• Non ci sono risultati.

nobilissima vestimenta regalia, et fecit sibi satis honorem, et dixit sibi quod numquam esset ausus quod faceret gueram sibi [14] Et Rex Dor respondit: «Domine, semper cognovi quod

non eram ad hoc sufficiens, et circa vos male me habui; me multum penitet, et promitto in fide

mea quod ego ero semper vester amicus»; et tunc dixit sibi Prestus Iohannes: «Ego nolo tibi

facere plus de angustia et de dolore, sed faciam tibi gratiam et honorem». [15] Et fecit sibi

parari multos equos et multos arnenses, et dedit sibi societatem solempnem et permisit eum

ire; et ipse rediit ad suum regnum, et ex tunc fuit suus amicus et sibi bonum voluit. [16] Et sic

contingit Regi Dor.

1. Marginale coevo (preceduto da un segno di paragrafo): Alia littera dicit quod vocabatur Darius ― 3.

Marginale coevo (preceduto da un segno di paragrafo): Nota de Rege Dor et Presto Iohanne ― 4. poterat] la

parola è in parte coperta da una macchia

F CVII «Ci devise d’un chastel de Tayanfu», CVIII «Comant le Prestre Johan fist prandre le roi

d’Or»; TA 107 «Del castello di Caitui», 108 «Come ’l Preste fece prendere lo Re dell’Oro»; P II 30 «De castro Caycuy et qualiter rex eius captus proditorie fuit et oblatus hosti suo, qui dicitur Presbiter Johannes. Capitulum XXX» (la variante productorie è attestata in P Conv., f. 26b).

1. Al netto dell’omissione di qualche segmento minuto, la pericope esordiale rispecchia

perfettamente TA 107, 1-2 «E quando l’uomo si parte di Pianfu e va per ponente .ij. giornate, truova uno bello castello ch’à nome Caitui, lo quale fece fare jadis uno re, lo quale fu chiamato lo Re d’Or. In questo castello à uno molto bello palagio, ove àe una bella sala molto bene dipinta di tutti li re che anticamente sono stati in quello reame; e è molto bello a vedere»; stavolta l’avverbio francese jadis, incastonato a crudo nel tessuto linguistico toscano, non provoca alcun effetto palpabile sulla superficie discorsiva di LT: si ricordi l’episodio in LT I 64, 7 (manca anche in A3, f. 31r «Cantuy è uno bello

chastello lo q(u)ale fecie fare lo re dor»). ― 2. La filigrana è costituita da TA 107, 3 «E di questo Re d’Or sì vi conterò una bella novella, d’un fatto che fue tra·llui e ’l Preste Gianni», ma la versione latina in un punto, «computabo vobis unam pulcram novelam que fuit», appare più prossima a F CVII, 4 «Et de cest roi d’Or voç conterai une bielle novelle que fu entre lui et le Prestre Johan, selonc ce que les jens de celles contree dient» (BP, p. 166 invita a intendere il termine novella «in senso tecnico letterario»). ―

3-4. Il traduttore si tiene accosto al dettato di TA 107, 4-5 «E questo è in sì forte luogo, che ’l Prestre

Giovanni no gli potea venire adosso; e aveano guerra insieme» (LT omette «secondo che diceano quegli di quella contrada»: cfr. il passo da F citato supra), TA «E ’l Preste Gianni n’avea grande ira; e .vij. valletti del Preste Giani sì gli dissero ch’eglino gli recherebbero inanzi lo Re dell’Oro tutto vivo, s’egli volesse; e ’l Preste gli disse che·cciò volea volontiere» (BP, p. 436 riferisce che A2 è il solo a scempiare

l’appellativo Preste del nome proprio). ― 5. La pericope riproduce quasi verbatim TA 107, 6-7 «Quando questi valletti ebbero udito questo, egli si partiro, e andaro a la corte del Re de l’Oro, e dissero a·re ch’erano di st‹r›ana parte, e dissero ch’erano venuti per servirlo» (LT tornisce con «quando sibi placeret»: cfr. LT II 9, 11, 13; II 13, 9), TA «Egli rispuose loro che fossero li benvenuti, e che farebbe loro piacere e servigio»; cfr. P II 30, 4 «Qui, simulata causa, discedentes ab eo ad Darii curiam accesserunt, eius se obsequiis offerentes; qui eorum caliditatem advertere nesciens in sui, eos suscepit obsequium». ― 6-7. Il traduttore lavora su TA 107, 8-10 «E così cominciaro li .vij. valletti del Preste Gianni a servire lo Re dell’Oro» (F CVII, 10 «En tiel mainere com voç avés hoï se mistrent les .vii{i}. valeç dou Prestre Johan a servir le roi d’Or»; LT ci aggiunge del colore ‘psicologico’, «valde solicite, et servitium eorum erat multum aceptum regi», probabilmente per effetto del segmento seguente), TA «E quando egli furo istati bene .ij. anni, eglino erano molto amato dal re per lo bello servigio ch’egli gli avean fatto» (F CVII, 11 «Et quant il hi furent demorés entor deus anz, il estoient mout amés dou roi por lor bien servir»), TA «e ’l re facea di loro come se tutti e .vij. fossero istati suoi figliuoli. Or udite quello che questi malvagi fecero, perché neuno si può guardare di traditore» (LT trattiene solo «et videte

192

quid fecerunt isti mali valeti»: cfr. FCVII, 13 «Or hoirés qe cesti maveis vallés font: et ce avint por ce qe nulz se puet garder dou traïtor et desloiaus»; si osservi il passaggio dal verbum audiendi al verbum videndi ― infine, BP, p. 436 informa che la forma verbale al presente udite / videte è meno rispondente al francese

hoirés della lezione di A1 «udirete»); cfr. intanto P II 30, 5 «Per duos annos cordis maliciam perficere

nequiverunt». ― 8. Si prosegue con TA 107, 11 «Or avenne che questo re s’andava solazando con poca gente, tra·lli quali erano questi .vij» (F CVII, 14 «Il fui voir qe ceste roi d’Or s’ala desduiant con pou de jens, et hi estoient cesti maveis .vii. vallés»): LT «de quibus ipse multum confidebat tanquam de suis filiis propriis» potrebbe essere innesto, espanso, da P II 30, 5 «cum igitur rex de ipsis confideret, quadam die illis assumptis cum paucis aliis extra castrum per miliare unum solatii gratia equitavit» – garantirebbe la dispositio; l’accenno alla fiducia del re nei sette è in F CVII, 12-13 «Le roi se fioit d’elz ausint con ce il tuit et .vii{i}. fuissent seç filz. (Or hoirés)»: ha però banalizzato TA «e ’l re facea di loro [...] figliuoli. (Or udite)» / LT «et rex sic faciebat de eis [...] filiis propriis; (et videte)», di cui sopra. Tenendo conto anche dei parr. 5, 6 (part. «valde solicite [...] aceptum regi»), 7, si confrontino le versioni VA LXXXVII, 5-6 «Lo re li rezevé aliegramente per soi donzelli, e lor chon grande alegreza servìa el signior per aver sua grazia, sì ch’el amava molto questi donzelli e fidava-sse molto de llor. E passati do ani»; VB LXXVI, 7 «e chome nobellissimi chavallieri fono receuti lietamente e data bone provissione, i qual .VII. chavallieri per .II. anni stete con quel segnor servando quello nobellissimamente e mostrando a quel segnore grandissima fedeltà, per modo che a quell segnor molto erano chari e de quelli molto el se fidava» e V 51, 12-13 «Et ello disse: “Vui siati li ben vegnudi”, et félli grando honor; sì che in questo muodo i diti vasalli del Prete Zane andò a servir el re Dor. Et quando li fo demoradi do ani el re amava molto quelli, perché quelli el servia degniamente, sì che lo re se fidava de queli chomo se li fosse stadi so fioli». Segue la traduzione TA 107, 12 «E quando ellino ebbero passato un fiume di lungi dal palagio detto di sopra, quando questi .vij., vedendolo ch’egli nonn-avea compagnia che ‹‘l› potessero difende‹r›» (LT «isti septem valetti [...] ille Re Dor»: cfr. F CVII, 15 «les .vii. valés [...] le rois»), TA «misero mano a le spade, e dissero d’ucciderlo o egli n’andasse co·lloro» (la strana soluzione di LT «miserunt manus in eum et ceperunt enses» risente forse di P II 30, 5 «evaginatis supra eum gladiis, ipsum ceperunt»). ― 9. Il traduttore riproduce il carattere mimetico di TA 107, 13-15 «Quando lo re si vide a questo, si diede grande maraviglia, e disse: “Com’è questo, figliuoli miei, ché mi fate voi questo? Ove volete voi ch’io vegna?”. “Noi vogliamo che voi vegnate al Preste Gianni, ch’è nostro signore”»; LT «at illi dixerunt» è simmetrico a A1 «egli dissono», A4 A5 «costoro dissono» (F CVII, «“Voç vendrés, font il, dusqe a nostre

seingnor le Prestre Johan”»): cfr. BP, p. 436. ― 10. La pericope ricalca, al netto di qualche amplificazione a fini drammatici, TA 108, 1-3 «E quando lo re intese ciò che costoro li dissero, buonamente che no morìo di dolore, e disse: “De’, figliuoli, non v’ò io onorati assai? Perché mi volete voi mettere nelle mani del mio nemico?”. Quegli rispuosero che convenìa che così fosse». ― 11. Si prosegue con TA 108, 4-5 «Alora lo menaro al Preste Gianni. Quando lo Preste Gianni lo vide, n’ebbe grande allegrezza, e disseli ch’egli fosse lo malevenuto; quelli non seppe che si dire»; il segmento finale «pre timore mangno quem habuit de eo» parrebbe ajout – neppure tanto innocuo – di LT (cfr. VB LXXVI, 12 «El re Doro, tuto spauroso, niente respondeva, sollo dimandando misericordia acussando el fallo suo»). ― 12-13. Il passo di riferimento è TA 108, 6-9 «Alotta comandò ch’egli fosse messo a guardare bestie, e così fue. E questo li fece fare per dispetto, tuttavia bene guardandolo» (LT «Tunc Prestus Iohannes posuit eum ad custodiam bestiarum suarum, et hoc fecit sibi in verecondiam suam et in suum vituperium»; cfr. F CVIII, 7 «et celi fasoit faire le Prestre Johan por despit lui et por desprisier et moustrer qu’il estoit noiant»), TA «E quando egli ebbe guardate le bestie due anni, egli sel fece venire dinanzi» (LT «et sic ille Rex Dor custodivit duobus annis bestias Presti Iohannis. Postmodum autem Presbiter Iohannes, placatus in corde, pepercit sibi: et fecit ipsum venire ante se»: gli addenda «placatus in corde» e «pepercit sibi» paiono ispirati dal contesto; si consideri l’abnorme sviluppo narrativo di VB LXXVI, 15-28, da cui la sintesi di R II 31, 13 «Alla fine Umcan il fece condurre alla sua presenza, tutto pieno di paura et timore, pensando che lo volesse far morire; ma Umcan, fattali un’aspra et terribil

193

ammonitione che mai piú per superbia et arroganza non volesse levarsi dalla obedienza sua, et li perdonò»: cfr. Simion, Burgio 2015, Andreose, ad locum), TA «e fecegli donare ricche vestimenta, e fecegli onore assai» (LT «et fecit sibi donari nobilissima vestimenta regalia, et fecit sibi satis honorem»: l’aggettivo regalia è ricavato forse da P II 30, 7 «coram se [...] in regio apparatu»; «vestimenti regalli», «regal vestimente», «nobellissimamente vestito» sono in VB LXXVI, 21, 22, quindi in R II 31, 13 «et fece vestirlo di vestimenti regali»), TA «Poscia li disse: “Signore re, aguale può’ tu bene vedere che·ttu non se’ da guerregiare meco”» (LT adotta il discorso indiretto: «et dixit sibi quod numquam esset ausus quod faceret gueram sibi»). ― 14. Si continua con TA 108, 10-11 «Rispuose lo re: “Messer, sempre conobbi ch’io non era poderoso da·cciò fare”» (LT allunga: «“Domine, semper cognovi quod non eram ad hoc sufficiens, et circa vos male me habui; me multum penitet, et promitto in fide mea quod ego ero semper vester amicus”»; cfr. VB LXXVI, 20 «“Segnore mio, benché io chognoscha el fallo mio pieno de ingratitudene meritar ogni suplicio, pur richordandoti dela toa clemecia [...]”» e 27-28 «“Umanissimo segnore [...] sumamente io te ne regrancio con questa ferma promisione: che niuno più fedel di me arai per servitore, né più rechordevelle de tanti da te beneficii receuti [...]”»), TA «Alotta disse il Preste: “Io non ti voglio più fare noia, se·nno che io ti farei piacere e onore”» (LT «“Ego nolo tibi facere plus de angustia et de dolore, sed faciam tibi gratiam et honorem”»). Per tutti questi casi, io parlerei più di interdiscorsività. ― 15-16. Alla base c’è TA 108, 12-13 «Allotta fagli donare molti begli arnesi, e cavagli, e compagnia assai, e lasciollo andare. E questi si tornò al suo reame, e da quella ora inanzi fue suo amico e servidore» (LT apporta una variazione: «fuit suus amicus et sibi bonum voluit»); la transitio TA 108, 14 «Or vi conterò d’un’altra matera» è scartata a favore di «Et sic contingit Regi Dor» (cfr. R II 31, 14 «Et questo è quanto mi fu referito di questo re Dor»).

32