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ROMAIN ROLLAND E IL SUO CAPOLAVORO LETTERARIO E POLITICO: JEAN-CHRISTOPHE

Romain Rolland letterato engagé

Il pensiero e l’opera di Romain Rolland, nato a Clamecy, det- ta la Bruges bourguignonne, nell’anno della battaglia di Sadowa, 1866, e pochi anni prima della storica sconfitta francese di Sédan da parte dei prussiani, poggiano su quattro fondamentali pilastri che l’accompagnano per l’intera esistenza: musicologia, letteratura, religione, politica. Il collante è rappresentato certa- mente dall’impegno pacifista totalizzante e da una visione poli- tica basata sull’armonia e giustizia sociale di qualunque comu- nità umana. Il suo talento negli studi e nella musica è precoce; la famiglia, per costruire un futuro migliore al ragazzo, con la rinuncia del padre al ruolo di notabile di provincia si trasferisce a Parigi; inizia per Romain Rolland un apprendistato parigino affatto facile; entra al Liceo Louis-le Grand a Parigi e stringe amicizie che saranno quelle di una vita: Paul Claudel, André Suarès e specialmente Ch. Péguy, con cui fonderà nel 1900 Les

Cahiers de Quinzane. Nel 1887, ventenne, inizia una corrispon-

denza con Tolstoj, che risponde a una sua lettera da ammirato- re sconosciuto; lo scrittore russo sarà uno dei suoi riferimenti esistenziali, soprattutto in relazione al pacifismo, pur con note- voli differenze. In missione di studio a Roma, molto giovane, conosce Malwida von Meysenburg, l’educatrice di Olga, figlia di Herzen, uno dei padri del socialismo russo. È considerata da Rolland come una sua seconda madre. Anche grazie a lei, Rol- land conserverà sempre, con Roma e l’Italia, un rapporto parti- colare. Nel 1892, incontra Clotilde Bréal, appartenente alla ric- ca e colta borghesia ebraica e la sposa, ma nel 1901 si separa, a disagio nella vita mondana che è solita frequentare e non vo- lendo corrispondere alle aspettative della famiglia che lo vor- rebbero uomo di successo a ogni costo. Prende posizione, dopo aver approfondito la questione, a favore del capitano Dreyfus,

in uno dei maggiori conflitti politici e sociale della Terza Repub- blica che divide la Francia dal 1894 al 1906, a seguito dell'ac- cusa di tradimento e intelligenza con la Germania mossa al ca- pitano alsaziano di origine ebraica. Si creano e scontrano, nell'arco di due decenni, due campi profondamente opposti: i "dreyfusardi", e gli "antidreyfusardi", partigiani della sua colpe- volezza. I nazionalisti francesi vedranno sempre come una ‘macchia’ incancellabile la sua posizione, sommata al romanzo

Jean-Christophe, che propone addirittura uno stretto legame

franco-tedesco attraverso i due protagonisti, mentre la questio- ne dell’Alsazia Lorena è rimasta una ferita aperta. Le critiche raggiungeranno l’acme con l’opera Au-dessus de la mêlée, a

guerra iniziata, raccolta di articoli pubblicati in sedi diverse; nell’insieme uno dei capolavori della letteratura pacifista, oltre a rappresentare nel titolo un’efficacissima metafora comunica- tiva. In tutti gli attacchi o le difese che lo metteranno al centro d’infinite polemiche, il titolo sarà sempre ripreso, modificato, o parafrasato. L’opuscolo, poco più di 120 pagine, imparagonabi- le nella ponderosità ai dieci volumi di Jean-Christophe, scatena una bagarre europea e internazionale, non solo per le posizioni umanitarie e pacifiste, ma perché Rolland mette sotto accusa gl’intellettuali europei, pavidi e servili, e i partiti socialisti che votano a favore della guerra. Gli rimane accanto in Francia solo una minoranza sindacalista rivoluzionaria. I nazionalisti fran- cesi organizzano una vera e propria campagna denigratoria. Le accuse principali sono quelle di disfattismo, scarso amore per la Francia, di essersi messo al riparo scrivendo comodamente in Svizzera, paese neutrale. Poco o nulla varrà ricordare che nel

1910, era rimasto vittima di un incidente, incastrato fra due macchine. Le conseguenze dell’incidente saranno la causa prin- cipale della mancata chiamata alle armi.

Nei Cahiers è pubblicato a puntate il romanzo Jean-

Cristophe, abbozzato già nel 1893, iniziato nel 1901 e terminato

nel 1912, via via di gran successo; contribuirà non solo a rin- sanguare le casse esauste dei Cahiers in cui Ch. Péguy aveva impiegato tutti i suoi averi, per primi quelli della moglie, ma consente anche a Rolland una piccola sicurezza economica. E’

distribuito in diciassette numeri, mentre in veste più ridotta appare per le edizioni Ollendorff. Alla fine del 1915, ha già avu-

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to dieci edizioni, nell’edizione del 1949 ha venduto 60 mila esemplari, cioè 600 mila copie perché un’edizione contiene i dieci volumi. Il romanzo è premiato con il Nobel per la letteratu- ra, deciso nel 1915, ma assegnato l’anno successivo; l’autore devolve in beneficenza il premio. Rolland si dimostra da giova- nissimo insofferente alle disuguaglianze sociali, alle ingiustizie e ritiene il teatro popolare un’efficace forma di comunicazione, come dimostrano le sue opere sulla Rivoluzione francese: Les

loups, Danton, Le quattorze juillet.

Dal 1914 al 1915 lavora come volontario all’Agenzia dei prigionieri di guerra, smistando le lettere dei familiari ai soldati e viceversa, e occupandosi degl’internati e prigionieri civili. Un’esperienza unica che racconterà nei due volumi del Diario

degli anni di guerra (M. Rolland 1960). Il dopoguerra si apre con

la morte dell’amatissima madre, Rolland si ammala e solo la scrittura si dimostra salvifica: nel 1921 esce, tra gli altri,

Clérambault, manifesto di una coscienza libera nel caos della

guerra. La Svizzera diventa il centro di smistamento di una corrispondenza mondiale: H. Hesse, A. Einstein, A. Schweitzer, la pacifista Ellen Key, il gesuita Semeria, per fare qualche nome si recarono personalmente in visita da lui, o iniziarono una corrispondenza.

Rolland saluta entusiasticamente la rivoluzione sovietica, primo vero tentativo di liberazione delle masse lavoratrici sfrut- tate e diventa caro amico di Gorki. Prende le distanze però da qualunque affiliazione partitica, così come aveva sempre decli- nato conferenze e interventi pubblici, anche per timore di esse- re accusato di spionaggio, complottismo, ed essere espulso dal- la Svizzera. Antifascista coerente e dichiarato, Rolland rimase un estimatore di Gramsci, che rese famosa una frase in realtà appartenuta a Rolland: l’ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione. Rolland cerca risposte ai lutti e alle irrazionalità della prima guerra mondiale, interrogando anche Freud, e Gandhi, che incontra nel 1924 in Svizzera e su cui scrive una biografia di grande sucesso. Gandhi e i riformatori indiani sono per lui la prova di un ponte possibile fra Occidente e Oriente. Nel 1932 si schiera con il Partito Comunista per il dilagare del nazi-fascismo e nel 1932 insieme al comunista Barbusse lan- ciano un appello per un Congresso mondiale contro la guerra.

Nel 1934, a 68 anni, sposa la russa Marie Koudacheva, di molti anni più giovane, conosciuta per lettera come una sua ammira- trice, che alcuni amici di Rolland considerano una spia sovieti- ca. Vivono in Svizzera con la sorella Madeleine, rimasta sempre al fianco del fratello anche come insostituibile traduttrice di numerose opere. Nel 1935, incontra Stalin al Cremlino. Le posi- zioni di Rolland verso il regime staliniano sono tuttora un inter- rogativo. Ammiratore di Lenin, non lo fu di Stalin, rimanendo immutata l’ammirazione per la rivoluzione sovietica e solo alla fine degli anni Trenta inizia a dissentire pubblicamente dal re- gime liberticida instaurato da Stalin. Nel 1937, fa ritorno a Vezelay, che diventa territorio occupato nel 1940. Lavora alle sue Memorie e incontra di nuovo Paul Claudel, compagno di li- ceo, dopo 50 anni. Nel 1943 esce Le voyage intérieur. Muore alla fine del 1944 e per suo espresso desiderio viene seppellito nella città dov’era nato.

La vita esteriore, al confronto con la complessità degli studi e della produzione, risulta essenziale; nessuna significativa irre- golarità nei comportamenti di vita, alcuna similitudine con la diade genio e sregolatezza, tendenza alla solitudine e all’introspezione, assiduità quasi masochista al lavoro di studio e scrittura. L’arte è il faro della sua vita ma non gli appare come il prodotto supremo della raffinatezza, bensì l’intermediario più efficace per la fraternità fra gli uomini (Ariel 1913: 5); la fonte di ogni arte è la vita, la vita profonda e misteriosa, che penetra e illumina lo spirito. Ma per Rolland, gli artisti (i falsi artisti) quelli odierni, si fermano purtroppo per lo più sulla soglia della vita e nelle loro mani l’arte diventa un giocattolo.

La crisi mondiale che attraversiamo mette in luce la loro inutilità. Questa guerra pesa sulle anime. Assai poche, nell’élite europea hanno saputo resistere alla pazzia dell’odio. Eppure è un’epoca grande per l’eroismo dei popoli, ma priva di capi spirituali, è un torso gigantesco senza testa. Continuate a studiare bene le lingue e le idee dell’Europa, ma siate pregno di tutto quanto esiste di grande nel pensiero dell’Asia. E’ nostro dovere lavorare ora a mettere in comune le ricchezze dei due mondi. L’Europa ha tanto bisogno dell’Asia quanto l’Asia dell’Europa: questa è la mia certezza. Bisogna che questi due fiumi immensi fini- scano per congiungere le acque [...], coraggio, e siate felice di vivere in un’epoca tragica in cui l’umanità si rinnova (M. Rolland 1960: 290).

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L’arte come uno strumento politico dunque, dando alla poli- tica il significato di una vita in comunità. Per Rolland, interes- sato a tutte le religioni, occidentali e orientali, l’artista esercita un sacerdozio, ma mescolandosi alla folla per conoscerne le aspirazioni e le esigenze, per stabilire fra tutti quelli che la compongono una comunione, finisce anche per diventare un leader, come nel suo caso, un leader del paci-fismo.

Le sue tante opere sono state tradotte in moltissime lingue, e innumerevoli sono stati gli scritti su di lui, anche perché, essendo un poliedrico, ogni scrittore ha privilegiato un aspetto della sua produzione; però, come ha sottolineato Jean Albertini nel 1970, non ha avuto ancora il posto che merita nella letteratura, ma, aggiungerei, non del tutto anche nel pensiero politico. Effettivamente, molti degli scritti a lui dedicati sono coevi1, oppure rispettano le celebrazioni periodiche2; gli anni Cinquanta hanno conosciuto un certo risveglio nei suoi confronti, anche con una inconsueta biografia in italiano3. Molte riguardano settori specifici, come il teatro, la letteratura, le religioni orientali e quindi non vengono citate in questo testo che s’interessa in massima parte al suo pensiero politico. Unica firma femminile degli anni Settanta, è quella di una russa, Tamara Motyleva, che gli dedica un’accurata biografia, poi tradotta in francese (Motyleva 1976).

Nei decenni posteriori ad Albertini, negli anni Novanta, i due autori che hanno trattato in profondità il rapporto fra Rolland e Freud, Henri Vermorel e Madeleine Vermorel, sono del suo stesso parere: di lui si legge ancora Jean-Christophe e qualche altra opera, ma dopo la morte dello scrittore, tanti altri romanzi e opere teatrali non sono neanche conosciuti e il loro autore è entrato ‘dans un purgatoire qui dure’. Ancora più strano è l’oblio che circonda la sua azione politica. La sua opposizione eroica alla distruzione della guerra, il rifiuto lucido al nazismo,

1 Guilbeaux (1915); Charles (1916); Baudoin (1918) ; Corso (1919); Jouve

1920), Bonnerot (1921), Duhamel (1926); Doisy (1945). In Italia dopo il 1920, il silenzio è pressoché assoluto, eccettuate riviste come Solaria, La nuova Europa,

Nuova Antologia. Negli anni Cinquanta, La nuova Stampa, Vita e Pensiero, Il Mondo, Il Ponte.

2 Come per il sessantesimo compleanno, il monografico di Europe del 1926. 3 Arcos (1950), Gugenheim (1955), Di Scanno (1957). Duchatelet (2002).

che avevano suscitato l’ammirazione di Freud non gli è valso nulla se in una recente Histoire de France il nome non è nean- che menzionato a proposito della prima guerra mondiale4. Agli anni Novanta appartiene l’accurata biografia di Romain Rolland relativa alla prima guerra mondiale, a firma di Pierre Sipriot (1997). Le pagine di chi l’ha conosciuto sono spesso particolar- mente interessanti, anche se prediligono le opere letterarie, co- me la biografia di Paul Seippel, l’amico ginevrino. In Romain

Rolland. L’homme et l’oeuvre, traccia un percorso più che bio-

grafico, culturale, commentando con ampi stralci dall’originale, i volumi di Jean-Christophe (Seippel 1913); il voluminoso libro, scritto dal suo amico Pierre-Jean Jouve, edito nel 1920, è cer- tamente elogiativo, quando afferma che Rolland è per qualche verso paragonabile a quei «pochi spiriti maestri dello scettici- smo, quali Erasmo, Voltaire e Renan; a quei pochi spiriti nutriti di Empedocle, Pascal, Spinoza e Tolstoi, con una tale fede e a quei pochi spiriti di tale saggezza dopo il regale Goethe. Di tutti questi semi-dei, Romain Rolland possiede qualche virtù, anche se la sua modestia lo ignora» (Jouve 1920: 8).

Dai più giovani è amato e considerato un maestro, venerato quasi. Jean Guéhenno, direttore della rivista, combattente nella resistenza, ne ha lasciato un ritratto commovente per il suo 70° compleanno nella rivista Europe, che Rolland stesso aveva inco- raggiato pensando a una grande rivista libera e internazionale; Guéhenno lo incontra fisicamente solo due volte: la prima è talmente emozionato da non dire niente e sentito altrettanto. La seconda volta l’incontro si svolge a casa di Rolland, sul lago di Ginevra, e ne ricava la certezza di aver passato un giorno di vita in uno dei punti del mondo in cui l’umanità prende coscienza di se stessa. L’impatto letterario è avvenuto per lui nel 1915, quando da soldato a Lione entra in una libreria per comprare

Au-dessus de la mêlée e ne viene cacciato e rimproverato per le

cattive letture. Qualche giorno dopo si procura il libro, e inizia la comunione intellettuale con Rolland. Il valore di Rolland per il discepolo è anche e soprattutto nella corrispondenza tenuta

4 H. Vermorel-M. Vermorel (1993). Il testo cui fanno riferimento è Duby (1972).

Il nome di Rolland appare una sola volta a proposito di una riflessione critica sul positivismo.

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con il mondo intero; quella di Villenuve vale le lettere di Ferney. Nessuno dopo Voltaire aveva messo nelle lettere tanto cuore e spirito e del resto lo scopo è lo stesso: schiacciare l’ipocrisia5.

La biografia scritta in maniera magistrale è a firma del suo grande amico Stefan Zweig, drammaturgo, poeta, scrittore mor- to suicida in Brasile, pubblicata nel 1921 (Zweig 2014). Per Zweig, Rolland rappresenta «le plus grand événement moral de notre époque». Posteriore alla sua scomparsa è invece quella di un altro amico personale di Rolland, più giovane di lui, René Arcos, che lo incontra per la prima volta a Thousse, in Svizzera nel 1915; la biografia è dedicata alla memoria di Zweig; il libro riunisce quindi in un certo senso, le due personalità. Il Préam-

bule inizia proprio con l’entrata di Arcos nella camera dove era

appena scomparso lo scrittore. Rolland è definito come un crea- tore di valori intellettuali, che sfugge alle misure comuni e sa- rebbe stato necessario un termine nuovo, per non assimilarlo a nessun altro “perché fu e restò per molti di noi l’unico”. Com- pletamente dimentico di sé e delle proprie comodità, in nome di ideali più alti, ha una fede ‘gioiosa’ e una coscienza indifferente al profitto personale (Arcos 1950: 51-2).

La rivista Europe gli dedica nel 1926 un numero unico; gl’interlocutori provengono dai quattro angoli del pianeta, non necessariamente amici di vecchia data, e danno un’idea precisa della mondializzazione della figura di Rolland; o meglio, di come si possa rappresentare una cultura globale anzitempo, conside- rato che la globalizzazione viene vissuta oggi in chiave prevalen- temente economica. Per il suo amico comunista Barbusse, è un rivoluzionario isolato, mentre per Alphonse de Chateaubriant, poeticamente, incarna un dibattito eterno, confondendosi con il cielo; Rolland è paragonato a un tessuto trasparente che lascia indovinare le forme di un’anima eroica. ‘Un grand Serviteur’, un appellativo a prima vista inadatto a un uomo cui di solito si mette in evidenza il senso di libertà. Georges Duhamel, medico, scrittore, pacifista antifascista, scrive di averlo incontrato su tutte le strade del mondo perché milioni di uomini lo evocano per lodarlo, interrogarlo o talvolta per odiarlo. Per Waldo Frank, storico, attivista politico, critico letterario, scrive da New York,

che il tratto distintivo è l’unità che regna in lui, un pregio asso- luto perché il difetto di armonia e integralità è la malattia con- temporanea. Ciò che sogna, crede, dice, ama, tutto ciò è riunito in uno: un uomo integrale in un’epoca di caos. Maxime Gorki lo ritiene un creatore instancabile e tenace di valori intellettuali, un Tolstoj francese, ma un Tolstoj esente da quell’odio che fu per lui fonte di grandi sofferenze e gl’impedì di rimanere un ar- tista geniale. Uno stoico idealista che ha saputo cogliere la veri- tà di un proverbio russo: tutto passa, tranne la verità. Per Wi- lhelm Herzog, storico, drammaturgo, pacifista berlinese, Rol- land non è certamente un marxista, ma un uomo che adotta l’imperativo categorico di Marx: i filosofi non hanno fatto che interpretare i diversi modi di società, ora si trattava di cambiar- la. Per Giuseppe Prezzolini, di cui Rolland non aveva condiviso le sue posizioni interventiste, non è solo uno scrittore, ma un amico, ‘un coeur’, una commozione spirituale e la tonalità di un momento determinante della vita; appartiene però a un mondo incantato e scomparso. La sola donna che compare è Henriette Roland-Holst, comunista olandese; il merito di Rolland è di aver trapiantato i sentimenti presenti nelle sue opere in milioni di esseri umani; però la maggior parte dei suoi lettori sono intel- lettuali e ignorano il legame indissolubile di ogni ideologia con le forze economiche e sociali. La liberazione interiore è ciò che lo interessa di più, mentre le masse di ogni paese al contrario soffrono in primo luogo dello sfruttamento, dell’insufficienza dei salari, per la povertà e spesso per la fame; il loro ‘grand affaire’ è la liberazione esteriore. Susanna Gugenheim, negli anni Cin- quanta, definisce impresa ardua avvicinarsi a una figura spiri- tuale come la sua che esige «profondità d’amore e rispetto. Chi

volge lo sguardo alla sua opera così multiforme e unitaria al tem- po stesso, si convince che dovrà abituarsi al tentativo di raggiun- gere altezze spirituali e culturali inconsuete senza mai, tuttavia, perdere minimamente il contatto d’amore appassionato alla vita terrena, all’umanità più umile e sofferente»6. Negli anni Sessanta, Marcelle Kempf pubblica un testo che indaga il pensiero di Ro- main Rolland e i suoi legami con la Germania, ma che di fatto è

6 Gugenheim (1955: 7). Agli anni Sessanta, appartiene la biografia con com-

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una biografia dell’Autore fino alla repubblica di Weimar e la se- conda guerra mondiale (Kempf 1962). Per alcuni biografi più recenti, come Jean Albertini, Rolland «è stato messo in quaran- tena, il suo nome non figura nei programmi delle diverse “agré- gations de lettre” contrariamente alla maggior parte degli altri autori del XIX secolo scomparsi, come Péguy, Claudel, Gide, Valéry, Tournier, Apollinaire». Nei licei è ignorato. Solo nella scuola primaria è presente, ma come autore di «teste de dictés». L’ostracismo, «official et officiaux», si estende ai manuali nei quali è bistrattato. Un certo cambiamento si registra solo dopo il centenario celebrato nel 1966. La riprova di tutto ciò è stato il rifiuto di un francobollo con la sua effige. Il pubblico invece ama i suoi libri, tutti di grande tiratura: Colas Breugnon aveva avuto nella sola edizione di Albin Michel 25 mila esemplari. An- che all’estero, Rolland è amato e conosciuto. In Russia, le sue opere viaggiano sui 7 milioni di esemplari. In Giappone esiste una rivista a lui dedicata. In India, considerati anche i suoi rapporti con Gandhi è amato ed è tradotto in America Latina. Gode di una grande ammirazione in America, Inghilterra, Italia, Olanda. Per di più, le sue opere hanno una lunghezza che con- trasta con la velocità della lettura moderna; eppure, lettori e lettrici sono soprattutto lavoratori e lavoratrici. Dunque, con- clude l’Autore, molto peso ha avuto la campagna denigratoria dopo mezzo secolo. I padroni della stampa non gli perdonano di aver preso posizione contro di loro, a favore della verità, dell’onore e della dignità umana (Albertini 1970: 9 e ss). Per gli autori bulgari di una biografia intellettuale particolarmente elo- giativa nei suoi confronti, Romain Rolland, con il suo esempio e le relazioni costanti intessute, ha unito le correnti maggiori del pensiero progressista mondiale e i movimenti popolari all’avanguardia nella lotta fra vecchio e nuovo mondo: Einstein, Gorki, Zweig, B. Shaw, Selma Lagerlof, Karine Michaelis, Tago-