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19] Et hec de Tauritio dicta sufficiant; et dicamus de Perside.

rubr. Marginale moderno: Nota miraculum pergrande ― 4. coniungere] congungere; sancti] spazio bianco di

un terzo di rigo ― 8. et] indica una manicula sul margine sinistro ― 11. beati] altro spazio bianco di un terzo di rigo

― 12. talem] tele(m)

F XXV «De la grant mervaille, que avint en Baudach, de la montangne», XXVI «Comant les

cristienz ont grant paor de ce que le calif lor avoit dit», XXVII «Comant la vision i vint a l’evesque que la proiere d’un ciabatter firoit movoir la montangne», XXVIII «Comant la proiere dou cristien fist movoir la montangne»; TA 26 «De la maravigli‹a› di Baudac, de la montagna», 27, 28 «Quando la visione venne al vescovo che per lo priego del ciabattiere si mutarebbe la montagna», 29; P I 18 «De miraculo translacionis cuiusdam montis. Capitulum 18m» («De miraculo translacionis cuiusdam montis

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1. L’attacco è simmetrico a TA 26, 1 «Or vi conterò una maraviglia ch’avenne a Baudac e Mosul»; la

versione latina eredita qui un errore comune all’intera famiglia toscana: «a Baudac e Mosul» (A1 A4 A5 «e

a Mosul») a fronte di F XXV, 2 «entre Baudac et Mosul» (cfr. BP, p. 408). Il testo pipiniano legge «In illis regionibus inter Thaurisium et Baldachum» (P I 18, 1); la divaricazione tra le due redazioni si spiega con uno sfortunato turbamento nell’ordine dei capitoli. Prendiamo F secondo la dispositio logica ricostruita dall’editore: la narrazione dell’episodio miracoloso (capp. XXV-XXVIII) succede ai fatti di

Mosul (cap. XXIII) e Baudach (cap. XXIV) ed è seguita dalla scheda dedicata alla città di Toris (cap.

XXIX): in TA (quindi in LT) e in P (VA) – e in F giusta il cod. – quest’ultima è inserita subito dopo il capitolo su Baudach (poteva sviare, in effetti, la pericope conclusiva F XXIV, 18 «Or voç diron de Touris: et bien est il voir que je voç poroi ben avoir dit de lor fait et de lor costumes, mes, por ce ke seroit trop longaine matiere, voç ai abriviés mon dir; et por ce voç conteron autres couses grant et merveiose, si con voç pori oïr»). P tenta, in pratica, di mascherare questa incongruenza testuale, scartando Mosul e appaiando le ultime due città trattate, cioè Thaurisium e Baldachum (conservando, peraltro, la preposizione giusta inter) – i testi toscano e franco-italiano restano inerti in tal senso. ― 2. Si traduce, intensificando, TA 26, 2 «Nell’anno del .mcclxxv. era uno calif in Baudac che molto odiava li cristiani (e ciò è naturale a li saracini)» (così F XXV, 3: «avoit un calif en Baudac qe, volent mout grant maus as cristians [...] et ce est couse veritables que tuit les saracin dou monde volent grant maus a tuit les cristianç do munde»). ― 3. Lo sfogo anti-musulmano si esprime qui con forza; TA 26, 3 riporta sobriamente «E’ pensò via di fare tornare li cristiani saracini [o] d’uccidelli tutti; e ‹a› questo avea suoi consiglieri saracini» (ma si legga F XXV, 3 troviamo «et jor et noit pensoit comant il peuse tuit cristianç de sa tere fer retorner saraçin ou, se ne, que il les peust tuit fer metre a mort; et de ce se conseioit toç jorç cun seç regulés et cun seç cassés, car tuit ensenble voloient grant maus a cristienç»). ― 4-5. In sostanza il redattore si attiene a TA 26, 4-5 «Ora mandò lo califo per li cristiani ch’erano di là, e miseli dinanzi questo punto: che elli trovava in uno Va[ngelo] che se alcuno cristiano avesse tanta fede quant’è uno grano di senape, per suo priego che facesse a Dio, farebbe giugnere due montagne insieme; e mostrogli lo Va[ngelo]. I cristiani dissero che be‹n› era vero» (BP, p. 408 restituisce Vangelo – A1 A2

vasello – sulla base di A3 A4 A5 Pucci [VIII, 5]); non si trascuri P I 18, 2 «Volebant enim Saraceni Christi

Euvangelium vanum ostendere pro eo quod Dominus ait: “Si habueritis fidem sicut granum sinapis dicetis huic monti transi hinc, et transibit, et nichil impossibile erit vobis”». Un paio di appunti. (1) La lezione «ultra flumen» risulta singularis (se non si tratta di menda paleografica, forse si vuole indicare il fiume che attraversa Baldach); (2) a «Evangelium autem erat Evangelium sancti» avrebbe dovuto seguire verosimilmente il nome di un evangelista (caso unico nella tradizione): si legga tuttavia Villani VIII, XLVI «e trovando egli per lo Vangelo di santo Matteo». Non soccorono né F né P (compresa la versione lunga dell’aneddoto trascritta in Dutschke 1993, pp. 1334 ss., quindi in Simion, Burgio 2015, Simion P), dai quali il dettato del toscano differisce in modo palmare (non è sicuro che il sintagma a par. 2 «habebat (in) odio» tradisca un legame con Dutschke 1993, p. 1337 «In baldach fuit quidam calipfus qui habebat odio omnes christianos ibi habitantes»). ― 6-8. Il traduttore si mantiene nel solco di TA 26, 6-7 «“Dunque,” disse lo califo, “tra voi tutti dé essere tanta fede quant’è uno grano di senape; ordunque fate rimuovere quella montagna o io v’ucciderò tutt[i] o voi vi farete saracin[i], ché chi non à fede d‹é› essere morto”. E di questo fare li diede termine .x. die»; 27, 1 «Quando li cristiani udirono ciò che ’l calif disse, ebbero grandissima paura e non sapeano che si fare». ― 9. Il redattore riprende – ritoccandone il dettato – TA 27, 2 «Raunarosi tutti, piccoli e grandi, maschi e femine, l’arcivescovo e ’l vescovo e’ pre‹ti›, ch’aveano assai; aste[t]taro .viij. die e tutti in orazione ché Dio gli aiutasse e guardasseli di sì crudele morte» (cfr. F XXVI, 3 «il ne poient prendre cunseil for que prier lor segnor deu que por sa pieté et mercé conseie en cest fait et qu’il les escampe de si cruel mort» e 4-5 «les cristienç estoient tout jor et tute noite en oracion et prient devotement le Savaor, Deu ‹do› cel et de la tere, qe il por sa pieté le devese aider de cest gran perilz la ou il sunt. En cest grant oracion et en cest pregeres furent les cristianç .VIII. jors et .VIII. noites»). La lezione pre‹ti› indica l’integrazione di A2 pre:

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l’omissione della sillaba finale ha generato A1 «Ragunaronsi tutti, piccoli e grandi, maschi e femmine,

l’arcivescovo e ’l vescovo, e pregavano assai Iddio (A3 A4 A5); si rivela giusto LT (cfr. BP, pp. 366, 408-

409). ― 10. È certo che il materiale viene fornito principalmente da TA 27, 3 «La nona notte aparve l’angelo al vescovo, ch’era molto santo uomo, e disseli ch’andasse la mattina a cotali ciabattieri, e che li dicesse che la montagna si muterebbe», ma il frammento LT «et dixit ei nomen» trova riscontro solo – così parrebbe – nella succitata versione lunga del miracolo conservata da un piccolo gruppo di mss. pipiniani: Dutschke 1993, p. 1340 «et dixit ei nomen et domum ubi habitabat calzolarius» (dietro c’è VA XVIII, 14 «E dise-ge la nome e lla chaxa del chalzolaro») ― 11. La biografia esemplare del ciabattino è più ricca che in TA 27, 4, che pure ne è il modello: «Quello ciabattie‹r› era buono uomo e di sì buona vita, che uno die una femmina venne a sua bottega, molto bella, ne la quale p[e]ccò cogli occhi, e elli co la lesina vi si percosse, sì che mai non ne vide; sicché egli era santo e buono». La citazione evangelica contenuta nella tessera «memorans verbi quod dixerat Dominus in Evangelio beati ‹...›, “Si oculus tuus scandaliçat, terre eum et prohice a te”», incastonata letteralmente nel passo toscano, trova sì conferma in F XXVI, 11 «Il fu voir qe il avoit plusor foies oï lire en sant vangelie qe disoit qe, se le iaus te scandaliço‹i›t a pechere, ke tu le doit traire de la teste ou avoucler le, si q’el no te face pechere», ma nella versione lunga pipiniana essa trova la sua perfetta omologa, già formulata e pronta: Dutschke 1993, pp. 1340-1341 «Nam pluries audiverat dici legi et predicari quod evangelium christi dicebat, “Si oculus tuus scandalizat te, errue eum et proiece abs te”» (LT «terre» è in sospetto di menda paleografica); potremmo anche supporre che la citazione biblica fosse corrente al tempo (cfr. Villani VIII, XLVI «e ricordandosi del Vangelio di Cristo, ove disse: “Se ’l tuo occhio ti scandalizza, sì il ritrai”»). La qualifica di simplex potrebbe risentire di Dutschke 1993, p. 1341 «Ipse erat bone simplicitatis homo, et credebat quod ista verba sic deberent intellegi et fieri ‹sicut› scripta sunt» (giusta VA XVIII, 21 «Questo chalzolaro non sapeva lezier né scriver, e iera de bona sinplizità, e chredeva che quella parolla se intendesse sì chome ’la sonava»; cfr. Villani VIII, XLVI «ed egli prendendo il semplice della lettera»), mentre quel memorans, così efficace sul piano narrativo, di Dutschke 1993, p. 1342 «et recordatus fuit dicti evangeli» (cfr. VA XVIII, 26 «E richordà-sse de quella parolla che dise el vanziellio, segondo che nui avemo sopra dito»). ― 12. Il passo corrisponde a TA 28, 1-3 «Quando questa visione venne al vescovo, fece ragunare tutti li cristiani e disso ‹loro› la visione. Lo vescovo pregò lo ciabattiere che pregasse Idio che mutasse la montagna; egli disse che non era uomo soficiente a·cciò. Tanto fue pregato per li cristiani che ’l ciabattiere si mise in orazione» (BP, p. 409 integra in base agli altri mss.); spunta forse Dutschke 1993, p. 1340 «Ipse se excusabat propter humilitatem suam». ― 13-14. Si segue TA 29, 1-2, con qualche piccola modifica sparsa: «Quando lo termine fue compiuto, la mattina tutti li cristiani andaro a la chiesa e fecero cantare la messa, pregando Idio che gli ’iutasse. Poscia tolsero la croce e andaro nel piano dinanzi a questa montagna; e quivi erano, tra maschi e femine e piccioli e grandi, bene .cm.» (LT legge «ultra

centum milia»). ― 15-16. Si continua con TA 29, 3-4 «E ’l califa vi venne co molti saracini armati per uccidire tutti li cristiani, credendo che la montagna non si mutasse. Istando li cristiani dinanzi a la croce in ginocchioni pregando Idio di questo fatto, la montagna cominciò a ruvinare e mutarsi» (LT legge solo moveri). ― 17. Il passo equivalente è TA 29, 5 «Li saracini, vedendo ciòe, si maravigliaro molto, e ’l califfo si convertìo e molti saracini», ma la versione latina appare più affine al dettato di F XXVIII, 8 «Et quant le calif et les saraçin v‹o›ient ce, il n’ont grant mervoie et plusor s’en tornent cristienç. Et le calif mesme se fist cristienç, mes ce fu celeemant». ― 18. Il redattore si attiene in sostanza a TA 29, 6 «E quando lo califo morìo, si trovò una croce a collo; e li saracini, vedendo questo, nol sotteraro nel munimento cogli altri califfi passati, anzi lo misero in un altro luogo»; il dettaglio della croce «de auro» resta, a quanto mi risulta, isolata (cfr. Dutschke 1993, p. 1343 «Quando saraceni viderunt hoc miraculum, multum admirati sunt et calipfus cum eis, et tunc ob hanc causam calipfus cum multis Saracenis fecerunt se christianos, et vitam christianam servaverunt, et quando ipse calipfus obiit non fuit sepultus ut saracenus, set ut christianus, et quia invenerunt morto eidem calipfo unam crucem ad collum»; Villani VIII, XLVI «Per lo quale visibile miracolo molti de’ Saracini si feciono Cristiani, e ’l

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califfo medesimo al segreto; e quando venne a morte gli si trovò la santa croce a collo, e vivuto dopo il miracolo in santa vita»). ― 19. La formula di transizione è accolta da TA 29, 7 «Or lasciamo de Toris e diciamo di Persia»; BP, pp. 41, 409 avverte che essa è di fatto «dislocata qui dal cap. 25, che parla in effetti di Toris; esso non precede tuttavia quello sulla Persia, che è il cap. 30, ma la serie 26-27-28-29 dove si parla del miracolo della montagna» (Pipino ha bandito il grosso delle transitiones dal suo trattato).

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