero dovuto essere individuate le opere da continuare a proibire nell’attuale sistema

politico. Si decise senz’altro per la rimozione degli editti che insultavano «la sentencia ó axioma de que la soberanía

reside en el pueblo», anche perché, come affermava un Iriarte che così tradiva la propria formazione agostiniano –

scolastica, gli stessi Sant’Agostino e San Tommaso erano stati i primi a teorizzare tale principio. Sotto il secondo profilo, invece, alcuni deputati si prodigarono affinché si lasciassero circolare liberamente tutti i testi che trattassero di materia politica, consentendo la più completa libertà di espressione: come sosteneva José del Valle, la repressione avrebbe potuto fare ancora più danni. In questo senso, andavano preventivamente distinti i testi da proibire per motivi religiosi, su cui conveniva che si pronunciassero i soli ecclesiastici, da quelli che invece, col pretesto religioso, trattavano di materie squisitamente politiche: erano questi ultimi, secondo Argandar, che il potere civile poteva e doveva chiedere al clero che venissero subito rimossi dall’indice dei libri proibiti. Al termine della discussione, si decise di rinviare il parere alla commissione su questo specifico punto, che dunque rimase impregiudicato almeno fino alla fine del mese di settembre: lo testimonia una consulta del Consiglio di Stato all’imperatore, risalente appunto al 24 settembre, sul tema dei «libros

impíos y pinturas obscenas», in cui si progettava un regolamento relativo al regime di queste pubblicazioni. Cfr. AGN,

Gobernación sin sección, Caja 51 (40/6 s.s.), esp. 33. 182 Cfr. ACC, II, 14 agosto 1822, p. 457.

183 Poiché, come si vedrà, il governo non pubblicò una lista ufficiale di quattordici deputati prigionieri se non alcuni giorni dopo gli arresti, le fonti appaiono discordanti sul numero originale dei rappresentanti coinvolti: cfr. sul punto l’analisi di FRASQUET, Las caras… cit., p. 221 in nota. Comunque, il totale degli arrestati, tra cui diversi militari, doveva aggirarsi intorno ai quaranta: cfr. ROBERTSON, Iturbide de México… cit., p. 293. Secondo C. M. BUSTAMANTE, Continuación del

cuadro histórico. Historia del Emperador D. Agustín de Iturbide, hasta su muerte y sus consecuencias; y establecimiento de la Republica popular federal, Imprenta de I. Cumplido, Città del Messico 1846, p. 6, a comporre la lista era stato il

una cospirazione più ampia per rovesciare l’attuale sistema politico e installare un governo repubblicano184. Nella seduta di quel giorno si era affrontata la discussione dell’art. 99 del nuovo regolamento interno del Congresso: il progetto impediva l’impugnazione dei decreti del legislativo fino a quattro mesi dopo la loro emanazione, così come inibiva, durante lo stesso termine, la ridiscussione di progetti di legge accantonati dall’assemblea. Si trattava di una contrazione ulteriore del valore del veto imperiale e, in generale, delle attribuzioni del governo in materia di “rimostranza”: non a caso, Covarrubias e Valdés si erano opposti a una simile soluzione, che avrebbe potenzialmente consentito a provvedimenti contrari «á los intereses del pueblo» di rimanere in vigore per un lungo periodo. Si era opposto anche Guridi y Alcocer, che aveva segnalato come le leggi ordinarie, diversamente dalle costituzionali, fossero necessariamente da modificare, quando venisse individuato un errore nella loro formulazione. All’esito della discussione, il progetto di articolo, la cui rilevanza ancora una volta costituzionale non era sfuggita, era stato in effetti rinviato alla commissione per specificare meglio le fonti normative soggette o meno a limiti di revisione185.

Il giorno 27 fu convocata d’urgenza una sessione straordinaria del Congresso, in cui si dava conto degli arresti della notte prima186: fu reso noto (leggendo un ufficio del capitano generale capitolino Quintanar) che l’ordine di arresto dei deputati era partito direttamente dall’imperatore ed era stato eseguito dal ministro Herrera. Il sottosegretario Quintana Roo aveva a sua volta inviato al Congresso un comunicato ufficiale, in cui avvertiva che l’arresto dei deputati era avvenuto in ottemperanza agli artt. 170 e 171 della Costituzione spagnola, che erano evidentemente ritenuti idonei a legittimare il potere esecutivo all’adozione di misure drastiche in dipendenza di particolari pericoli

ministro Herrera, inserendovi i nomi degli acclarati nemici dell’imperatore; secondo ALAMÁN, Historia de Méjico… cit., V – II, p. 649, era stato lo stesso Iturbide.

184 La portata della cospirazione fu talvolta svalutata dai contemporanei: Zavala infatti parla di «sombra de conspiración» orchestrata principalmente da Mier (cfr. ZAVALA, Ensayo histórico… cit., I, p. 140). Com’è ovvio, invece, in ITURBIDE,

Manifiesto… cit., 40, si enfatizza il ruolo deteriore delle «juntas clandestinas» operanti in quel momento nella capitale.

In ALAMÁN, Historia de Méjico… cit., V – II, pp. 647 – 649, si illustra come la cospirazione fosse ormai diventata un’ordinaria arma di lotta politica, soprattutto in mano ai massoni “scozzesi” guidati da Michelena, il ben noto deputato autonomista alle Cortes di Madrid, rientrato da poco dalla Spagna; inoltre, l’autore illustra maggiormente il piano sedizioso, che prevedeva l’imprigionamento e il successivo esilio negli Stati Uniti di Iturbide e dava per scontata la proclamazione della repubblica da parte del Congresso.

Lo studio sul tema della cospirazione repubblicana comunemente citato dalla storiografia per la sua completezza e profondità è ÁVILA, Para la libertad… cit., pp. 115 – 174.

Un ruolo di primo piano nella cospirazione fu riconosciuto all’ambasciatore della Repubblica di Colombia, Miguel de Santamaría: messicano d’origine, aveva esplicitato la propria contrarietà al regime iturbidista fin dall’incoronazione dell’imperatore, cui aveva preferito non presenziare. Sul personaggio, si vedano O. R. OQUENDO, Don Miguel de

Santamaría y el americanismo de su época, Universidad Nacional Autónoma de México, Città del Messico 1963; ID.,

Las relaciones diplomáticas entre México y Colombia. 1810 – 1862, Secretaría de Relaciones exteriores, Città del Messico

1974, p. 33 – 43. Sul ruolo dei repubblicani stranieri, come Vicente Rocafuerte, nel favorire la composizione di trame contro la monarchia messicana, si veda anche RODRÍGUEZ, Nosotros somos… cit., II, pp. 572 – 573. Su questo importante personaggio, si veda ID. The Emergence of Spanish America. Vicente Rocafuerte and Spanish Americanism, 1808-1832, University of California Press, Berkeley 1976; ID.. Monarquía, constitución, independencia y república: la transición de Vicente Rocafuerte del antiguo al nuevo régimen, 1783-1832, Instituto Mora – El Colegio de Michoacán, Città del

Messico 2008; J. A. AGUILAR RIVERA, Vicente Rocafuerte y la invención de la república hispanoamericana, 1821 – 1823, in J. A. AGUILAR RIVERA, R. ROJAS, El republicanismo en Hispanoamérica. Ensayos de historia intelectual y política, Centro de Investigación y Docencia Económicas – Fondo de Cultura Económica, Città del Messico 2002, pp. 351 – 387. 185 Cfr. il dibattito in BARRAGÁN BARRAGÁN (a cura di), Actas constitucionales… cit., IV, Actas del Congreso

constituyente mexicano, vol. III (da ora, ACC, III), 26 agosto 1822, pp. 101 – 102.

186 Cfr. BARRAGÁN BARRAGÁN (a cura di), Actas constitucionales… cit., VI, Sesiones extraordinarias del Congreso

constituyente con motivo del arresto de algunos señores diputados (da ora, SE), 27 agosto 1822, pp. I – IX. Gli atti di

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per la sicurezza dello Stato187. Il governo prometteva inoltre di dare conto dell’accaduto all’interno

della causa che, a indagini ultimate, sarebbe stata formata nei confronti dei membri del Congresso; nel frattempo, la rappresentanza nazionale avrebbe potuto «descansar tranquila en las rectas intenciones del gobierno, que están reducidas a mantenerla ilesa, como lo pide el bien y la felicidad de la patria». Si assicurava dunque che l’arresto dei deputati non consisteva in un attacco spregiudicato dell’esecutivo nei confronti del legislativo, ma in una legittima, per quanto estrema misura a tutela di quell’“ordine pubblico” di cui la legalità gaditana affidava la protezione proprio all’imperatore e ai suoi ministri188.

Quando si lesse questo documento, in assemblea erano presenti ottanta deputati, mentre molti non si erano uniti alla seduta per timore di finire vittima di violenze da parte della folla che minacciosamente si assembrava nelle strade della capitale. Di lì a poco, il ministro Herrera si presentò personalmente al Congresso per riferire sugli eventi della notte: ribadendo che l’arresto dei deputati era legittimato dalla Costituzione, venne interrotto dal deputato Milla, il quale, al contrario, dopo aver chiesto se fosse ritenuto implicato nella cospirazione e se avesse avuto la libertà di esprimersi francamente (con Herrera che gli assicurò di non essere tra i sospettati), fece notare che le attribuzioni dell’esecutivo in materia di pubblica sicurezza previste dalla Costituzione non potevano essere utilizzate nei confronti dei membri del Congresso perché costoro andavano sottoposti alla sola giurisdizione del tribunale interno189. Herrera ribatté che il governo non aveva certo intenzione di giudicare gli arrestati, ma solo di tenerli precauzionalmente in custodia fino al completamento delle indagini. Zavala appoggiò la posizione del governo, invitando peraltro ad aprire la seduta al pubblico, allo scopo di testimoniare l’armonia tra i poteri in quel difficile frangente. In effetti, il governo già si stava preoccupando di diffondere la notizia della scoperta della cospirazione attraverso la stampa e la trasparenza e pubblicità delle determinazioni congressuali avrebbe potuto giovare alla tranquillità

187 In particolare, l’art. 170 così recitava: «la potestad de hacer executar las leyes reside exclusivamente en el Rey, y su

autoridad se extiende á todo quanto conduce á la conservación del orden público en lo interior, y á la seguridad del Estado en lo exterior, conforme á la Constitución y á las leyes»; tra i numerosi punti dell’art. 171 sulle “facoltà del re”,

invece, si prevedeva che era compito del re «cuidar de qué en todo el reyno se administre pronta y cumplidamente la

justicia» (punto 2º), oltre al comando assoluto della forza armata. Cfr. Constitución política de la Monarquía… cit., pp.

51 – 54.

188 Il ministro Herrera il 27 agosto emanò una circolare in cui motivava la condotta del governo, dichiarando di aver applicato contro gli «indiciados» la legge spagnola dell’11 settembre 1820 così come recepita nell’Impero il 10 luglio 1822: si vedano rispettivamente la circolare del 10 luglio sul recepimento in AGN, Gobernación sin sección, Caja 42 (37 s.s.), esp. 2, fol. 51 – 52, e la circolare ministeriale del 27 agosto in AGN, Gobernación sin sección, Caja 29 (24 s.s.), esp. 16. Il decreto spagnolo dell’11 settembre 1820 stabiliva le modalità «para poder proceder á la prisión ó detención de

cualquier español», facilitando il compito delle autorità in caso di arresto non documentato da previa sommaria, per

quanto non consentendo alla stessa autorità di violare le garanzie costituzionali a beneficio del sospettato: cfr. il testo del provvedimento in (a cura di) MUÑIZ MIRANDA, Colección oficial de las Leyes… cit., p. 344. Sul punto, si veda anche BARRAGÁN BARRAGÁN, Introducción… cit., in Actas constitucionales… cit., VI, p. XXX e, per un giudizio sull’operato di Herrera in quelle circostanze, ivi, p. XXXVII.

189 Il Congresso curiosamente si era occupato proprio pochi giorni prima dell’approvazione della parte del nuovo regolamento interno destinata alla disciplina da osservare in caso di coinvolgimento dei deputati in casi giudiziari. Il 1° agosto, infatti, si era approvato l’art. 42, che prevedeva che nei procedimenti contro deputati si osservassero (tranne che in materia di libertà di stampa, in cui si sarebbe applicato un decreto delle Cortes di Spagna del giugno 1821) leggi e procedure in vigore nei confronti di tutti i cittadini; il 2 agosto, però, si era definito l’ordinamento del tribunale speciale del Congresso, che avrebbe avuto giurisdizione esclusiva sulle cause dei deputati e avrebbe eseguito anche le proprie, stesse decisioni (per le quali sarebbe stato responsabile solo davanti alla stessa assemblea), senza alcun intervento del governo. Cfr. ACC, II, 1° e 2 agosto 1822, pp. 360 – 364. La specialità di foro traeva causa direttamente dal principio di inviolabilità dei deputati per le opinioni espresse nell’esercizio delle proprie funzioni ed era specificamente prevista dall’art. 128 della Costituzione di Cadice per il giudizio delle «causas criminales» in cui fossero coinvolti rappresentanti: la disciplina del «tribunal de Cortes» era demandata al regolamento interno del legislativo. Cfr. Constitución política de

generale, oltre che alla reputazione di entrambi i poteri190. Paz accusò senza mezzi termini il governo

di violare la Costituzione spagnola e di “occultare la verità” all’imperatore: nel discorso politico ricompariva il paradigma del “mal gobierno”, del dispotismo ministeriale in grado di corrompere o raggirare la volontà del monarca irresponsabile. Tuttavia, va riportato che, come evidente dalle parole dello stesso Zavala o dal successivo intervento di Becerra, per il momento si ritenevano gli arresti costituzionalmente legittimi; anzi, Fernández propose persino di decretare un ampliamento delle facoltà dell’esecutivo (col ministro Herrera che assicurò non essere necessario), una volta che fossero stati illustrati più dettagliatamente gli estremi della cospirazione, allo scopo di venire incontro alle esigenze di accertamento. Solo Muzquiz avvertiva che un “cattivo governo” avrebbe potuto arrestare chiunque tra i deputati, o persino sciogliere il Congresso, col pretesto di generici “sospetti”: l’insinuazione che si trattasse proprio di una manovra volta a colpire la rappresentanza nazionale veniva formulata per la prima volta. La sessione si chiuse con la richiesta a Herrera di presentare una lista completa dei deputati arrestati, che il ministro dichiarò di voler soddisfare presto.

Dal giorno 29 cominciò un lungo periodo di sessione permanente191 (e segreta) del Congresso, che sarebbe terminata solo il 5 settembre, con la ripresa del regime ordinario dei lavori. In questi giorni, le questioni affrontate all’interno dei densi e concitati dibattiti sarebbero state sostanzialmente: la legittimità o meno degli arresti ai termini della Costituzione; il mancato rispetto dei termini imposti dalla Carta spagnola per mettere a disposizione del giudice naturale, ovvero il tribunale del Congresso, gli accusati192; il ruolo dell’imperatore nella determinazione delle misure adottate dal governo; l’opportunità o meno di esigere la responsabilità dei ministri coinvolti nella vicenda; i tentativi di composizione della crisi attraverso la nomina di commissioni congressuali che trattassero col governo della sorte dei deputati detenuti.

Non c’è dubbio che la posizione dell’esecutivo si connotasse per una certa ambiguità: da un parte, si invocavano le prerogative costituzionali per giustificare modi, tempi e ulteriori conseguenze degli arresti dei deputati; dall’altra, si violavano le stesse disposizioni gaditane in tema di protezione dei diritti del sospettato, col pretesto che il numero di soggetti coinvolti nella cospirazione rendeva impossibile dare conto dei capi d’imputazione nei confronti di ciascuno nelle quarantotto ore previste

190 La notizia fu data in Gaceta extraordinaria del gobierno imperial de México, 27 agosto 1822, pp. 669 – 672, per mezzo di un comunicato ufficiale del ministro Herrera: si annunciava l’attuazione delle gravi misure a tutela dell’ordine pubblico che avevano colpito anche i deputati del Congresso; si ribadiva comunque il sostegno all’assemblea da parte del governo. «El sistema representativo constitucional – diceva il comunicato – es el que más conviene á la Patria, y el Emperador

que ha jurado sacrificarse en su servicio, y que tantas pruebas ha dado de su adhesión á esta forma de Gobierno, no perderá ninguna ocasión de repetirlas y de acreditar que solo aspira á conservar intactos los derechos del Pueblo que no pueden tener garantía en medio de las convulsiones, y trastornos de la anarquía»

191 Su proposta di Paz, la sessione fu dichiarata permanente fino alla consegna degli arrestati al Congresso: cfr. SE, 29 agosto 1822, pp. XIV – XV.

192 L’art. 172, all’“undicesima restrizione” delle “facoltà del re”, effettivamente prescriveva l’impossibilità per il re e i ministri di privare qualcuno della libertà personale: i Segretari che avessero controfirmato un simile provvedimento sarebbe stato giudicato in quanto “responsabili davanti alla Nazione” e puniti come «reos de atentado contra la libertad

individual». Tuttavia, «solo en el caso de que el bien y seguridad del estado exijan el arresto de alguna persona, podrá el Rey expedir órdenes al efecto; pero con la condición de que dentro de quarenta y ocho horas, deberá hacerla entregar á disposición del tribunal ó juez competente». Cfr. Constitución política de la Monarquía… cit., p. 56. Essendo stati

compiuti gli arresti nella notte del 26 agosto, già il giorno 29 Zavala fece notare che era già trascorso il termine di quarantotto ore imposto dalla Costituzione per la remissione del sospettato davanti al giudice competente per la convalida dell’arresto. Cfr. SE, 29 agosto 1822, p. XII.

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dalla Carta193. Il paradosso che un solo fiscal, Francisco de Paula Álvarez, fosse stato designato per

l’intera istruttoria, faceva indignare i deputati che chiedevano il rispetto della legalità.

Il problema più rilevante, tuttavia, era che il 30 agosto per la prima volta l’imperatore, sollecitato da un esposto dei deputati che evidenziava le violazioni costituzionali del governo e i pericoli che ne sarebbero derivati per l’onorabilità della sua figura di Libertador194, si rivolse

direttamente al Congresso, dando mostra di appoggiare ogni risoluzione dei suoi ministri in nome della sicurezza della Nazione e mettendo piuttosto in discussione l’integrità dei rappresentanti195. Iturbide non esitava a mettere in chiaro una volta per tutte la visione che aveva del proprio ruolo istituzionale e del suo rapporto con la Costituzione e le leggi, esprimendo considerazioni che sembrava aver dovuto tenere sopite per mesi e che solo ora “esplodevano” in tutta la loro rilevanza:

he jurado á la nación regirla bajo un sistema constitucional; seré fiel á mi palabra respetando el que actualmente existe, hasta donde lo permita el bien del Imperio. Mas si por los vicios de la organización ó las pasiones de sus agentes se quisiese convertir en instrumento de la anarquía, la nación misma, en uso de sus derechos soberanos, se dará una nueva representación, y yo seré el primero que la invoque, para que dándome leyes que aseguren la dicha común de los ciudadanos, me alijere el enorme peso de la administración, que ni debo ni quiero ejercer con despotismo. […] seré un monarca constitucional, sujeto en todo á las leyes que emanen de los legítimos órganos que establezca la nación para dictarlas. Con tales disposiciones nada temo de la opinión: mi mayor gloria consistirá en dejarla ejercer libremente su influjo en los actos de mi gobierno. De ella espero la justicia que me niegan los que me comparan con Fernando séptimo […] yo di la existencia [a un Congresso] que jamás se hubiera visto formado, si la victoria no corona mis esfuerzos,

193 Era questa la motivazione addotta dal ministro Herrera in una nota ufficiale: cfr. ivi, pp. XV – XVI. Alcuni rappresentanti avrebbero subito evidenziato che il governo, procedendo agli arresti e poi regolandosi secondo quelle che dichiarava essere le necessità della causa, aveva “interpretato estensivamente” la Costituzione, arrogandosi indebitamente un’attribuzione che competeva esclusivamente al Congresso. Lo avrebbe dichiarato Gómez Farías già il giorno 29: «el

ministro abusaba de sus facultades haciendo en la ley una esplicación que solo pertenecía al soberano Congreso»;

secondo il deputato, Herrera avrebbe fatto meglio a chiedere direttamente all’assemblea di prorogare i termini previsti