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Etica della ricerca ed etica assistenziale: i comitati locali

Nel documento I comitati (bio)etici: strutture e funzioni (pagine 105-110)

Come detto sopra, i primi comitati etici locali sono nati come gruppi spontanei finalizzati, su base meramente facoltativa e volontaristica, a sollevare il dibattito e conseguentemente a fornire pareri non vincolanti o raccomandazioni in relazione a quelle tematiche che potessero generare dubbi di natura etica.

A seguito dell’intervento del legislatore, stratificato sia nel tempo che nel genere di fonti, non solo è stata prevista normativamente la costituzione di un c.e. nei centri che effettuano sperimentazioni cliniche, ma inoltre allo stesso è stato affidato il compito cogente di emettere un parere addirittura vincolante in ordine alla fattibilità ed al protocollo della sperimentazione stessa.

Da ultimo, però, l’art. 1 del d.m. 12.05.06, valorizzando l’originario ruolo esercitato dai primi c.e., ha confermato che agli stessi è attribuita non solo una competenza in materia di approvazione delle sperimentazioni (nel campo della c.d. etica della ricerca), ma anche una funzione consultiva in

relazione a questioni etiche connesse con le attività scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona umana; ivi compresa la facoltà di proporre iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi in materia di bioetica (etica dell’assistenza).

Un ulteriore problema che si è posto dunque a seguito della regolamentazione normativa dei c.e. locali è stato quello relativo alla possibilità, per gli stessi, di esercitare contemporaneamente e con la serietà richiesta entrambe le funzioni sopra delineate o, per converso, alla necessità di creare due distinti organismi.

In sostanza, alla luce del quadro normativo esaminato, i c.e. locali dovrebbero svolgere non solo le funzioni relativa alle sperimentazioni delineate nei capitoli precedenti, ma anche le seguenti e diverse attività:

- coadiuvare, anche mediante programmi e iniziative, la formazione

continua del personale sanitario sulle questioni etiche68;

- dare un parere etico non vincolante utile ai fini della “decisione” del singolo caso concreto;

- promuovere sul territorio la sensibilizzazione alle tematiche bioetiche non solo degli operatori sanitari, ma anche dei cittadini in genere;

- sollevare e promuovere un dibattito su questioni di rilevanza bioetica

anche a prescindere da singoli casi concreti.

Ora, ci si è chiesti se tali e diverse tra loro competenze potessero essere esercitate o meno da un unico organismo, come è stato bene messo in luce dal C.N.B. con parere del 18.04.97: “Diverso risulta il valore del parere e, in qualche misura, il modo di operare. In relazione alla ricerca scientifica il parere del comitato assume per lo più valore determinante ai fini 68 Così Comitato nazione di bioetica, I comitati etici, cit., p. 9.

dell’autorizzazione della ricerca… In ordine ai problemi assistenziali il parere del comitato non è vincolante, il peso dei membri laici è più rilevante, la conclusione cui il comitato perviene può contenere valutazioni anche tra loro divergenti e non assume particolare importanza il fatto che possano essere di maggioranza o di minoranza… Anche il rapporto con la istituzione alla quale il c.e. fa riferimento è diverso: nel caso della ricerca appare istituzionalmente giustificata una stretta connessione con i responsabili dell’istituzione stessa; nel caso di Comitati Etici che si occupano di problemi assistenziali, è più agevole conservare una sostanziale autonomia”. 69

A favore della struttura unica, si è osservato che, anche nelle ipotesi in cui operi nel campo delle sperimentazioni dei farmaci, il comitato etico sarebbe pur sempre caratterizzato dalla sua “vocazione etica”: pertanto, differenziare le figure significherebbe non valorizzare questa “eticità” e ridurre i pareri dei c.e. a meri controlli burocratici e amministrativi: “I CEL, conformemente alla loro natura, dovrebbero essere infatti accanto agli sperimentatori per curarne la formazione etica… Questo è il significato del CEL, e il suo compimento comporterà il definitivo abbandono del ruolo finora interpretato: quello di organismi con funzioni principalmente di controllo burocratico amministrativo delle sperimentazioni farmacologiche dell’uomo… Il Comitato etico non è, e non può essere assimilato, ad una commissione tecnico-scientifica…”70.

A favore invece della differenziazione tra due organismi, si è rilevato che diversa sarebbe in primo luogo la composizione, che dovrebbe essere più tecnico- scientifica nei casi in cui si tratti di dare un parere in merito alle 69 Comitato Nazionale di Bioetica, I comitati etici in Italia: problematiche recenti, parere reso in data

18.04.97, consultabile sul sito Internet www.governo.it., p. 3.

70 M. Immacolato, Comitato etico locale e sperimentazione controllata in medicina generale ed in

sperimentazioni cliniche, e più eterogenea laddove si tratti invece di dare un parere etico in merito a casi clinici concreti.

In secondo luogo, diverso sarebbe il valore dei pareri espressi, obbligatorio, vincolante e “tecnico” nel primo caso, facoltativo e non vincolante nel secondo.

Di conseguenza sarebbero diverse anche le procedure decisionali: ed infatti, nel caso di sperimentazioni cliniche si dovrebbe comunque arrivare ad un parere unitario, ricorrendo pertanto al voto di maggioranza; mentre nelle ipotesi di assistenza clinica, potrebbero essere emessi più pareri contenenti diversi orientamenti bioetici.71

A ciò si aggiunga che l’impegno profuso nella valutazione e nel monitoraggio dei protocolli, funzioni oggi prevalenti e assorbenti nei lavori dei c.e., rischia di impedire o comunque rendere estremamente difficoltoso che gli stessi si dedichino anche all’attività di assistenza clinica72.

In tale dibattito, peraltro, è intervenuto il C.N.B. con tre pareri, mutando nel tempo la propria opinione.

In particolare, nel già citato parere del 27.02.92, il C.N.B. ha per la prima volta formulato ed individuato il problema, senza tuttavia prendere una posizione netta a favore dell’una o dell’altra ipotesi.

Più incisiva è stata invece la sua pronuncia contenuta nel parere del 18.04.97: in esso, il Comitato, prediligendo una via mediana, ha ritenuto opportuno sottolineare la distinzione tra le due funzioni che i comitati etici locali sono chiamati a svolgere. Tuttavia lo stesso ha ritenuto ben possibile che 71 Comitato nazionale di bioetica, I comitati etici in Italia: problematiche recenti, parere reso in data

18.04.97, cit., p. 4.

72 In riferimento alla problematica esaminata, si vedano altresì: M. Barni, La crisi esistenziale dei

comitati etici italiani, cit.; P. Cattorini, Sperimentare farmaci, sperimentare comitati. Note sulla consulenza etica, “Arco di Giano” 2002; F. Giunta, Lo statuto giuridico della sperimentazione clinica e il ruolo dei comitati etici, cit., C. Viafora, I comitati di bioetica in Italia: tensioni e potenzialità di un sistema in costruzione, cit.; C. Viafora, La dimensione etica all’interno delle istituzioni sanitarie: i comitati di etica clinica, cit.

entrambe queste diverse competenze fossero esercitate da un organismo unico, anche per venire incontro alle esperienza locali, le quali appunto erano nel senso di un unico comitato con pluralità di mansioni.

Da ultimo, il C.N.B., con parere del 13.07.01, mutando completamente orientamento, ha affermato che “diventa sempre meno plausibile che il modello dell’organismo unico polifunzionale possa essere in grado di fare fronte alla complessità di compiti che lo attendono e di perseguire con efficacia il fine di una sempre maggiore tutela dei soggetti coinvolti nella ricerca biomendica”73, ed ha dunque suggerito la creazione di due organismi

aventi natura giuridica, funzioni e composizione diverse, da denominare rispettivamente “Comitato per la Bioetica” e “Commissione per la ricerca biomedica”.

Anche a seguito di tale indirizzo da parte del C.N.B., molte strutture sanitarie hanno provveduto a costituire al loro interno due tipi di comitati etici (a volte denominando uno dei due “sottocomitato”), con composizione e competenze diverse, così da differenziare l’attività volta a valutare e monitorare le sperimentazioni cliniche da quella volta invece a promuovere il dibattito in materia bioetica ed a prestare assistenza in specifici casi concreti.

73 Comitato nazione di bioetica, Orientamenti per i comitati etici in Italia, parere reso in data 13.07.01,

Nel documento I comitati (bio)etici: strutture e funzioni (pagine 105-110)