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418 sono in Europa gli agenti più vivaci di cambiamento per tutto

quello che riguarda sia il bene che il male. Con uno dei consue- ti paragoni ingenerosi che implicavano il sesso femminile, Rol- land scrive: «Gli ebrei sono come le donne: eccellenti, quando sono imbrigliati; ma il loro dominio è esecrabile e quelli che vi si

sottomettono, offrono uno spettacolo ridicolo»14.

Il brusco peggioramento di relazioni fra Germania e Francia inizia però a inasprire il rapporto fra gl’inquilini del loro palaz- zo; Rolland presagisce in queste pagine la rottura del legame fra i due popoli con la grande guerra. Per Christophe e Olivier, è un duro colpo. La stampa patriottica fa il suo lavoro, acuendo gli odi e le divisioni fra militaristi e pacifisti. I due amici si dividono sulla questione dell’Alsazia Lorena; per Christophe, un atto di giustizia che aveva fatto rientrare in Germania una terra tede- sca; per Olivier, una rivendicazione giusta da parte della Fran- cia per le terre di origine latina. Il libro termina con l’arrivo del telegramma di Louisa che, malata, vuole rivedere il figlio per l’ultima volta. Subito dopo la partenza di Christophe, Olivier impegna tutto quello che gli rimane per raggiungerlo. Quando arriva, la madre è già morta e non resta che seppellirla. Chri- stophe, che in Germania è sempre passibile di arresto per la rissa, viene esortato a fuggire subito dopo da Olivier.

Nel IX volume Les amies, la vita in comune dei due amici co- nosce un miglioramento materiale, anche perché Olivier inizia a pubblicizzare le opere e il genio di Christophe, presentato ormai come un nuovo talento della musica; non calcolando però che con la stampa si mette in moto una macchina formidabile la quale, una volta partita, non si può né dirigere, né moderare. «Le Grand Journal» lo presenta con la storia della miseria subi- ta e come una vittima del dispotismo tedesco, un apostolo della libertà, costretto a fuggire e a rifugiarsi in Francia, asilo delle anime libere, insomma, un “génie républicain” e musicista della

14 Dans la maison, 129-39. In un altra pagina, Rolland precisava che

Christophe voleva tenersi lontano dal mondo delle coquettes; non che fosse misogino, ma aveva una predilezione solo per le donne che lavoravano, le operaie, che si alzavano presto al mattino, sforzandosi di guadagnare da sole pane e indipendenza. Detestava la donna oziosa e gaudente. Gli faceva l’effetto di un animale sazio che ha digerito e si annoia, con sogni malsani. Olivier, al contrario, adorava il dolce far niente femminile, il vivere solo per essere belle, il loro charme.

democrazia. Sentimentalmente, Olivier s’innamora di Jacqueli- ne Langeais, ricca, cattolica, e di vedute aperte. Christophe si accorge presto del legame che cerca in ogni modo di agevolare per la felicità dell’amico. Compone per l’occasione una musica, ma poi rinuncia dopo essersi reso conto che è un matrimonio civile. Bisogna essere sprovvisti di fede e libertà per crederci. Quando un vero cattolico, scrive Rolland, diventa libero pensa- tore, non è per attribuire un carattere religioso a un funzionario dello stato. Fra Dio e la libera coscienza, non c’è posto per una

religione di stato. Lo Stato registra, non unisce (Rolland Les

amies 1912 : 77). A Christophe rimasto solo, la solitudine non pesa, anzi il clamore gli fa desiderare di tornare nell’oscurità, e del resto viene a trovarlo una musicista, Cécile Fleury, pianista al Conservatorio, con cui avrà una liason priva dei tratti pas- sionali rispetto a Olivier. Rolland descrive in modo inimitabile la felicità dei due giovani sposi, accentuandone i tratti individuali- sti:

Quando la felicità egoistica è il solo scopo della vita, essa è ben presto senza scopo. Diventa un’abitudine, un’intossicazione [...], la felicità è solo un istante del ritmo universale, uno dei poli fra i quali oscilla la bilancia della vita: per fermare la bilancia, bisognerebbe spezzarla.

I due conoscono quindi «cet ennui du bien-être, qui fait extra-

vaguer la sensibilité»15. La vita sociale dei due sposi contiene

un’allusione alle vicende di Rolland; il trasferimento a Parigi dei coniugi, soprattutto nella nuova casa frutto di un’eredità cospi- cua di Jacqueline dopo la morte della zia, la induce a riprende- re i contatti con la vita brillante e le mondanità, per le quali Olivier non è adatto; dal paragone con gli amici ne esce sconfit- to, così come lo scrittore aveva sofferto del modello di vita cui si trovò costretto dal matrimonio con Clothilde Bréal. L’unione fra Olivier e Jacqueline non è destinata a durare, per le grandi dif- ferenze. Anche Christophe si sente inadatto e preferisce allon-

15 Ivi: 107. L’artista doveva spogliarsi di sé, per rivestire le passioni collettive,

che imperversavano sul mondo come una tempesta. Il lirismo individuale era un qualcosa di malato, ivi:166.

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tanarsi per non nuocere all’amico16. Nel romanzo, per Rolland,

l’arte che non ha come contrappeso l’esercizio di un mestiere, come supporto una vita all’insegna della praticità, l’arte che non sente nella sua carne il pungolo del dovere giornaliero, perde la parte migliore della sua forza e del senso di realtà. “Il n’est plus que la fleur du luxe” e Olivier lascia cadere la sua

penna17. La moglie con il tempo diventa preda della più deva-

stante ennui, che neanche il figlio riesce a guarire. Rolland scri- ve:

Quanto è sola la donna! Fuori dei figli nulla la occupa, ma contemporaneamente essi non bastano a occuparla sempre, poiché quando è veramente “femme” e non solo “femelle”, quando ha un’anima ricca e una vita intensa, è predisposta a tante cose che non può fare da sola se non le si viene in aiuto. L’uomo è molto meno solo, anche quando lo è di più. Il monolo- go con se stesso è sufficiente a popolare la solitudine; non ha messo in gioco per l’amore tutta la sua vita come la donna, la sua esistenza si svolge anche altrove. Le energie e le forze fem- minili sono offerte in olocausto a due soli idoli: l’amore effimero, e la maternità, questo sublime inganno, che riempie solo qual-

che anno della loro vita18.

Ma contraddittoriamente, poco più avanti, afferma che la maggiore causa d’infelicità per le donne è la troppa libertà e contemporaneamente che non lo sono abbastanza. Più libere, cercano di avere legami che diano loro sicurezza. Meno libere, si rassegnano a legami che non saprebbero spezzare. Ma la cosa

16 Non era sbagliato, pensava Christophe, dire che la donna era la metà

dell’uomo, infatti un uomo sposato non era che una metà di uomo, ivi: 129.

17 Ivi: 119. L’amore per Rolland era la più divina fra le cose umane, quando era

un dono di sé, un sacrificio ebbro. Il più stolto e deludente quando era una caccia alla felicità, ivi: 121.

18 Ivi: 183-4. Le donne, quindi, esercitano il potere in maniera opinabile; nel ca-

so di Jacqueline, provando piacere a dividere i due amici. Rolland oscilla spes- so, parlando delle donne, fra un conservatorismo di fondo e la resa rispetto alla donna nuova che ai primi del secolo in molti paesi europei ed extra europei si era liberata degli stereotipi di una cultura misogina. Ad esempio, in una lettera a Elsa Wolff, scrive: «Generalmente, ovunque c’è un uomo interessante, bisogna

cercare una donna: lei è l’ispiratrice. Vedete Mazzini e Sidoli, Michelangelo e Vitto- ria Colonna, Beethoven e Thérèse de Brunswick. Il loro potere è immenso. Le donne fanno gli uomini. L’uomo ha il potere di decuplicare, centuplicare l’influenza della donna», (Cheval 1964: 185).

peggiore è avere legami che non le vincolano e doveri da cui non

ci si può affrancare19. Una modernità obiettiva è invece espres-

sa da Rolland nei confronti di un tema delicato come quello del- la paternità e nell’esplorazione dell’animo maschile. Descriven- do il sentimento che Olivier prova per suo figlio, abbandonato dalla moglie Jacqueline, lo scrittore afferma che certamente lo ama, ma non ha un posto esclusivo nella sua vita. Ci sono degli uomini che si dimostrano più adatti a essere amanti che padri e non serve a nulla scandalizzarsi. La natura non è mai uniforme e sarebbe assurdo imporre a tutti le stesse “lois du coeur”. Nessuno ha il diritto di sacrificare i suoi doveri all’affettività, nondimeno bisogna riconoscere al cuore il diritto di non essere felice facendo il proprio dovere. Ciò che Olivier forse ama di più nel suo bambino è colei dalla cui carne era nato. Più avanti, a proposito di una coppia parigina il cui marito è geloso della mo- glie che si diverte a civettare e lusingare gli uomini, si sofferma sulla lotta devastante che questi combatte dentro di sé, una lot- ta fra le sue teorie e gl’istinti personali. Crede che la donna co- me l’uomo debba essere libera, ma con il cuore è ancora un uomo di altri tempi, dispotico e geloso, mentre, con la ragione,

si ritiene uomo del futuro, un “homme d’utopie” (Rolland Le

buisson ardent 1911 : 57).

Le oscillazioni rispetto all’emancipazione femminile che Rol- land descrive attraverso i personaggi di Jean-Christophe riflet- tono il suo stesso percorso. In Annette e Sylvie, edito nel 1922, prima parte de L’âme enchantée, Rolland descrive una donna nata nel 1880 circa, simbolo di una generazione femminile in- dipendente. Annette Rivière, dal carattere fermo, quasi virile, porta a termine una maternità libera, perché il suo primo amo- re, Roger Brissot non riesce ad accettare il nuovo modello che Annette gli propone. Non una donna passiva, che abdica se stessa nell’unione, ma una compagna libera; Roger, giovane borghese radicale avviato al socialismo, non si mostra all’altezza, e non capisce come il bisogno affettivo di Annette si leghi al bisogno d’indipendenza. Incinta dopo una relazione

19 Ivi: 225. La vita delle donne, scrive Rolland più avanti, che devono vivere sole,

lottare come l’uomo, e spesso contro di lui, era qualcosa di spaventevole, in una società che non era pronta, anzi ostile all’idea, ivi: 263.

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